Salve popolo di EFP!
Oggi, per onorare il
29° compleanno di Bradley
James, ecco postato il primo capitolo di una piccola
long molto
leggera e molto soft, adatta soprattutto a chi desidera rilassarsi, con
tanta
dolcezza e un pizzico di ilarità.
Sono nuova di questo
Fandom, e spero tanto che non ci
siano storie come la mia qui, nel caso contrario, ciò
è un avvenimento casuale!
Spero tanto nel riuscire
ad intrattenervi
piacevolmente, e spero in un vostro commento, che sia di critiche, di
consigli
o di complimenti, è tutto ben accetto!
Ecco a voi un piccolo
prologo!
Gli occhi neri dello stregone lo
fissarono maligni,
prima di diventare dorati e provocare un’esplosione.
“Arthur!” sentì
chiamare da lontano. Merlin.
Merlin lo stava chiamando, stava
andando in suo
soccorso.
Ecco, aveva messo in pericolo pure
lui. Non bastavano
Sir Leon e Sir Parsifal, ora anche Merlin sarebbe stato ferito a causa
di
quell’insulso attacco contro quegli stregoni che suo padre
odiava tanto.
Arthur mosse le labbra, forse per
ordinargli di stare
indietro, o forse solo per pronunciare il suo nome, ma non ci fu tempo.
Urlando qualcosa che il Principe non
capì, Merlin si
parò davanti al suo padrone, un istante prima che
l’incantesimo lo investisse
in pieno.
Per svariati minuti fu tutto buio e
silenzioso, ma poi
il cavaliere aprì gli occhi, intontito.
Merlin fu il suo primo pensiero.
“Merlin!”
chiamò, cercando di rialzarsi dal polveroso
pavimento, ora semidistrutto.
Nessuno gli rispose, ma vide un corpo disteso non molto lontano da lui,
nell’oscurità del luogo.
Per un attimo il cuore gli si fermò, ma poi capì
che non potevano essere le
membra del suo servitore.. erano troppo muscolose. Doveva essere lo
Stregone.
Di Merlin, però, non vi era
traccia.
“Merlin!”
urlò ancora, girando su se stesso.
Un singhiozzo ruppe il silenzio
desolante che regnava
in quel momento, e Arthur scattò sull’attenti,
portando una mano all’elsa.
“Chi è
la?” chiese, pronto ad attaccare, con l’arma
alzata.
Tutto nella stanza sembrava immobile,
ma poi il
Principe notò, in un angolo, degli straccetti, sotto ai
quali qualcosa si
dimenava.
Cautamente, e tenendo la spada tesa
davanti a se, si
avvicinò al mucchietto di stracci.
I suoi occhi,
che si stavano abituando al
buio presente, riconobbero in essi gli abiti del suo servitore. Che si
muovevano.
Senza abbassare la guardia, li
punzecchiò con la punta
della lama, e quelli si spostarono, lanciando un flebile gridolino.
Sempre più sconcertato,
l’erede al trono si fece
coraggio e alzò le vesta, curioso di sapere cosa vi si
nascondesse sotto.
Due occhioni lucidi e blu lo
fissarono, terrorizzati.
Arthur, che non se lo spettava, cadde
all’indietro,
spaventato.
Era un bambino. Nudo.
Ma come diamine ci era arrivato li? E
perché si
trovava sotto gli abiti di Merlin?
Il piccolo, che non doveva avere
più di quattro o
cinque anni, tremava come una foglia, e si guardava intorno, con
sguardo
spaventato.
“Ehi, piccolo. Tranquillo,
non voglio farti del male”
tentò di rassicurarlo Arthur “vieni qui”
gli intimò, allungandogli una mano, ma
il bambino non la prese, anzi, tentò di schiacciarsi contro
la parete, forse
con la speranza di fondercisi e sparire.
“Dai, voglio aiutarti. Per
piacere, vieni qui!” ripeté
Arthur, col tono più dolce che era riuscito a trovare,
tenendo la mano tesa.
Il piccino, dopo qualche attimo di
esitazione, afferrò
la mano dell’uomo, lasciandosi trascinare al centro della
stanza quadrata, dove
la luna spuntava dalla finestrella e illuminava pallidamente una
porzione di
pavimento.
Arthur lo posizionò proprio
li, e lo fissò per alcuni
istanti.
Poi spalancò gli occhi e la
sua mascella si destreggiò
nella caduta libera, mentre il piccolo di accucciava su se stesso,
impaurito.
Capelli neri.
Occhi blu.
Pelle diafana.
Ossatura sottile e minuta.
E le orecchie.
Furono proprio quelle a confermare i
sospetti di
Arthur.
Le orecchie erano davvero troppo
grandi, quasi
sproporzionate rispetto al resto dell’esile corpicino.
Quel bambino era Merlin.
“…Merlin?”
chiese, senza troppa convinzione, ma,
quando il piccolo lo squadrò meravigliato, capì
di averci visto giusto.
“Piccolo, ti chiami Merlin,
per caso?” domandò di
nuovo, dolcemente, siccome il piccolo sembrava spaurito e restio ad
aprir
bocca.
La creaturina innanzi a lui
annuì.
Arthur sbuffò. DI sicuro
era opera dello stregone, ma
ora come poteva farlo tornare normale? Non poteva di certo farlo lui,
Merlin
era stato vittima di un incantesimo e solo un incantesimo avrebbe
potuto
risolvere quel problema.
Decise, allora, di riportarlo al
castello di Camelot,
dove forse Gaius avrebbe saputo cosa fare.
“Beh, Merlin, tu ora vieni
con me” gli disse,
slacciandosi il mantello rosso e coprendo il silenzioso bambino
“ora ti porto
al mio castello, dove potrai ricevere delle cure
appropriate… vieni.”
Il bambino, però non si
mosse.
“Io non ci vado con gli
sconosciuti” soffiò, a voce
bassissima, ma risoluta.
“Beh, credo che in questo
caso verrai, con le buone o
con le cattive!” borbottò, di rimando, Arthur.
Decisamente, non sapeva parlare ai
bambini.
Gli occhioni cerulei di Merlin si
inumidirono “Voglio
la mia mamma” piagnucolò.
Il principe di Camelot
roteò gli occhi. Merlin era un
piantagrane da adulto, e lo era anche da bambino.
Anzi, ora lo era maggiormente, siccome
non aveva
neanche la soddisfazione di poterlo spedire alla gogna.
“Beh, qui la tua mamma non
c’è” lo informò, burbero
“e
tu ora fai quello che ti dico senza frignare, o sarà peggio
per te!”
A quelle parole, il piccolo maghetto
gonfiò le guance
e lo guardò male, con una risolutezza tale che era in
perfetto contrasto con i
lacrimoni che intanto gli scendevano sugli zigomi.
“Perché devo
venire con te? Perché non posso andare
dalla mia mamma? Devo aiutarla a raccogliere il grano!”
protestò, puntando i
piedini in terra.
Ok, Arthur già non lo
sopportava più, per cui gli si
parò davanti, minaccioso, con le mani sui fianchi.
“Senti,
piccoletto” sibilò, cercando di impaurirlo,
“ora vieni con me, che tu lo voglia o no. Non posso lasciarti
qui da solo, e
non ho idea di dove sia la tua mamma."
“No!” si
impuntò Merlin “ io non…”
Non fece in tempo a finire la frase
che il principe,
spazientito, si chinò sul piccolo piantagrane e se lo
issò su una spalla,
mentre quello si dimenava e scalciava.
“Lasciami!”
gridava, mentre Arthur lo ignorava e lo
sistemava sulla sella del cavallo bianco, posto al di fuori del
monumento ormai
distrutto. Poi salì anche lui – dietro al piccolo
- e mandò l’equino al
galoppo.
Davanti a lui sentiva il bambino
piagnucolare, ma fece
finta di niente finché egli non si calmò, una
mezzoretta più tardi.
“Allora, ti sei quietato un
po’, piccolo
mostriciattolo?” gli domandò, cercando di mettere
un po’ di affetto nella voce,
per rassicurarlo. Merlin non gli rispose.
“Andiamo, parlami, dimmi
qualcosa” disse il principe
“mi piace chiacchierare mentre sono in viaggio.”
“Chi sei tu?”
chiese allora Merlin “perché mi hai
portato con te? Dove stiamo andando? Dov’è la mia
mamma?”
“Ehi, ehi, vacci piano. Una
domanda alla volta. A
quale vuoi che io rispondi per prima?”
“Chi sei? Cosa vuoi da
me?” ripeté Merlin
“Sono Arthur
Pendragon” rispose il principe
“e…”
“Attù
Pendragon?” esclamò
Merlin, meravigliato
“il principe di Camelot?”
“Si”
confermò Arthur, sorpreso che Merlin già sapesse
chi egli era.
“Ma la mamma mi ha detto che
eri grande come me!” si
stupì il bambino “ma tu sei più
grande!”
“Emh… si,
è una storia complicata…”
tentennò Arthur
“te la spiegheremo quando arriveremo a Camelot.”
“Oh, stiamo andando a
Camelot!” chiese Merlin,
girandosi a guardare il principe, con gli occhi pieni di
felicità “ho sempre
voluto andare a Camelot!”
“Beh, ora il tuo desiderio
è esaudito” disse il
principe, contento di avere trovato una distrazione per il bambino.
Merlin, forse per la prima volta, gli
sorrise.
Un sorrisone, carico di gioia e
ingenuità.
Effettivamente, lo stesso che aveva
anche
il Merlin adulto.
Rifletté Arthur, osservando i piccoli dentini da
latte e i tratti del volto non ancora ben definiti.
“Sai, Attù,
secondo me tu sei buono” gli rivelò
Merlino, così, di punto in bianco, sorprendendo
l’erede al trono “hai gli occhi
sinceri, e buoni”
“Emh... grazie,
piccoletto” disse Arthur, quasi
imbarazzato, non sapendo che altro aggiungere.
Merlin gli fece un altro sorrisone, ma
poi tornò serio
“dov’è la mia mamma?” chiese.
“È a casa tua, a
Eldor” rispose Arthur.
“E perché io non
sono con lei? Perché sono qui con
te?”
Ok, Arthur non sapeva più
come rispondergli, non era
bravo a dire bugie, specialmente se doveva farlo al momento.
Specialmente se doveva dirle a Merlin.
Così optò per la
verità almeno per una parte.
“È stata la
magia” gli rivelò “non so se tu sai
cos’è,
ma sei in questa situazione a causa della magia…”
Merlin si corrucciò
“si, lo so cos’è la magia”
disse,
rabbuiato “e so che tutti pensano che sia una cosa brutta e
cattiva… ma secondo
me non lo è. Secondo me dipende dalle persone, come per
tutte le cose. Se una
persona è cattiva, è cattiva anche la
magia, ma se una è buona, è
buona anche la magia.”
Arthur si stupì molto nel
sentir fare un discorso del
genere da un bambino così piccolo, come se a lui
interessasse in prima persona, come
se Merlin stesso fosse un mago.
“E tu come le sai queste
cose?” gli chiese, curioso.
Merlin non sapeva se rispondere o no,
ma poi,
guardando di nuovo gli occhi azzurri del principe – non
troppo diversi dai suoi
– decise che poteva fidarsi.
“Oh, lo so perché
io sono…”
Un raggio di luce lo colpì
in piena faccia, e il
maghetto si interruppe per affondare il volto nel petto del principe.
Quando riaprì gli occhi, un enorme castello in pietra
occupò il suo campo
visivo e Merlin trattenne il respiro.
“Camelot!”
esalò, con una nota di venerazione nella
voce “come è bella!”
“Ti piace eh,
piccoletto?” sorrise Arthur,
scompigliando i capelli il giovane compagno.
“Io vivo qui. E pure
tu.”
Note della storia:
- La
storia è ambientata fra la terza e la quarta stagione
- In
questa storia Arthur non è assolutamente innamorato di Gwen
e, parallela alla
vicenda con il Merlin Bambino, ci saranno alcuni pensieri di Arthur
pre-slash,
più avanti capirete perché. Ovviamente saranno
riferimenti al Merlin adulto.
- Spesso
farò riferimento ad alcuni spunti presi dalla serie, e ogni
volta mi premurerò
di segnalarveli.
- La
difficoltà di Merlin di pronunciare male il nome di Arthur
mi è venuta in mente
riferendomi proprio a me, che ho uno zio di nome Arturo e che ho
chiamato
‘Attuo’ fino a 6 anni compiuti (di sicuro la mia
‘Erre Moscia’ ha aiutato xD
- Se
siete dei grandi appassionati di Merlin, e se avete Facebook, passate
di
qui à http://www.facebook.com/pages/Merlin-the-worlds-most-beautiful-show/220937017927084
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l’8% del tuo tempo alla causa pro recensioni!
Farai
felici un mucchio di scrittori!!