Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: Noth    10/11/2012    25 recensioni
Sette audiocassette contenenti le tredici ragioni per le quali Blaine Anderson si è suicidato. E queste cassette stanno facendo il giro delle tredici persone colpevoli di aver distrutto la vita di Blaine. Quando arrivano a Kurt, però, lui non sa cosa aspettarsi e non capisce cosa possa c'entrare. Eppure è in una di quelle cassette, e prima o poi verrà il suo turno. Ascoltandole, Kurt comincerà un viaggio che lo porterà ad una nuova consapevolezza, ad una scoperta di emozioni e sentimenti che aveva dato per scontate e che, invece, non avrebbe dovuto.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

13 Reasons Why
-Chapter 1-
(storia liberamente ispirata dal libro "13")




 





Una scatola marrone da scarpe, consumata e della quale non si vedeva la marca, stava proprio sopra al mio letto. Era avvolta in uno spesso strato di scotch che sembrava essere stato messo e levato più volte, dando l'idea di qualcuno che aveva cambiato idea ripetutamente sul contenuto da mettere all'interno. O forse era solo passata per molte mani. Il mio nome era scribacchiato sul tappo della scatola in una calligrafia aguzza e poco piacevole, ma la cosa che più mi affascinava era il fatto che non vi fosse un mittente e non mi capitava spesso di ricevere posta anonima. Certo, a meno che non fossero insulti gratuiti da parte di qualche omofobo che ancora non aveva messo una pietra sopra alla storia della mia omosessualità e preferiva, educatamente, mettere la pietra sopra di me. Chissà, magari dentro quella scatola ci sarebbe stato un dito mozzato, o dei libri di psicologia per guarire, o magari qualche strano giocattolino sessuale che la gente aveva preso a pensare mi piacesse utilizzare, essendo gay.

Superai la valanga di pensieri e congiure che mi stava seppellendo e mi sedetti sul letto. Le molle scricchiolarono ed il copriletto frusciò. Con le unghie, e molta pazienza, strappai lo scotch dai bordi di cartone della scatola usurata e sollevai il coperchio, con le mani che tremavano in un misto di emozione, ansia e paura.
Okay, non conteneva affatto ciò che mi aspettavo.

All' interno della scatola vi erano delle audiocassette di vari colori. Blu, bianche, nere, rosse... Tutte contrassegnate da un numero scritto con quello che sembrava essere un pennarello indelebile argentato, ed il numero stava in ogni lato delle cassette, dall'uno al tredici. L'ultima cassetta era contrassegnata solo da un lato, e mi domandai perché. La cosa si faceva curiosa ma, allo stesso tempo, decisamente inquietante. Fortunatamente ero un amante di canzoni datate, di conseguenza mio padre aveva acconsentito, anni prima, a comprarmi un mangiacassette. Avevo letteralmente consumato tutte quelle che mi erano state regalate, ed avevo una vera passione per una che mi era stata donata da mia madre, prima che morisse, di Barbra Straisand.

Felice di avere l'occasione di trafficare con quel macchinario ancora una volta, infilai la cassetta con il numero “1”, scarabocchiato al centro, dentro lo spazio apposito e schiacciai play, assolutamente impaziente di sapere cosa sarebbe venuto fuori dalle casse.
Seriamente, avrebbe potuto essere uno scherzo di cattivo gusto, magari l'audio di un porno, ma ero a casa da solo e, se davvero si fosse trattato solo di una presa in giro, ipotesi più probabile, avrei semplicemente spento e buttato tutto nella pattumiera.

Un fruscio scomposto.

Era una registrazione.

Poi dalle casse inizio ad uscire una voce, e quasi gridai.

Non poteva essere.

Salve a tutti, sono Blaine Anderson, se non mi riconoscete.gracchiò il nastro, e fu come se mi avessero risucchiato tutta l'aria dai polmoni. Mi salì la nausea tutta d'un colpo ed ebbi voglia di vomitare. Perchè Blaine Anderson si era suicidato qualche settimana prima. Aveva ingoiato una manciata e mezza di varie pillole ed aveva lasciato questo mondo, senza un perchè, senza che nessuno avesse il tempo di accorgessi che stava soffrendo così tanto.

Queste cassette raccontano la mia vita, o meglio, le tredici ragioni per le quali è finita, e se avete ricevuto la scatola significa che voi siete una di queste. Non vi allarmate ora, sono sicuro che quasi nessuno di voi ha fatto ciò che ha fatto con l'intenzione di portare a questo ma, sapete, a ogni azione corrisponde una reazione uguale o contraria, o una cosa del genere. Forse avreste dovuto pensarci. Forse. Oh, e ci sono delle regole, ovviamente. Non potrete venire a lamentarvi da me perché sarò già morto quando le riceverete, quindi state al gioco e non create problemi, vi va?

Pause.

Dovetti fermare la registrazione perché la cosa sembrava assurda sotto molti aspetti. Primo, io non potevo essere una delle ragioni per le quali Blaine Anderson si era ucciso. Non avevo fatto nulla, ci rimuginavo alla velocità della luce e non riuscivo a trovare nessuna motivazione. Blaine era bellissimo, solitario, ed aveva una voce profonda che, ricordavo, mi aveva sempre fatto venire i brividi. Non potevo aver fatto qualcosa per ferirlo, mi rifiutavo di crederlo. Secondo, stava giocando con i suoi potenziali assassini? Coloro che lo avevano spinto al suicidio? Tutto ad un tratto essere su una di quelle cassette mi faceva paura. Se mi era arrivata significava che qualcun altro aveva ascoltato quei nastri e scoperto la verità. Qualcun altro sapeva che c'ero anche io in quelle registrazioni. Forse avrei dovuto buttarle, forse non c'entravo nulla e la scatola mi era stata mandata solo come scherzo di cattivo gusto, visti i commenti che avevo suscitato quelle volte che ero stato visto parlare con Blaine. Sì, forse era così, ero innocente.
Ma e se…

Play.

Regola numero uno: ascoltate, non vi ruberà troppo tempo, ve lo garantisco. E poi conosco ognuno di voi, so benissimo che sarete curiosi ora. Non sapreste stare lontani da una cosa del genere in ogni caso. Regola numero due: una volta finito l'ascolto di tutti i nastri, riavvolgeteli e rimettete tutto nella scatola, poi speditela alla persona nella cassetta successiva alla vostra. Se non lo farete, posso garantirvi che ho fatto delle copie dei nastri e verranno resi pubblici. Tutti i vostri peggiori incubi sarebbero di dominio pubblico, non credo che lo vogliate. La tredicesima persona si potrà anche portare tutte le cassette all'inferno, così magari avrà l’opportunità di restituirmele. Oh, dimenticavo!" esclamó, condendo il tutto con una risata distratta che mi fece rabbrividire per quanto paresse di averlo accanto. "Nella scatola dovrebbe esserci anche una mappa. Ad ogni cassetta corrisponde un luogo che vi consiglio - ma non obbligo - di visitare. Potreste trovarlo interessante. Forse. Ma bando alle ciance, vi va di cominciare?

Deglutii.

'No' avrei voluto rispondere.

Ciao Santana Lopez, è un piacere non rivederti.

Sembrava tutto così surreale che pareva impossibile. Insomma, Blaine Anderson, un mio compagno di scuola suicidatosi qualche settimana prima, aveva lasciato delle cassette con delle motivazioni alla sua morte. E 13 persone, me compreso, sembravano esserne responsabili. Ed era il nostro turno di stare a sentire, visto che sembrava non l'avessimo fatto abbastanza.

Ma volevo stare a sentire?

Non avevo poi molta scelta.

Play.

Un brusio di sottofondo, come sempre.

Ah, Santana, non serve che fai quella faccia corrucciata. So che non capirai cosa ci fai nella mia preziosissima lista e che starai storcendo il naso, ma no! Non spegnere! Devi ascoltare. Perché tutto è partito da te, tu sei la prima ragione, San. Una pausa ed un sospiro. Mi sentii come se stessi violando un'atmosfera molto intima e mi mossi a disagio sul letto dove mi ero tornato a sedere.Ti ricordi quando da bambini pensavamo ancora di essere eterosessuali? Ah, a proposito, per chi ancora non lo sapesse, Santana Lopez è tanto lesbica quanto io sono gay. Cioè tanto, insomma. Pensavamo di essere eterosessuali perché tutti sembravano interessati al sesso opposto e anche noi due pensavamo che avremmo dovuto fare come gli altri e chiedere ad un individuo dell'altro sesso di uscire. Così lo facemmo, ti ricordi?
C'ero passato anche io, ma era stata una fase relativamente breve della mia vita, poiché il mio amore per la moda ed i musical e, soprattutto, la cotta di proporzioni assurde che avevo per Patrick Swayze dopo aver visto Dirty Dancing, gridavano gay da tutti i pori, e non mi ci volle troppo tempo a rendermi conto di non essere per nulla interessato a nessuno degli argomenti giornalieri dei miei coetanei. Blaine, invece, aveva probabilmente dovuto scoprirlo nel peggiore dei modi: frequentando una ragazza e rendendosi conto che non c'era assolutamente nulla che lo attraesse in lei.

Triste, lo sapevo.

Non so come ci trovammo, sta di fatto che essere amico di Sam Evans mi portò ad uscire con il gruppo di quarterback e cheerleader tra le quali c'eri pure tu. Lo ammetto, so riconoscere la bellezza, e tu eri molto bella. Lo eri eccome, anzi, tu lo seiancora, quello morto sono io. Chiesi a Sam se avevi un ragazzo, e lui negò facendomi l'occhiolino, ricordo ancora il suo tono allusivo caduto nel vuoto. Allora mi procurò il tuo numero e, quella sera, mi spinse a starti accanto mentre tu, con la tua aria da dura, mi fissavi con un'espressione confusa e spaventata. La curiosità ebbe il sopravvento per entrambi, temo. Ci scambiammo i numeri, anche se Sam mi aveva appena dato il tuo, e ci promettemmo di scriverci, da bravi ragazzini alle prime armi. Chissà perché, ma tu non davi per niente l'idea di essere una alle prime armi. In ogni caso cominciammo a scambiarci messaggi che passarono dalla placida conoscenza al flirt spietato. Mi dispiace dirti che al posto tuo avevo sempre immaginato di scrivere a Zac Efron. Sì, Zac Efron, problemi? Ho avuto una gigantesca cotta per lui ai tempi di High School Musical. Siate sinceri, chi non ce l'aveva? Alla fine credevo di essere cotto dell'immagine che mi ero fatto di un rapporto a due. Mi piaceva lo scambiarsi messaggi, gli sguardi di sottecchi, lo stare svegli fino a tardi a parlare, solo... Non eri tu ció che avevo bisogno.

Pause.

Mi presi qualche secondo per metabolizzare l'idea di un ragazzino alle prese con un primo rapporto con una persona dalla quale non è realmente attratto. Credo che chiunque sarebbe andato fuori di testa, ma forse Blaine non se ne rendeva conto. Di quello che faceva a se stesso, dico. Inoltre, era stato l'inizio della fine, da quello che aveva detto, quindi desiderai con tutto me stesso aver potuto essere lì ed aiutarlo. Essere io la persona con cui avrebbe potuto provare queste prime esperienze, in modo da poter mettere pace in quell'animo confusionario che continuava a venire fuori anche nella sua parlata veloce e dal tono saliscendi. Magari avremmo potuto conoscerci, in un’altra vita, da piccoli ed uscire, giocare, innamorarci...
Ma non era andata così, Blaine era morto e viaggiare con la fantasia non faceva bene né a me né a lui. Per quanto fosse orribile, dovevo terminare di ascoltare quelle cassette e scoprire cosa avevo fatto. Forse poi non sarei più riuscito a guardarmi in faccia. Se fossi andato avanti a fare play-pause ogni dieci minuti, però, ci avrei messo un mese a terminare tutto, e non credevo di poterlo sopportare.

Ora che ci pensavo come poteva una storia di così tanti anni prima bruciargli ancora al punto da essere una delle 13 ragioni del suo suicidio? Era poi così importante quel suo conflitto di interessi?
Premere quel maledetto pulsante mi avrebbe dato la risposta.

Play.

Vorrei, ora, se possibile, che prendiate la mappa e andiate nella mia vecchia casa. Abitavo al 234 di Sunday Street, prima di trasferirmi in un’altra zona della città. Come vi ho detto prima all’interno della scatola troverete la mappa, sperando che nessuno di voi la abbia persa, ma dubito, e basterà che seguiate le mie indicazioni per arrivare nei vari luoghi. Sempre se avrete la possibilità di muovervi.

Certo che ce l’avevo, il mio bisogno di ascoltare l’audiocassetta di Barbra Straisand era stato così impellente che mio padre aveva dovuto prendermi un lettore portatile di quelli così vecchi che pareva quasi impossibile li vendessero ancora. Ma era mio, e così potevo riuscire a seguire le tracce di quelle storie. Volevo toccare con mano, volevo capire, perché la sensazione che ci fosse ben più di quanto non fosse stato detto da Blaine finora era troppo forte per lasciar perdere. Sapevo di c’entrare in qualche modo, e volevo capire perché, ma saltare direttamente alla mia cassetta non sarebbe stato giusto nei suoi confronti. Se gli avevo fatto così tanto male, assieme agli altri ovviamente, almeno glielo dovevo.

Usate la cartina come fosse un campo di battaglia navale, dovete semplicemente andare nel quadratino D-3. Ci si arriva comodamente con l’autobus 27, se avete l’opportunità di prenderlo, oppure basterà una camminata. È una bella zona, o lo era, non so che tempo verbale sia più giusto usare in questo caso.

Pause.

Dando un’occhiata alla mappa riuscii a trovare la zona D-3 e mi resi conto che era fin troppo vicina alla mia abitazione. Non avevo mai saputo che avesse abitato così vicino a casa mia. In realtà probabilmente non sapevo proprio niente di Blaine, ma non avevo mai pensato che, forse, avrei dovuto. Si trattava di girare a sinistra dopo aver superato il mio vialetto e tirare dritto. Potevo farcela.
Presi tutte le cassettine e riuscii a farle entrare nelle svariate tasche sparse per il mio cappotto, estraendo quella che stava nel registratore di casa e ficcandola dentro il portatile. Recuperai un paio di cuffie dal mio MP3 e le infilai al loro posto, misi il walkman in tasca e presi i guanti a mezze dita ed il cappello dal comodino. Gettai un’occhiata nervosa alla stanza. Dov’era la mia sciarpa? Uscire senza era praticamente impossibile, l’era glaciale imperversava sulla città a causa di una perturbazione proveniente dall’atlantico.
Non potevo crederci, mi stavo perdendo a pensare al tempo quando avevo in tasca il peso di tredici ragioni della morte di un ragazzo. Mi calcai il berretto sugli occhi e mi precipitai al pieno inferiore, scorgendo la lana blu che andavo cercando e la afferrai assieme alle chiavi correndo fuori dalla porta ed avvolgendomi la calda stoffa attorno al collo. Il mio fiato tremolante ed ansioso si condensava in nuvolette di vapore che infrangevo camminando.

Stavo seguendo la mappa di un suicida. Stavo inseguendo 13 potenziali storie e potenziali colpevoli.

E non avevo mai avuto rapporti stretti con Santana Lopez.

Play.

… Non l’avrei mai detto che avrebbe potuto succederti, Sam.

Pause.

Lato sbagliato della cassetta, fantastico. La girai e ripremetti il tasto d’avvio.

Play.

… sia più giusto usare in questo caso. Ricordo quando sei venuta a casa mia, vestita da cheerleader, dopo scuola, e ti guardavi attorno a disagio. O imbarazzata. Non lo so. So solo che i miei genitori non erano a casa, come al solito, troppo presi dal lavoro al nuovo negozio che avevano appena aperto. Ma non soffrivo di solitudine, non all’epoca almeno.

Beato te, pensai, perché quando mio padre restava chiuso tutto il giorno in officina io soffrivo eccome.

Ci sedemmo sul divano a guardare le repliche di Tutto in Famiglia senza prestarci davvero troppa attenzione. Ah, io ero troppo occupato a pensare dove avrei dovuto mettere le mani, se avrei dovuto fingere di stiracchiarmi ed abbracciarti, o magari tenerti la mano. La cosa orribile di tutto quello era che… non avevo alcuna voglia di fare nulla di tutto ciò che ho appena detto. Non con te. E non sapevo come spiegarmi questa cosa, sembrava che ai miei compagni non interessasse altro. Sam poi, io ci avevo quasi creduto a lui. Ma di questo parlerò più avanti.

Quante storie aveva da raccontare? Quante ragioni per levarsi la vita? Continuavo a camminare con l’espressione di un martire. La cosa mi incuriosiva, ma mi faceva venire la pelle d’oca allo stesso tempo per quanto fosse incredibilmente triste ed inquietante. Era la voce di un morto. Un ragazzo morto. Certo, anche quando guardavo un concerto di Michael Jackson lui era morto, ma la sensazione era incredibilmente diversa ora. Blaine lo conoscevo. Io e Blaine…

Ricordo che mantenesti quell’espressione sostenuta anche quando decidesti di sederti a cavalcioni sopra di me. Il mio primo bacio, in effetti, sei stata tu. Ti sei chinata su di me con l’aria di chi non sa esattamente perché sta facendo ciò che sta facendo, e quando le tue labbra si sono appoggiate sulle mie la sensazione fu piacevole ma, alla base dello stomaco, pesava il sentore di qualcosa di sbagliato. Dovevi andare via. E questo è quello che è successo, ovviamente, ti ho semplicemente scansato con gentilezza e detto che non stavo bene e che sarebbe stato meglio se fossi tornata a casa. Pensai di averti ferito, ma la tua espressione era la copia sputata della mia, solo che non potevi ammetterlo. Così il giorno dopo, a scuola, mentre io ancora cercavo di metabolizzare perché non avevo provato il forte desiderio di baciarti o toccarti come avevo creduto, tu avevi già raccontato una bizzarra versione dei fatti. Un pettegolezzo che in una mattinata si fece il giro di un’intera scuola e che sarebbe stato l’inizio della montagna di terra destinata a soffocarmi.

Probabilmente Blaine non se lo ricordava, ma avevo fatto le scuole medie con lui e sapevo benissimo di cosa stava parlando. Il rumor era arrivato anche a me, tramite foglietti, o chiacchiere nei corridoi, non ricordavo bene, sapevo solo di averlo sentito.
Ormai dovevo soltanto voltare a destra, ero arrivato a Sunday Street.

Andai da Sam, l’unico che consideravo amico in quella città dove mi ero appena trasferito, per chiedergli perché tutti mi fissassero come se avessi un cartello con una strana scritta addosso. Lui rispose con un’alzata di spalle e si guardò attorno. Poi ricordo che mi prese per le spalle e mi trascinò in uno degli sgabuzzini dove i bidelli stipavano le scope.
“Amico, è stata una pessima mossa quella con Santana, davvero”, mi disse, la fronte corrugata.
Non ero sicuro di capire cosa intendesse, ma immaginai che San gli avesse raccontato tutto. O almeno la versione veradei fatti.
“Lo so, non avrei dovuto mandarla via così, ma…”
Sam scosse la testa, con aria di rimprovero.
“Andiamo, baciarla e addirittura palparla, le sue prime volte, per poi dirle che sei frocio? È la palla peggiore dell’universo, amico, se non ti piaceva potevi semplicemente dirlo. È distrutta.” Spiegò.
Gay, pensai io, frocio? Non ci avevo pensato nemmeno io, come poteva averlo capito lei? Certo, per il semplice fatto che aveva provato lo stesso. La stessa sensazione di sbagliato. Ma non la avevo baciata io, né tantomeno palpata, non ne avevo neanche provato il desiderio, era quello il problema!
“Sam io non l’ho baciata, né palpata. Non sono quel genere di ragazzo.” Tentai di replicare, ma lui scacciò la cosa con un gesto della mano.
“Il punto è che lo hai fatto per poi liquidarla con una scusa! Andiamo!” sibilò, tenendo la voce più bassa possibile.
“Scusa?” gli chiesi, confuso. Iniziavo a capire quale fosse il problema, San, ed è cominciato tutto per colpa tua. Ma cosa ti avevo fatto? Davvero, non lo capisco.
“La palla dell’essere gay. La hai usata e basta, amico.”
Storsi il naso.
“E se non fosse una palla?” risposi. Magari con il mio unico amico potevo confidarmi. O almeno lo credevo.
“Cosa intendi?” domandò, il viso una maschera confusa.
“Io… non sono attratto da Santana.” Dissi, ripetendo quello che mi frullava per la testa da settimane.
“Capita che non piaccia una ragazza.” Rispose lui con un’alzata di spalle. “Ma non significa che…”
“Senti, dico solo quello che è successo. Non devi credermi per forza, sto cercando di dirti una cosa… importante. Credo di essere gay, Sam, perché questo è un problema?” domandai, ingenuo ed ignorante sull’effetto che la parola gaypotesse avere sul mondo.
“Per quelli fuori da questa stanza sì, Blaine. Davvero. E ti chiedo scusa, davvero, scusami…” mormorò abbassando lo sguardo sulla sua mano. Seguii la linea dei suoi occhi e vidi che con il palmo premeva un pulsante che stava sopra la scrivania: il vecchio interfono che usavano i bidelli per le comunicazioni di servizio. Era divenuto obsoleto e ne era stato installato uno nuovo, ma quello precedente era ancora funzionante, e questo significava che l’intera scuola aveva sentito ciò che avevo detto. Non importava se fossero stati in bagno, nel cortile, in classe o a fumare. Tutti sapevano.
E tutto è partito da te, Santana, e so che non era ciò che volevi, ma è ciò che è successo, ed è stato l’inizio di tutto.

Mi fermai davanti al numero 234 e guardai la casa, pulita e linda come non ci avesse mai abitato nessuno. Come se quello non fosse stato l’antro della peggiore delle consapevolezze, scoperta da sola, in modo sbagliato e sparpagliata per tutto l’istituto. Non avevo capito se Sam l’avesse fatto volontariamente o per errore, ma sapevo che era successo, perché anche io avevo sentito quella conversazione. La conoscevo, ero a biologia quando era risuonata in tutta la scuola.
E da quel momento Blaine era stato più isolato del solito. Etichettato come frocio, puttana, gay, sgualdrina. Falso. Sentivo tutti quei nomi nei corridoi, ma ero stato troppo preoccupato a proteggere me stesso perché m’importasse, e solo ora capivo quanto fosse stato egoista.

« Mi dispiace. » mormorai alla casa vuota. Il nastro della cassetta era andato avanti nel silenzio, poi un sussurro.

L’inizio della terra che ha lentamente ricoperto della mia tomba.
Sam Evans, non pensare che ti abbia lasciato da parte, sei il prossimo.
Fine della parte uno.

Mi domandai, di nuovo, cosa c’entrassi io in tutto quello.



















-----------------------------------------------------------------------
Spazio Autrice:
Ebbene ho superato il blocco dello scrittore. Ce l'ho fatta. Questa sera pubbliherò il capitolo di DYKAS e spero questa vi intrighi. 
Vi assicuro che è KLAINE, ma ci vorrà del tempo per capire dove voglio andare a parare. 
La storia è tratta dal libro con lo stesso titolo della fanfiction, è meraviglioso.

Dopi un blocco delle recensioni sono davvero necessarie per capire se va tutto bene, un parere mi farebbe immensamente piacere!
Un bacio,
Noth.

 

Dedicata a Nali, perchè mi sostiene inspiegabilmente.
   
 
Leggi le 25 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Noth