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Autore: topazio    16/11/2012    7 recensioni
Il vero ostacolo sarebbe stato affrontare gli sguardi di coloro che conosci.
I tuoi genitori che si chiedono dove hanno sbagliato. Le tue amiche che vogliono vederti ma non sanno che dirti. E poi c’è Lui.. L’unico che volevo al mio fianco e che non mi hanno permesso di vedere.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno | Coppie: Naruto/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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La forza dei tuoi occhi

 

“A volte le nostre forze ci spingono così in avanti che non riusciamo più a tollerare le nostre debolezze e le abbandoniamo.”
Nietzsche.

 

Guardai il grande edificio che mi sovrastava. Cercai di trattenere le lacrime e di non pensare che tutti gli occhi sarebbero stati puntati su di me. Avrei aspettato in macchina fino al suono della campanella, così i pochi ritardatari non avrebbero fatto caso a me.

Avevo fatto attenzione al mio abbigliamento, lunghi jeans a sigaretta mi fasciavano le gambe. Per nascondere i lividi. Una maglietta e una felpa, attenta a non far vedere un solo centimetro della mia pelle.

“Sakura” mi richiamò mia madre, seduta al volante della vettura “Possiamo aspettare, non devi tornare ora. Hai tutto il tempo che vuoi.”

“So quello che faccio, mamma” risposi “Sono già rimasta indietro con gli studi, non posso permettermi di perdere l’anno”. E poi se non torno adesso non so se avrò più la forza di farlo. Ma questo non lo dissi. Non potevo permettermi di sembrare debole, di crollare proprio adesso. Non davanti a lei.

Volevo essere forte, o almeno sembrarlo.

8.10

Suonò della campanella. Mi apprestai a scendere dall’auto con i vetri oscurati. Presi lo zaino. E scesi, stavo per chiudere la portiera quando mi trovai davanti lo sguardo di mia madre. Voleva un’altra conferma. Voleva vedere fino a che punto ero pronta a percorrere la strada intrapresa. Voleva vedere segni di cedimento.

Segni che non trovò.

Le salutai e mi incamminai. Mi diressi a passo svelto verso la mia classe. Non avevo calcolato però che spesso e volentieri i professori erano i ritardo e che quindi molti studenti sarebbero stati fuori dalla aule. Passai tra di loro con passo svelto, cercando di ignorare i sussurri, i gesti, gli sguardi.

Già, gli sguardi. Erano la cosa più penosa di tutta questa faccenda. Rendevano il dolore ancora più forte, più vero. Leggere la compassione nei loro occhi, faceva ancora più male di quello che mi avevano fatto. E proprio quando cercavi di lasciarti tutto alle spalle, ecco che arrivavano e ti indicavano quando passavi.

‘È la ragazza stuprata’  ecco quello che dicono.                                                                                                          
‘Se l’è cercata’ ecco quello che insinuano.                                                                                                       
‘Poverina’ ecco quello che fa più male.

Ma quella non era ancora l’ostacolo più grande. Quei ragazzi li conosco solo di vista. È normale, la scuola non ha molti studenti. No, il vero ostacolo sarebbe stato affrontare gli sguardi di coloro che conosci. I tuoi genitori che si chiedono dove hanno sbagliato. Le tue amiche che vogliono vederti ma non sanno che dirti. E poi c’è Lui..

L’unico che volevo al mio fianco e che non mi hanno permesso di vedere. Non potevo permettermi di sembrare debole. Invece con Lui potevo essere davvero me stessa -la debole e vulnerabile Sakura Haruno-, e dare sfogo a tutto il dolore che portavo dentro.

‘Non è salutare per la ragazza avere persone di sesso maschile nelle vicinanze’ questo aveva detto lo psicologo dell’ospedale. Che -tra l’altro- è una persona di sesso maschile. E poi com’era che mi aveva descritta? Ah, già. ‘La calma della ragazza sfiora la freddezza, non è normale che nel suo caso. Meglio evitare il contatto con chiunque le possa ricordare l’accaduto’.

Così mi hanno tenuta lontana da Naruto per tre settimane. L’unico che costantemente chiedeva di vedermi e aspettava ore davanti al cancello di casa mia. Rivederlo era l’unico motivo per cui avrei sopportato tutti i gesti e gli sguardi. Ero tornata a scuola solo per questo.

 

Entrai in classe. Tutte le chiacchiere si interruppero. Tutti gli sguardi si concentrarono su di me. Ino mi venne incontro sussurrando ‘Sakura sei tornata’. Tentò di abbracciarmi. Cercai di schivarla. Ma mi irrigidii, non sopportavo nessun contatto fisico dal quel giorno. Solo un contatto desideravo. Lei si allontanò. Tutti i ragazzi- da Neji e Kiba, persino Rock Lee- si tenevano a debita distanza da me, e di questo gliene fui grata.

Le ragazze invece si avvicinarono a me, ma visto il trattamento che ho riservato a Ino, nessuna di loro tentò più di toccarmi. Il mio sguardo vagava all’interno dell’aula in cerca di una sola persona. Ciuffi biondi. Occhi azzurri. Non chiedevo niente di più di lui. E poi lo vidi. Si teneva a distanza, forse aveva paura ad avvicinarmi. Dopotutto non ci eravamo visti da quel giorno.

Lui mi aveva soccorsa.                                                                                                                                             
Lui
mi aveva aiutata.                                                                                                                                               
Lui
mi aveva trovata.           

Sul marciapiede, nuda, immersa in una pozza di sangue. Abbandonata, al freddo. Mi aveva raccolta e portata al sicuro. Rimpiangeva soltanto di non avermi trovata prima. Di non aver impedito che mi facessero quello che hanno fatto.

I miei occhi cercavano il suo sguardo. Volevo comunicare ciò che non mi sentivo di dire a voce. ‘Sono tornata solo per te.’ Ma non lo dissi, lui lo sapeva già. I suoi occhi, erano loro che mi davano la forza per non scoppiare a piangere, per continuare a lottare. La forza per non mostrarmi più vulnerabile.                                                                                                                          

 

"Quando eravamo bambini, pensavamo che una volta cresciuti non saremmo più stati vulnerabili. Ma crescere vuol dire accettare la vulnerabilità. Essere vivi significa essere vulnerabili"                                         
Madeleine l'Engle.

 

Non resistetti. Scansai le persone che mi stavano attorno. Corsi verso di lui, e mi fermai a qualche passo. I nostri occhi ancora incollati. Il verde e il blu. Blu. Grazie al quale di forma il verde. In un certo senso, questa metafora cromatica sottolinea la mia dipendenza da lui. Il mio piccolo sole. Che illumina la mia vita.

Lui mi sorrise, un sorriso che voleva dire ‘bentornata’, ma anche ‘non permetterò che ti accada più nulla’. Non ci furono parole tra di noi. Non ce n’era bisogno. I nostri occhi comunicavano, lo avevano sempre fatto.

Da quegli occhi io prendo la forza per andare aventi.

Non mi trattenni. Annullai la distanza tra di noi. E posai le mie labbra sulle sue. Avevo sempre desiderato farlo. E mi sentii completa. A casa.

 

 

 

 

 

 

Se siete arrivati fin qui è un buon segno. Che ne pensate? È la prima volta che scrivo una storia da un solo capitolo (one-shot, giusto?). Quindi ditemi che ne pensate, nel bene e nel male. L’ispirazione mi è venuta guardando l’ispettore Derrick (O.o) insieme a mia mamma, in più ho aggiunto qualche riferimento preso da Twilight.

Mi scuso per gli eventuali errori di grammatica o di distrazione.

A presto.

Topazio ;)

  
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