La
forza dei tuoi occhi
“A volte
le nostre forze ci spingono
così in avanti che non riusciamo più a tollerare
le nostre debolezze e le
abbandoniamo.”
Nietzsche.
Guardai
il grande
edificio che mi sovrastava. Cercai di trattenere le lacrime e di non
pensare
che tutti gli occhi sarebbero stati puntati su di me. Avrei aspettato
in
macchina fino al suono della campanella, così i pochi
ritardatari non avrebbero
fatto caso a me.
Avevo
fatto attenzione
al mio abbigliamento, lunghi jeans a sigaretta mi fasciavano le gambe.
Per
nascondere i lividi. Una maglietta e una felpa, attenta a non far
vedere un
solo centimetro della mia pelle.
“Sakura”
mi
richiamò mia madre, seduta al volante della vettura
“Possiamo aspettare, non
devi tornare ora. Hai tutto il tempo che vuoi.”
“So
quello che
faccio, mamma” risposi “Sono già rimasta
indietro con gli studi, non posso
permettermi di perdere l’anno”. E poi se non torno
adesso non so se avrò più la
forza di farlo. Ma questo non lo dissi. Non potevo permettermi di
sembrare
debole, di crollare proprio adesso. Non davanti a lei.
Volevo
essere
forte, o almeno sembrarlo.
8.10
Suonò
della
campanella. Mi apprestai a scendere dall’auto con i vetri
oscurati. Presi lo
zaino. E scesi, stavo per chiudere la portiera quando mi trovai davanti
lo
sguardo di mia madre. Voleva un’altra conferma. Voleva vedere
fino a che punto
ero pronta a percorrere la strada intrapresa. Voleva vedere segni di
cedimento.
Segni
che non
trovò.
Le
salutai e mi
incamminai. Mi diressi a passo svelto verso la mia classe. Non avevo
calcolato
però che spesso e volentieri i professori erano i ritardo e
che quindi molti
studenti sarebbero stati fuori dalla aule. Passai tra di loro con passo
svelto,
cercando di ignorare i sussurri, i gesti, gli sguardi.
Già,
gli sguardi. Erano
la cosa più penosa di tutta questa faccenda. Rendevano il
dolore ancora più
forte, più vero. Leggere la compassione nei loro occhi,
faceva ancora più male
di quello che mi avevano fatto. E proprio quando cercavi di lasciarti
tutto
alle spalle, ecco che arrivavano e ti indicavano quando passavi.
‘È
la ragazza
stuprata’ ecco
quello che dicono.
‘Se l’è cercata’
ecco quello che insinuano.
‘Poverina’ ecco quello che fa più male.
Ma
quella non era
ancora l’ostacolo più grande. Quei ragazzi li
conosco solo di vista. È normale,
la scuola non ha molti studenti. No, il vero ostacolo sarebbe stato
affrontare
gli sguardi di coloro che conosci. I tuoi genitori che si chiedono dove
hanno
sbagliato. Le tue amiche che vogliono vederti ma non sanno che dirti. E
poi c’è
Lui..
L’unico
che volevo
al mio fianco e che non mi hanno permesso di vedere. Non
potevo permettermi di sembrare debole. Invece con Lui potevo
essere davvero me stessa -la debole e vulnerabile Sakura Haruno-, e
dare sfogo
a tutto il dolore che portavo dentro.
‘Non
è salutare
per la ragazza avere persone di sesso maschile nelle
vicinanze’ questo aveva
detto lo psicologo dell’ospedale. Che -tra l’altro-
è una persona di sesso
maschile. E poi com’era che mi aveva descritta? Ah,
già. ‘La calma della ragazza
sfiora la freddezza, non
è normale
che nel suo caso. Meglio evitare il contatto con chiunque le possa
ricordare l’accaduto’.
Così
mi hanno
tenuta lontana da Naruto per tre settimane. L’unico che
costantemente chiedeva
di vedermi e aspettava ore davanti al cancello di casa mia. Rivederlo
era
l’unico motivo per cui avrei sopportato tutti i gesti e gli
sguardi. Ero
tornata a scuola solo per questo.
Entrai
in classe.
Tutte le chiacchiere si interruppero. Tutti gli sguardi si
concentrarono su di
me. Ino mi venne incontro sussurrando ‘Sakura sei
tornata’. Tentò di
abbracciarmi. Cercai di schivarla. Ma mi irrigidii, non sopportavo
nessun
contatto fisico dal quel giorno. Solo un contatto desideravo. Lei si
allontanò. Tutti i ragazzi- da Neji e Kiba, persino Rock
Lee- si tenevano a
debita distanza da me, e di questo gliene fui grata.
Le
ragazze invece
si avvicinarono a me, ma visto il trattamento che ho riservato a Ino,
nessuna
di loro tentò più di toccarmi. Il mio sguardo
vagava all’interno dell’aula in
cerca di una sola persona. Ciuffi biondi. Occhi azzurri. Non chiedevo
niente di
più di lui. E poi lo vidi. Si teneva a distanza, forse aveva
paura ad
avvicinarmi. Dopotutto non ci eravamo visti da quel giorno.
Lui
mi aveva soccorsa.
Lui mi aveva aiutata.
Lui
mi aveva trovata.
Sul
marciapiede,
nuda, immersa in una pozza di sangue. Abbandonata, al freddo. Mi aveva
raccolta
e portata al sicuro. Rimpiangeva soltanto di non avermi trovata prima.
Di non
aver impedito che mi facessero quello che hanno fatto.
I
miei occhi
cercavano il suo sguardo. Volevo comunicare ciò che non mi
sentivo di dire a
voce. ‘Sono tornata solo per te.’ Ma non lo dissi,
lui lo sapeva già. I suoi
occhi, erano loro che mi davano la forza per non scoppiare a piangere,
per
continuare a lottare. La forza per non mostrarmi più
vulnerabile.
"Quando
eravamo bambini, pensavamo che una volta
cresciuti non saremmo più stati vulnerabili. Ma crescere
vuol dire accettare la
vulnerabilità. Essere vivi significa essere vulnerabili"
Madeleine
l'Engle.
Non
resistetti. Scansai le persone che mi stavano attorno. Corsi verso di
lui, e mi fermai a qualche passo. I nostri occhi ancora incollati. Il
verde e
il blu. Blu. Grazie al quale di forma il verde. In un certo senso,
questa
metafora cromatica sottolinea la mia dipendenza da lui. Il mio piccolo
sole.
Che illumina la mia vita.
Lui
mi sorrise, un sorriso che voleva dire
‘bentornata’, ma anche ‘non
permetterò che ti accada più nulla’.
Non ci furono parole tra di noi. Non ce n’era
bisogno. I nostri occhi comunicavano, lo avevano sempre fatto.
Da
quegli occhi io prendo la forza per andare aventi.
Non
mi trattenni. Annullai la distanza tra di noi. E posai le mie labbra
sulle sue. Avevo sempre desiderato farlo. E mi sentii completa. A casa.
Se
siete arrivati
fin qui è un buon segno. Che ne pensate? È la
prima volta che scrivo una storia
da un solo capitolo (one-shot, giusto?). Quindi ditemi che ne pensate,
nel bene
e nel male. L’ispirazione mi è venuta guardando
l’ispettore Derrick (O.o)
insieme a mia mamma, in più ho aggiunto qualche riferimento
preso da Twilight.
Mi
scuso per gli
eventuali errori di grammatica o di distrazione.
A
presto.
Topazio
;)