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Autore: May Des    26/10/2012    1 recensioni
Dopo un attesa lunga anni i giochi stanno per giungere al termine ma, il finale, sarà davvero quello che tutti ci aspettiamo?
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis, Undertaker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!

Una piccola introduzione prima di incominciare con la storia.

Questo racconto si divide in due parti. La prima può essere considerata al pari di una one-shot, ha una conclusione fine a se stessa e è collocata al termine della prima serie. La seconda, invece è nata come spiegazione per alcuni punti della one-shot che potrebbero far sorgere domande.

Finita questa premessa vi lascio alla lettura. Spero che sia di vostro gradimento.

May Des

 

The end

 

La fine dei giochi

 

Tiepida è la notte, mentre una piccola imbarcazione fende la fitta nebbia.

Su di essa un bambino circondato da bianche rose e un vogatore in nero.

Il piccolo sedeva composto sulla punta della barca e guardava incuriosito le pellicole che si snodavano sotto il pelo dell’acqua. Quelle racchiudevano tutta la sua vita. Una vita che presto sarebbe giunta al termine.

Il maggiordomo, quell’imponente figura scura, guardava il suo signorino ammirando l’orgoglio e il coraggio con cui andava incontro alla propria morte. Lo vedeva osservare il suo passato con indifferenza studiata, come se per lui quelle immagini non fossero altro che il racconto di un estraneo. Sorrise notando l’allungare di una mano fino a sfiorare le onde. Nonostante la sua determinazione rimaneva sempre un bambino.

Lentamente l’imbarcazione proseguì il suo viaggio e, dopo quelle potevano essere sia anni che minuti, all’orizzonte comparve un’isola.

Il maggiordomo prese a remare con più vigore e in poco tempo raggiunsero la costa.

Con uno scossone la barca s’incagliò nel fondale. Il bambino, colto di sorpresa, perse l’equilibrio ma, prontamente, il maggiordomo gli impedì di cadere. Tenendolo stretto a sé, con un balzo raggiunse la riva depositando il suo signorino all’asciutto.

Il piccolo, una volta al sicuro, si rassettò i vestiti e scoccò un’occhiata di fuoco al servitore. Questi s’inchinò al suo signore – Chiedo umilmente perdono per questi modi bruschi. Purtroppo su quest’isola non esiste alcun attracco e quella era l’unica maniera per farvi scendere senza bagnarvi my lord. –

Il conte annuì – Presumo che giunti a questo punto simili sottigliezze non abbiano rilevanza. –

– Vi ringrazio per la vostra comprensione. –

– Piantala Sebastian. È inutile continuare con questa farsa. – disse bruscamente Ciel – So benissimo che non vedi l’ora che giungesse questo momento. Perché ti ostini a recitare una parte che è ormai conclusa? –

Sebastian sorrise – Se mi è concesso signorino, sembrate voi quello impaziente ti terminare questa storia. –

– Credi? – gli domandò Ciel socchiudendo appena gli occhi.

– È questa la mia impressione. – gli rispose cordiale.

– Ti sbagli. Sono solo stanco di questo gioco. Ora che tutto è finito sta diventando noioso. –

Il maggiordomo inclinò il capo perplesso. – Di che gioco state parlando? –

– Che domande sciocche che fai. La mia vita è tutta un gioco. –

– Capisco. Allora che ne dite di terminarlo nel modo adeguato? –

Ciel lo fissò serio – Credo sia opportuno. –

Il maggiordomo annuì e lo invitò a seguirlo su un sentiero.

Camminarono in silenzio fino a giungere a delle rovine al centro delle quali era situata una panchina. L’unica cosa intatta in quel luogo lugubre.

Sospingendolo Sebastian lo fece accomodare e dopo essersi inginocchiato, guardandolo negli occhi, con una mano gli sfilò la benda.

Il marchio del contratto brillò in quell'oscurità crepuscolare e, come risposta, gli occhi del demone si accesero di scarlatto.

Sebastian sfiorò con la mano marchiata il volto di Ciel.

– Allora, questa è la fine? –

– Si, è la fine. –

Ferino Sebastian si avvicinò al conte pronto ad assaggiare quell’anima perfetta che per anni lo aveva tentato. Non badò a niente, immobilizzò la preda e ne gustò l’aroma soddisfatto per quella scelta tanto azzeccata. Era pronto, niente e nessuno lo separava da quell’ambita ricompensa ma, improvvisamente i ruoli si capovolsero.

Un attimo prima era li, pronto a saziarsi, ora invece si ritrovava accasciato, privo di forze. Il signorino lo sorreggeva con le sue esili braccia osservandolo con uno sguardo che non gli aveva mai visto. Pareva oscillare tra l’adorante e l’affamato.

Racimolando le poche forze che gli rimanevano chiese – Cosa sta succedendo? –

Ciel sorrise compiaciuto – Non ti preoccupare Sebastian. Presto sarà tutto finito. –

Il maggiordomo spalancò gli occhi incredulo, domandandosi cosa volesse dire con quelle parole. Cercò di divincolarsi riprendendo il controllo della situazione, inutilmente.

– Non tentare di sfuggirmi. Sarebbe soltanto fatica sprecata. –

Il conte gli accarezzò la guancia mentre piccole scintille nere abbandonavano il corpo del servitore venendo assorbite dal bambino. L’esistenza del demone era ormai agli sgoccioli.

– Perché? – chiese flebile.

Ciel rispose condiscendente – Non sono stato io a evocare te quel giorno. Bensì il contrario. Il tuo bisogno di un’anima pura e al contempo oscura mi ha attirato e affascinato. Solo per te ho creato l’illusione del conte e del suo mondo. Un gioco che alla fine si è rivelato la trappola perfetta. –

Sebastian spalancò gli occhi sorpreso. Era stato ingannato sin dall’origine, circuito dal nemico più temuto dai demoni, per poi essere distrutto.

Il cacciatore era diventato la preda.

– Buona notte Sebastian. Quasi mi dispiace farti questo ma… è la mia natura.

Sappi però, che tra tutti tu sei stato il migliore e anche se non lo dimostravo, mi sono divertito a giocare con te. –

Sorridendo dolcemente gli posò un bacio sulla fronte.

– Addio Sebastian. Riposa in pace. –

Quelle furono le ultime cose che sentì. Il buio lo avvolse e per la prima volta dopo millenni seppe che non avrebbe più rivisto la luce.

 

§§§

 

Ciel si alzò in piedi e osservò quell’involucro vuoto che fino a poco prima rispondeva al nome di Sebastian. Su quell’isola non c’era altro da fare.

Doveva solo attendere che lo venissero a prendere. Non doveva aspettare molto.

Una figura incominciava già a tracciarsi tra le ombre della nebbia.

Era alta e portava un vestito nero come il cappello, lunghi capelli argentati che coprivano gli occhi e una cicatrice che, orizzontale, gli solcava il volto.

Ciel sorrise quando lo vide, si alzò e gli corse incontro abbracciandogli le gambe.

La mano di Undertaker si posò sul capo del piccolo scompigliandogli i capelli.

– Allora, anche per questa volta hai finito d giocare con la tua preda. Ti sei divertito? –

Ciel alzò lo sguardo contento delle attenzioni.

– Si padre, mi sono divertito. – rispose.

– Bene. Ora dimmi, cosa ne vuoi fare di questo corpo? Sarebbe uno spreco lasciarlo qui a far polvere. –

– Ne convengo. Infatti, volevo portarlo con me per aggiungerlo alla mia collezione di bambole. –

– Mi sembra proprio una bella idea. Che ne dici se gli costruissimo anche una bella cassa dove riposare. Con tutto il lavoro che ha fatto in questi anni sarà stanco. –

Annuendo Ciel approvò la proposta.

– Ora però andiamo. – disse Undertaker caricandosi sulle spalle il corpo di Sebastian – Non vorrei fare tardi per il thè delle cinque. Sai quanto possa essere petulante la zia Grell con i ritardatari.–

Così, seguito da Ciel, s’incamminò verso la spiaggia dove attendeva l’imbarcazione pronta a ricondurli a casa.

Mentre questa s’allontanava dall’isola, sospinta dalle onde, un corvo si levò in cielo e cavalcando le correnti s’apprestò a portare a tutti un messaggio.

 

I cacciatori sono tornati.

 

***

N.d.A.

In questo piccolo spazio volevo ringraziare tutti quelli che sono arrivati alla fine di questo capitolo. Parte dei grazie vanno anche alla mia amica Zim che, in anteprima, ha letto questa storia e mi ha dato il suo prezioso parere.

Grazie ancora e alla prossima.

May Des

 

   
 
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