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Autore: LawrenceTwosomeTime    27/10/2012    1 recensioni
Una storia dalle ambizioni metafisiche, più che morali, breve quanto incidentale. Ci si interroga sul siginificato del fumo, o meglio... di molti suoi significati imparentati tra loro. Forse è un apologo sulla morte della vita. O forse è solo un esperimento informe come un filo di fumo. Leggete.
Genere: Generale, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ultima cosa che ricorda sono le sue mani.

Non proprio le mani, in effetti. Più che altro, la sensazione di aver toccato qualcosa. Acqua, forse.
Si, acqua. È stata anche l’ultima volta che ha bevuto.

Dopodiché, il nulla. Non il nulla a tutto tondo, diciamo un nulla figurato.

Non sa più dire a quale sesso appartenga, se appartiene ancora alla razza umana.
Non si sente più gli arti, ha dimenticato come si respira, non vede nulla.

In questa città tutto è ricoperto da una coltre di soffice fumo. Col tempo, ha imparato a distinguerne le origini e mescerne le caratteristiche. L’odore di croissant appena sfornato, ad esempio: sentore di marjuana.
E quel suffumigio di sterpaglie abbrustolite… hashish, forse. Tabacco scadente. Sigarette senza filtro. Aroma di pipa. Olezzo di sigaro. Narghilè. Bolle, anelli concentrici, colonne. Muraglie compatte di oppio spettrale, spinelli arrotolati male che ti perforano il naso come frecce.
Mani di cenere sfilano in continuazione lungo il suo corpo, carpendolo e accarezzandolo, languidamente.

Ogni giorno incontra delle persone, ogni giorno succede qualcosa. Ma in realtà, non succede niente.

Ogni volta che si interroga sul perché sia finito (finita?) lì, la sua mente beccheggia, alla deriva, rincorrendo una risposta come un cane rincorre la sua coda. Non riesce a capire.
Capita spesso che segua le correnti di fumo per carpirne la fonte, ma quelle finiscono sempre per arrotolarsi su sé stesse, contaminandosi a vicenda, sciogliendosi o elevandosi. E tutto torna a essere una nebbia indistinta, dove il cielo è la terra e la terra è il cielo. L’Inferno? Oppure un Limbo? Di sicuro non è il Paradiso.

Un Ade senz’acqua e senza fuoco, in cui ciò che mangi è ciò che respiri e ciò che tocchi è ciò che vedi. Ma non senti nulla, l’assenza di suono uccide più di mille cacofonie.
Non è un vuoto tranquillo. Pulsa di verità assurde non dette, di insinuazioni taciute.

E poi si sente bruciare dentro, lentamente, un pezzo alla volta. Non è una condizione passeggera.
Riesce a immaginare i polmoni che si anneriscono e si staccano un pezzettino alla volta, come un favo liquefatto dalla fiamma di una candela. La pelle corrotta si accartoccia e si arriccia, una vecchia pergamena divorata dal tempo. Non la vede, ma può sentirla.

Il domani non è che lo spettro di quello che è stato ieri. Perfino il Tempo, in questo antro di morte volatile, potrebbe essere fatto di fumo. Questo spiegherebbe l’immobilità della sua mente.
Ma la sensazione di stare vivendo inconsapevolmente un’altra vita altrove, no… Non se ne va.

Anche se di poco, si illude di star facendo progressi. È preda della cecità più incolore, nuota in un gigantesco acquario di aria contaminata. Però, di quando in quando, riesce a scorgere una luce.

È una luce fatta di parole, brandelli senza significato. Da dove arrivano?
Riescono davvero a fendere l’incendio immobile che ovatta le pareti della sua testa, o sono piuttosto il frutto marcio della desolazione, una suppurazione sonora?

Ricordi smessi l’assalgono come tralci di cenere inalata per sbaglio. Si stropiccia gli occhi.



“Marco, vuoi una sigaretta?”

È tutto così colorato.

“Marco, ci sei?”
“Uh?”
“Dico, vuoi una sigaretta?”
“Ah… no. No, grazie”
  
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