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Autore: Nocturnia    08/11/2012    1 recensioni
Matarisvan è nata dal sangue e da un tradimento annichilente. Angrovis, il primo figlio dell'aquila Hoenir, riflette e piange su di un fratello perduto e compianto.
Amato tanto da essere odiato.
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'Nel segno del sangue'
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Disclaimer: Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. L’intreccio qui descritto e i personaggi rappresentati sono copyright dell’autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.

"Si odia chi si teme."

- Quinto Ennio -

Orbita spenta


Sanguino.

Un pensiero, una lama, l'osceno marchio del fallimento.
Ti eri toccato il costato, dove un buco rovinoso vomitava gli ultimi grani della tua luce.
Della tua forza.

Alzati.

Avevi fatto leva sulle gambe, ma quelle ti avevano miseramente tradito, lasciandoti rovinare al suolo.

ALZATI.

Un ordine, un imperativo.
Il patetico grido della tua anima.

"Sei un traditore."
Un sorriso, una risata, i cocci di una clessidra che sgranava la sua immonda prece.
"E tu sei solo uno stupido, Angrovis."
Elastiche, le tue dita erano corse al suo viso, schiaffeggiandolo con violenza.
Varok aveva piegato il capo, sputando un bolo di sangue e bestemmie.
"Cadrai Angrovis." ti aveva preconizzato con occhi vuoti, assenti "Cadrai talmente a fondo da non saper più dove siano il cielo e la terra. Cadrai e il cozzo sarà tale da renderti un grumo di rimpianto e dignità negate."
"Taci." avevi latrato a pochi centimetri dal suo volto "Taci, essere schifoso. Non sei neppure degno di parlarmi. Non dopo che ho visto quegli aborti mezzosangue."
Varok aveva schiuso la bocca, scoprendo i denti e fissandoti con la tenacia dei martiri.
Neppure nell'udire la sua condanna si era scomposto, continuando a incatenarti alla sua pupilla, ristretta e simile a un pungolo amaro e assassino.
Con ferocia, l'avevi consegnato e Moloch.
Con ansia malcelata avevi continuato a combattere, perché certe piaghe si possono curare solo tagliando e tagliando ancora.
Ma quell'infezione suppurante, quel riflesso di verità annichilente, aveva conservato un nome e un volto.
Sotto la pelle, la tua stessa carne, sangue di fratello e cuore di nemico.
Tra le tue labbra, un solo nome.
Phazani.

La paura è un contagio silenzioso e mortale: ti spacca il cuore in gola e annienta ogni tua difesa.
La paura è piena di niente, un vuoto vorace e completo.
E' un paradosso, quasi il coraggio disperato con cui mostra il petto il figlio di Matarisvan.
Lo osservi sparire oltre i cancelli di cristallo, al suo fianco un compagno, un amico, uno squarcio che urla commiserazione e pietà .

Alzati Angrovis. Alzati.

Sei nato angelo, ma è il richiamo dei lombi di Matharet quello che salverà il tuo mondo, donandoti un domani.
Possiedi un paio d'ali buone solo a farti crepare con stile, perché la loro furia è custodita sotto l'epidermide fragile di chi nasce fango e diventa carne, soffrendo e lottando per una vita regalatagli da due genitori folli ed egoisti.
Innamorati.

Alzati Angrovis.

L'impatto delle tue ginocchia al suolo è frastornante, la cacofonia di un evo che sta estinguendosi brano per brano.
Ti artigli il capo con le mani, incidendo la polpa morbida del cuoio capelluto.

Cadrai Angrovis. E sarà devastante.

"Ti odio, Hoenir. Ti odio, Varok. Vi odio tutti." mormori tra i denti serrati, contratto in un delirio sventrato.

E l'avevi immaginato tante volte quel tuo fratello suicida e bellissimo, mentre cingeva il corpo di una femmina nata per mordere e sbranare.
L'avevi immaginato e ti eri chiesto, tra le nebbie ferruginose del conflitto, perché?

La risposta trovava luogo solo negli occhi di chi ti aveva definito con astio e rancore, sputandoti addosso le tue colpe, i tuoi errori, il tuo terrore.

"Fatti da parte angelo. Non ho bisogno della tua inutile presenza."

Quando il Luogotenente di Moloch cadde, sciogliendosi in filamenti roventi e nerastri, fu l'orbita cava di un condannato quella con cui omaggiasti una libertà ritrovata.
Sopra di te, il ruggito brutale e bestiale con cui il phazano aveva proclamato la sua conquista.
Tra le tue costole, il vibrante tonfo di un orgoglio divelto.

Alzati Angrovis.

La volta notturna è un pugno di colori assorbiti e mai digeriti, le nubi spettri esangui.
Sdraiato nell'erba la osservi, immobile, il silenzio un grido di muta accusa.

Alzati Angrovis.

Vorresti farlo, ma nulla di te risponde più alla lingua del comando.
Sai di riposare - o soffrire - sul ventre di Matharet e che è stato l'amore - o la pazzia - di un angelo a rendere fertile un coagulo di scaglie e rostri.
Frughi tra le pieghe del tuo essere, cercando un po' di quella arroganza che ti aveva sempre aiutato, salvato.
Ma sono solo rovine fatiscenti quelle che trovi.

Cadrai.

Aveva ragione Varok.
L'aveva sempre avuta, fiutando prima di te il lezzo della disfatta, di un fato spietato e iniquo.
Di un futuro per cui valeva la pena di rischiare tutto.

E tra le briciole di una gelosia sorda, giace ora un bambino inerme, il cui gioco si è dissolto come cenere al vento.
Giace un immortale che non ha mai capito nulla del mondo e della guerra, racchiudendola nel palmo di una mano fatta per ferire e colpire, non creare.

Giace un dio che ha scoperto di poter sanguinare e cadere.
Come noi.
   
 
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