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Autore: Dani85    16/10/2012    2 recensioni
È passato un anno dalla morte di Luca e chi è rimasto - vecchi amici, vecchi amori mai vissuti, vecchi colleghi - ricordano.
La sveglia sul comodino lampeggia due minuti a mezzanotte e tu ti rigiri per l’ennesima volta nella tua parte di letto, lì dove ti sei infilato così tanto, troppo, presto quella sera. Se ti fossi addormentato subito – hai pensato – avresti evitato quella sensazione. Almeno per qualche ora ancora. Almeno fino alla mattina. E forse poi avrebbe fatto un po’ meno male. Forse avrebbe fatto un po’ meno male ricordare che è già un anno che Luca è morto.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna Gori, Luca Benvenuto, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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NdA
Salve : )

Dunque, rieccomi con una One Shot che in realtà è una piccola raccolta di flash fic. L'intento iniziale era di fare delle drabble ma io proprio non sono capace di stare in 100 parole XD
La raccolta è una specie di tributo a Luca, ad un anno dalla sua “morte televisiva” (nella fiction avviene tipo nella notte tra il 5 e il 6 marzo ma ok u.u). Qui affronto le sensazioni ad un anno di distanza dal fatto, tant'è che il concetto di ricordi è ricorrente. Ho cercato di essere fedele ai caratteri e ai modi di ragionare dei personaggi su cui ho scelto di scrivere, ma potrei benissimo non esserci riuscita, anche se a tratti sono soddisfatta del risultato (evento rarissimo).
Qualche nota tecnica e la smetto.
Tutte le flash fic sono comprese entro le 510 parole, citazioni finali escluse, abbracciano l'ideale arco delle 24 ore e le canzoni usate per titoli e versi finali sono:
Per dirti ciao (Prologo – Luca) – Per dirti ciao di Tiziano Ferro
L'amore conta (Pietro) e Ci si sceglie (Barbara) – L'amore conta di Luciano Ligabue
Non illuderti mai (Elena) – Le cose che hai amato di più di Biagio Antonacci
Qua c'è tutto (Roberto) – Lettera a G. di Luciano Ligabue
Non è facile (Alessandro) - Dopo il viaggio di Biagio Antonacci
Dimenticarti è poco (Anna) – Dimenticarti è poco di Biagio Antonacci (vi consiglio di ascoltare soprattutto questa, che io trovo perfetta per la mia idea dei Lucanna dopo tutto quello che è successo, ma in cui penso ci possa riconoscere un po' tutti e non necessariamente per una storia d'amore)
Ovviamente, questi personaggi non mi appartengono e la storia non è stata scritta a scopo di lucro.

Buona lettura e grazie a chi leggerà :*

Per dirti ciao...

Il primo colpo parte a sorpresa, vero Luca? Nemmeno lo vedi.
Gli occhi fanno in tempo solo a sbarrarsi dal dolore mentre si riempiono di una nuvoletta di polvere blu e rosa, di tela e soldi lacerati dal proiettile. Da quello stesso proiettile che ti piega le gambe e ti riempie il corpo e la mente di un dolore così improvviso e sordo che annienta tutto il resto. Hai appena la sensazione che qualcuno ti rovisti nelle tasche ma non hai la minima forza per opporti e quindi lasci fare. Lasci che quelle mani cerchino le risposte o, forse, le giustificazioni a quel colpo di pistola che hanno dovuto sparare. Quando finalmente ti lascia in pace, e i suoi passi si spengono da qualche parte alle tue spalle, ti sforzi di riaprire gli occhi. Sei solo ma sai che non sarà così per molto ancora. Così come sai di non avere che due possibilità: o te ne resti lì ad aspettare che l’uomo torni e finisca, indisturbato, il suo lavoro o tenti di alzarti e provi almeno a rendergli più difficili le cose. E tu sei un poliziotto e già solo questo ti basta per strisciare le mani sul pavimento e fare forza per tirarti su: non puoi lasciarti ammazzare senza combattere. Eppure, quando ti ritrovi sulle ginocchia, hai la terribile sensazione che nemmeno combattere basterà ad evitare quello che sembra inevitabile. Perché la tua pistola non c’è più. Perché a terra c’è solo il distintivo che con un gesto pesante rinfili in tasca, dopo aver stretto la camicia appena sotto il foro all’addome, disperato tentativo di fermare il sangue. Perché l’idea di far saltare i tubi, sparandogli contro un getto di vapore bollente, ti sembra traballante già nel momento in cui la metti in pratica. E ne hai la certezza un attimo dopo, quando un altro colpo va a segno e tu lo senti scoppiarti lì, proprio all’altezza della spalla destra.
Cadi e mentre cadi, lo sai. È finita. C’hai provato Luca, ma ti ha detto male.
Ti tiri su, per quella che sai sarà l’ultima volta, e lo sfidi. Combatti ancora. E lo provochi.
«Spara!» gli urli.
Sbrigati, per favore!” lo implori nella tua testa.
E lui spara. E tu muori, negli occhi il terrore del destino dal quale non sei scappato – dal quale non sei potuto scappare.
È finita, Luca. Ora puoi arrenderti.
E cadono i ricordi e cade tutto l’universo
e tu stai lì...
la vita come tu te la ricordi
un giorno se ne andò con te...


Un anno dopo...

...cadono i ricordi

Pietro – L’Amore conta
La sveglia sul comodino lampeggia due minuti a mezzanotte e tu ti rigiri per l’ennesima volta nella tua parte di letto, lì dove ti sei infilato così tanto, troppo, presto quella sera. Se ti fossi addormentato subito – hai pensato – avresti evitato quella sensazione. Almeno per qualche ora ancora. Almeno fino alla mattina. E forse poi avrebbe fatto un po’ meno male. Forse avrebbe fatto un po’ meno male ricordare che è già un anno che Luca è morto.
E invece sei sveglio e lucido in un modo assurdo – proprio adesso, nell’esatto momento in cui lui un anno fa stava morendo –, gli occhi spalancati all’inverosimile nel buio della stanza e le labbra serrate in una rabbia che non ricordavi così intensa.
E allora stringi le lenzuola nel pugno e ti opponi.
Ti opponi all’immagine ripescata dalla tua mente. Non vuoi vederlo.
Non vuoi rivedere Luca morto, lì a terra, ucciso da tre colpi di pistola.
Non vuoi rivedere Luca morto, lì sul tavolo dell’obitorio, ucciso da un tempo senza pietà.
E senti di non averne neanche tu di pietà. Non per chi lo ha ammazzato. E forse nemmeno per te, vero Pietro? Per te, che avresti dovuto essere lì con Luca a far saltare i piani di quel bastardo del Destino, che avresti dovuto essere tu lì ad arrestare Corallo, ad ammazzarlo magari, e fanculo alla carriera, poi!
Fanculo al mondo intero! – urli nella tua testa -, ma almeno ti saresti sentito più libero. Più leggero. Più in pace con te stesso.
Poi, una mano piccola e calda scioglie la tua presa dalle lenzuola e le sue dita scivolano tra le tue. E stringe. Lei sa. Quello che pensi, quello che provi... lei lo sa. E c’è! E ti arrendi! Non sai a cosa di preciso – se a lei o semplicemente al suo amore – ma lo fai.
Chiudi gli occhi e le immagini nella tua testa si dissolvono e si ricompongono: ora c’è la casa di Ugo, c’è una cena improvvisata, calici che tintinnano pieni di vino, un brindisi tra le risate, un “A Luca!” d’orgoglio e un sorriso che ti scalda il cuore. E sorridi anche tu: è bello ricordarlo così, fa davvero meno male.
Ricambi la stretta ed è il tuo Grazie a Barbara. Con lei vicino puoi comunque sentirti in pace con te stesso e ricordare solo cioè che vuoi. Solo sorrisi, degli occhi tranquilli ed un amico che ci sarà per sempre.
Fanculo alla morte! – urli ancora nella tua testa –, niente sangue e niente dolore: quelli li ha appena fregati l’amore.
L’amore conta
l’amore conta
conosci un altro modo
per fregar la morte?

Barbara – Ci si sceglie
L'ultimo dei dodici pigri rintocchi del campanile dietro casa – quello della chiesetta in fondo alla piazza, quella dove Alice ha già deciso che vi sposerete – si spegne lento oltre le finestre chiuse, mentre tu sospiri piano contro il cuscino. Girata a pancia in giù, hai appena fatto scorrere la tua mano su quella di Pietro, costringendolo a mollare la presa su quelle lenzuola strette a pugno e speri che, nello stesso modo in cui le tue dita scivolano tra le sue, anche la sua rabbia possa scivolare via da lui. Perché lo senti che è arrabbiato, lo hai capito da ognuna delle volte in cui si è rigirato a letto – ed hai perso il conto ormai di quante volte lo abbia fatto -, lo sai e basta.
È sempre così, quando pensa alla morte di Luca.
È sempre stato così, ogni volta che ci pensa. Ed è inevitabile che ci pensi – che ci pensiate – ora, nell'esatto momento in cui termina il primo anno senza di lui.
Non riesci ad evitare che ti si inumidiscano gli occhi, imprigionati tra il cuscino e i capelli caduti a coprirti il viso, perché Pietro è arrabbiato ma tu sei triste. Ti manca Luca, quel ragazzo che ti tese una mano per combattere insieme quella guerra senza padroni che una notte balorda rese la guerra di tutti. E sorridi nel buio pensando che, all'inizio, la guerra ve la siete fatti da soli. Eh già, sospiri, ti manca anche il suo tenerti testa.
Poi Pietro ricambia la stretta attorno alle tue dita sottili e tu ricordi che c'è chi ti tiene testa anche per Luca e, all'improvviso, ti ritrovi a chiederti cosa avrebbe detto lui di voi due. Di voi due insieme. Sarebbe stato contento, lo credi. Vi avrebbe riempito di battutine, lo sai. Si sarebbe congratulato con te abbracciandoti come quella volta al Distretto, lo speri.
Rotoli silenziosa su un fianco e ti appiattisci contro Pietro mentre i tuoi occhi chiusi rivedono quell'abbraccio e, l'istante dopo, quel sorriso di saluto che è stato il suo ultimo sorriso. E che è stato per te.
«Mi manca!» soffi sulla sua spalla.
E non hai bisogno di dirgli di chi stai parlando.
«Anche a me!» sospira piano lui.
E non ha bisogno di dirti che parlate della stessa persona.
Non avete bisogno di dirvi niente, vi capite senza bisogno di guardarvi. Sapete e basta, l'uno dell'altro. E insieme anche l'assenza di chi non c'è è più leggera.
E nel buio della camera, in un letto che sa di amore, pensi che hai scelto proprio bene la persona con cui condividere la tua vita. Vi siete scelti proprio bene.
..ci si sceglie per farselo un po' in compagnia
questo viaggio in cui non si ripassa dal via
l'amore conta - l'amore conta

Elena – Non illuderti mai
Rallenti la tua corsa non appena i piedi affondano nella sabbia e dopo pochi metri ti ritrovi a camminare piano lungo la riva. Ami il mare a quell’ora del mattino, quando è ancora sospeso tra la notte e il giorno. Uno spicchio di sole fa capolino all’orizzonte, tra le nuvole basse e scure, e l’acqua è ancora di un torbido grigio quando ti siedi a terra. Le onde si infrangono ad un soffio dalle tue scarpe e tu le osservi quasi ipnotizzata fare avanti e indietro mentre affondi le dita tra la sabbia umida. Sorridi quando ti ritrovi a stringere un paio di sassolini scivolosi. Quando stavate a Genova, tu e Marco lo facevate spesso. Prendevate le vostre bici e pedalavate fino alla spiaggia e lì iniziava la vostra caccia al tesoro. Poi i sassolini finivano tutti in acqua, in una gara a chi riusciva a fargli fare più rimbalzi prima che affondassero. Ed ogni sasso era un pensiero da cui vi liberavate.
«Dai Marco, prima tu!»
Uno sbuffo ad occhi chiusi. «Questo è per l’odiosa prof di storia! » E uno. «Questo è per il suo odiosissimo voto nel compito!» E due. «E questo è perché Bianca esce con Filippo e non con me!» E tre.
Ridacchi al ricordo: quella ragazza è stata la causa di una montagna di sassolini buttati in mare. Almeno finché tuo fratello non è caduto ai piedi di Giorgia, una biondina del vostro quartiere.
«Te lo avevo detto io che un giorno avresti trovato qualcuna migliore di Bianca e noi avremmo potuto smetterla di tirare sassolini per lei!» Una risata e una mano a scompigliargli i riccioli.
Senti quasi i suoi capelli tra le dita, poi ti accorgi che stringi aria e all’improvviso non ridi più.
Il primo sassolino vola in acqua e affonda dopo tre veloci rimbalzi.
«Prima regola, Elena! Se non vuoi farti del male, mai perdersi in ricordi felici: tanto non torneranno più!» lo sussurri a te stessa e ad un vento che sa di sale e nella tua testa la frase ha la voce di Luca. Te lo ricordi come fosse ieri, lì nella tua casa di Roma, gli occhi lucidi per il vino e il sorriso più amareggiato che tu gli abbia mai visto in faccia.
«A che serve ricordare quanto siamo stati felici, Ele? Tanto lei non tornerà più da me… Che mi illudo a fare?» Un’alzata di spalle e un ultimo sorso di vino.
«Be’, non è lo stesso ma ci sono io!»
Glielo avevi detto d’istinto ma lo pensavi davvero. E ci sei stata davvero per lui. Anche un anno fa ad aspettare un messaggino di buongiorno che non sarebbe arrivato. Né quel giorno né mai più.
«Ti voglio bene!»
«Anche io!»
Scacci il ricordo mentre spazzi via rabbiosamente le lacrime dalle guance e lanci l’ultimo sassolino. In fondo aveva ragione Luca: che senso ha illudersi coi ricordi? Certe cose non tornano più! Anna non è tornata da lui e né lui e né Marco torneranno da Elena. Mai, per quanto lei possa volerlo.
…non illuderti mai
certe cose non tornano più
e non pensarci di più
tu non pensarci anche se
sono le cose che hai amato di più

Roberto – Qua c’è tutto
Cammini per Roma con l’aria di chi non sa cosa fare, la stessa di certi turisti. Ma tu non sei un turista: un po’ perché Roma la conosci come le tue tasche e molto perché di certo non hai le loro stesse facce entusiaste. Che poi, tu, sapresti benissimo dove andare, quali posti vedere. Semplicemente non vuoi andarci.
La tua vecchia casa? Vuota.
La vecchia casa di Mauro? Vuota.
Il X Tuscolano? Vuoto. Sì, vuoto delle persone che vorresti trovarci.
E tu proprio non hai voglia di sbattere la faccia contro tutto quello che non c’è più. In fondo lo fai già tutti i giorni e non sarebbe una grande novità, solo che a chilometri di distanza fa un po’ meno male e ti puoi illudere che tutto quello che ti manca sia ancora lì, lontano ma presente. A Roma, invece, ti scontri con la realtà delle cose e ti accorgi che non c’è davvero più nulla.
Chiudi un attimo gli occhi e allenti la cravatta attorno al collo. Quando li riapri ti decidi finalmente ad entrare al cimitero e a smetterla di fare quello stupido avanti e indietro. Non puoi scappare: quello che ti resta a Roma è una serie di tombe da salutare e poco altro.
Sospiri, le mani affondate nelle tasche e la testa bassa finché non raggiungi la fila di loculi in cui sai che è Mauro. Il tuo migliore amico ti fissa sorridente dalla foto e tu realizzi che ti manca esattamente come sei anni fa. D’istinto ti volti vero sinistra e quasi speri di vederlo ancora, come il giorno che gli hai detto addio e chi se ne frega se è uno scherzo della tua mente.
Hai un po’ pena per te stesso mentre lo saluti - «Ciao Maure’!» - e ti allontani.
Il magone che ti è salito in gola è ancora lì e si appesantisce un po’ quando trovi la tomba di Luca – 10 minuti di giri dopo – e ti ci accovacci davanti. Il viso sbarbato e il sorriso timido immobilizzati dalla foto ti ricordano dannatamente il ragazzino che era quando lo hai conosciuto. Dell’uomo e del poliziotto che era diventato invece ti restano qualche ritaglio di giornale e il ricordo di un paio di tg, mentre lo indichi ad un gruppetto di tuoi sottoposti; perché tu quel ragazzo che sfida il questore e il prefetto per non far chiudere il X lo conosci, ci hai lavorato, è un tuo amico e ne sei orgoglioso.
Perché non lo hai chiamato per dirglielo? Perché hai lasciato che la vostra amicizia si sfilacciasse senza far nulla? Perché arrivi sempre tardi, Roberto? Tardi per impedire che il proiettile destinato a te uccidesse Mauro, tardi per dire a Luca che eri fiero di lui, sempre tardi.
Quasi corri per uscire dal cimitero ma quando sei fuori ti accorgi di essere in tempo almeno per non dimenticare. Sorridi al sole del pomeriggio e riprendi a camminare. In fondo a Roma, c’è ancora il ricordo di tutto ciò che hai vissuto e delle persone che hai perso.
...è che arrivo spesso tardi
quando sono già ricordi[...]
Non è vero ciò che ho detto:
qua c’è tutto a dire che ci sei

Alessandro – Non è facile
Un uomo in fuga. Ecco cosa sei diventato, Alessandro. Un uomo costantemente in fuga dal dolore. E lo fai da così tanto tempo ormai, che nemmeno ti sembra più di scappare. È semplicemente un viaggio senza fine a cui aggiungi un’altra tappa da fare, un’altra città da vedere, un altro lavoro da provare, un altro posto in cui poter fare finta di niente.
In coda al semaforo, stordito dalle luci di una Roma che non ricordavi così caotica, ti passi una mano tra i capelli corti: anche adesso stai fuggendo. Dai tuoi pensieri, dalla realtà, da tutto ciò che è Roma, da cosa non sai nemmeno tu. Spingi il piede sull'acceleratore e l'auto sfila anonima nel traffico del tardi pomeriggio, anonima proprio come te in questa città in cui non ti riconosci più. Niente è più come tu l'avevi lasciato e ti accorgi che la vita non si è fermata, che non ha avuto rispetto per la tua sofferenza, che non si è messa in pausa come invece hai fatto tu. No, la vita ha continuato a scorrere mentre tu restavi indietro e, quasi per dispetto, ha aggiunto altro dolore al tuo carico.
Freni di colpo e sospiri. Dio, quanto fa male pensare a chi non c'è più. Dio, quanto ti senti in colpa per essere fuggito anche dal loro ricordo.
Chiudi gli occhi e Irene ti sorride da un passato con cui ti ossessioni.
Apri gli occhi e il portone del Xˆ Tuscolano ti riporta brutale alla realtà.
Nemmeno ti sei accorto di esserti fermato al tuo vecchio commissariato. Ci sei arrivato per istinto perché è da lì che devi ricominciare. Lo sai e lo fai. Rimetti in moto e ricominci, a vivere e a ricordare.
Quando pochi minuti dopo abbandoni l'auto e imbocchi il terrificante cancello nero sai che non sarà facile.
No, non è facile ritrovarti davanti alla tomba di Irene, davanti a quella foto che nella tua mente hai consumato di lacrime e disperazione, per un saluto e un addio che sono la stessa cosa.
Non è facile scoprire per la prima volta la tomba di Luca. Lui che ti ha tenuto a galla nel tuo momento più difficile. Lui che ha sopportato silenzioso la tua rabbia. Lui che si è anche preso un proiettile al posto tuo. Lui che c'è stato proprio fino alla fine.
Guardi la data incisa sul marmo. Un anno esatto. Dov'eri tu un anno fa, Alessandro? Ah già, stavi scappando, ma ora non importa più. Ora sei lì, a ricordare cos'hai perso, a confrontarti con quello che ti rimane: un amore malato e un'amicizia perduta.
Eppure, nonostante tutto, senti che sei lì e hai ripreso a vivere.
Anche se sei solo. Anche se non è facile.
Le cose che tengo dentro
sono passione e ore senza contare
Non è facile ritornare
Non è facile sapersi bastare...

Anna – Dimenticarti è poco
La bora soffia forte oltre le finestre e i tuoni che rimbombano in lontananza annunciano un temporale che non tarderà ad arrivare. Tua figlia si è addormentata da poco e puoi star certa che nel bel mezzo del temporale te la troverai piangente e sveglissima tra le braccia. In serate del genere se Andrea, il tuo compagno, ha il turno di notte in ospedale, gli chiedi di cambiarlo e di restare con te: ti fa sentire più sicura e quasi sembri tu la bambina che ha paura dei tuoni. Stasera però, non glielo chiedi né lui te lo propone. Ti stringe appena un braccio e con un Ciao esce di casa. Non è giornata, non è serata. Lo sai tu e lo sa lui. Non è così stupido da pensare davvero che tu sia riuscita a mantenere la promessa che gli hai fatto un anno fa. Oramai l’ha capito che quel «Lo dimenticherò, te lo prometto!» era solo il contentino perché ti lasciasse in pace a piangere quanto volevi. E forse lo ha capito fin dall’inizio, quando si è accorto che la disperazione nei tuoi occhi era ancora lì, anche dopo che lo avevi accontentato e avevi tolto tutte le tue foto con Luca.
«Ti farà stare meglio non vederlo ovunque per casa!» ti aveva detto e tu gli avevi concesso un piccolo e fintissimo cenno d’assenso. Non ti ha fatto stare meglio, però. Anzi, ti ha fatto sentire vagamente in colpa per aver nascosto tutto in quella scatola che adesso tiri fuori da sotto il letto. Ne rovesci piano il contenuto sulle coperte e almeno una decina di cornici ne scivolano fuori una sull’altra. Tu e Luca in divisa davanti alla nuova casa. Tu e Luca abbracciati. Tu e Luca ovunque. E poi la sua agenda, con la sua scrittura tonda e gli appunti disordinati. E ancora il suo distintivo e il suo orologio da polso. Stringi quest'ultimo tra le mani e le lacrime che hai trattenuto per tutto il giorno iniziano a scorrere libere. Il flash di Ugo che ti chiama e in mezzo ai singhiozzi ti dice che Luca è morto, ti sorprende e ti toglie il fiato; ecco ciò che vorresti dimenticare davvero, Anna: quella telefonata, quei pianti, il tuo vestito nero e la bara color miele, la fossa scavata e la terra che la inghiotte. Invece è ancora tutto lì, un qualcosa di vischioso che continua ad avvelenare anche i ricordi felici.
Sospiri, la vista annacquata, mentre fai scivolare l'orologio troppo grande al tuo polso troppo piccolo. Non sai cosa daresti per sentire al posto del metallo freddo la sua mano calda, e rivedere i suoi occhi tristi sorriderti o ritrovarti tra le sue braccia a ridacchiare nel suo collo. E mentre lo pensi ti rendi conto che non hai nessuna voglia di dimenticarlo.
E le foto torneranno ognuna al proprio posto, dove tu vuoi che siano, dove tu vuoi guardare e trovarle quando ne hai bisogno. Perché cancellarlo dagli occhi non è servito a farti dimenticare che l'hai amato.
Via dettagli via regali
cornici solo vuote
se bastasse davvero tutto questo
sarebbe tutto a posto
ma ho paura che a questo giro invece
dimenticarti è poco
  
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