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Autore: Glinda    10/11/2012    0 recensioni
Riassunto generale: Non è un fix-it di Children of Earth. O forse lo è. Non è una versione AU di Torchwood o di Doctor Who, né un what-if. O forse sì. Una storia nella storia, una realtà dentro un'altra realtà. Passati, presenti e futuri che si mescolano e si confondono. Possibili domande a cui non esistono risposte, e impossibili risposte a domande che non dovrebbero esistere. In poche parole, Jack Harkness e la sua inarrestabile sete di verità. Può il passato essere invertito, può il presente essere manipolato, e può il destino essere riscritto?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ianto Jones, Jack Harkness, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Premessa dell’autrice: La mia prima fanfiction su Torchwood! Finora mi ero orientata sui manga, ma dopo aver finalmente potuto seguire questa bellissima serie britannica (da anni e anni ne sentivo parlare, senza contare il mitico Doctor Who, ovviamente) sul digitale terrestre, mi è balzata in testa un’idea e così… Ecco il risultato! Spero vi sia gradita. Alla fine di ciascun capitolo, se lo riterrò necessario per la comprensione dello stesso, inserirò di volta in volta alcune note che spiegheranno e chiariranno il testo. A questo punto non mi resta che augurarvi buona lettura, e soprattutto buon divertimento!

 

Disclaimer: Torchwood, Doctor Who e i personaggi e/o situazioni a essi inerenti non sono di mia proprietà, bensì degli aventi diritto (Russell T. Davies, BBC Wales, ecc. ecc.).

 

 

Zaggit Zagoo, pianeta Zog, marzo 2010

 

“Signore, non le sembra di aver bevuto già fin troppo?” esordisce il barman di fronte a me, dall’altro lato del bancone.

 

Ecco: tipico atteggiamento di chi prima è ben contento di servirti (cliente certo = introiti assicurati), ma poi, una volta definita la situazione, cerca di evitare guai futuri. Ergo, finché ho bevuto solo qualche bicchiere gli ho fatto comodo… Solo che ora l’alcol inizia a scorrere a fiumi, almeno secondo il suo punto di vista, e troppo alcol in corpo a un avventore corrisponde a possibili risse e devastazioni del locale stesso; fatto assolutamente da evitare, per un barista, soprattutto se ci tiene al proprio posto di lavoro.

 

Nel mio caso specifico e particolare, ci vorrà molto più del normale prima che inizi a ubriacarmi sul serio, com’è ovvio: il fegato di un comune mortale è già di per sé un organo autorigenerante, figuriamoci quello di uno come me. Ma il barman questo non può saperlo, e come dargli torto, del resto?

 

Un tempo, 176 anni fa (o 2158 anni fa, se vogliamo considerarli secondo il mio TLS), quando ancora mi trovavo agli inizi della mia esperienza di immortale, ero solito mettere continuamente alla prova queste strane, nuove capacità. In quanti modi sarei potuto morire? Tramite arma da fuoco o spada? Affogato, soffocato, avvelenato, sgozzato, bruciato…? E il mio corpo, doveva comunque restare integro per poter avere l’assoluta certezza del ritorno in vita?

 

Con i metodi di cui sopra, ne ero abbastanza sicuro, però non avevo mai sperimentato una vera e propria morte tramite rogo, tanto per fare un esempio. Dato alle fiamme, un corpo umano adulto impiega mediamente fra le 48 e le 72 ore per ridursi completamente in cenere. Se ciò fosse accaduto, sarei stato in grado di risorgere come la mitica fenice delle leggende terrestri? Forse mi sarei potuto togliere tale dubbio già diverso tempo fa se, dopo le infauste vicende del Satellite Cinque, il Manipolatore mi si fosse inceppato e mi avesse trasportato qualche secolo prima, che so, durante il Medioevo, oppure anche più di recente, nel diciassettesimo secolo, invece che nel 1869…

 

In ogni caso, mi tolsi tali dubbi una volta per tutte quando, a causa di un errore di valutazione, finii per l’ennesima volta nella tenda del mio medico da campo, durante la Prima Guerra Mondiale. O guerra della trincee, come la chiamavano allora. Definizione azzeccata. Il più delle volte le battaglie fra i due fronti si trascinavano per periodi fin troppo lunghi, e le trincee scavate nel terreno fangoso e umido arrivavano a somigliare a degli alloggi veri e propri. Sporchi, angusti, bui, puzzolenti del sudore di noi soldati, con il terrore che prima o poi le pareti ci sarebbero crollate in testa, ma pur sempre degli alloggi.

 

Naturalmente, tale discorso valeva almeno fino a quando non ti fosse arrivata una granata giusto dentro la buca che in teoria sarebbe dovuta servire a proteggerti, e allora sì che si scatenava l’inferno. A quel punto, rimanevano due cose da fare, due uniche opzioni: o rimanevi rintanato nella tua bella trappola per topi, oppure radunavi tutto il coraggio che possedevi, o pazzia che dir si voglia, e ti lanciavi all’attacco del nemico. Sperando, se non proprio di cavartela, perlomeno di procurargli qualche danno, prima di crepare definitivamente.

 

Beh, in quella particolare occasione, nel maggio del 1916, capitò esattamente un episodio del genere, e io scelsi la seconda possibilità. Mi dissi che diavolo, sono immortale sì o no? Ormai l’ho appurato da decenni; non potrei morire nemmeno se mi crivellassero di colpi, nemmeno se una bomba mi aprisse il petto in due. Chi altri dovrebbe sacrificarsi, se non io? Questo fu il mio ragionamento e così, malgrado le proteste dei miei commilitoni, balzai fuori dalla trincea con la baionetta in spalla, sparando all’impazzata, facendo contemporaneamente attenzione a non pestare qualche mina. Sarebbe infatti risultato difficile correre, se uno dei quegli affari mi avesse fatto saltare in aria come un maledetto fuoco d’artificio.

 

In generale non mi sembra davvero che l’immortalità mi abbia anche portato a possedere il dono della profezia, ma in quel frangente capitò esattamente ciò che avevo temuto: misi il piede su una mina antiuomo, e il mondo esplose letteralmente intorno a me, dentro di me. Il dolore fu atroce, talmente forte che mi fece perdere i sensi dopo appena qualche secondo, giusto il tempo di rendermi conto di ciò che mi stava accadendo, e questa per me fu di sicuro una benedizione; poiché i segnali c’erano tutti, ormai li avrei riconosciuti a occhi chiusi, letteralmente.

 

Dolore immenso e insopportabile, e al contempo un vago senso di leggerezza alla testa, quasi di euforia. O forse il suo esatto contrario? E poi, pensieri che iniziano a vagare e a trasportarti lontano, chissà dove. Il freddo si insinua piano piano dal centro del petto fino alle estremità dei piedi, segno che il cuore sta sì facendo ancora il suo dovere, ossia pompare sangue nel resto del corpo. Solo che quando si è feriti a morte, un’azione naturale e spontanea come questa è decisamente controproducente. Insomma: stavo morendo dissanguato. Per l’ennesima volta l’oscurità si stava impadronendo di me, e per l’ennesima volta la accolsi con infinito sollievo.

 

Ma l’eterno oblio, a me, non è concesso.

 

***

 

Note esplicative al testo:

- Il titolo generale della storia si ispira a un film di fantascienza, Casimir Effect, girato in Galles nel 2010. Uno dei protagonisti è Gareth David-Lloyd, l’attore che impersona Ianto Jones in Torchwood.

- TLS: Tempo Lineare Soggettivo. Terminologia usata dagli Agenti Temporali per definire lo scorrere del tempo di un singolo soggetto, indipendentemente dalla sua posizione nella Linea Temporale (termine e definizione completamente inventati dall’autrice).

- Secondo il canone ufficiale di Torchwood e Doctor Who, Jack ha effettivamente preso parte alla Prima Guerra Mondiale.

  
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