C’è
chi l’amore lo fa
per noia, chi se lo sceglie per professione
Bocca di Rosa né l’uno né
l’altro, lei lo faceva per passione.
(“Bocca di Rosa”, F.de Andrè)
OTIUM
MOLESTUM EST
Dammi
mille baci, e ancora cento, poi altri mille, poi ancora cento, poi
senza pausa
mille, e altri cento.
(Catullo, Carme 5)
Lo
amavo? Certo che no. Ma poco importava.
D’altronde
l’amore non esiste, è solo un’illusione,
un’immensa bugia che gli uomini raccontano a se stessi e ai
propri sentimenti
per dare più gusto a questa misera e tormentata vita che
siamo costretti a
vivere, per dare più senso ai giorni che passano lenti e
inesorabili, per eliminare
almeno una parte della monotonia che ci segue sempre dietro le
gonnelle, come
un fedele cane che non si stacca mai dal proprio padrone.
L’amore
è inganno, è tormento, è un alternarsi
di
sensazioni ed emozioni che nemmeno gli Dei riescono a capire.
Chi
vuole amare è soltanto un masochista e di
masochisti ne conosco molti, troppi.
Ma
io non sono come loro, io non sono solita farmi
del male, indi mi tengo lontana da questa passionale trappola che
sembra
riuscire ad accecare tutti gli uomini, come se mettesse una benda sopra
i loro
occhi e li costringesse a seguirla perché altrimenti
andrebbero a sbattere
contro ogni ostacolo che si trovano davanti, come mosche cieche che non
sanno
trovare la strada per la liberà e continuano a girare sempre
in tondo, disperati,
tormentati, ma anche troppo orgogliosi e testardi e forse persino
spaventati
per togliersi la benda e poter tornare a vedere di nuovo coi propri
occhi,
vedere quella che è la realtà, una
realtà nella quale l’amore non può
esistere
in quanto fa parte solo delle favole, delle leggende, quelle che si
raccontano
ai bambini prima di mandarli a dormire.
La
Dea bendata non dovrebbe essere la fortuna,
dovrebbe essere l’amore. L’amore cieco,
l’amore imprevedibile, l’amore
illusorio.
L’amore
che inganna.
L’amore
che ti brucia, che non ti fa vedere, che non
ti fa sentire, né dormire, né…
pensare.
Perché,
perché lasciarsi andare a tutto questo?
Perché soffrire per nulla?
Non
si dovrebbe, invece, andare alla ricerca di ciò
che ci fa star bene? Ma forse, nemmeno il bene, ormai, fa provare tutto
questo
piacere, forse ci siamo stufati un po’ troppo di questo bene,
parte anche esso
della nostra monotonia quotidiana.
Io
non lo so, non riesco a capirla la mentalità
umana e ancor meno quella degli uomini che sono quelli che di
più si lasciano
travolgere da questo falso sentimento. Non so cosa cerchino veramente
le
persone, se il bene o se il sentimento travolgente che con
l’andare del tempo
diventa sempre di più un ago affilato che ti trapassa le
vene.
Ma
riesco a capire cosa provo io, riesco a capire
quello che voglio io. Proprio ora, mentre accarezzo delicatamente con
le mani
il corpo maschile che si trova sotto di me, un uomo di cui non ricordo
esattamente il nome, uno dei tanti visitatori notturni del mio letto,
di cui
l’indomani resterà solo uno sbiadito ricordo, uno
dei tanti da aggiungere alla
lista proprio come le date dei giorni che si sommano le une sulle
altre, ma
che, alla fine, sono sempre le stesse perché i numeri non
sono infiniti come le
stelle e i giorni sono tutti uguali uno all’altro, monotoni,
pieni di noia.
La
noia è brutta, non l’ho mai amata. Penso che
tutti debbano trovare un modo per combatterla.
Il
ragazzo, poco più che vent’enne, sotto di me
gemette schiacciandomi il seno e i capezzoli tra le sue dita troppo
piccole per
riuscire a raccoglierle tutte.
Oh,
perché cercare l’amore, perché voler
vivere per
sempre accanto alla stessa persona quando si può avere
questo? Piacere e
passione allo stato puro, ogni volta diverso, ogni volta nuovo, ogni
volta
intenso.
Un
uomo non è mai uguale ad un altro e in questo
modo non potresti mai stancarti, non potresti mai incappare nella
monotonia e
nella noia.
Cambiare
fa bene, d’altronde, non c’è niente di
male
nel voler scoprire le novità e, se ci si accontenta sempre
della stessa cosa o
della stessa persona è come navigare sempre nelle stesse
acque: si ritorna
sempre alle stesse isole, agli stessi scogli e prima o poi si consumano
pure
tutti i pesci.
“Clodia”.
Sussurrò con voce strascicata il mio
fugace amante nel buio della stanza, un buio nel quale le nostre
espressioni
non potevano vedersi, nascoste da questa scura e spessa coltre che non
lasciava
spiragli, celando così anche i pensieri o quanto meno, i
miei pensieri, perché
il ragazzo sdraiato sulle lenzuola sotto di me era stato avvolto dalle
braccia
sottili e tenaci dell’eccitazione che lo avevano afferrato
dal basso ventre,
per allungarsi lungo tutto il suo corpo, lungo la colonna vertebrale,
fino al
suo cervello, obnubilandogli la mente come un ubriaco che non riesce
più a
pensare a niente a causa degli effluvi dell’alcool. Ma, in
questo caso, della
passione.
Oh
Dei, riuscivo a sentirla, riuscivo a sentire la
sua eccitazione in parte anche mia, riuscivo a sentire la sua erezione
premere
forte contro le mie cosce, il piacere che provava era palpabile anche
senza che
i nostri corpi si toccassero. Io riuscivo a percepirla. Ed ero felice
di
questo, sospesa in un limbo di beatitudine e piacere che mi faceva
essere
orgogliosa di me stessa. Mi piaceva eccitare gli uomini.
Lui
continuava a sussurrare il mio nome, il suono
della sua voce che si perdeva nel buio della stanza come
un’eco lontana troppo
debole da poter essere udita. Il mio nome mi era diventato
così sconosciuto,
come appartenente a una persona che non era nulla, che nessuno
conosceva né
avrebbe mai ricordato.
Ma
io ero qualcuno, io sarei stata ricordata.
Eppure
il mio nome mi sembrava aver perso
significato, come una parola che viene ripetuta talmente tante volte
che non
siamo più sicuri se esista o se si dica veramente
così e finiamo addirittura
per storpiarla.
Il
mio nome è stato storpiato, sì, molte volte.
Però,
evidentemente per lui ha ancora molti
significati, per lui il mio nome deve avere qualcosa di sensuale, il
suono di
un’arpa, di una lira che ti suona canzoni melodiose, ma che
purtroppo durano
solo l’attimo in cui le note si consumano. Ed è
inutile suonarle un’altra
volta, ormai tutti le conoscono e nessuno vorrà
più ascoltarle.
Il
mio nome, non ha niente di sensuale, non contiene
il fascino e il piacere posseduti dalle azioni, dai gemiti, dai
sussurri, dai
nostri corpi caldi ed eccitati stretti l’uno
all’altro consumati soltanto
nell’attimo di quella notte.
Come
le note musicali.
Fugaci.
Come
il mio nome.
Fugace.
Niente
amore. Troppo lungo, troppo monotono.
Solo
passione.
E
la passione c’era, mentre entrambi raggiungevamo
l’apice dell’orgasmo.
Passero,
delizia della mia donna, con il quale suole giocare affinché
così si plachi il
suo grave ardore.
(Catullo, Carme 2)
Ho
sempre amato molto gli uccelli, di tutti i tipi e
di tutte le dimensioni. Mi hanno sempre affascinata molto questi
animali
volatili, così belli, così innocui, innocenti,
così liberi. Sì, credo sia
proprio questo che mi piace di più di loro, il fatto che
siano liberi e che
nessuno possa dir loro che cosa fare. Possono volare e andare dove
vogliono,
fare quello che più desiderano senza dover avere paura delle
conseguenze o di
quello che gli altri potrebbero dire.
Il
cielo è tutto per loro, quell’infinito spazio
azzurro dove non c’è mai pericolo che si possano
scontrare, dove possono sempre
trovare un posto per loro perché tanto è immenso.
Loro non si trovano a
beccarsi per delle cose inutili, a farsi la guerra, a litigare per del
cibo o
per il nido. Madre natura ha offerto loro tutto. In realtà,
però, ha offerto
tutto anche a noi, bisogna solo sapersi accontentare. Ma sembra che da
questo
punto di vista siano gli uccelli le creature più
intelligenti.
Le
persone non si sanno mai accontentare, troppo
presi dalle loro passioni e da questi assurdi sentimenti che continuano
a farti
desiderare di più, di più e sempre di
più. Non ti permettono mai di
accontentarti. La ricchezza, il potere,
l’autonomia… l’amore.
Il
sesso.
Il
sesso è l’unica cosa che tutti possiamo avere in
ugual modo, è l’unica cosa che ci appaga veramente
e ci rende soddisfatti.
Il
sesso e la libertà.
Peccato
che molte persone, per non dire tutte,
questo ancora non lo hanno capito. Che cosa c’è di
male nel lasciarsi
travolgere dalle passioni carnali? Non è quello che fanno
anche gli Dei?
Oh
bella Venere, se mi stai ascoltando, dimmi, che
cosa c’è di così affascinante
nell’amore? Fa così male, è
così noioso, così
monotono.
L’amore
ti ancora a terra, ti sottopone a
costrizioni, a rispettare delle regole, a comportarti secondo certi
limiti.
L’amore non ti permette di volare, di andare libero come gli
uccelli, di
lasciarti travolgere dalla passione.
L’amore
è tormento.
Passero,
delizia dei miei occhi e dei miei giorni,
tu solo puoi capire il mio turbamento e i miei ideali su questi assurdi
e
tormentati sentimenti. Vola alto nel cielo, vola libero, raggiungi gli
Dei.
Porta loro il mio cuore, tu, che non sarai mai costretto a seguire
delle
regole.
Le
mie mani saranno per sempre il tuo nido quando
avrai bisogno di un rifugio.
Odio
e amo. Forse ti chiederai perché faccia ciò. Non
lo so, però sento che accade e
ne sono tormentato.
(Catullo,
Carme 85)
Odi
et amo.
Ci
risiamo. Non ho mai capito il senso di tutte
queste parole, di tutti questi versi che mi sembrano tanto messi a caso.
Sono
solo parole, tante parole che non servono a
nulla. Le parole sono come le foglie che d’autunno cadono
dagli alberi e che
vengono sparse al vento, calpestate da tutti, spinte via e rovinate, ma
che
comunque, sono anche belle da vedere, con tutti quei colori caldi e
accesi, belle
come i fiori in un mazzolino. Sono belle almeno finché
durano, finché non
vengono rovinate del tutto e buttate via.
Ecco,
le parole sono proprio così, belle all’inizio,
appena vengono pronunciate, parole in cui ti perderesti definitivamente
e che
trovi immense come il cielo e aspre e dolci come una melodia,
specialmente se
si tratta di versi e poesie. Ma poi, perdono ogni significato,
semplicemente
perché vengono dimenticate. Le parole non possono essere
ricordate per sempre,
sono così tante che finiscono per accavallarsi, non sono
eterne. Non sono
cariche di passioni.
Però,
come gli uccelli, volano libere non appena
escono dalle nostre corde vocali e si disperdono, trasportati dal
vento. E
finiscono per non rivedersi più.
Le
parole sono come i sentimenti. Un nulla, un
inganno, una bugia. Le parole storpiano tutto, anche il mio nome
è stato
storpiato da esso. E non so più come mi chiamo. Lesbia o
Clodia?
Me
lo potresti dire tu, Catullo, per favore, come mi
chiamo? Tu, che sei tanto bravo con le parole, oh sei tanto bravo. Ma
ti
inganni perché le parole non ti servono a molto, non ci fai
niente.
Ma
consolati, non sei l’unico a credere che le
parole siano potenti. Sono tutti bravi a parlare, a giudicare, a
commentare,
criticare e raccontare favole.
Ma
nessuno è bravo a guardarsi intorno e accorgersi,
piuttosto, dei propri peccati.
Ci
sono tante persone che mi sparlano alle spalle,
lo so bene e Cicerone prima di tutti. Ma ti sei guardato bene allo
specchio,
Cicero? Dici tanto che è sbagliato andare a letto con tutti
gli uomini, essere
infedeli al proprio marito. Ma mio marito è morto e io sono
stata costretta a
sposarmi. E tu? Non dirmi che tu sei sempre stato fedele come un
cagnolino.
Dimmi che desideri anche tu fare visita nel mio letto. È
così, mio caro, è
impossibile resistere alla passione, è come un pezzo di
ferro che cerca di
resistere all’attrazione di una calamita.
Ah,
io ho avuto tanti amanti, non lo nascondo,
perché dovrei d’altronde? E non sono assolutamente
pentita di questo, potrei
fare una lista dei migliori che hanno occupato il mio letto e,
rallegrati
Valerio, tu sei fra questi. Mi piaci come ti muovi a letto, mi piaci,
poeta che
incanta le mie notti e arricchisce il mio banale nome di una
musicalità dolce
da riuscire a sciogliere pure il mio arido cuore.
Solo
una cosa non riesco a sopportarti.
Stropicciai
il foglio con il carme che mi aveva
spedito Catullo quella mattina.
Odi
et Amo.
Non
odiarmi, mio caro, io ti voglio bene anche se
forse non ti sembra. Ma cerca di capirmi, sono solo una donna piena di
passione
che, gli Dei non me ne vogliano, vuole sfruttare la sua vita al meglio,
senza
noia e godere dei piaceri che le si possono offrire. Magari ti appaio
un po’
capricciosa e incontentabile ed, effettivamente, tutta la nostra storia
è
iniziata solo per un mio capriccio. Tu, però, avresti dovuto
capire che si
trattava solo di sesso, anch’esso è un arte e
questa dovresti conoscerla bene,
anche la poesia lo è. E da questo punto di vista noi due ci
intendiamo.
Solo
che abbiamo modi differenti di praticarla.
Però,
smetti di amarmi. L’amore non esiste, è vano e
ingannevole come le tue parole. L’amore ti distrugge, ti
accartoccia come ho
fatto io poco prima col foglio di carta, come le foglie in autunno che
si
piegano per il troppo vento.
Sii
felice, Catullo, e
continua pure a scrivere le tue parole, se ti va. Ma non confidarci
troppo,
come non confidare troppo nemmeno nell’amore. Pensa a te
stesso, prima di
tutto, prima delle poesie. Fare poesia
è
come fare l’amore: non si saprà mai se la propria
gioia è condivisa*.
*Cesare
Pavese
MILLY’S
SPACE
Hum,
salve amici… la fantasia di Milly non si esaurisce
mai ^^.
Allora,
credo si tratti di una Oneshot un po’
“particolare”. In realtà non
è una storia del tutto originale perché i
personaggi NON sono assolutamente miei. Chi ha studiato un minimo di
letteratura latina saprà certamente che Catullo e Lesbia
sono due personaggi
vissuti nel VII – VI secolo a. C. a Roma, lui era un famoso
poeta che viveva
nell’ “otium” e lei la donna della quale
era perdutamente innamorato. Lesbia,
però, come si capisce anche dalla storia, non ricambiava
questo amore,
preferendo semplicemente dedicarsi a delle relazioni più
“carnali”.
Purtroppo, però, non c’è una sezione
dedicata ai personaggi storici in questo
sito (che io sappia almeno, ma se così non è vi
prego di avvisarmi ^^).
In
realtà questa storia l’avevo scritta tempo fa per
un
compito di scuola e poi, sempre con essa, avevo partecipato anche ad un
concorso di scrittura.
Non ho vinto però, il che mi è un po’
dispiaciuto perché devo ammettere che
questa è una delle storie a cui più mi sono
affezionata, oltre ad essere anche
la più elaborata tra tutte quelle che ho scritto (e non mi
riferisco solo a
quelle pubblicate in questo sito).
Quindi
ho deciso di condividerla con voi.
Fatemi sapere cosa ne pensate, magari in realtà è
un vero e proprio disastro
vista dalla vostra ottica.
E, naturalmente, non dimenticatevi di fare un salto nella mia pagina
Facebook
per sapere le novità sulle storie di Milly. ^^ http://www.facebook.com/MillysSpace
Baci,
baci.