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Autore: SilviAngel    20/10/2012    9 recensioni
Qualcosa di assurdo era successo.
Per quanto Stiles fosse oramai avvezzo a considerare l’assurdo la sua quotidianità, quello era troppo anche per lui.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Non odiatemi, tutto ha un perchè!
Buona lettura.

Cap. 7 

“In fuga”
 
Stiles rimase immobile per alcuni secondi e quando si riscosse, cercò di infilare la chiave nella serratura, con scarsi risultati. Vedeva le sue dita stringere il pezzo di metallo e tremare, senza comprenderne il motivo. Solo prendendo un lungo e profondo respiro, si accorse che lentamente si stavano fermando e avvicinando di nuovo la chiave al nottolino riuscì a infilarla ed entrare finalmente in casa.
Voltandosi per chiudere la porta e inserire il chiavistello, solo una parola rotolava in ogni angolo della sua mente “Perché?”
Si era ritrovato in compagnia di un ragazzo molto carino, premuroso e – almeno all’apparenza – disgustosamente romantico, che si era impegnato per scoprire e imparare i suoi gusti e le sue abitudini. Isaac sembrava tenerci parecchio a lui ed era stato dolce e accattivante in modi e dosi perfette: né troppo appiccicoso né troppo rude.
E allora perché si era scostato?
Perché Stiles immediatamente aveva capito che non avrebbe mai potuto innamorarsi di lui?
Perché voleva solo uscire dal bosco e tornarsene a casa?
La risposta era lì, accoccolata nel cantuccio più oscuro della sua instancabile testolina, e aspettava solamente che tutto quel trambusto di domande e ansia repressa si acquietasse per mostrarsi in tutta la sua sfolgorante trasparenza e semplicità.
 
Derek.
 
Aveva rovinato l’appuntamento – a voler essere precisi il suo primo vero appuntamento, perché aver accompagnato Lydia al ballo non valeva molto, dato che per lei era stato un magro ripiego se non una punizione – aveva spezzato il cuore a un ragazzo che non se lo meritava, e tutto perché non riusciva a togliersi dalla mente quel lupo da quattro soldi che lo trattava come uno stupido, inutile e fastidioso problema.
Senza dimenticare che da un paio di giorni gli aveva monopolizzato la vita, la casa e soprattutto il letto. Certo da cucciolo appariva più affabile e sembrava quasi che ricercasse la sua compagnia e addirittura il contatto con lui, ma come un monito, Stiles sentì echeggiare nelle sue orecchie le parole che Isaac aveva detto quella mattina “per quanto ora sia carino e coccoloso, tra poco tornerà alla forma abituale e quindi non avrà più bisogno di te…”
E scuotendo il capo si rese conto che, pur avendo sempre saputo che quella fosse la verità, ora la sentiva bruciare sottopelle come non mai.
Ancora un giorno e tutto sarebbe tornato alla normalità, con l’Alfa che avrebbe ricominciato a non prenderlo minimamente in considerazione, se non per ringhiargli contro o utilizzarlo come autista in casi estremi.
Si diede, quindi, amorevolmente del coglione e senza riuscire a controllarsi gli occhi si riempirono di lacrime, neanche si accorse del padre che, ancora sveglio, era appena rientrato dalla porta sul retro.
“Figliolo, sei tu?”
“S-sì” rispose Stiles strofinandosi la manica della felpa sugli occhi tentando di asciugarli e rendersi presentabile, oramai gli argini erano stati aperti e i primi lucciconi attraversarono caldi le guance, ma riprendendo voce continuò “Vado a letto” e facendo le scale a due a due, corse di sopra.
Rintanatosi nella propria camera, si lasciò cadere sul letto con l’unico risultato di svegliare Derek che, iniziando a uggiolare, si avvicinò al suo viso guardandolo serio.
 
Il cucciolo era felice che il ragazzo fosse tornato a casa così presto, sperando che ciò lasciasse intendere che lui e quell’altro, probabilmente, non si erano intrattenuti in attività che non voleva neppure immaginare.
Non potevano di certo essersi saltati addosso appena usciti di casa… o almeno lo sperava vivamente.
La serata era stata, per lui, eterna.
Forse che, da animale, il tempo si dilatasse?
Derek riteneva fosse una risposta più che plausibile, fatto stava comunque che non fosse riuscito a sopportare la partita e neppure la compagnia più che accettabile e premurosa dello sceriffo, rifugiandosi, non senza qualche difficoltà logistica, sul letto di Stiles e ripromettendosi di non addormentarsi.
Considerando il balzo compiuto nell’istante in cui aveva sentito il materasso muoversi, dovette convenire che, contrariamente a quanto auspicato, si era assopito, ma scorgendo anche al buio i numeri luminosi della sveglia, si accorse che era molto molto presto.
 
Avvicinandosi al viso di Stiles, Derek notò immediatamente le scie lucide delle lacrime, ne annusò istantaneamente l’odore e non appena ebbe registrato entrambi gli elementi, digrignò i denti.
Immagini del castano costretto a subire atteggiamenti che non desiderava iniziarono ad affollargli la mente. Cosa mai aveva potuto fare Isaac per portare Stiles alle lacrime? Alla ricerca di una risposta, accostò il muso alla sua guancia e socchiudendo le fauci istintivamente leccò via i resti di quella tristezza liquida e salata.
La piccola e lesta lingua di Derek lappò un paio di volte la pelle di Stiles prima che questo comprendesse lucidamente cosa stesse succedendo e, scostando rapido il capo, ne interrompesse i movimenti.
“Derek, smettila… fermati” e sedendosi, si mise fuori portata, ma il piccolo non demorse e salendogli sulle gambe, riuscì a riavvicinarsi al suo viso, ma giunto a pochi centimetri il suo olfatto venne colpito da un odore ben più forte di quello delle lacrime e che, stranamente, non aveva avvertito prima. L’odore di Isaac era sulla pelle di Stiles, per essere precisi sul volto del ragazzo e ciò lo fece infuriare talmente tanto da strappargli lunghi e crescenti ringhi frustrati.
Voleva follemente che Stiles iniziasse a raccontare, Derek doveva sapere cosa diavolo fosse successo, quali azioni avevano permesso al ragazzo di trattenere su di sé la traccia dell’altro lupo.
“Ti ho detto di smetterla” gli urlò contro Stiles, incapace di trattenersi e prendendolo in malo modo, lo posò sul pavimento, alzandosi poi dal letto per avvicinarsi alla finestra.
Derek non si capacitava di cosa potesse aver sconvolto così tanto il liceale e fece per muovere un passo nella sua direzione, quando l’altro si girò poggiando le terga al davanzale.
 
Coprendosi il viso con entrambe le mani, il castano cercò di regolarizzare il respiro, ma non vi riuscì perché la collera che montava in lui era troppo violenta e per una volta la lasciò libera “Ero in piacevole compagnia, stavo trascorrendo la serata con un ragazzo a cui sembrava importare qualcosa di me, di Stiles Stilinski l’umano inutile. E cosa faccio? Inizio a preoccuparmi: chissà se si è calmato, chissà se ha mangiato, chissà se mio padre non lo ha steso fuori con la biancheria spinto dalla disperazione…” un piccolo sorriso tirato e cinico interruppe quella valanga di parole.
Derek era immobile al centro della stanza nel buio che in essa regnava e aspettava che il ragazzo riprendesse a parlare, perché era certo non avesse ancora terminato.
“Mi aveva portato in un posto bellissimo, aveva preparato tutti i cibi che sapeva avrei apprezzato. Perché lui mi presta attenzione, Derek! Lui sa cosa mi piace e cosa detesto, ha dedicato del tempo per conoscermi, nessuno lo fa mai. Sembra che tutti si accontentino di quel poco che già sanno di me. E poi… poi mi ha baciato. Il mio primo bacio. E io me lo sono goduto? No! Cioè sì, un poco sì, ma non è questo il punto. Il punto è che ho realizzato che non volevo lui. Hai capito? Io non volevo che fosse lui…”
Vinto dalla tensione che attraversava il suo corpo, Stiles si accasciò a terra, lasciandosi cadere seguendo il profilo del muro.
 
Derek fece per muoversi, cercando di non farsi prendere dalla rabbia che la notizia che si fossero baciati aveva scatenato il lui, ma venne di nuovo fermato. Questa volta il tono sembrava più tranquillo, ma pericolosamente serio.
“Vai via Derek. Vattene via di qui”
Un guaito sconsolato tagliò l’aria, ma invece di indurre Stiles alla calma, sembrò gettare altra benzina sul fuoco e la voce divenne un grido “VATTENE VIA”
Derek spalancò i suoi occhioni liquidi e profondamente scosso, lo assecondò.
Fuori dalla camera e poi giù per le scale.
Arrivato in fondo, andò a sbattere contro i piedi dello sceriffo che accucciandosi e carezzandogli il muso domandò “Che succede di sopra? No l’ho mai sentito urlare così”
Derek non gli diede retta e notando che l’uomo era appena rientrato dal giardino sul retro, lasciando la porta socchiusa, si fiondò in quella direzione e uscendo all’aperto andò alla ricerca del buco nella recinsione e trovatolo fuggì.
 
Corse a perdifiato per un paio di isolati, fino a quando si rese conto di non avere la minima idea di dove stesse andando e trovando lungo la via un angolo abbastanza buio da non essere visibile dalla carreggiata, si fermò a riflettere.
La rabbia mista al dolore che aveva visto negli occhi di Stiles lo aveva costretto a seguire le sue parole. Guardandolo in volto, Derek aveva avuto la netta sensazione che fosse tutta colpa sua e così si era voltato e aveva esaudito il suo desiderio.
Ora però doveva valutare il da farsi, era notte ed era solo. Si ricordava che le case di Stiles e Scott non fossero – parlando di distanze coperte con la sua Camaro o correndo come un licantropo – molto lontane, ma con le sue attuali dimensioni tutto assumeva una connotazione nuova.
Non era sicuro di ricordarsi la via e neppure di avere la forza di percorrerla, ma era la sua unica possibilità per non rimanere all’addiaccio ed essere in un posto che Stiles, se avesse voluto, avrebbe trovato con facilità.
Sperò che il suo fiuto fosse in grado di essergli d’aiuto e così fu. Concentrandosi riuscì a sentire, anche se molto debole la scia del beta e si incamminò in quella direzione.
 
Intanto Stiles, ancora accoccolato sul pavimento della propria camera, venne raggiunto dal padre che, non essendo riuscito a impedire al cucciolo di uscire sul retro e non avendolo poi trovato nel giardino, si era fatto coraggio ed era salito di sopra per avvisare che Derek era scappato.      
Lo sceriffo, accesa la luce della camera, trovò il figlio seduto in un angolo e, inginocchiatosi di fronte, ne attirò l’attenzione chiamandolo per nome e stringendogli con forza una spalla.
“Stiles che fai sul pavimento e per di più al buio?” dimentico per un attimo del motivo che lo aveva portato di sopra.
Il ragazzo alzò il capo, incurante degli occhi pieni di pianto e tirando su con il naso interrogò il genitore “Papà cosa c’è che non va in me? Perché riesco solo a combinare casini?”
James non seppe che dire anche considerando il fatto di non sapere cosa lo avesse sconvolto a tal punto “Figliolo… perché dici questo? Che ti è successo?”
“Io ero uscito con… e mi stavo divertendo però…” la mente e il cuore di Stiles erano talmente in tumulto da trasformare i suoi pensieri in spezzoni di frasi incomprensibili “e lui era sempre nella mia testa… e così l’ho fermato”
“Stiles… Stiles!” l’uomo quasi urlò il nome del figlio pur di fermare qual fiume di parole impazzite “Chi era nella tua testa e chi hai dovuto fermare?” domandò preoccupato e incurante del fatto che il ragazzo stesse chiaramente parlando al maschile.
Elemento di cui invece si accorse prontamente proprio il liceale, che alzando gli occhi sul padre confessò “Papà, sono gay”
Lo sceriffo, sorridendo, riprese con tono comprensivo “Stiles, non credo che sia questo ciò che ti preoccupa maggiormente in questo momento. Allora mi vuoi parlare di cosa ti sta facendo piangere?”
“Papà! Ti ho appena detto che sono gay. Hai capito? G-A-Y”
“Ho capito figliuolo e questo non cambia nulla tra me e te, quindi ti ripeto: cosa è successo?” tentò per l’ennesima volta di farlo parlare, trascinandolo quasi di peso a sedere sul letto.
“Sai che questa sera sono u-uscito con… Isaac” tentennò il ragazzo.
Con un semplice cenno del capo, il padre lo invitò a proseguire e dopo aver preso un profondo respiro, Stiles ci provò.
“Solo che… solo che non”
“Non era quello giusto?” concluse per lui lo sceriffo.
Stiles annuì “E poi appena rientrato me la sono presa con… A proposito, papà, dov’è Derek?” chiese sperando che il cucciolo, sentendosi chiamare sbucasse come per magia dal corridoio.
“Ecco Stiles, ero salito di sopra proprio per dirti che… ma poi ti ho visto in questo stato e mi è passato di mente”
“Dirmi cosa?”
“Credo che sia scappato” ammise James “Ti ho sentito urlare dal giardino e sono rientrato, Derek mi è venuto addosso e poi è uscito di corsa. Penso che ci sia un buco nella recinzione perché gli sono andato dietro, ma non l’ho trovato”
“Dannazione! Certo che c’è un buco, dato che me lo sono trovato davanti a scuola oggi! Quello stupido di un lupo! Devo andare a cercarlo” e senza attendere oltre si fiondò di sotto e uscì di casa.    
   
 
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