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Autore: Halley Silver Comet    14/10/2012    18 recensioni
Quando Narcissa, sul limitare dei ventun anni del figlio, gli aveva chiesto di indicare un nome tra le ragazze Purosangue ancora nubili, al fine di scegliersi la sua futura sposa, Draco era stato categorico. Aveva smesso di firmare le carte che aveva sulla scrivania e, fissando per alcuni secondi gli occhi grigi di sua madre, le aveva infine risposto, senza alcuna titubanza: «Astoria Greengrass».
Quel nome gli era salito alle labbra ancor prima che il suo cervello potesse elaborarlo. Astoria, la mocciosa che aveva un
qualcosa che a lui non era dato possedere. E lui desiderava quel qualcosa che non aveva e che non avrebbe mai avuto senza di lei, anche se non sapeva cosa fosse.
Percepiva la grandezza di quella qualità che la piccola Greengrass racchiudeva in se stessa: prendendola in moglie avrebbe ottenuto anche quella componente misteriosa.
Qual era la forza di quella ragazza? Conosceva forse una magia più potente di tutte quelle che aveva imparato ad esercitare lui?

~ Quarta classificata al contest “forever shot” indetto da CeciliaMargherita sul forum di EFP
Vincitrice del contest “Prenotali tu” indetto su Facebook
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy | Coppie: Draco/Astoria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Mora tra Spine di Rovo





I
l sentiero imbiancato svoltava seguendo una curva stretta, dando l’impressione di essere finito: una via senza uscita.
Draco non se ne preoccupò e proseguì senza rallentare la propria andatura, giacché aveva percorso davvero troppe volte quella strada, per lasciarsi trarre in inganno: era sicuro che dietro la curva ci sarebbe stata ancora strada e ancora neve; la radura era ancora piuttosto lontana.
Uscire fuori in quella mattina di metà gennaio si era rivelata una scelta poco saggia.
Il giovane lanciò una fugace occhiata oltre la propria spalla: dietro di lui veniva Astoria, trotterellando con grazia.
Era stata sua la folle idea, solo a lei sarebbe potuta venire voglia di raccogliere le more in una giornata grigia come quella; avrebbe potuto mettersi a nevicare da un momento all’altro.
Egli aveva notato, da quando avevano intrapreso quella passeggiata, che la mocciosa aveva tentato di prendergli la mano quattro o cinque volte, senza successo. Forse lo temeva, finalmente, o aveva paura della reazione che avrebbe scatenato il suo gesto e si sentiva impacciata.
Draco rallentò impercettibilmente il passo, al fine di affiancarsi quasi alla ragazza. Quando fu ad una distanza di sicurezza, ma che gli consentisse di scrutarla, girò lievemente il capo così da poterla studiare di sottecchi: camminava a testa bassa, imbacuccata nel suo cappottino di lana antracite, con una bella sciarpa arrotolata intorno al collo, lasciandosi sfuggire ogni tanto una nuvoletta di respiro condensato dal gelo mattutino. Non c’era un misero raggio di sole quella mattina e l’aria era davvero molto fredda.
Per un momento fu tentato di prenderle la mano, così da terminare quello sciocco gioco di esitazioni, ma si trattenne: aveva acconsentito di malavoglia a seguirla in quell’insensata scampagnata fuori stagione, per tanto Astoria non meritava nessun premio.
Non c’era bisogno di venirle incontro, soprattutto perché era abbastanza compiaciuto dal fatto che quella ragazza avesse cambiato atteggiamento nei suoi confronti, lasciando da parte l’antico astio che aveva per lui.
Però, e questo pensiero lo sorprese non poco, aveva acconsentito alla sua richiesta; se davvero non avesse voluto seguirla e godere della sua compagnia, avrebbe risposto con un no secco e arrogante, come era solito fare.
Draco lanciò un’altra occhiata ad Astoria, concentrandosi sulla danza che stavano eseguendo, ad ogni passo, le lunghe ciocche nere ed ondulate intorno al suo viso pallido.
Sentiva che era solo un’illusione pensare che potesse essere cambiata: i suoi occhi verde scuro, ogni volta che li incrociava, trasparivano della sua solita ironia e del suo enorme coraggio.
Perché Astoria ne aveva avuto tanto di coraggio, nel non giurare fedeltà all’Oscuro Signore nonostante fosse una Purosangue di illustre stirpe.
Ardita e tenace a tal punto da poter essere una Grifondoro.
Quando l’aveva conosciuta, quella ragazza gli aveva subito dimostrato la sua vera essenza, pura e cristallina, come la neve che li circondava in quel momento. Fin da subito le aveva invidiato un qualcosa che, in un primo momento, non era riuscito a ben comprendere cosa fosse. Il fatto stesso che la minore delle sorelle Greengrass avesse un qualcosa che a lui era stato negato, gli aveva fatto provare verso Astoria una forte antipatia. Un vero e proprio sentimento di avversione.
Ricordava perfettamente la prima volta che l’aveva notata: fastidiosa e tremendamente infantile erano stati solo i più gentili tra gli aggettivi con i quali l’aveva inquadrata.
Ai tempi dell’aggressione che aveva subito da Fierobecco, Draco era stato solito eseguire enfatici comizi contro il rozzo guardiacaccia Hagrid e contro la sua pericolosissima bestiaccia nella sala comune dei Serpeverde un momento sì e l’altro pure, tenendo il suo uditorio con il fiato sospeso e compiacendosi del fatto che Pansy Parkinson pendesse letteralmente dalle sue labbra. Una volta, però, la sua solenne arringa era stata disturbata da un chiacchiericcio proveniente dalle poltrone sul fondo della stanza. Ed era stato lì che aveva scorto Astoria intenta a ridacchiare semplicemente con le sue amiche, ignorandolo completamente. Quella mocciosa del primo anno con le sue sciocche risate lo stava disturbando.
Ma gli affronti indiretti di Astoria non si erano limitati a quello. L’anno dopo, durante il torneo Tremaghi, non si era schierata contro san Potter, l’amico dei Mezzosangue, come invece aveva fatto la maggior parte della Casa dei Serpeverde, anzi, si era limitata ad alzare gli occhi al cielo - con quella sua aria di superiorità da ricordare quella presuntuosa so-tutto-io della Granger -, ogniqualvolta qualcuno dei suoi compagni esibisse le spille con lo slogan Potter fa schifo.
Ancora, aveva apertamente biasimato la scelta di sua sorella Daphne d’essersi unita alla Squadra di Inquisizione messa su da Dolores Umbridge e partecipato al funerale di Silente, seppur rimanendo in piedi e distante dalla folla per tutto il corso delle esequie.
Quest’ultimo particolare, Draco l’aveva appreso da Zabini, poiché egli aveva lasciato Hogwarts immediatamente dopo l’assassinio del Preside, ma non aveva mai pensato di dubitare della veridicità del racconto. Blaise era una fonte sicura e il temperamento di Astoria era compatibile con questa versione dei fatti.
Decisamente, Astoria Greengrass era una strana ragazza che sembrava vivere in un mondo tutto suo. Strana in maniera tale che, se lo fosse stata un poco di più, avrebbe potuto felicemente competere con Luna ’Lunatica’ Lovegood.
Canticchiava e ballava prendendo sottobraccio le sue amiche, rideva con loro, invadendo l’aria con la sua risata cristallina, e amava raccontare barzellette. Tuttavia, di sera, non era raro vederla in disparte, in un angolo della sala comune a leggere o a scrivere (era sempre molto diligente nello studio, un’allieva davvero brillante) oppure a fissare per interi quarti d’ora il fuoco verde che scoppiettava nel camino.
A scuola, i rapporti interpersonali tra Draco e Astoria erano sempre stati ambigui e bizzarri, difficili da identificare, al limite tra l’antipatia e l’ostinata indifferenza, come quella volta in cui la ragazza gli aveva raccolto un foglio di pergamena scivolato da un tavolo e, prima che egli potesse aprire bocca, lo aveva ironicamente apostrofato: «Non c’è bisogno che si scomodi a ringraziarmi controvoglia, Sua Grazia».
E se ne era andata così, girando sui tacchi e dirigendosi verso il proprio dormitorio.
Ma l’episodio che gli aveva fatto davvero aggrottare la fronte per la stravaganza della cosa si era svolto al sesto anno, nel periodo in cui Draco era stato ricoverato in infermeria dopo il Sectumsempra scagliatogli da Sfregiato-Potter.
La mocciosa era andata a trovarlo una sera, portandogli una manciata di more selvatiche invernali, bianche perlacee come se ne potevano trovare solo negli anfratti più nascosti del mondo magico.
«Ti assomigliano» gli aveva sussurrato, interpretando lo sguardo interrogativo di lui e posando sul comodino il piccolo cestino intrecciato, dove aveva riposto i frutti selvatici. «Ho faticato per trovarle. Ma chi sa orientarsi e conosce i segni del bosco non potrà mai perdersi».
Enigmatica e brillante a tal punto da poter essere una Corvonero.
Per tutti i venti minuti che Astoria aveva passato al capezzale di Draco, non si erano scambiati altre battute. Erano rimasti a fissarsi in silenzio.
Il ragazzo con la bocca serrata ed un’espressione circospetta, la fanciulla con un sorriso sereno e gli occhi socchiusi. Poi se ne era andata, facendo frusciare le tende dell’infermeria, senza nemmeno salutarlo.

Ormai erano arrivati nella radura e il giovane Malfoy ebbe un attimo di esitazione.
Fino a quel momento, quando vide concretizzarsi quello spiazzo completamente imbiancato, non si era mai reso conto effettivamente di dove stesse portando Astoria.
In quel luogo aveva lasciato la sua infanzia e la sua innocenza, lo stesso giorno in cui suo padre Lucius era venuto a chiamarlo per annunciargli che avrebbe frequentato Hogwarts.
Il tempo dei giochi col fango, della caccia all’allodola, delle casette sull’albero era finito: sarebbe stato istruito, avrebbe appreso il sapere magico per prepararsi meglio al ritorno di Lord Voldemort e avrebbe odiato i figli dei Sanguesporco.
Non ricordava parola per parola tutto il discorso che gli era stato fatto, ma la sensazione di oppressivo cambiamento che lo aveva attanagliato gli era rimasta perfettamente impressa.
Il suo destino era stato segnato.
E, mentre Malfoy Senior lo stava riportando a casa, Draco aveva avvertito che quella radura non sarebbe più stata come l’aveva vista con gli occhi di un bambino. Quella che poteva essere una terra di scoperte ora era solo un insulso spiazzo privo di alberi e cosparso di erbacce.
Che sciocco. Si era di nuovo lasciato andare a stupidi e inutili ricordi.
Ma perché aveva portato Astoria proprio ?
«Tu credi che qui ci siano le more?»
Il ragazzo si voltò verso di lei. Si era decisa ad aprire bocca.
«Non le ho mai viste, scordati di trovarle qui» le rispose, asciutto.
«E allora perché siamo venuti da queste parti? Avevo detto espressamente di voler raccogliere le more d’inverno!» protestò Astoria, arricciando le labbra.
Draco le lanciò un’occhiata penetrante: l’osservazione della mocciosa era incredibilmente pertinente e aveva osato dare voce a ciò che aveva già pensato da sé.
Stizzito dall’incapacità di dare una giusta risposta e dal fatto di trovarsi lì senza una vera spiegazione, le rispose acidamente: «Questo luogo non è di gradimento alla signorina Greengrass, presto in Malfoy?»
La ragazza aprì la bocca per replicare, ma non parlò. Invece, voltò il viso di lato con un piccolo scatto.
Malfoy sogghignò: amava tirare in ballo il vincolo che li legava, quando la mocciosa cominciava a fare l’indisponente.
Tutta la storia del fidanzamento tra lui e Astoria era stata estremamente soddisfacente per lui, ma deciso motivo di risentimento per lei.
Quando Narcissa, sul limitare dei ventun anni del figlio, gli aveva chiesto di indicare un nome tra le ragazze Purosangue ancora nubili, al fine di scegliersi la sua futura sposa, Draco era stato categorico. Aveva smesso di firmare le carte che aveva sulla scrivania e, fissando per alcuni secondi gli occhi grigi di sua madre, le aveva infine risposto, senza alcuna titubanza: «Astoria Greengrass».
Quel nome gli era salito alle labbra ancor prima che il suo cervello potesse elaborarlo. Astoria, la mocciosa che aveva un qualcosa che a lui non era dato possedere. E lui desiderava quel qualcosa che non aveva e che non avrebbe mai avuto senza di lei, anche se non sapeva cosa fosse.
Percepiva la grandezza di quella qualità che la piccola Greengrass racchiudeva in se stessa: prendendola in moglie avrebbe ottenuto anche quella componente misteriosa.
Qual era la forza di quella ragazza? Conosceva forse una magia più potente di tutte quelle che aveva imparato ad esercitare lui?
Sua madre non aveva obiettato, anzi aveva persino speso qualche parola di approvazione sulla scelta felice. Aveva gradito il fatto che Draco non avesse preso in considerazione quel carlino della Parkinson, assolutamente inadatta a rivestire il ruolo di futura signora Malfoy. Evidentemente doveva ancora ricordare il sostegno che Astoria le aveva dimostrato durante il processo a Lucius, terminato con un’assoluzione e un risarcimento da pagare in galeoni.
Quella giovane aveva tenuto la mano di Narcissa per tutto il tempo di ciascuna udienza, nonostante conoscesse la signora Malfoy molto superficialmente. Da allora, Astoria aveva preso a fare visita a Narcissa ogni mercoledì pomeriggio, intrattenendosi per una buona mezz’ora e facendole compagnia.
Aveva scelto il mercoledì perché sapeva che era l’unico giorno durante la settimana in cui il giovane rincasava solo a tarda sera.
«Quella ragazza è davvero deliziosa». aveva commentato la madre di Draco durante una cena, quando era stata sicura che il figlio la stesse ascoltando.
Buona e gentile a tal punto da poter essere una Tassorosso.
Ma il giovane non aveva risposto, proseguendo nel sorseggiare la sua zuppa in silenzio e sentendo che il suo risentimento verso la mocciosa, la quale aveva osato conquistarsi la fiducia e l’affetto che fino ad allora Narcissa aveva riversato solo su di lui, stava raggiungendo valori mai toccati prima.
Eppure, avvertiva che c’era altro oltre al risentimento. Possibile che fosse gratitudine? Come era possibile provare sentimenti così contrastanti verso una stessa persona?
Astoria Greengrass stava diventando la sua ossessione. Quella sua aria perennemente serena e spensierata, quel suo acume e ingegno, quella sua sfrontatezza e temerarietà... Qual era il suo segreto?
L’unico modo per scoprirlo e appropriarsene era sposarla.
Così, una bella mattina di ottobre, si fece annunciare a Germanicus Greengrass con tutta l’intenzione di chiedere la mano della sua figlia più piccola.
L’uomo e sua moglie Deidamia non ebbero nessuna obiezione da fare, anzi, non batterono proprio ciglio: accettarono di buon grado la proposta di Draco, ben lieti che la loro piccola Astoria andasse in sposa ad un Malfoy.
La ragazza non aveva preso bene quella decisione presa senza interpellarla. Perché avrebbe dovuto acconsentire ad un marito che avevano scelto per lei i suoi genitori? Ma i coniugi Greengrass e perfino sua sorella Daphne si erano dimostrati irremovibili: l’unione con Draco sarebbe stata vantaggiosa.
Eppure la mocciosa non si era data per vinta: aveva cominciato la sua protesta silente trattando il suo futuro consorte con ancora più ironia e disprezzo di quanto non facesse in passato. Ne erano seguiti feroci diverbi e dispetti reciproci a non finire, che furono interpretati dalle due famiglie come inequivocabili segni che i due si stessero comportando come due veri fidanzatini.
C’era però da dire che, negli ultimi tempi, Astoria si era dimostrata più taciturna e meno ribelle.
Draco non sapeva dire se si fosse rassegnata all’idea di quel matrimonio oppure avesse deciso di prendersi una pausa prima di scagliare un’altra offensiva. Di certo non rimpiangeva neanche un po’ la mancanza delle uova di rana marcite nel suo porridge della domenica.

«Io avevo detto che mi sarebbe piaciuto raccogliere le more» disse Astoria, dondolandosi avanti ed indietro, forse per contrastare il freddo. «E qui non ce ne sono. Che si fa?»
«Prova a chiamarle, magari da me non si sono mai fatte vedere, ma con te sarà diverso e spunteranno fuori» le rispose sarcastico il giovane, mentre avanzava verso le conifere che delimitavano la radura.
«Non sei spiritoso, Malfoy. Io ti avevo chiesto una cosa e tu mi hai portato apposta da un
altra parte! Sei solo un odioso e pomposo egoista!»
Draco si fermò affondando di qualche centimetro nella neve. No, non era vero. Il primo a non capire perché l’avesse portata era proprio lui.
«Tu credi sempre di sapere tutto, mocciosetta? Non sono io ad esser voluto venire qui!»
«E chi è stato allora? Ti sei fatto possedere dal fantasma che infesta Malfoy Manor da secoli e secoli? Sei stato tu a decidere la strada da percorrere!»
Il giovane compì un giro di centottanta gradi e fissò Astoria con i suoi occhi grigi. Odiava quando si metteva a strillare, odiava quando con lui si comportava in maniera diversa e gli negava quella cortesia che elargiva generosamente a tutto il resto del mondo, odiava non avere una risposta con la quale zittirla. E, inaspettatamente, si ritrovò a dire la verità
«Io... non sono venuto qui con consapevolezza. Non ci siamo venuti per mia volontà».
Astoria inarcò un sopracciglio, anche non riuscì a celare il proprio stupore.
«Per la barba di Merlino, Malfoy! Stai finalmente ammettendo di essere uscito fuori di zucca? Cos’è, hai abbondato con il Whiskey Incendiario, stamattina a colazione?»
«No, Greengrass» continuò, strascicando ancor più lentamente le parole di quanto fosse solito fare. Voleva che quella ragazzina afferrasse il punto della questione senza possibilità di fraintendimento. «Sto dicendo che è come se fossi venuto qui guidato da una forza incomprensibile».
Be’, forse la Greengrass aveva ragione: fuori di zucca ci era andato sul serio. Stava parlando con lei di forze misteriose!
Se gli fosse scoppiata a ridere in faccia avrebbe potuto insultarla ma non biasimarla.
Invece, Astoria rimase in silenzio e lo fissò per alcuni secondi.
«Sei un’anima tormentata dal passato più di quanto tu voglia ammettere» sussurrò all
improvviso, facendosi più dolce; con lui non aveva mai usato quel tono.
Stupito, Draco non ebbe la prontezza di ribattere, così la ragazza ne approfittò per aggiungere: «Quando nessuno ti guarda ti strofini nervosamente il braccio dove ti hanno tatuato... quel segno. Parli nel sonno, ti agiti. Il più delle volte ti isoli da tutti e guardi con disprezzo chiunque ti sembri felice».
Il ragazzo rimase di sasso.
«Ma davvero? E come faresti a saperlo, mocciosa?» le domandò, scontroso e tagliente.
«Di qualcosa me ne sono accorta da sola, il resto me lo ha detto tua madre, quando vengo a trovarla parla spesso di te. Lei ha sofferto molto e continua a soffrire vedendoti star male». rispose la giovane con semplicità.
«Tu non puoi capire, Greengrass» fece egli, in modo così secco che la nuvoletta di vapore condensato si dissolse solo dopo alcuni istanti.
Astoria compì qualche passo incerto sulla sua sinistra, per poi ripercorrerli e tornare al punto di partenza.
«Forse no. Ma non penso che ti diverta vivere con il peso di ciò che hai vissuto».
Si allontanò, come se stesse passeggiando, avvicinandosi a dove si trovava Draco. Per un istante il giovane sperò che Astoria si fermasse accanto a lui, invece proseguì oltre, entrando nel sottobosco.
Draco si maledì immediatamente per quella debolezza. Sì, era vero che non riusciva più a vivere con la spensieratezza di una volta.
La guerra, la sua iniziazione per diventare un Mangiamorte, le angosce che avevano toccato la sua famiglia, la paura di non sopravvivere, il dolore provato, l’umiliazione di vedere il Prescelto-Potter che metteva misericordiosamente con il Ministro della Magia una buona parola per Lucius...
Non lo odiava più come quando erano ragazzi, ma non sarebbero mai diventati amici, ne era certo.
Il saluto che concedeva a lui e ai suoi amici Weasley o alla Granger, ogniqualvolta si incrociavano per i corridoi del Ministero, era fin troppo gentile da parte sua.
Che bisogno aveva della pietà di Potter e compagnia? Che bisogno aveva lui del conforto di quella mocciosa di Astoria Greengrass? Magari non si era mai nemmeno sognata di offrirglielo.
Eppure, mentre avevano camminato aveva cercato di prendergli la mano per diverse volte...
«Draco, vieni subito! Le ho trovate!»
Il giovane Malfoy seguì il richiamo e si avviò a sua volta. Nella zona in cui l’ambiente della radura stava cominciando a mutare in quello boschivo, trovò Astoria indaffarata a rovistare tra le sterpaglie: si era buttata a capofitto per raccogliere alcuni frutti candidi, ferendosi e graffiandosi, lì in ginocchio in mezzo alla neve.
«Ti farai male, sciocca ragazzina» la rimbrottò, scrutandola come se fosse impazzita.
«Ma ce ne sono tante!» ribatté allegra, senza fermarsi.
Si era tolta la sciarpa e stava accumulando con molta attenzione le more tra le pieghe della lana.
Draco le fu accanto in un batter d’occhio e si abbassò al suo livello, sedendosi sui talloni.
«Non vedi quante sono? Meno male che non ti ho creduto e che le ho cercate comunque!» esclamò la ragazza, raggiante come una bambina, guardandolo con le sue iridi verde scuro e brillanti per via dell’emozione.
Draco avvertì una specie di fitta allo stomaco. Quelle erano le iridi che aveva avuto davanti nello stesso momento in cui aveva lasciato Pansy, all’incirca un anno prima.
Non aveva sentito le urla della donna, né tanto meno si era sentito scalfito dalle sue lacrime e dai suoi strepiti.
L’aveva lasciata senza dispiacere. Il suo rapporto con lei era diventato monotono ed inconsistente.
Pansy era stata sempre una donna noiosa, incredibilmente incentrata sulla propria persona e solo desiderosa di compiacerlo in tutto. Nonostante ciò non si sentiva soddisfatto quando era in sua compagnia. Tutt’altro.
Quella sensazione di quiete che provava quando aveva accanto Astoria era unica. Se ne stava rendendo conto solo ora.
Astoria era da tutti giudicata matura, ma lui aveva sempre visto solo la mocciosa.
Astoria non aveva paura di graffiarsi con le spine delle more di rovo, ma aveva paura di prendergli la mano.
Astoria regalava un sorriso a tutti, ma con lui diventava rigida e inflessibile.
Astoria aveva vissuto la guerra, ma riusciva a convivere con il suo ricordo nella pace.
«Sei venuto anche tu a raccogliere le more?»
«Stai scherzando? Io non ci tengo a passare la serata a togliermi le spine dalle mani!»
«E allora tieni! Almeno questo puoi farlo!»
Gli prese le mani e gli depositò alcune more sul palmo.
Draco si sorprese a pensare che questa volta non aveva avuto alcuna esitazione nello stabilire quel contatto fisico. La pelle di Astoria era calda, nonostante tutto quel gelo.
«Greengrass... perché prima non mi hai preso la mano coma hai fatto adesso?»
La ragazza spalancò gli occhi e deglutì, lasciandolo immediatamente e alzandosi di scatto.
«Sei un bell’impudente, Malfoy» gracchiò, arrossendo.
Ma il giovane non era abituato ad accontentarsi di una risposta insoddisfacente, pertanto si rimise in piedi e insistette: «Rispondimi... Mi... faresti un favore.»
Aveva deciso di provare ad essere un pochino educato. Non per niente, ma certamente avrebbe avuto più probabilità di non indispettirla.
Figurarsi se gli interessava essere gentile con quella mocciosa... O no?
«Perché mi piaci» gli rispose la ragazza con un’espressione di pura ingenuità, arrossendo ancor di più sulle guance.
Il giovane rimase sgomento davanti a tanta diretta schiettezza.
«Ti... ti piaccio? Ma se fino ad adesso non hai mai esitato nel manifestarmi il tuo odio! Allora avevo ragione a pensare che fossi strana!»
«Ho dovuto comportarmi così. Altrimenti non mi avresti mai capita» si giustificò ella.
Furono quelle battute a schiarire la mente del ragazzo. Aveva realizzato cosa aveva Astoria e che lui non possedeva: la sincerità. E anche aveva capito che era stato sempre attratto da quella ragazzina, ma era stato troppo impegnato a biasimare ciò che non gli apparteneva naturalmente e che voleva prendersi con la forza, quando invece ella lo avrebbe volentieri condiviso con lui semplicemente chiedendoglielo.
«Mi sei sempre piaciuto, Draco,» prese a spiegare Astoria e non senza imbarazzo, «non perché fossi il più forte, ma perché ti ho sempre paragonato a queste more. Difficili da cogliere perché rischi di ferirti con i loro rovi spinosi e una volta raccolte non ti ripagano nemmeno subito per la fatica impiegata. Risultano aspre e sgradevoli, se non le addolcisci con un po’ di zucchero».
Egli non replicò. Alla fine aveva lasciato che fosse la ragazza a sbattergli in faccia chi fosse davvero Draco Malfoy ed il fatto che le piacesse; eppure magari era così che sarebbe dovuta andare.
«Se avessi ceduto subito come le altre, avresti creduto che, come loro, fossi attratta da te per il tuo carisma e la tua strafottenza. Invece a me piace il tuo lato nascosto» gli disse, alzando le spalle e sorridendo impacciatamente. «Quello estremamente contraddittorio e difficile da capire. Dovevo renderti partecipe della verità dei miei sentimenti, anche se in maniera indiretta».
E così, obbligandola a sposarlo, aveva solo creduto di costringerla a fare una cosa contro la sua volontà. In realtà non solo era stato egli a fare il volere di Astoria, ma addirittura l’aveva fatto con piacere.
Astuta e determinata a tal punto da essere veramente una Serpeverde.
Sapeva che la mocciosa testarda e pronta a dargli battaglia per un nonnulla era ancora lì, camuffata da qualche parte sotto quel visetto angelico, ciononostante ora era consapevole che Astoria non l’avrebbe disprezzato per il resto dei suoi giorni.
Inspiegabilmente, si sentì d’improvviso meno oppresso.
«Strategia non male per essere una mocciosa, Greengrass».
«Considerazione molto umile per essere un principino viziato, Malfoy» rispose la ragazza, recuperando un po’ dell’antica sicurezza.
Si guardarono attentamente, studiandosi come quella volta in infermeria.
«Hai finito con queste more?» le domandò, cercando di mantenersi più distaccato possibile. In fondo, Draco sapeva d’esser stato sempre troppo orgogliosamente vigliacco per ammettere che a lui piacesse la mocciosa.
«Sì, per oggi sì. Ma mi piacerebbe tornare qui con te. La settimana prossima, forse. E non solo! Si potrebbe fare anche l’inverno prossimo e quelli a venire» considerò Astoria, chiacchierando come se si stesse rivolgendo ad una delle sue amiche d
infanzia, mentre se ne stavano raggomitolate su una delle poltrone di pelle nera della sala comune dei Serpeverde.
«Il futuro non lo puoi programmare, Greengrass».
«Ma posso farmene un’idea, Malfoy».
Draco la guardò mentre chiudeva con somma cura la sciarpa e ne faceva un fagottino dove aveva racchiuso le more appena colte. Non riusciva ancora ad immaginare il suo futuro con la stessa certezza che aveva quella ragazzina.
Eppure Astoria voleva prendervi parte, nonostante egli fosse l’arrogante, scostante e presuntuoso Draco Malfoy.
Per esserne certo gli occorreva l’ultima conferma.
«E tu ci sarai nel mio futuro, Astoria?»
La ragazza non si mostrò delusa dalla domanda. Evidentemente, era conscia che questo fosse il massimo del romanticismo che potesse offrirle.
Non le aveva chiesto direttamente se volesse rispettare volontariamente l’accordo preso con i suoi genitori, ma a giudicare dal dolce sorriso che la ragazza gli dimostrò in risposta, il giovane non ebbe dubbi che avesse capito che egli si stesse riferendo alla loro vita insieme.
Probabilmente, le bastava.
«Ci sarò, Draco».





***
I personaggi qui presenti appartengono alla meravigliosa fantasia di J.K. Rowling. Io li ho solo presi in prestito senza alcuna pretesa.
Per la revisione del capitolo, si ringrazia Layla_Morrigan_Aspasia per la gentile collaborazione.
La grafica del titolo non sarà un granché ma è stata realizzata interamente dalla sottoscritta.
***

Salve a tutti.
Alla fine anch’io ho deciso di scrivere una piccola fanfic su Harry Potter. Ma siccome non volevo rovinare il lavoro dell’autrice originale mi sono scelta una coppia discreta e poco chiacchierata, trattandola per come la vedo io. O meglio, per come io vedo Astoria (sì, lo so che il vero nome è Asteria, ma con la -o rimane più musicale e gradevole da pronunciare) e il rapporto che potrebbe avere con Draco.
Questa fiction è veramente molto semplice, tuttavia mi auguro che a qualcuno possa piacere e che voglia essere così gentile da lasciarmi una recensione. Accetto tutti i pareri, anche negativi purché supportati da una motivazione.
Grazie per aver letto.
Halley S. C.
  
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