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Autore: Chara    22/10/2012    7 recensioni
«Il pubblico di St. Louis non aveva accettato la nostra interruzione, la gente stava distruggendo l’edificio facendo cose che neanche noi credevamo possibili. Era davvero avvilente, e imparammo a non scherzare con la folla fino a quel punto. Axl, perlomeno, avrebbe dovuto esserne più cosciente. Mai portare il pubblico a un tale livello di tensione nervosa.
[…]
Ci fermammo a Chicago per un po’ a smaltire i fatti di St. Louis. Fu un disastro per la gente e per la città e, come conseguenza, i Guns N’ Roses furono banditi per sempre dai palchi di St. Louis.»

(dall'autobiografia di Slash)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei componenti dei Guns N’ Roses, né offenderli in alcun modo.

 

 

 

Now Is Not Forever

 

 

 

I

 

 

 

St. Louis, 1991

Non era niente di nuovo: Axl aveva preso l’abitudine di arrivare in ritardo e tutti i concerti iniziavano in quel modo, con un pubblico incazzato che avrebbe sfogato tutta la rabbia cantando insieme a loro. Perché erano grandiosi; nonostante tutti i casini, sul palco erano il fuoco, e nessuno li avrebbe mai superati – non in quello, almeno.

Eppure qualcosa andò storto quella sera, perché Axl se n’era appena andato con un diavolo per capello e a quanto sembrava non era per nulla intenzionato a ritornare. Gli altri continuarono a suonare per un po’, ormai fin troppo bravi a riempire gli spazi morti. Ma quanto sarebbe durato il supplizio quella volta? Axl sembrava davvero determinato a non tornare indietro.

Duff lanciò un’occhiata al tizio con la macchina fotografica che aveva scatenato tutto. Non gli sembrava così grave. Be’, ad ogni modo, quell’affare non c’era più: quel che rimaneva erano solamente dei pezzi distrutti – più o meno come il suo naso, che continuava a sanguinare. Slash intercettò lo sguardo di Duff e, scuotendo il capo, bloccarono a metà le note di Rocket Queen, mollando gli strumenti dove capitava per andarsene dietro le quinte.

Fanculo al riempire gli spazi morti. Fanculo al parare il culo di Axl.

Era troppo umiliante rimanere lì e non sarebbe servito a nulla se Doug avesse continuato ad assecondare Axl senza tentare minimamente di infilargli un po’ di sale in zucca. A ben pensarci, lo pagavano proprio per quello, e la sua negligenza raggiungeva ogni giorno livelli sempre maggiori.

Rinchiusi nel camerino come dei carcerati, nessuno diceva niente, si limitavano a guardare a terra e a fumare senza sosta, come se la nicotina potesse calmare l’angoscia e la delusione che sentivano dentro. Erano un ammasso di disperati, si godevano la vita e tutti i vizi che essa aveva da dispensare, rendendoli spesso più un bisogno che un superfluo, ma sul palco erano sempre stati dei grandi a suonare e a dare al pubblico tutti i brividi che guadagnavano di diritto una volta comprato il biglietto. Lo avevano fatto anche quella sera, naturalmente prima che Axl desse di testa.

Tuttavia sembrava che anche la platea avesse deciso di esplodere come un dannato vulcano. Si sentivano colpi ovunque, urla, schiamazzi, insulti e botte. Forse era già arrivata la polizia ad aumentare il casino, o forse si era solamente aperto il pavimento ed era salito l’inferno in terra. A ben pensarci era quasi assurdo, perché probabilmente all’inferno ci sarebbero finiti anche loro solamente per tutte le ragazze che si erano scopati in nemmeno trent’anni di vita. E per la droga, e per l’alcol, e per non avere mai avuto le palle di dire al proprio cantante di darci un taglio. E per la delusione che avevano provocato in quelle decine di migliaia di persone che non avevano ottenuto i brividi che avevano richiesto. C’era ancora speranza?

Se anche Axl fosse ritornato, sarebbe valso a qualcosa tornare sul palco o sarebbero solamente riusciti a farsi ammazzare?

“Torniamo sul palco.”

Axl era tornato per davvero, ma Slash ebbe un moto di rabbia che riuscì a stento a trattenere. Non era facile farlo arrabbiare, ma lui ci riusciva ogni cazzo di volta con il suo comportamento che calpestava il rispetto di chiunque nel raggio di chilometri. Sì, perché prima faceva il cazzone e poi pretendeva di sistemare tutto facendolo passare come un enorme gesto di generosità, ma non sarebbe servito a nulla quella volta. St. Louis era troppo incazzata, avrebbero preferito tagliare la testa a tutti e portarsela a casa per rimborsare il costo del biglietto piuttosto che sentirli di nuovo suonare.

Questo non impedì loro di provarci ugualmente; giunsero fin dietro le quinte e scoprirono di essere bloccati là. La folla aveva preso possesso del palco e aveva distrutto tutti gli strumenti. Le chitarre, le tastiere, le pelli, gli amplificatori… tutto distrutto. Distrutto come la loro dignità, come la speranza.

E si guardarono negli occhi con sgomento sempre maggiore, capendo che non avrebbero più potuto rimediare questa volta. Forse avrebbero dovuto cominciare a pensare a come mettere in salvo le loro chiappe milionarie.

Improvvisamente una porta si aprì, lasciando intravedere enormi risse scoppiare violentemente e ininterrottamente, come fossero una sola. Forse erano una sola. Una ragazza sbucò dal nulla, gli occhi sbarrati e un labbro sanguinante. Chiuse l’anta alle sue spalle, appoggiandosi ad essa come se con il suo peso minuto avesse potuto trattenere la furia cieca che si stava scatenando dall’altra parte. Sbatté gli occhi scuri con incredulità, forse non aspettandosi di trovarli così facilmente. Forse credeva che se la fossero già data a gambe, e avrebbero fatto decisamente meglio.

“Dovete andarvene subito,” ansimò terrorizzata, dopo aver passato svariati secondi piegata in avanti nel tentativo di recuperare fiato. “Dei ragazzi hanno rubato pistole e spranghe ai poliziotti e vogliono venirvi a cercare.”

“Cosa?” allibì Doug Goldstein, sbiancando di colpo come se la folla incazzata fosse stata una cosa non legittima. Li avevano fatti esplodere loro, li aveva fatti esplodere lui, per dio! “Devo portarvi via di qui. Forza, andiamo.”

Prese Axl e Dizzy per un braccio, e con un cenno del capo intimò agli altri quattro di seguirlo. Tuttavia Slash non si mosse, guadagnandosi le occhiatacce del manager, che indurì la mascella e fece per replicare, ma il Slash lo precedette.

“Lei viene con noi,” decretò, serio come poche altre volte l’avevano visto.

“Sei pazzo?” sbottò di nuovo Doug. “Non abbiamo tempo adesso di stare a seguire i tuoi ormoni, Slash, qua vogliono farvi fuori!”

Slash però scosse il capo, non potendo e non volendo credere che un uomo così sveglio come lui, che per anni si era barcamenato nel loro entourage, che era arrivato dove stava proprio grazie al suo cervello, non capisse una cosa tanto semplice.

“Come fai a sapere che ci stanno cercando?” domandò alla ragazza, ancora spalmata contro la porta bianca che celava l’apocalisse. Era una domanda retorica, lei lo capì e spiegò guardando Doug.

“Mio fratello,” sillabò impaurita, sfiorando con la lingua il taglio che deturpava il suo labbro inferiore. “Lui è tra quelli che hanno rubato le armi.”

“E non credi che sarebbe in pericolo se la lasciassimo qui?” ringhiò di nuovo Slash, prendendola per un gomito con forse un po’ troppa foga, ma la delicatezza in quel momento così teso non era di certo la sua priorità. Dovevano andarsene di lì e dovevano portare via quella ragazza.

“No, ehi…” lei tentò di intromettersi, senza però risultare particolarmente convincente. “So cavarmela.”

Peccato che nessuno dei presenti sembrasse davvero interessato ad ascoltarla o a prendere in considerazione il fatto che, se era riuscita a trovarli, allora poi così stupida non doveva essere. E, soprattutto, se li aveva trovati lei, nulla avrebbe impedito anche ad altri di farlo.

“Chi mi dice che non stia facendo tutto questo solo per scoprire dove andremo e farsi poi seguire?”

“Se davvero fossi così meschina, come evidentemente sei tu, altrimenti non avresti proprio potuto escogitare un ragionamento tanto perverso, ti assicuro che sarei riuscita a evitare di farmi spaccare il labbro da un membro della mia famiglia,” sbottò la diretta interessata, allibendo tutti e guadagnandosi la stima silenziosa di qualcuno tra i presenti.

“Mi sembra ragionevole,” sorrise di nuovo Slash, allentando un po’ la presa sul suo gomito senza però lasciarla andare del tutto. Sembrava più soddisfatto e anche più tranquillo, certo che ormai nessuno avrebbe potuto impedirgli di portare con loro quella piccoletta. Non voleva sulla coscienza anche la vita di una ragazza che, per di più, li aveva avvertiti del pericolo che correvano.

“D’accordo, andiamo,” cedette infine Doug, facendo segno al gruppo di seguirlo.

La giovane roteò gli occhi, rassegnandosi all’idea di dover andare con loro e lasciò che la mano di Slash la guidasse fino a destinazione. Cercò di guardare i lati positivi della faccenda, ovvero il fatto che avrebbe passato del tempo con i suoi adorati Guns N’ Roses. Gli stessi Guns N’ Roses che, però, avevano anche provocato tutto quel casino, nonostante la colpa fosse imputabile solamente a uno di loro e solamente in parte.

Un furgoncino della polizia li aspettava con il motore già acceso e pronto a scattare diretto verso chissà dove non appena tutti fossero saliti.

L’atmosfera era tesa, nessuno parlava. Slash guardava fuori da un finestrino oscurato, Axl faceva lo stesso, ma dalla parte opposta della vettura, e il silenzio era così pesante che un coltello l’avrebbe tagliato senza difficoltà. Ad un certo punto, con un sospiro esasperato, Izzy parlò.

“Come ti chiami?” chiese alla ragazza e lei, dopo essersi guardata attorno un momento e aver capito che l’unica sconosciuta in quel posto era lei, spostò lo sguardo su Izzy.

“Joey,” mormorò incerta, le labbra appena dischiuse. Si era pulita il taglio poco prima ma, se avesse teso troppo la pelle, avrebbe ricominciato a sanguinare e avrebbe dovuto rifare tutto da capo. Non faceva particolarmente male, ma era una vera seccatura.

“E quanti anni hai?” domandò anche Matt, sorridendole sghembo. Lui era il più vecchio dei Guns, in quel momento, ed era anche il più grosso. Si sentiva un po’ troppo grosso vedendo lei, che era così piccola e sembrava anche tanto giovane. Una ragazzina, ecco.

“Ventidue.”

Axl sbuffò, facendo sentire la sua presenza per la prima volta. “Un’altra bambinetta.”

“Una bambinetta che ti ha salvato il culo, cara la mia primadonna,” sbottò alterata per mordersi un labbro subito dopo, infischiandosene della ferita che, in un attimo, riprese immancabilmente a sanguinare. Aveva esagerato.

Anche Axl dovette pensarla allo stesso modo, perché si voltò verso di lei e, allungando un braccio fino ad avvolgerle le dita intorno al collo, la inchiodò al sedile in pelle dell’auto. Joey aveva di nuovo gli occhi sbarrati e la sua paura aumentò ancora una volta intercettate le iridi verdi di Axl, che nella penombra dell’abitacolo sembravano quasi nere. Avrebbe dovuto contare fino a dieci prima di aprire la bocca, soprattutto dopo aver visto cosa aveva combinato a quel tizio con la macchina fotografica e il casino che ne era seguito. Ma lei era fatta così, prima faceva e poi pensava. Era successo lo stesso anche quando era scappata via dall’inferno che stavano organizzando i suoi amici solo per avvertire i Guns; in quel momento non le era importato nulla di suo fratello, aveva solamente dovuto assicurarsi che quei disgraziati che tanto amava rimanessero sani, salvi e cazzoni come sempre. Suo fratello probabilmente le avrebbe spaccato anche il naso, oltre al labbro, non appena l’avesse rivista, ma non aveva proprio potuto fare altrimenti.

“Che cazzo fai?” sbottò Slash, vedendo che Joey iniziava a boccheggiare e a divincolarsi. “Lasciala andare, non vedi che la soffochi?”

“Bill,” la voce di Izzy era bassa, ma vibrava di tensione. Anche lui era infastidito per il comportamento di Axl, non poteva che essere così. E in quel momento, con la mano attorno al polso di Axl, che a sua volta stringeva la gola della ragazza che aveva salvato a tutti la vita, forse nessuno avrebbe dovuto farlo arrabbiare più di quanto non fosse già. Mai fare arrabbiare Izzy, era pericoloso. Avrebbe potuto andarsene da un momento all’altro.

“Bill, lasciala,” ripeté di nuovo, stavolta con più decisione. E Axl, incredibilmente, lo ascoltò. Mollò la presa e si voltò verso il finestrino senza più muovere un muscolo. Fino a destinazione nessuno vide più i suoi occhi o sentì la sua voce. Era come una statua.

“Ti rimarranno i segni,” stava dicendo Slash, sfiorando piano la pelle di Joey dove facevano bella mostra delle strisce rossastre. Lei portò una mano sulla gola, come a tastare la zona dolorante, e intercettò per sbaglio le dita di Slash.

Le si mozzò il respiro in gola e, alzando lo sguardo, incontrò i suoi occhi scuri e caldi. Perché avrebbe dovuto negare a se stessa il brivido che l’aveva scossa?

Ma, dopotutto, era normale. Amava le sue mani, le amava perché erano miracolose, perché la musica che riuscivano a creare le faceva battere il cuore come null’altro avrebbe mai potuto fare, e toccare le sue dita era qualcosa che nemmeno nei suoi sogni più inverosimili era arrivata a pensare di riuscire a fare.

Matt si schiarì la voce, strappandoli a quello strano gioco di sguardi che non erano nemmeno sicuri di quando fosse cominciato. Joey si voltò verso Matt, scoprendolo con il volto verso il basso e un sorriso appena accennato. Sembrava particolarmente intento ad osservare le cuciture dei suoi pantaloni e si sentì come colta in flagrante, perché sapeva che tutti dovevano essersi accorti di come si fosse imbambolata davanti agli occhioni del suo chitarrista preferito.

Così arrossì, ringraziando il buio della sera che riuscì a nascondere il misfatto.

E poi, Slash si doveva sposare con quella tizia… Renee. Non ricordava che faccia avesse, lui non si mostrava troppo spesso con lei in pubblico. Chissà, forse si vergognava.

Ah, ma che stronzate. Come poteva vergognarsi della sua futura moglie? Se aveva deciso di sposarsela doveva pur esserci un motivo, sempre che lei non l’avesse costretto. Ah, cazzate. Aveva sentito dire che Slash odiava fare cose che gli venivano imposte, e quindi quella Renee non sarebbe mai riuscita ad obbligarlo… doveva esserne innamorato, sì.

“Siamo arrivati.”

 

 

*

 

 

 

A/N: l’introduzione è presa dalla biografia di Slash. Ho cercato di inserire la storia tra gli eventi, senza alterarli, quindi si svolgerà tutto in pochi giorni.

   
 
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