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Autore: Sasita    10/11/2012    1 recensioni
E' strano come le lacrime possano somigliare sia alla cera che alle lucciole. E come uno stoppino che consuma il suo ultimo tempo, invece, possa essere paragonato a un'anima che, silenziosamente, scorre.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lucciole di cera


 
E' già sera, e la candela sul pianoro degli scalini di legno di ciliegio non è che un mozzicone immerso nel liquido molliccio e appiccicoso della cera fusa. Tu stai lì, e osservi quella fiamma che intrepida cerca di sconfiggere la fine inevitabile. Si dimena, si alza, diventa una vampa alta diversi centimetri, ma ormai non c'è più niente da bruciare, pensi. Pochi istanti e ti ritroverai nell'ombra di quelle scalinate consunte a rimuginare su quanto possa essere emblematica una candela.
L'anima, come una candela, bruciava in una velocità che si mascherava scherzosamente. Come una candela ardeva, si dimenava, si tendeva fino all'ultimo e poi, improvvisamente, cadeva nell'oblio.
Lo stoppino lasciava annegare la fiammella intraprendente in quel mare melmoso e denso; e poi la cera si cementificava, divenendo dura e frangibile, proprio come il corpo umano al culmine dei suoi sforzi.
E' così: d'improvviso, ti spegni.
Eppure sei giovane, carina, con tanti anni ancora davanti. Con un ragazzo che ti ama alla follia e una famiglia mediamente stabile. Ma crolli. Non lo sai perché e non lo sai come. Sai solo che a un certo punto, l'unico istinto che hai è piangere. E lacrime calde, simili per densità e pesantezza alla cera fusa. E' così profondo il mare di pensieri e sensazioni che ti travolge che non riesci più ad uscirne. Un po', pensi, come un vortice in mezzo all'oceano. A tratti torni a galla, sospinta dalla corrente, a tratti resti sospesa in quell'imbuto implacabile. Ma alla fine, ti rendi conto, non puoi che affondare. Proprio come lo stoppino di quella candela.
La felicità, ti chiedi, che cos'è? La felicità è un bacio, un abbraccio, una carezza amorevole. La felicità è un momento, forse. Che sia proprio quel momento in cui riesci a tirare fuori la testa dal tirannico mare scuro e assassino che cerca di inghiottirti? Forse.
Ma non puoi reagire, non puoi. Lui ti trascina giù, senza sosta, senza fretta. Ogni istante più deciso, ogni istante più costante. Aspetta, tanto ha pazienza da vendere.
Dipende tutto dalla cera, pensi, osservando quel mozzicone ancora acceso scacciando il pensiero di te stessa trascinata in fondo a una fossa oceanica.
Quella candela era accesa da ore, eppure continuava a vegliare su di te. Doveva essere una cera molto resistente. Pensi che dovresti salvarla.
Ma come si fa a salvare qualcuno che sta affogando? Lo si tira fuori dall'acqua, combattendo contro il mare impetuoso e violento, rischiando anche la propria vita per l'altro.
Schiocchi le labbra. Salvare una candela non così complicato o pericoloso. Basta un po' di precisione, un cucchiaino di metallo e una nuova candela. 
Scendi in cucina e recuperi ciò che ti serve e poi, con la lingua tra i denti per non rischiare di far cadere il cerchietto di alluminio a cui è legato il filo ormai carbonizzato da cui nasce la fiammella, posi lo stoppino nel nuovo cilindro di cera. Osservi distrattamente il fuoco che divampa anche sull'altro filo, con un piglio soddisfatto.
Ma poi ti incupisci di nuovo, e una lacrima ti solca il volto.
Lui ti manca. Non ce la fai, davvero, non vuoi farcela. Vuoi che gli altri se ne rendano conto, vuoi che il mondo apra gli occhi e capisca che tu non ce la puoi fare.
Non sei forte come loro pensano, non sei decisa o sicura come tanti si ostinano a credere. Non sei neppure paziente o assennata come tanti ti vorrebbero.
No. Sei debole e indifesa, e tante volte ti trovi a pregare che Dio ti dia la forza per continuare a lottare, ad andare avanti. E lui, o chi per lui, te la dà sempre. Continui a lottare, con il cuoio tra i denti e i pugni stretti volti verso il presente che devi vivere e il futuro che vivrai. 
Ogni tanto pensi anche al passato, per trovare conferma del tuo presente e speranza per il futuro. 
Ma ogni istante che passa, ogni singolo momento, ecco che senti i tendini cedere. Prima i pugni serrati, che si lasciano aprire docili e mansueti, con un lieve scricchiolio delle nocche sbiancate. Poi la mandibola lascia cadere quel cuoio immaginario e le spalle cedono, lentamente, sotto il peso della stanchezza. 
Ed eccole: lacrimme. Sembrano piccole luciole, illuminate dalla luce fioca di quella candela nell'oscurità penetrante della casa. Strano accostamento, pensi. 
Ti sembrano lucciole di cera, perché sono luminose come raggi e dense come la cera. Ridacchi tra le stille che scivolano sul tuo volto arrossato a quel pensiero astruso. Ti diverte pensare che in certi collegamenti hai un po' preso da quel ragazzo stravagante e misterioso. Ti diverte pensare che certe metafore, certi metalogismi, certi strampalati legami sintattici, non li avresti mai azzardati prima.
In poesia, certo, ma non in un discorso o in un flusso di pensieri che volesse sembrare logico. Ti ha contagiato lentamente, e questo ti fa sfuggire altre lacrime.
Il ricordo delle sue mani sul tuo corpo ti fa ancora venire i brividi a fior di pelle; ti fa sentire una vampa ben più potente e calda rispetto a quella della piccola candela che arde vicino a te.
E continui a piangere. Ricordi gli amplessi, ricordi i baci, ricordi le carezze profonde e le parole dolci. Ricordi la stretta delle sue dita sulle tue. Ricordi la tua testa posata con dolcezza sul suo petto in macchina e la sua sulla tua spalla, alternandovi. Ricordi i paesaggi che non riuscivi ad osservare fuori dal finestrino, perché ti perdevi in quelle iridi di un verde muschiato e striato d'oro e d'argento.
Avresti voluto annegare in quelle iridi. Se avessi potuto nuotarci dentro e d'improvviso una voragine avesse tentato di avvilupparti non avresti opposto resistenza: saresti affogata in quel verde brillante e profondo, consaopevole che saresti arrivata nella più affascinante anima che Dio avesse mai potuto ideare.
Pensare a quell'ipotesi impossibile ti fa sorridere tra le lacrime e ti scappa una risatina flebile; fai scorrere il dorso roseo della mano sotto l'occhio destro e ti asciughi una lacrima, lasciando che lo sguardo si disperda nel punto più caldo della fiamma: al centro, dove finisce lo stoppino, riesci a scorgere un piccolissimo puntino blu. 
Ecco come ti senti. Come quel minuscolo puntino blu. La tua anima si vede bruciare tutta, intorno, in una vampa che l'avviluppa interamente nel suo calore magnetico e rigenerante. Ma al suo interno, la tua anima, nonostante bruci come e più del sole, ha quel colore freddo. Solo toccandola potresti coglierne il calore, perché a vederla, non può che sembrare fredda e morta.
Te l'hanno insegnato alle elementari, no? Ci sono colori caldi e colori freddi. Strano come poi, il continuo e instancabile movimento degli elettroni del fuoco più caldo, siano visibili all'occhio umano con un colore freddo.
E' strano e ci fai caso solo adesso. Come fai caso a come siano inconcludenti i tuoi pensieri.
Vorresti solo piangere, ma hai finito le lacrime. Perché piangi? A che serve? Di che hai paura?
Non c'è niente da temere, solo tempo da lasciar correre e sentimenti da tenere ben stretti, per nutrirsene e bearsene nonostante tutti gli ostacoli della vita quotidiana.
E sei così stanca. Vorresti solo chiuderti in un talamo magico che ti lasci dormire in eterno...
Sei stanca del tuo battito cardiaco, dell'aria che inesorabile entra ed esce dai tuoi polmoni. Sei stanca dei tuoi pensieri, sei stanca del tuo corpo, sei stanca anche di quelle scale e di quella candela.
Ma quella candela ti dà speranza.
Ancora piangi, non riesci a smettere, ma prendi una decisione: andrai a dormire adesso, come è giusto che sia alle due del mattino, e se al tuo risveglio la candela sarà ancora accesa, allora ti asciugerai le lacrime, aprirai la finestra e sorriderai al nuovo giorno.
La vita è meravigliosa anche se adesso ti sembra un pozzo nero e senza fondo. 
Prendi il piattino di ceramica azzurra su cui la candela nuova è posata e sali le scale rapidamente, guizzando lo sguardo dai tuoi passi alla fiamma come a controllare che sia ancora accesa nonostante la luce che ti illumina lo confermi di già.
Arrivi nella tua stanza e con devozione posi quel piccolo cimelio sulla scrivania.
Se domani mattina sarà accesa, pensi, allora non devo temere niente. Perché se una candela può essere forte da resistere a una notte di oscurità, tu puoi resistere a un periodo buio che sai finirà.
Senza che le lacrime smettano di solcare il tuo volto, ormai ataviche e incontrollate, sorridi dolcemente e entri nel calore dolce delle tue coperte invernali. Chiudi gli occhi e, magicamente, senti due braccia che ti avvolgono le spalle.
Sai che non sono reali, ma le senti lo stesso. Ti stringono a sé e poi, con dolcezza, una voce nella tua immaginazione parla.
"Sono con te in ogni istante, non temere..."
Senti la stretta rinforzarsi, anche se sai che è mera fantasia, e le lacrime smettono di scendere.
"Lo so...", rispondi nel buio rischiarato dalla luce fievole.
Sorridi un poco, consapevole di non aver concluso niente con le tue contorsioni mentali, e strofini il viso sul cuscino. Senti quasi un bacio lieve e poi, colpita dal sonno, ti addormenti sperando.
 
Non sai che domani, oltre che la candela accesa, sulla tua scrivania troverai anche una lucciola solitaria, attirata nella notte da una luce mantenuta accesa dalla forza di una preghiera.

"Non abbandonarmi, ho bisogno di te."




Dice l'autrice:
Oneshot senza senso uscita da una giornata triste a cui non so dare una spiegazione. 
   
 
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