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Autore: aXa 22    23/10/2012    16 recensioni
Snowlight. Luce e Neve. Bulma e Vegeta. Decisa come non mai ad entrare sempre più nei loro cuori, oggi faccio un salto alternativo e ci butto dentro un pò di tutto: romanticismo a denti stretti e un gelo duro da spezzare. Questa oneshot sarà presto seguita da altre piccole creazioni, tutte con un titolo molto particolare, un titolo che richiamerà un elemento naturale o più di uno. Si avvicina l'inverno e io penso sempre alla neve quando succede.
cit. “Vegeta…?”
“Cosa vuoi?” ringhiò lui, fissandola serio in volto.
“Preparati”
“Come?”
“Sto per abbracciarti”
Lui si scansò imbarazzato, ma Bulma era già tra le sue braccia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dragon Ball, Bulma e Vegeta sono proprietà di Akira Toriyama. L’intreccio descritto invece, rientra nel copyright dell’autrice, pertanto NON è ammessa altrove la citazione totale né parziale di tale scritto; tale divieto si estende al componimento in ogni sua fattezza, descrizione e caratteristica.
!!!!!La citazione deve essere da 22volteME autorizzata esplicitamente. Grazie.



SnowLight. Luce e Neve. Bulma e Vegeta. Decisa come non mai ad entrare sempre più nei loro cuori, oggi faccio un salto alternativo e ci butto dentro un pò di tutto: romanticismo a denti stretti e un gelo duro da spezzare. Questa oneshot sarà presto seguita da altre piccole creazioni, tutte con un titolo molto particolare, un titolo che richiamerà un elemento naturale o più di uno. Partiamo con Bianco come Neve.
Buona lettura, 22volteME







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"La prima neve!" esultò, entusiasta "Guarda, Vegeta! Guarda!"
"Si, sto guardando, smettila di ripeterlo"
Vegeta si voltò di lato e la fissò.
Bulma sorrideva estasiata, allungava le mani verso l'alto stringendo tra le dita i cristalli quasi invisibili e intanto volteggiava su se stessa come una bambina. Osservava la neve sciogliersi dispettosamente e sfregava le mani per scaldarle, poi ricominciava quello strano gioco che il sayan proprio non riusciva a capire.
“Cosa ci trovi di bello in tutto questo?” domandò dubbioso e sospettoso, sollevando un sopracciglio. In realtà, adorava guardarla comportarsi così: gli dava uno strano senso di requie.
Bulma si voltò verso di lui e sorrise allegramente. A lei piaceva la neve. Creava una luce meravigliosa intorno. La notte diventava giorno. “Tu non lo trovi bello? Guarda!” indicò il cielo “Guarda come cade, è fantastico. Il fenomeno atmosferico che preferisco. Mi trasmette un senso di serenità. Non lo trovi bellissimo?”
Tu sei bellissima. Vegeta avrebbe voluto dirlo, ma riuscì a rimandare indietro quel pensiero. “No. Per niente.” Borbottò, infilando le mani nelle tasche dei jeans.
Avrebbe voluto abbracciarla, acciuffarla, farla smettere di roteare in cerchio, così, solo per sentire le sue mani sul petto, ma non si mosse di un millimetro.
Era difficile ammettere quello che ormai provava, era sempre stato molto arduo per lui, ma dopo l’ultimo scontro era palese perfino dall’altra parte dell’universo il sentimento che lo aveva spinto a sacrificarsi per salvare la Terra.
La Terra… ma quale Terra? Bulma e Trunks. La sua donna e suo figlio.
Poteva mentire agli altri, ma non poteva di certo negarlo a se stesso, non più. Era stato spinto da un sentimento invisibile potentissimo, aveva offerto in sacrificio se stesso, corpo e soprattutto anima, e senza esitare; aveva gettato alle spalle ogni parte del suo catastrofico e tetro passato per illuminarsi di una nuova luce, ed era stato giusto così. Giustissimo. Maledizione. Era proprio fottuto.
Si diceva così, no?
 
La fissò a lungo e Bulma riprese a volteggiare sotto la neve, stringendosi meglio nel suo vestito felpato color pesca.
Era felice, sorrideva, e lui avrebbe dato ogni parte di sé pur di continuare a vederla ridere così. Quando succedeva, il suo petto si sollevava più agilmente del solito, il respiro diventava calmo e sereno. Una sensazione nuova anche quella. Lui non era mai stato abituato a tante emozioni tutte insieme. E lei riusciva a liberarle tutte semplicemente guardandolo. Doppia maledizione.
Quando era arrivato sulla Terra, Vegeta non aveva minimamente pensato di rimanere incastrato in un universo così complesso. O di essere in grado di restare fermo come un idiota in mezzo ad un campo di neve solo per non lasciarla sola, o di indugiare la notte quando anziché chiudere gli occhi, si coricava al fianco di quella donna terrestre e la fissava respirare serenamente.
Accidenti a lui!, in quei momenti il cuore batteva insistentemente nel petto, così da tanto da fargli pensare che strapparlo sarebbe stato molto più comodo e utile che non lasciarlo lì dentro a rumoreggiare come una macchina impazzita.
Si era fottuto il cuore e anche il cervello.
Bulma era sempre nella sua testa, continuamente, giorno e sera, ogni minuto. Vegeta aveva posato i palmi sulle tempie così tante volte nel vano tentativo di scacciarla e di cancellare quel sublime pensiero dalla memoria, che ormai ne aveva perso il conto.
Ah, ma cosa pensava a fare? Tanto non migliorava di certo la situazione del cavolo in cui si era ficcato da solo.
 
“Vegeta, vieni, guarda”
La seguì con le mani in tasca, sospirando, e fissò la sua schiena corrugando la fronte. “Non hai freddo con quello stupido abito addosso?” Aderente. Troppo.
La donna si fissò con aria distratta, poi lo guardò. “No, sto bene così, grazie”
Bulma indossava un vestito così corto che perfino un asessuato l’avrebbe invitata a cena. Voleva ucciderla, ma strinse i denti. “Vieni dall’ufficio, vero?”
“Sì, perché?”
E quello era un abito da ufficio? Ma per piacere, a cosa diavolo ti serve una gonna così corta in ufficio?  “Non mi piace il tuo vestito”
Bulma si voltò di lato e si posò un dito sul mento con fare pensoso. Quando Vegeta diceva così, solitamente stava pensando ad un milione di modi diversi per uccidere tutti i dipendenti maschi dotati di testosterone della CC senza lasciare traccia di sterminio.
Lui non avrebbe mai ammesso di essere geloso, ma a lei stava bene così perché si divertiva un mondo a leggere tra le righe delle sue misere e stringate dichiarazioni.
Questo in realtà succedeva di rado, di solito lui preferiva sbattere gli oggetti dappertutto con aria seccata o fissarla in cagnesco con gli occhi ridotti a due fessure. Lei gli chiedeva cosa c’era che non andava e lui replicava afferrandola per i fianchi, poi le sollevava la sottana e la gettava sul primo ripiano libero per riuscire ad allargarle le cosce. Sguardo spazientito e respiro affannato, ma sempre le solite parole, mormorate facendo tremare i muri. “Fatti toccare da un maschio e io ti ammazzo a mani nude”

Gli sorrise dopo un attimo di esitazione. “Oh, lo so che non ti piace, e non mi interessa.” Il sayan indurì la mascella, i suoi occhi brillarono come fiamme vive di un braciere, ma lei lo ignorò e parlò di nuovo prima che lui potesse controbattere. “Vegeta…?”
“Cosa?” ringhiò, fissandola serio in volto.
“Preparati”
“A cosa?”
“Sto per abbracciarti”
Lui si scansò imbarazzato, ma Bulma era già tra le su braccia.
Premette forte per aderire completamente al suo corpo muscoloso, cercando una stretta che non arrivò, ma andava bene così.
A lui non piacevano certe manifestazioni d’affetto, ma a Bulma non interessava. O almeno, fingeva che davvero fosse così. In fondo, Vegeta era morto per salvarla e questo era più che sufficiente. Respirò il suo odore virile e pulito, sfregando il naso contro il suo collo.
Lui s’irrigidì. “Stai stringendo troppo forte” si lamentò con fare imbarazzato, sollevando le braccia per non toccarla.
Bulma rise sottovoce, “Un uomo grande e grosso come te che si lamenta di una stretta, questa sì che la devo raccontare in giro”
Vegeta sbuffò. “Non mi piace”
“Non ti piacciono un sacco di cose, perché non provi a rilassarti, siamo solo io e te” sollevò gli occhi per riuscire a guardarlo in viso, ma lui non la imitò “Siamo solo noi due” insistette, sfiorandogli le labbra con il naso “Solo noi…”
Vegeta ringhiò e si guardò attorno, come per essere sicuro che fosse davvero così. Nessun movimento, nessun rumore. Trunks dormiva, i passanti non avrebbero comunque potuto vedere all’interno del giardino e la cosa lo fece rilassare un po’, ma restò vigile e sull’attenti come un cacciatore, come se da un momento all’altro qualcosa di oscuro potesse balzare fuori dai cespugli per aggredirli.
Era assurdo: regnava la pace, era tutto tranquillo, ma Vegeta non si rassegnava proprio a vivere la giornata come un terrestre. Non amava molto quei momenti di tregua, per un sayan come lui era strano averci a che fare.
Bulma lo capì e lo fissò intensamente, senza mai smettere di stringere. “Sei sempre teso, ma non ti cambierei con nulla al mondo”
Vegeta guardò altrove con più ostinazione del solito. “Sì, come ti pare”
“Vegeta…?”
“Cosa c’è?”
“Sto per baciarti”
Lui ringhiò di nuovo, ma si lasciò toccare. Bulma gli strinse il viso  tra i palmi, sfiorò le guance con fare molto delicato, non oppressivo e si avvicinò dolcemente per non metterlo sotto pressione.
Nonostante gli anni, lui non si era ancora abituato a quei contatti così intimi. Fuori la camera da letto, Vegeta tornava ad essere un sayan puro, un guerriero, non un amante.
“Non muoverti…” lo disse in un mormorio e lo sentì digrignare denti, irrigidire la mascella. “Voglio baciarti come si deve e se ti muovi, ti mordo”
“Provaci e io giuro che”
Fu un contatto casto, molto delicato, un po’ come la neve che scivolava dall’alto, coprendo di un perlaceo manto innocente ogni oggetto circostante, coronando un paesaggio surreale composto di quiete luci argentee.
Si staccò per prima e gli sorrise. Era felice. Lui non si era mosso, ma le sue labbra morbide e stranamente brucianti, si erano sigillate alla perfezione sulla bocca di Bulma. Un caldo incontro silenzioso.
“Grazie”
Vegetà si sentì avvampare, sapeva a cosa si stava riferendo lei, ma non si ritrasse e non diede a vedere di aver compreso ogni suo muto pensiero. “Per che cosa?”
Bulma lo fissò. Doveva dosare bene le parole, calibrarle. Se avesse fatto un passo falso, lui si sarebbe allontanato con fare teso ed impacciato. Non importava quanto fosse vero, quanto fosse importante saperlo disposto a morire per lasciarla viva. Non troppe parole, ma poche. Sì, poteva farcela. Poche. “Lo sai… E ti ringrazio.”
Si allontanò lentamente, lasciandolo libero di rimettere le mani in tasca.
“Sei una donna assurda” mormorò lui, squadrandola. “Dovrei aver capito qualcosa?”
“Lo so che hai capito” replicò lei, guardandolo per un istante brevissimo “E non farlo mai più”
“Come?”
“Non farlo…mai più…”
Vegeta sussultò silenziosamente nella penombra. I lampioni gli illuminavano soltanto in parte il viso, altrove creavano ombre alte e limpide. Ora, anche lui era uno spettro notturno.
Il suo orgoglio scalpitò e lei lo capì dal tono cavernoso della sua voce. “Non darmi ordini”
Ah, aveva capito benissimo… “Vegeta, io ti ammiro” esordì lei, sollevando il mento “Sei una forza della natura” guardò il cielo ferrigno “Ma io ho sofferto tantissimo quando ho capito che te n’eri andato. Il cuore ha fatto uno strano rumore” posò una mano sul petto e strinse il tessuto felpato con fare deciso “Qui dentro… ha fatto male” sussurrò, mentre un cristallo le inumidiva il naso “Quando l’ho saputo, mi sono sentita sprofondare. Avrei voluto dirti tante cose, ma non sono riuscita a dirtene nemmeno una. È stato orribile, la più brutta giornata di tutta la mia vita” esitò, trattenne il fiato, poi gettò tutto fuori “Non ti ho mai detto quello che provavo, l’ho sempre taciuto e voglio parlare adesso che siamo entrambi vivi, di nuovo. Forse le parole valgono poco e non ti potranno mai servire, ma non importa, si vive anche di illusioni” rise forzatamente per sdrammatizzare, “Credo di essermi innamorata di te quando sei tornato sulla Terra come Super Sayan” lo disse velocemente, ma non percepì né movimenti né rumori “I tuoi occhi erano così luminosi, così caldi. Avevi finalmente raggiunto il suo scopo, eri felice e io ero felice per te. Non avevo mai pensato a questo, ma ora lo so. Mi sono innamorata di te in quel momento, quando mi hai guardato e hai sorriso come per dirmi che ce l’avevi fatta. Sì, è stato allora. Mi sono innamorata di te in quel preciso istante, quando sei comparso sulla porta del mio laboratorio e mi hai stretta tra le mani; per la prima volta ho sentito la tua pelle sulla mia, la tua bocca sul mio corpo ed è stato meraviglioso. Eri così caldo, e forte…” Bulma si arrestò bruscamente, sopraffatta da uno strano peso e si trattenne a stenti dal mettersi a ridere come un’ irragionevole ragazzina.
Meno male che si era detta “calibra le parole”. Era proprio una sciocca. Gli aveva detto ti amo. Velocemente, sì, e con fare impacciato e tremante, ma lo aveva fatto. Erano anni che ci rimuginava sopra e non si era mai azzardata a metterlo bianco su nero. Beh, ormai era in ballo.
Strinse i pugni e proseguì. “Sono costretta a dirtelo ancora: non farlo mai più. O la prossima volta morirò anch’io”
Vegeta non aprì bocca, rimase muto come la notte che li abbracciava, e tra loro calò un pesantissimo silenzio.
In un palpito, Bulma ripensò a come era morto Vegeta, al dolore che aveva provato nel perderlo, alla gioia disperata che aveva investito il suo petto nel rivederlo. Non lo aveva nemmeno abbracciato. E ora sentiva le lacrime agli occhi. Erano caldi e lei non voleva mostrasi debole. Sciocca, sentimentale e insensata nel suo modo di sentire ed amare, ma non debole. A lui non sarebbe piaciuto.
Come era caduta, così si risvegliò dall’apnea in cui era sprofondata da sola e per non essere costretta a scrutare il suo viso, controllò i capelli scoprendoli pieni di neve.
Con un gesto lento e misurato spostò i cristalli, poi parlò. La voce si era incrinata, ma non troppo. “Adesso sì che comincio ad avere freddo” Nel cuore. Forse. Ma non importava.
Si voltò e prese a camminare nella neve. Accidenti, nel giro di pochissimo tempo la terra si era resa invisibile.
I capelli svolazzavano per ogni dove vinti dal vento, creando lunghe ali turchesi sul tessuto di lana color pesca. Il passo moderato faceva friggere l’erba rigida e ghiacciata, ma l’aria era tiepida.
Bulma non sapeva se lui la stava seguendo, non lo sentiva camminare, di solito non lo percepiva affatto perciò non badò molto alla cosa. Quando però il silenzio divenne frustrante, si voltò indietro e vide che Vegeta era sparito.
Ora era sola. Lei e la neve. Dove lui era rimasto immobile, adesso c’era un enorme vuoto. Una cosa a cui lei aveva fatto l’abitudine. Una cosa che ancora non riusciva a togliersi dalla testa. Una cosa che faceva male, ora più che mai.
Si sentì stringere il cuore in una morsa, ma si fece forza. Quello non era un uomo, era un sayan e lei era troppo sentimentale.
Che sciocca, a cosa aveva pensato? Ad un abbraccio? Ad un bacio? A delle parole di conforto o di speranza? Era proprio vero quando si diceva che chi meno amava, più forte era.
Sospirò, tornò a guardare il cielo, poi riprese il passo. Sarebbe entrata in casa, avrebbe mangiato qualcosa e sarebbe andata a dormire. Col suo pensiero addosso. Come sempre.
Quando si girò, qualcosa le sfiorò un polso. Bulma s’irrigidì all’istante e tremò tutta. Non era il vento. Quella…era la sua…mano?
“Non voltarti”
Restò immobile. Lo sarebbe rimasta per sempre se fosse servito.
Lo percepì chiaramente accanto, le mani di Vegeta si posarono lentamente sui suoi fianchi stretti e tirarono. Bulma si ritrovò a fare i conti con un calore sconosciuto e meraviglioso: il suo petto. Era bello sentirlo. Sentirlo lì. Con lei.
“Non voltarti” le sue parole erano decise e un po’ dure.“Dammi la tua parola che non lo farai”
Bulma non esitò un istante “Te lo giuro”
Vegeta trasse un lunghissimo e sofferto respiro, e lei capì che stava per dire qualcosa. Per la prima volta, voleva dirle qualcosa. Non importava cosa. Oh, cielo, voleva sentirlo!
Il sayan usò il tono più calmo che riuscì ad intonare, ma non andò così bene come aveva sperato. “Se fosse servito…” il suo era un sussurro affaticato e caldissimo “…se fosse servito, sarei morto un milione di volte pur di saperti viva.”
Bulma sentì le lacrime caderle su tutto il viso, ma non si mosse. Non. Doveva. Muoversi.
“Perciò non azzardarti mai più a parlarmi in quel modo” Il tono di Vegeta cambiò, divenne rigido, ruvido, ma era ancora una calda vibrazione. “Io sono il Principe dei Sayan. E sono io che scelgo a chi consacrarmi”
Bulma trattenne un singhiozzo. Oddio, non ci vedeva più. Non vedeva più niente. Aveva le lacrime dappertutto.
“Quello…” sussurrò lui contro il suo orecchio, riferendosi al sacrificio autodistruttivo, “Non era un addio” le toccò una spalla e strinse la presa sulla sua pelle coperta con fare deciso “Era un arrivederci.”
Bulma smise di respirare; capì solo allora.
Le stava toccando la spalla. E le sue dita le facevano quasi male. La stessa spalla su cui di solito Vegeta affondava i denti durante gli amplessi. Non una, ma due, tre, quattro volte. Sempre, prima di venirle dentro.
Lui lo aveva fatto anche prima di combattere contro Cell al grande torneo, anche prima di salire sul ring Tenkaichi con l’intento di misurarsi contro il suo più grande nemico. E lei non aveva mai capito. Stupida. Le aveva detto di amarla un miliardo di volte.
Si mosse nervosamente e fece per voltarsi. “Vegeta…”
“No,” mormorò lui, sfiorandole il viso con due dita “Non ti devi voltare” sembrava triste per via di quella scelta, ma tenne duro. “Lo hai giurato.”
 
 
 
 
 

 
Fine.
 
 
   
 
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