Nickname:
JediKnightMarina55
Titolo: Open Air
Genere: Slice of Life, Triste
Avvertimenti: Missing Moments
Pacchetto scelto: 4, Lucrezia Borgia
Nda: La
canzone da cui viene la citazione è "Into the
Open Air" di Julie Fowlis, presente nel film
"Ribelle - The Brave". Dato che parla dell'amore tra figli e
genitori, mi ha guidato in tutta la scrittura, in realtà.
And now these walls
come crumbling down
And I can feel my feet on the ground
Can we carry this love that we share
Into the open air?
(Julie Fowlis, Into the Open Air)
1506
Mamma
“Duchessa d’Este?”
Erano passati otto anni da quando Lucrezia aveva
sentito quella voce per l’ultima volta. Le sue memorie la riportarono ai giorni
passati nel convento di San Sisto, allo spagnolo incappucciato che si faceva
passare per un messaggero e al ragazzo veneziano che si portava quasi sempre
dietro.
“Vecellio.”
Non era più un ragazzo. Probabilmente aveva raggiunto
la trentina, e si stava facendo crescere la barba. Ma la voce, sebbene più
matura, era la stessa.
Non riusciva a vedere altro della sua faccia, celata
dal caratteristico cappuccio a punta del suo Ordine, ma da quel poco che
vedeva, riusciva a capire che quell’uomo, come lei, in quegli otto anni aveva
sofferto.
Perotto, il maestro che aveva perduto, gli
aveva voluto bene. E probabilmente, doveva aver perduto degli amici durante la
guerra a Roma.
Nonostante fossero stati dai lati opposti del fronte,
probabilmente erano molto più vicini di quanto sembrasse. Lui aveva pianto Perotto esattamente come aveva fatto lei. Probabilmente
aveva anche perso degli amici, e forse anche una donna, da quello che lei
sapeva c’erano anche stati Assassini femmine.
Lei aveva perso un marito, un fratello, un padre,
persino il figlio che aveva avuto da Perotto, il
piccolo Giovanni, per quello stupido scontro.
La perdita di Giovanni forse era quella che le aveva
fatto più male.
Il suo bambino, convinto che lei non fosse altro che
una zia, abusato da Cesare e Micheletto senza che lei
potesse fare nulla. Quello che, tre anni prima, appena qualche giorno prima
della caduta della famiglia, era sparito da Castel
Sant’Angelo senza che nessuno lo rivedesse più.
“Sei qui per
finire quello che il tuo Mentore ha cominciato?” Lucrezia andò subito al punto.
Neanche due settimane prima, Ezio Auditore aveva fatto
irruzione nel suo palazzo, l’aveva legata per le mani con il cordone di una
tenda e le aveva rubato un quadro, per poi fuggire via prima che una qualsiasi
delle guardie potesse arrivare anche a sfiorarlo.
“Se è per questo, è per suo ordine che sono qui.”
mugugnò Vecellio. “Quello che ti ha detto è vero. Nessun uomo può guarire il
tuo dolore. Devi guardare avanti. Ma forse c’è qualcosa che la Confraternita
può restituirti.”
Fece un cenno verso la porta dalla quale era entrato.
Non accadde niente.
E lei che aveva sperato che... che davvero, da quella
porta potesse entrare il suo bambino.
Francesco fece roteare gli occhi e tornò indietro.
“Che fai, adesso, il timido?” Lucrezia lo sentì dire
dall’altra stanza. “Andiamo! Fai l’uomo. Hai otto anni compiuti, ricordi?”
“E se non si ricorda più di me?” una vocina gli
rispose. “E se non mi vuole più bene?”
“Sai, Giovanni, io ho lasciato a Pieve i miei
genitori, mio fratello e le mie sorelle.” Francesco stava dicendo. “Ma mi
vogliono ancora bene, tutti loro. Anche se Tiziano fa un po’ lo scemo.”
Con le lacrime agli occhi, Lucrezia varcò la porta e
vide che Francesco era chinato davanti ad un bambino con i capelli scuri,
vestito di bianco e decisamente rosso di imbarazzo.
Aveva subito girato la testa verso la fonte del
rumore, probabilmente qualcosa che era stato abituato a fare in quegli ultimi
tre anni.
Non era più il piccolino che Lucrezia aveva visto a Castel Sant’Angelo.
Non più quel bambino indifeso.
Aveva qualcosa nello sguardo, nella sua posizione. Se
ne accorse soltanto allora, quel ragazzino aveva preso lo stesso portamento di Perotto.
Ma tutto svanì, non appena Giovanni Borgia si accorse
chi era appena entrato nella stanza.
“MAMMA!”
Nonostante tutte le battaglie perse, nonostante tutte
le persone a cui aveva dovuto dire addio, nonostante tutto, Lucrezia si rese conto che, questa volta, aveva vinto lei. E
poter riabbracciare il suo bambino, sentirsi chiamare mamma per la prima volta dopo
otto anni, era l’unica cosa che davvero le importava.
1513
Paura
“Quindi, adesso, dove stai a dormire?”
“Da Ludovico Ariosto.” Giovanni fece una smorfia, come
se la prospettiva non lo allettasse affatto. “Il figlio grande è pazzo secondo
me. Continua a blaterare di quanto sia noioso suo padre... provasse lui a
crescere senza, e poi forse può
giudicare!”
Erano otto anni che Francesco Vecellio lasciava
Giovanni a Ferrara, due settimane all’anno. Lucrezia avrebbe voluto più tempo,
se non proprio che Giovanni restasse con lei, ma era stato suo stesso figlio a
dire di voler rimanere nella Confraternita, e i suoi studi non gli permettevano
di stare là per più tempo.
Forse era anche stato meglio così.
Se fosse rimasto con lei, sarebbe stato sicuramente
trattato dalla gente come lei era stata trattata un tempo. Una persona di
seconda categoria. Un bastardo.
Nella Confraternita, lui non era diverso dagli altri. Nemmeno il disonore di suo padre,
neanche il marchio nero che il suo cognome poteva essere, poteva renderlo da
meno dei suoi coetanei.
Eppure, Lucrezia lo stava vedendo crescere, senza che
gli potesse essere accanto. Ogni anno che passava, il suo ragazzo le ricordava sempre meno i suoi parenti e sempre più
Perotto.
Aveva già quindici anni. Un uomo.
“Indovina un po’ chi ho conosciuto?” le chiese
Giovanni tirando fuori il sorriso innocente di suo padre. “Il figlio di
Caterina Sforza!”
“Ottaviano Riario?” chiese
Lucrezia “Quella specie di lombrico?”
Giovanni ridacchiò.
“No... non lui. Il piccolo. Giovanni.”
“Giovanni Riario non era
morto?”
“Giovanni De’Medici,
mamma. Ha fatto un po’ di casino a Firenze e l’hanno spedito a Roma. Fino a
Marzo faceva la bella statuina sugli acquedotti, ma adesso che è nell’esercito
pontificio chi lo fa star fermo è bravo.”
Rimase in silenzio per un momento.
“Siamo amici.” confessò alla fine.
Lucrezia si trovò a dover sorridere. Giovanni non
aveva preso da Perotto soltanto i capelli scuri, a
quanto pareva.
A suo tempo, non aveva sopportato Caterina, ma aveva
sentito che il suo terzo marito era stato una specie di santo... o di imbecille, a opinione delle persone.
Probabilmente il ragazzo doveva aver preso l’astuzia della madre e il carattere
del padre.
“A dire il vero il primo giorno per poco non ci siamo
presi a pugni. Poi è arrivato Francesco e mi ha detto di smetterla, ci siamo
girati entrambi, e non appena abbiamo capito di essere omonimi ci siamo messi a
ridere!”
Stava crescendo, il suo ragazzo. Si stava allontanando
da lei.
Era insieme una gioia e una tortura vederlo in quel
modo. Una parte di lei avrebbe sempre ardentemente desiderato di vedere ancora
il bambino di quattro, cinque anni che pendeva dalle sue labbra perché non
poteva fidarsi di nessun altro. Un’altra guardava Giovanni e vedeva un ragazzo
felice, forte, che finalmente riusciva ad andare avanti da solo.
Forse era stato quello l’errore di suo padre e suo
fratello. Trattare gli uomini come bambini disubbidienti creava soltanto
insicurezza, malcontento, ribellione. Aspettarsi che Giovanni diventasse quello
che non era lo aveva soltanto spinto a scappare di casa. Come Roma sotto il
controllo degli Assassini era rifiorita, anche il bambino timido e fragile che
Giovanni era stato, ora era un giovane uomo fiero e capace.
Non per merito suo.
Non poteva fare a meno di pensare che ogni volta che
Giovanni la visitava avrebbe potuto essere l’ultima.
“Mamma... va tutto bene?”
Non glielo avrebbe mai confessato.
La sua paura non avrebbe mai visto la luce.
Sapeva che un giorno o l’altro sarebbe arrivato il
momento dell’addio. Aveva imparato a sue spese che la felicità aveva sempre e
comunque una fine. Perotto, il Duca di Bisceglie,
Patrizio, persino Cesare, nonostante non fosse stata davvero felice con lui,
erano tutti andati.
Ma per due settimane all’anno, Lucrezia poteva essere
felice. Felice che l’amore per il suo primo bambino, oramai più alto di lei,
oramai un uomo, potesse essere per quei pochi giorni alla luce del sole.
24 Giugno 1519
Addio
Il dolore era insopportabile. Così forte da toglierle
persino i pensieri.
I suoi bambini avevano lasciato la stanza da
parecchio. Ci era voluta tutta la forza di volontà dell’undicenne Ercole per
portare via Eleonora e Francesco, di soli quattro e tre anni, che proprio non
capivano cosa stesse accadendo.
Non avrebbe visto Ercole diventare Duca, né Ippolito
diventare cardinale.
Non avrebbe visto il matrimonio di Eleonora, né le
conquiste di Francesco.
Quella stanza sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe
visto.
Ed era di nuovo sola, come era stata la prima volta
che era arrivata lì.
Tutto quello che aveva fatto, il modo in cui era
cambiata, erano serviti a qualcosa, o sarebbe morta sola e abbandonata come era
arrivata a Ferrara?
Un’ombra era entrata dalla finestra. Riconobbe le
vesti di un Assassino.
Cosa potevano volere ancora gli Assassini da lei?
L’uomo in bianco, adesso in piedi accanto al suo
letto, proprio nel punto in cui attimi prima era stato Ercole, la stava
guardando. Non si muoveva da lì.
Ci vollero alcuni minuti perché Lucrezia si accorgesse
che il giovane Assassino stava piangendo in silenzio.
E a quel punto, capì.
Fu soltanto quando il suo mondo iniziò a diventare
buio che Giovanni Borgia si allontanò.
Non l’aveva mai abbandonata.
Rullo di tamburi…
giudizio!
Quarto Posto
JediKnightMarina55
Open Air
Genere: Slice of Life, Triste
Avvertimenti: Missing Moments
Pacchetto scelto: 4 (Lucrezia Borgia)
Valutazione:
Ortografia e Grammatica: 9/10
Uso dei pacchetti: 9/10
Piacere personale: 9.5/15
Originalità: 13/15
titolo: 9/10
Totale: 49.5/60
Sei riuscita a farmi conoscere una nuova Lucrezia.
Una Lucrezia che ha un cuore, che pensa e soffre, non la solita str***a che
viene messa in evidenza solitamente. Hai scritto correttamente e non ho
riscontrato gravi errori grammaticali o di battitura. Le frasi brevi danno
molta sospensione e accrescono il dolore che sente questa povera Borgia nel
sentirsi separata da suo figlio. Il finale forse un po' troppo rapido ha
comunque lasciato un senso di completezza e soddisfazione mista a dolcezza. :)