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Autore: Guardian1    09/11/2012    7 recensioni
“C’era una volta una ragazza di nome Yuffie, ma questa storia fa schifo, perché lo sanno tutti che le principesse delle fiabe sono bellissime, hanno gli occhi dolci e splendidi nomi fiabeschi come Aeris.”
Non funziona. Io non sono una principessa.
Sono solo una viaggiatrice.
… Sì, così può andare.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: FFVII
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Sunshine in Winter


epilogo






E allora.

Non dirò: “E poi abbiamo vissuto per sempre felici e contenti!” perché così non è stato. Non subito. Perché chi mai potrebbe vivere felicemente con me? Cago il cazzo per ogni cosa, dalle condizioni meteorologiche alle scarpe agli aggiornamenti delle pistole, e dopo un po’ persino l’impassibile Vincent si ritrova a combattere con l’impulso di darmi una mazzata verbale sulla testa.

Ma sto saltando un po’ troppo avanti.

Potrei dire che la più grande festa mai avvenuta sia stata organizzata subito sull’Highwind, perché è vero, festa intramezzata da lunghe chiacchierate con Reeve-tramite-Cait sulle protesi dopo che avevo dichiarato che volevo un Gamba-Fucile come il Braccio-Fucile di Barret. Ho poi desistito perché nonostante l’idea di sparare proiettili ogni volta che prendevo a calci qualcuno mi sembrasse parecchio figa, avrei probabilmente finito con l’ammazzarmi da sola. Un peccato, perché durante qualche cena lunga e tediosa sarebbe stato un bello scherzo sparare nei piedi dei commensali che mi stavano antipatici. Cid e io abbiamo tentato un virile abbraccio distaccato prima di cedere e avvinghiarci forte l’uno all’altro, con lui che mi ha issato tranquillamente su tra le sue braccia borbottando con voce roca: « Pensavo che non avrei più rivisto la tua faccia di merda. »

E nessuno ha inarcato un solo sopracciglio nel vedere che Vincent non ne voleva sapere di mettermi giù e mi portava in giro come una bambina invece di lasciarmi stare seduta. Ci tenevamo per mano e non ci siamo accorti che ci perdevamo spesso l’uno negli occhi dell’altro finché Cloud e Tifa non hanno cominciato a fare dei perforanti fischi lupeschi. Ho avuto il mio primo momento di spavento quando ho sentito la nausea e mi è tornato tutto, il terrore e la depressione, ma lui mi ha stretto la mano mentre diventavo verde e afferravo la ringhiera e, come dire, i conati non dovrebbero essere romantici.

Tutto mi pareva splendido, fresco e diverso, perché non lo vedevo da mesi e mesi. Mi era pesato come una decade, essere malata, e mi sono resa conto che anche prima, nei miei viaggi per il mondo, non mi ero mai presa veramente il tempo di guardare qualcuno, e mi sono entusiasmata per le cose più piccole – « Tifa, i capelli ti sono cresciuti tantissimo! » e « Red, sei sexy come non mai – le piume stanno tornando di moda? » e « Cloud, ma le tue tette! Sono enormi! » che però ho detto solo perché mi buttasse a terra e mi facesse il solletico.

Avevano paura di toccarmi, all’inizio, temendo che mi sarei rotta, sapendo che quando ero in piedi – oh Dei, quanto era meraviglioso, stare in piedi! – non sarei riuscita a tenere l’equilibrio a lungo prima di ricadere in un piccolo e frustrato ammasso di arti. Questo però non mi ha impedito di saltare giù dalla sedia per gettarmi di peso sul pavimento, facendo sobbalzare angosciosamente Vincent, camminando come un granchio per tirare le gambe alla gente o per sbirciare sotto la gonna di Tifa. Hanno capito che ero la vecchia, infrangibile Yuffie quando ho tirato la coda di Red di nascosto, strappandogli un ululato, e ho lottato con lui come un tempo finché Vincent non mi ha trascinato fuori e mi ha dato un buffetto sul naso.

Pure lui veniva trattato diversamente. Anche se ricadeva ancora in crisi impotenti di “…”, lo avvicinavano più spesso, trovando più semplice fargli domande. Probabilmente perché avevano capito che dopo tutto quel tempo a farmi da infermiera niente avrebbe potuto davvero infastidirlo più, tutto sommato.

E ho bisbigliato ferventi e frequenti preghiere di ringraziamento a Aesculapius, sulla falsariga di: « Grazie infinite, travestito in gonnella. »

Credo mi abbia sentito.

Quando siamo tornati a casa, mi sono scoppiate le orecchie per i pianti di sollievo bilaterali e lo spietato incontro di grida con cui mi hanno accolto mio padre e Asako. Godo non riusciva a smettere di toccarmi, come se forse non fossi davvero reale e si sarebbe svegliato da un momento all’altro, e credo proprio che sia stata l’unica volta in tutta la sua vita in cui avrebbero potuto trovarlo morto e prostrato ai miei piedi – piede – per poggiare una guancia su un ginocchio e piangere: « Mia figlia. » Ero più su di giri di una fattona dopo dieci dosi di calentura, a galleggiare in un mare d’amore.

E non credo ci fosse persona più sorpresa – quando mi ha visto, trionfante, giunta lì per prendere le misure per le protesi – del dottor Malachi Bannon, che in segno di saluto ha ricevuto il mio medio e l’invito ad andare a farsi una sega.

« Mi spiace, signorina Kisaragi » ha detto seccamente, mentre Vincent portava gli occhi al cielo dalla disperazione. « Mia madre mi ha sempre detto che se l’avessi fatto sarei diventato cieco. »

Non erano verdi, comunque – le protesi; erano di acciaio brillante, completamente inumane, aste lisce e lucenti, incorporate alla gamba in una maniera che permetteva la rimozione completa, volendo, lasciando il moncone e un impianto permanente d’acciaio in cui inserirle. Reeve in persona ha contribuito alla loro progettazione, sistemando i fili con le lunghe e perfette mani da ingegnere mentre flettevo le mie nuove dita.

« Vuoi che le metta a posto? Carne finta? »

« Nah » ho risposto, estremamente soddisfatta. « Mi piace nuda. »

La mia prima ruota è stata nei boschi fuori Junon, e le mie lacrime sono cadute sul suolo come pioggia. Yuffie Kisaragi, ninja di Wutai, aveva finalmente ritrovato se stessa.

Sono un po’ come un vaso, un vaso rotto. Cadendo mi sono frantumata e qualcun altro ha avuto l’onere di raccattare i pezzi e incollarli, solo che qualche imbecille ne ha perso uno per strada e mi hanno dovuto rattoppare. Adesso sono senza dubbio un vaso dall’aspetto strambo, tutto crepato e con un pezzo che non apparteneva al modello originale, ma sono più interessante così.

E poi, l’uomo che mi ha superincollato la pensa così, e io lo amo.

E nemmeno è stata quella l’unica cosa che ho fatto a Junon. Non appena uscita dalla porta, per il mio primo viaggio all’aperto con le protesi, ancora con un po’ intimorita dal camminare, mi sono dimenticata della paura e ho trascinato Vincent in uno studio di tatuaggi. Ho preso block-notes e matita e mi sono sbizzarrita, poi ho mostrato il disegno al tatuatore.

Si è grattato lentamente la testa, un sopracciglio alzato. Aveva delle basette molto curate. Ho voluto istantaneamente delle basette, poi mi sono ricordata che non potevo farmele crescere, essendo una donna. « Sei sicura, piccolina? Questo è un lavoro grosso. Farà un male cane. »

Ho ostentato uno dei miei sorrisi privi di allegria, stirato e masochista. « Mettimi alla prova. »

E, ovviamente, mi ha fatto male cane quando è passato sull’osso e Vincent mi ha tenuto la mano – con quella vera, e l’ho reputato un bel gesto, perché credo di avergli dislocato quasi tutte le dita. L’inchiostro era blu scuro come un livido di notte, e l’ho trovato adeguato; una volta finito, avevo delle spirali che risalivano la coscia fino alla pancia, passando per il fianco, piccole, silenziose e letali. Le curve del veleno, ricreate perfettamente dalla memoria.

« Cicatrici di guerra » ho spiegato a Vincent, quando mi ha chiesto perché.

E quando sono guarita e il tatuaggio ha smesso di prudere ho messo Vincent in tiro – una camicia rosso sangue, pantaloni neri, quegli stupendi capelli lunghi pettinati scrupolosamente da me e legati sulla nuca – ed è venuto talmente gnocco che mi stupisce che non una donna sia venuta a proporgli in quattro e quattr’otto di contribuire con quel materiale genetico alla sua prossima generazione. Io ho scelto una gonna corta di modo che tutti potessero vedere ogni dettaglio della mia gamba artificiale, e magari pure le mutande se mi piegavo troppo, e mi sono gustata ogni stramaledetto minuto.

No, non ho vomitato. Mi stavo prevedibilmente innamorando dell’idea di mangiare cibo e farlo restare giù.

Per riuscirci ci è voluto il lungo inverno, che ho passato a imparare di nuovo a muovermi a dovere con la mia grazia, finché non ho battuto mio padre a man basse ancora una volta con il Conformer che riluceva letale nella mia mano. Vincent mi ha stracciato, ma perché ho avuto pietà di lui. Sul serio.

Abbiamo bruciato tutte le vecchie lenzuola, e ci siamo sbarazzati delle medicine, e abbiamo spogliato la mia vecchia casa fino a liberarla di ogni traccia o odore di malattia. Mentre ero distratta, Vincent aveva disabilitato le mie trappole rendendo abitabile lo scantinato, e quando me ne sono accorta mi sono imbronciata. Vivere in una casa in cui non potevo intrappolare vittime ignare in qualsiasi momento sarebbe stato ostico per la mia mente.

In primavera, mi ha portato a fare un’escursione alla cascata che sgorgava dal Li Xue. Ho raccolto delle giunchiglie lungo il sentiero e me le sono infilate dietro le orecchie e tra le cinghie del top, e poi ne ho messa qualcuna pure nella parte posteriore della sua camicia mentre lui era girato, e ci siamo messi a sedere sulla cima accanto alle rocce, a guardare l’acqua cadere. Abbiamo mangiato variegato al fudge che ci colava dalle dita l’uno dell’altro, finendo tutti appiccicosi, soprattutto io, che con metà faccia sporca di fudge ho passato la mezz’ora successiva a succhiarmelo dalle labbra.

Dopo, non abbiamo subito nuotato nel fiume, perché il gelato aveva in realtà scatenato qualcosa di alquanto diverso. Mi sono leccata il dolce cioccolato appiccicoso dalle labbra e poi, per pura pignoleria, ho iniziato a leccarlo dalle sue, e qui le cose ci sono meravigliosamente sfuggite di mano. Siamo finiti sulla sponda erbosa vicino alla cima della cascata, lui che mi toglieva lentamente i fiori dai vestiti, e poi con vaga titubanza i vestiti stessi, iniziando molto delicatamente a-

Di quello non parlerò. Ma ricorderò per sempre, per sempre il profumo delle giunchiglie schiacciate.

Dopo abbiamo nuotato nudi nell’acqua e ho esaminato l’uva spina acerba con incantata intensità mentre ci asciugavamo a riva. Ho provato a catturare i pesci con le mani, senza successo.

Pensa te.

Alla fine, quando mio padre si è ritirato in tarda estate con le api che fluttuavano pesanti sui germogli, Vinnie è diventato per davvero Lord Vincent Kisaragi di Wutai. Tuttavia, nella stessa cerimonia, anch’io sono stata incoronata Lady Yuffie Kisaragi di Wutai, con un matrimonio per non rendere la cosa sconveniente.

« Avevi fatto il pensierino di sposare qualcun altro? » ho domandato imperiosa al mio ex-Turk quando ha aperto la bocca per protestare. Benché abbia negato con un broncio – sì! Con un broncio! – ha mantenuto un’espressione molto contrariata finché non siamo stati proclamati marito e moglie, come se l’avessi colpito sulla testa con il Conformer e l’avessi trascinato nella mia caverna.

Ci siamo sposati sotto luminosi raggi di sole, e avevo vent’anni. L’intero villaggio – città; oh, quanto era diventata grande la mia Wutai, ero così orgogliosa che avrei potuto scoppiare – è venuto a guardare la sedia del potere passare a me e Vincent, e ci siamo stretti le mani promettendo di amarci, rispettarci e onorarci. Asako si è lamentata del periodo di tempo fin troppo ristretto che ha avuto per occuparsi del mio vestito di nozze. Era verde, blu e viola, mentre lui pareva quasi a disagio in rosso, arancione e zafferano; per una volta, non indossava abiti pronti per un funerale, comprensibilmente una nuova esperienza.

Perché sto parlando dei vestiti? Ho passato l’intera cerimonia ignara di qualunque cosa che non fosse il suo viso, il calore delle sue dita legate alle mie mentre Godo gli diceva di chinarsi a baciarmi.

Cloud e Tifa hanno festeggiato più di tutti, venendo a baciarci le guance come da rito con dei sorrisetti furtivi sulle labbra, come se avessero organizzato in qualche modo l’intera vicenda. Quando Cid è venuto con Shera e il piccolo e vivace Kain, che non camminava mai se poteva saltellare, e non saltellava mai se poteva fare lunghi e pericolosi balzi in avanti che lo facevano cadere sulla bionda testa, lui stava tirando su col naso.

« Piange sempre ai matrimoni » ha accennato teneramente Shera nello stesso istante in cui lui sbottava con la voce rotta: « Ho una malattia all’occhio, ecco che c’ho! »

Amore. Mi sentivo traboccare d’amore, sul punto di tracimare. Ne era valsa la pena, ogni momento, e non avrei più patito quella fame da proiettile esploso di quando avevo vagato disperatamente per il pianeta alla ricerca di un senso per la mia vita a base di materia.

Più tardi, quella stessa notte, la notte delle nostre nozze, siamo andati alle rocce di Li Xue e abbiamo guardato il tramonto: rosso, oro, viola, e arancione.

« Non riesco a credere a quante materia ho ricevuto come stupidi regali di nozze » mi sono mezza lagnata, appoggiando felicemente la guancia sulla sua spalla. « È un pregiudizio molto stereotipato e prevenuto. »

« … Non ricordo di averti visto scontenta quando Cloud ti ha presentato la sua Knights of the Round masterizzata. »

« Con quella cucciolina ci dormo la notte » ho specificato entusiasta.

« Yuffie? »

« Sì… amore? » Quelle parole sapevano di nuovo sulle mie labbra.

« Pensavo… a una cosa. »

« Cerca di evitare. Ti vengono le rughe. »

Mi ha cinto la vita con un braccio. « Una volta, mi hai raccontato una storia. Non ha mai avuto una fine. »

« E vissero per sempre felici e contenti. »

« Come hai detto, il lieto fine è per gli orsi – e le principesse. »

« Beh, è vero. »

« Credo che dovrebbe avere una fine. »

« Va bene. » Ho dimenato le dita dei piedi. « E come la finiamo, allora? »

« E vissero per sempre felici e contenti » – e mi ha stretto tra le braccia, familiare e caldo, cullandomi e proteggendomi molto più a lungo di quanto mi servisse in apparenza – « mia principessa wutaiana. »

Non si può non amare una persona che ti dice melensaggini zuccherose come queste.

« Ti amo, Vincent Valentine. »

Sono sempre stata una viaggiatrice. È ciò che faccio. Solo che ci ho messo un sacco di tempo per imparare che il viaggio del corpo non è nulla senza ad accompagnarlo il viaggio dell’anima.

E abbiamo vissuto per sempre felici e contenti. Sebbene lui non fosse un orso.




fine







Nota dell’autrice: È finita!

Mi sono divertita proprio tanto a scrivere questa storia. Penso si notasse. Il che non significa che non ci siano stati punti in cui non mi stavo divertendo, perché non sapevo quale sarebbe stata la fine neanche in fase di scrittura. Ho iniziato a scrivere Sunshine in Winter perché a mia madre è venuta una trombosi venosa profonda, un coagulo di sangue – l’avrete immaginato – nella gamba. C’era un’ottima possibilità che morisse, e come un qualche inconscio sfogo di frustrazione, è nata questa storia. Mia madre è sopravvissuta, perciò in seguito sono stata libera di strillarle contro, litigarci e augurarle la morte, da brava adolescente; sono una persona molto riconoscente. Ti voglio bene, mamma.

Però sì. Nel corso dell’ultimo anno o giù di lì hanno avuto luogo concitate discussioni tra me e il mio stimato beta-reader, che è anche mio fratello. I fratelli sono i migliori beta-reader del mondo. Si sedeva al computer e gridava incoraggiamenti come: “Stupida pezza di merda, Yuffie questo non lo direbbe mai” e “Vincent è una sagoma di cartone. Dagli una personalità prima che diventi la storia di Yuffie The Personality Vampire. Oh, e fai schifo, e non sai scrivere, e sei stata adottata.”

La discussione sul finale si è svolta come segue:

Io: “Allora, come la finisco SiW?”
Lui: *pensieroso* “Beh, Yuffie può essere rapita dall’Uomo che corre, e Reno può scoprire che l’antagonista principale femminile è in realtà la moglie da cui si è separato.”
Io: “Sei completamente inutile. E mamma non ti ha mai voluto bene.”

Ora, per i ringraziamenti promessi, perché questa fanfic è stata alimentata dalla Mountain Dew, dalla venerazione delle mie bambole di Yuffie e Vincent nella speranza che gli elfi scrivessero il capitolo successivo, e – in maniera più significativa – dai miei recensori. Mi rendo conto che questa serie di note sta diventando più lunga di alcune delle mie fanfic, ma siate clementi; devo dirlo.

Per e grazie a:

Lascerei un messaggio a tutti, ma non credo che potrei dirvi qualcosa di abbastanza significativo. Solo… grazie, grazie a tutti. Ci sono alcuni di voi che sono stati con me e con questa fic per anni; conosco i vostri nomi e vi ringrazio dal profondo del mio cuore. Prendete tutti un grosso biscottone.

Per Yuffie Valentine, che per prima l’ha accettata in un archivio e l’ha apprezzata, e detiene la mia più profonda ammirazione.

Per i fan di Yuffie di ogni dove, e per i fan di Vincent, perché lo sapete che siete troppo fighi.

Piett/Andrew, grazie per essere un fantastico fratello e un fantastico beta, e per avermi lasciato un primo brandello di critica costruttiva (attraverso un nome falso. Tim?!) … Rimani comunque un coglione. E ho mentito quando ho detto che eri un buon fratello, fai cagare. Non credetegli, la storia della mousse al cioccolato è una menzogna. … Okay, non è vero, ma questo è un segreto tra me e voi, va bene, ragazzi?

E grazie alla libertà, all’amore, alla caffeina, e all’equivalente di tutti del chocobo di lana!

- Guardian



Note della stimata (?) traduttrice: JEEZ, CHE PARTO. xD Non voglio nemmeno andare a vedere la data di pubblicazione del primo capitolo su SoaP, penso mi vergognerei troppo xD
Miei eventuali commenti sulla storia rischierebbero di essere lunghi e incoerenti, per cui stavolta vi grazio. Dico solo che, se anche a tratti sono stata molto incerta su questa storia, alla fine sono molto contenta di averla tradotta. È stato stimolante, e ora posso dire di aver tradotto un vero mostro sacro del fandom di FFVII. Ora mi manca solo una fic di Frank Verderosa o qualcosa degli anni '90 e poi posso anche morire.
Altre cose che may or may not interessarvi:
• come da rito per tutte le mie traduzioni, ho dato una risistemata ai vecchi capitoli, togliendo passati remoti YOU FUCKERS e aggiustando qua e là vari dettagli. Quindi ora è davvero riveduta e corretta forever e spero non ci siano altri errori e incongruenze perché non la controllerò mai più e BASTA SALVATEMI DA ME STESSA *sclera e muore*.
• Yuffie parla molto come parla in originale. Nel senso. Per fare un esempio, parole come “gross” e “gawd” erano caratteristiche anche dei suoi dialoghi di gioco, e non avendo noi una traduzione ufficiale dell’originale mi sono dovuta accontentare di tradurli più o meno sempre allo stesso modo per lasciar intravedere almeno la coerenza della voce di Yuffie (nella fattispecie variazioni su “schifo” per “gross,” “oddio/diiio” per “gawd”).
• in questa storia ci sono dei reperti “storici” del fandom inglese di Final Fantasy VII, ormai completamente irriconoscibile e frammentato. Ogni battuta di Cid, per esempio, che io in italiano ho esplicitato per coerenza stilistica, contiene almeno un “@#$%”, rispettando le singolari scelte della traduzione originale. Oppure ci sono parole giapponesi a caso (va detto, nel contesto di Wutai che le giustifica ampiamente), oppure ci sono commenti su Cloud che oggi fanno impressione per quanto è tristemente deviato il personaggio nell’immaginario collettivo. Non parlo nemmeno del Cloti come coppia serena e affiatata perché, ecco, lo sappiamo tutti perché xD
• questa storia in originale è finita esattamente dieci anni fa, il 25 ottobre del 2002. PAURA.
• Sunshine in Winter è sempre stata una delle poche storie mai scritte in cui questo pairing non mi fa digrignare i denti con astio, anzi. E questo nonostante i suoi limiti e nonostante non sia nella maniera più assoluta il mio genere.
Penso sia più che altro perché Guardian scrive la Yuffie migliore di sempre, in salute e in malattia, cosa che mi fa perdonare e amare più o meno tutto.
• spero vi sia piaciuta. E anche se non rispondo sempre a tutti personalmente perché mi sembra di invadere uno spazio non propriamente mio, vi ringrazio anche per i complimenti sulla traduzione vera e propria, sono sempre benaccetti e incoraggianti :)

Alla prossima,
youffie
   
 
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