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Autore: schwarzlight    26/10/2012    1 recensioni
- Ambientazione steampunk -
Qualcosa è precipitato presso le alte scogliere di Dover. Qualcosa proveniente dall'Oceano Superiore, qualcosa di metallico, schiantatosi durante la notte. E un carico è andato perso.
Kaisa e Damasco, uno strato di nubi a dividerli, un affondamento a farli incontrare. Un affondamento e il Professore.
Ma c'è qualcos'altro, oltre le nubi, qualcosa che Lyra, abitante delle città aeree, sa essere molto più imminente di quanto si creda.
Kaisa, Lyra e Damasco. Un'ingegnera, un agente di Samarcanda e un ex-militare in fuga da Lithium.
La guerra che coinvolgerà i cieli. E Scolopendra.
*Unica storia pervenuta al contest [Original Concorso 15] L'Oceano e... l'Assassino*
Genere: Avventura, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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scolopendra 3
Capitolo III.



C’era la nebbia quel giorno. Erano un paio di settimane che conviveva con Kaisa, nel mondo inferiore, e finalmente vedeva questa famosa nebbia. Ora capiva l’utilità delle maschere: effettivamente l’aria era pregna d’umidità, in una misura tale da rendere difficoltosa la respirazione. Ma riteneva la maschera comunque inutile: chi era l’idiota che usciva di casa quando non si distingueva nemmeno la propria mano?
E così, Damasco si era chiuso in casa, spulciando la piccola libreria di Kaisa, informandosi sul mondo inferiore che ormai era destinato a divenire la sua nuova casa. Grazie agli acquisti fatti fare a Spar, poi, era anche entrato in possesso di un rasoio. Meglio di così.
La padrona di casa, invece, faceva avanti e indietro tra l’hangar e il focolare, prelevando ogni tanto della legna per rimpinguare la piccola stufetta in ghisa nel deposito.
A quanto pare lavorava come ingegnere, che possedeva una connotazione diversa rispetto al mondo sopra le nubi: da dove veniva lui, gli ingegneri erano principalmente i detentori del sapere riguardo l’engine delle aeronavi, il cuore energetico che mandava avanti il motore. Poi c’erano i meccanici, che si occupavano di tutto il resto.
Kaisa invece era un’ingegnere meccanico: erano i costruttori di tutto ciò che andava a vapore – la principale forza motrice – e ogni congegno che avesse a che fare con ingranaggi o parti meccaniche era di competenza degli ingegneri. Pure gli orologi rientravano in questa categoria.
Poi, ovviamente, ognuno si specializzava in un campo specifico.
Kaisa lavorava sui motori dei mezzi di trasporto, e ogni tanto si divertiva a costruire oggetti senza alcuno scopo, come testimoniavano alcune mensole piene di ammassi di ferraglia in miniatura che si spostavano a una minima pressione delle leve. Costruiti a mano in momenti di noia, pareva.
La ragazza rientrò trafelata, buttando a terra il cappotto e gli stivali, finendo poi su una sedia e accasciandosi sul tavolo.

- E quindi? – chiese Damasco, portandole una tazza di thé bollente.

- E quindi lo Spitfire finalmente si è sbloccato. Domani riempio la dispensa.

- Non rischieresti di morire di fame per un guasto se non vivessi isolata.

Si appoggiò allo schienale, scivolando sulla seduta.

- Ma si sta bene qui. Nessun rompiscatole…

- Tranne le piccole pesti.

- E posso lavorare a che ora voglio facendo tutto il rumore che voglio. Posso anche ospitare un uomo senza che le vecchie comari comincino a metter in giro strane voci.

Damasco rise. Anche lì esistevano le pettegole senza cognizione di causa. Erano ovunque.
Kaisa si alzò, decisa a farsi un bel bagno caldo che le levasse di dosso il freddo assorbito durante il lavoro sullo Spitfire, e qualcuno decise che era il caso di impedirglielo.
Bussarono alla porta.
I due si guardarono. Le piccole pesti, come le aveva definite lui, non potevano essere: solitamente spalancavano direttamente l’uscio senza troppe cerimonie. Forse era un cliente, ma a quell’ora era difficile che si spingessero fin alla scogliera.
Damasco si nascose in un angolo cieco della stanza, non era ancora il caso che i paesani sapessero della sua presenza; Kaisa aprì quindi la porta con cautela, per trovarsi davanti una ragazza dai capelli biondo cenere, una gonna lunga e aderente, degli stivaletti da città e un grazioso soprabito con le maniche a sbuffo.
Era terribilmente fuori luogo.

- Mi scusi, il mio mezzo si è guastato, potrebbe ospitarmi per la notte?

E sospetta.

- Questa non è una locanda.

L’espressione di Kaisa rimase imperturbabile mentre le sbatté la porta in faccia.
Non passò nemmeno un secondo prima che la ragazza riprendesse a bussare insistentemente. Kaisa tornò ad aprire, leggermente corrucciata e pronta a rifilarle un bel colpo con una chiave inglese. Erano lontani dalla strada principale, quindi che ci faceva lì quella?

- A un chilometro circa c’è un villaggio, là troverà tutta l’ospitalità che desidera.

- Ma… c’è la nebbia, non si vede nulla! Non potrebbe offrirmi un riparo solo per stanotte? La prego, mi accontento anche del divano!

Il divano era già occupato, però.
Dopo l’ennesima negazione – non c’era posto, dopotutto – la porta si richiuse nuovamente in faccia alla viaggiatrice. O almeno questa era l’intenzione.
La misteriosa ragazza, infatti, fu più rapida, e riuscì a interporre la gamba tra la porta e lo stipite.

- La prego, mi ascolti! – sicuramente si era fatta un minimo male.

- Senti, non mi faccio tanti problemi a romperti tibia, femore e quant’altro, chiaro?

Il tono gelido di Kaisa sembrò convincere la ragazza del rischio che correva, ma con sua gran sorpresa, poco dopo l’ennesima chiusura dell’entrata, l’altra uscì fuori portandosi dietro un cesto pieno di attrezzi.

- E ora fammi vedere dov’è questo tuo “mezzo”.


***


- Era un mono-turbina da terra, singolo passeggero. Non ho idea di cosa ci faccia ancora in commercio un simile rottame.

Era rientrata quasi subito, il guasto comprendeva solamente un problema al convoglio dell’energia all’elica. Terribilmente semplice da risolvere, pareva fatto apposta. Ed era proprio ciò che pensava Kaisa.

- Credi che sia possibile che qualcuno ti stia cercando?

Si era accorta fin da subito di quanto fosse strano il modo di fare della sconosciuta. In più sembrava totalmente spaesata, i suoi abiti non rientravano nella moda di Dover e il suo accento somigliava vagamente a quello di Damasco. In più era abbronzata. Sembrava un dettaglio inutile, ma il sole non era così forte da dare una simile colorazione, non nel mondo inferiore, dove era costantemente schermato da uno strato di nubi impalpabili. No, la ragazza proveniva dal mondo superiore.

Damasco era pensieroso. Non credeva che valesse la pena mandare qualcuno a recuperarlo, ma non si poteva mai sapere. Lui stesso aveva considerato quest’ipotesi fin dai primi giorni.

- Può essere. È il caso che tu stia attenta quando vai in città, già ora hai rischiato grosso.

- Ero ben preparata, dovresti saperlo. – rispose tirando fuori la fedele arma da fuoco da una delle grandi tasche dei pantaloni da aviatore. – Ma ora voglio solo dormire. Spero tu abbia il sonno leggero, perché non credo riuscirò a sentire eventuali intrusi.

- Non preoccuparti, un militare deve imparare anche questo.

- Ah, un ‘ultima cosa… - disse prima di salire nella sua “stanza”. – Dormo ancora armata.


***


- Kaisa, Kaisa!

Lina e Kolto, i due pestiferi fratelli, spalancarono l’ingresso con malagrazia, facendo tutto il baccano possibile immaginabile. La piccola dal caschetto corvino si arrampicò con discreta difficoltà sulla scala a pioli che portava al soppalco, seguendo i mugugni indistinti di Kaisa, decisamente poco felice del brusco risveglio.

- Kaisa, il Professore vuole farti vedere una cosa!

- Il Professore può andare al diavolo.

- Ma Kaisa, il Professore dice che è urgente!

Altri mugugni più violenti, poi una massa di capelli viola emersero da sotto le coperte.

- D’accordo, ma se è una stupidaggine come l’ultima volta faccio una strage. E siete compresi anche voi.

I due corsero fuori a metà tra l’esser spaventati e l’esser divertiti, ridendo come pazzi e tornando a giocare con gli altri compagni di banda.

- Questo Professore chi sarebbe, poi?

- Quello che ti ha prestato i vestiti.

- Sì, ma in concreto di cosa si occupa?

Si girò verso Damasco, con un’espressione indecifrabile sul viso. Parve pensarci un momento prima di rispondere, e comunque quello che disse rimaneva confuso anche per lei.

- Fa… il professore, no? Che domande sono di prima mattina?

L’orologio scoccò le undici.


***


Il rombo delle eliche dello Spitfire si dissolse dolcemente, mentre i bracci che sostenevano le turbine di ripiegarono, rientrando per occupare meno spazio. I due passeggeri scesero dai sedili posti uno dietro l’altro, la polvere delle strade di campagna che inzaccherava gli stivali.
Kaisa si tolse gli occhialoni da guida, lasciandoli cadere sul collo, mentre si avviava all’ingresso della torre di vedetta che si intravedeva già da casa sua.
L’interno era un ammasso di cianfrusaglie di ogni genere: libri, fogli di pergamena, modellini di veicoli, scatoloni pieni di oggetti di ogni tipo, tazze di caffè vuote, abiti…. Era tutto sparso a terra o sui vari mobili che occupavano l’esiguo spazio del primo piano. Perfino le scale erano ingombre di strumenti.

- Siamo di sopra!

Seguirono la voce del Professore, destreggiandosi fra gli ostacoli, e salirono fino al terzo e ultimo piano della torretta, più piccolo ma ugualmente disordinato. Tranne per una zona occupata da un… macchinario, probabilmente, ricoperto da un telo. Era posizionato esattamente di fronte a una grande finestra serrata da una saracinesca d’acciaio.

- Prego, prego, benvenuti!

Il Professore era un uomo sulla sessantina, di carattere gioviale, dai capelli grigi e una barba che aveva bisogno di una bella sforbiciata. Gli abiti erano eleganti, la corporatura robusta.

- Ah, tu devi essere il naufrago cui mi ha accennato la piccola Kaisa, mh? E quindi come ti trovi qui sotto? Ah, ma sedetevi, sedetevi! Robert!

Un ragazzo più giovane, uno studente sulla ventina, pure lui con la barba lasciata crescere – con evidenti tentativi di scorciarla, però – apparve da una stanzetta secondaria, un ripostiglio forse, con un plico di documenti che porse al Professore.

- Oh, signorina Kaisa, benvenuta.

- Ciao Robert! Ma… la faccia? – chiese lei indicandosi il mento con un movimento circolare. L’assistente abbassò la voce, assumendo un tono rassegnato.

- Da quando il Professore si è tagliato con rasoio, un mese fa, non voluto più sentirne parlare, e ne ha proibito l’uso perfino a me. Spero solo che cambi presto idea, andare fin dal barbiere da qui è lunga.

- Bando alle ciance, fanciulli! – tuonò il Professore – E’ il momento della mia nuova invenzione!

In un gesto solo levò il telo e azionò l’argano per sollevare la saracinesca, che si ritirò pian piano mettendo in luce quello che pareva essere un rudimentale cannone montato su un sostegno, rendendolo orientabile.
Kaisa trattenne uno sbadiglio, mentre Damasco se lo immaginava già andare contro le moderne torrette armate delle aeronavi. Non era una visione favorevole al Professore.

- Ma non è finita qui! Robert, carica un colpo!

Il ragazzo attivò una manovella collegata a diverse ruote dentate, che in un primo tempo non avevano notato. Ai due ospiti parve di intravedere delle scintille unite a piccole scariche elettriche durante tale azione. Poi il Professore orientò il cannone contro uno scoglio solitario che si ergeva a qualche centinaio di metri dalla riva, inquadrandolo con una serie di lenti che fungevano da obbiettivo.

- Pronti all’impatto!

Afferrò le due leve poste all’estremità del cannone, tirandole violentemente.
Una scarica di energia partì dalla bocca di fuoco, provocando un leggero stridio nell’aria e colpendo il bersaglio, disintegrandolo.
Kaisa e Damasco non registrarono subito l’effetto dello sparo. Per degli interminabili istanti rimasero sospesi in una sorta di limbo, scioccati dalla potenza dimostrata dall’arma del Professore.
Poi si riscossero: Damasco si fiondò alla finestra con un binocolo per constatare cosa ne era stato del famoso scoglio, mentre Kaisa era convinta si trattasse di un trucco, e si mise a controllare il cannone da ogni angolazione possibile, tempestando di domande il Professore e Robert, soprattutto. Lui non si sarebbe inventato particolari strambi.

- Cos’è tutta questa diffidenza, suvvia! La potenza del mio gioiellino può abbattere un’aeronave in due soli colpi! Ragazzo mio, devi sapere che…

Un rumore e un urlo dal piano inferiore interruppero la discussione. Discussione che stava prendendo una piega preoccupante, o interessante, o bislacca. Tipica del Professore. Che forse stavolta era andato un po’ troppo oltre.
Una voce femminile e diversi tonfi giunsero nuovamente alle orecchie dei presenti, e non ci volle molto prima che una testolina bionda facesse capolino dalla scala.

- Oh, Lyra! La mia nipotina, sei tornata! Lei è la mia nipotina, non è graziosa? Lyra, ci hai messo un’eternità!

- Nonno, non ho trovato nessuno, sei sicuro di quello che… oh.

Lyra, la sconosciuta di qualche sera precedente che aveva cercato una scusa per intrufolarsi in casa di Kaisa, era la nipote del Professore. Insomma, tutti sapevano che da lui ci si poteva aspettare qualunque cosa – tranne che ti dicesse il suo nome, quello mai – ma questo eccedeva le aspettative.

- Oh. Mio. Cielo.

L’ingegnera era totalmente incapace di pensare a qualunque reazione. Diversamente da Damasco, che prontamente puntò la pistola sottratta a Kaisa contro la nuova arrivata.

- Sei un agente governativo?

- Calma, ragazzo, calma… qui nessuno vuole farti nulla, siamo dalla tua parte.

Il Professore tentava di rimettere insieme la situazione, ma convincere l’ex-militare non era semplice.

- Sì, sono un agente governativo.

- Lyra!

- Va tutto bene, nonno. – tornò a rivolgersi a Damasco. – Sono un agente governativo, dicevo, e il mio incarico è quello di ritrovare il relitto della Scolopendra e assicurarmi che voi siate morto. In caso contrario devo recuperarvi e consegnarvi alle autorità per l’esecuzione.

- Wow, Damasco, non pensavo fossi messo così male. – esordì Kaisa.

- Professore, faccia qualcosa o il laboratorio…

- Calmo Robert, non succederà nulla.

- Allo stesso tempo – continuò Lyra – il Distretto di Samarcanda mi ha incaricato di liberarvi. Abbiamo quindi attaccato la Scolopendra con l’intenzione di affondarla e recuperare poi…

- Aspetta un momento. La fazione di Samarcanda?!

Lithium era la città d’origine di Damasco. Samarcanda era la sezione centrale di Lithium, dove stava il governo centrale. Lyra spiegò come il governo centrale avesse approvato l’uccisione del colonnello Portien, anche se, naturalmente, non poteva dare il proprio consenso pubblico ad un assassino. Così avevano voluto dimostrare la propria gratitudine in un modo un po’… inusuale.

- Dovevamo prendervi in consegna e farvi espatriare una volta recuperate le lance di salvataggio, ma con nostra sorpresa il Comandante vi aveva lasciato a bordo della nave…

- Sei fortunato a esser sopravvissuto alla caduta in seguito ai colpi del mio piccolo, qui… - disse il Professore dando colpetti affettuosi alla sua macchina.

- E’ fortunato a non esser stato colpito, piuttosto! E io a non essermi vista l’aeronave cadermi in testa! Ma che razza di salvataggio è?

- Questo perché vivi così isolata dal mondo!

Il “Ma da che pulpito” risuonò nella torre, seguito dall’abbandono di Kaisa della sala, andata a sbollire ai piani inferiori, dove non le sarebbe venuto l’impulso di strangolare il Professore, con le sue affermazioni così candide.
Damasco ancora fronteggiava Lyra, seppur dopo aver abbassato l’arma.
Per un attimo pensò agli stivali prestatigli dal Professore, che ancora indossava. Stivali simili a quelli degli alti ufficiali di Samarcanda. E alla nipote che proveniva dal mondo superiore. L’unico collegamento possibile erano i grandi ascensori a vapore che si trovavano in corrispondenza delle grandi città sottostanti, e la trafila per ottenere un posto era decisamente ardua.

- Quindi ora sarei libero?

- Esattamente. A questo proposito, credo che forse preferite rimanere qui?

Damasco non rispose. Si limitò a sorridere di rimando alla ragazza e a recuperare il suo giaccone, scendendo poi le scale di corsa.
Kaisa lo aspettava appoggiata allo Spitfire, gambe distese e mani incrociate a ciondolare.

- …Torni a casa? – gli domandò, una nota di finta indifferenza nella voce.

- No… ormai mi sono affezionato a quel vecchio divano.

- Ah, sì? È un peccato… sai, vorrei poterlo riutilizzare come semplice divano.

Una luce strana negli occhi chiari. Ironica, forse.

- Poi non è più comodo il letto?

Ammiccante, languida.
Un leggero sorriso ricambiato, l’accostarsi di Damasco, l’incontro delle loro labbra.

- Torniamo a casa.


***


- Ma Lyra, vai ancora in giro con quel trabiccolo? È un rottame!

- Piantala nonno, funziona ancora, questo è l’importante. Ora vado, devo inventarmi qualche balla da rifilare al ministero… ci vediamo!

Lyra baciò sulla guancia il Professore, dileguandosi veloce giù per le scale, continuando a inciampare ogni tanto. E Robert pensò che era il caso di cominciare a sistemare almeno i libri.
Fu così che lasciò solo il Professore a rimuginare, il vecchio colonnello in pensione con il pallino delle invenzioni, Arnald Socrates.
E davanti alla finestra, gli venne l’ennesima sua illuminazione, ripensando al relitto dell’aeronave affondata col suo nuovo pargolo.

- Ma certo! Scolopendra! Ti chiamerò Scolopendra, contento? E ora, santo mare, che fastidio questa barba. Ma dove ho messo il rasoio? Robert! Robert! Dov’è finito il rasoio? Robert!

E la notte calò sul cannone Scolopendra.






- Note dell'autrice -
E con questo capitolo si conclude Scolopendra, almeno la parte che ho mandato al concorso.
Ciò vuol dire che la storia continua, ho già scritto altri sei (SEI.) capitoli. Va un po' per le lunghe, ma ne sono così soddisfatta =w=
Nel frattempo Mitsutsuki, la giudice in carica del concorso, ha anche lasciato la recensione al primo capitolo, se vi interessa leggerla!
Per il restyo vediamo... cosa c'è da dire. Ah, già. Finalmente fa il uo ingresso in scena Lyra XD
Lyra è un personaggio che in questa prima parte non ha avuto troppo spazio, ma in seguito diventerà centrale come Kaisa e Damasco. E anche il Professore. Non è forse adorabile quell'uomo?;w;
Mi diverto troppo a farlo parlare, è una macchinetta.
Ma ora me ne starò zitta e cuccia, e vi lascerò al vostro da fare.

Grazie per aver letto, al prossimo capitolo!=D
   
 
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