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Autore: Fair_Ophelia    22/11/2012    4 recensioni
E allora si unirono mille altre voci e mille altre ombre insieme, vicine, lontane, da qualsiasi lato, di qualsiasi età, voci irate, supplichevoli, melodrammatiche, dolci, lusingatrici, disperate, sottomesse, piagnucolanti, ironiche, deluse, barcollanti tra senno e pazzia, comprensione e incoerenza, lucidità e oscuramento, e ombre che apparivano e scomparivano, ora a un palmo dal suo naso ora nient’altro che una foglia mossa dalla pioggia, ora concrete ora un’illusione, forme alte, basse, paffute o allampanate, sinuose o goffe, aggraziate o grottesche. E Cerid, in quel caleidoscopio di identità schiamazzanti, andava perdendo la propria.
Nella notte di Halloween le leggende prendono vita sfidando la razionalità e la coerenza, ripetendo un ciclo che si svolge da anni.
Prima one-shot horror, criticate tutto ciò che c'è da criticare, spero passiate a dare un'occhiata ^^
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La zucca


La fiammella della candela era immota nella zucca e ne illuminava l’interno con calde pieghe di luce: poco più scuro era l’esterno, inciso per ottenere una grottesca espressione accigliata. Ceridwen ne scrutava l’interno con un occhio socchiuso, tenendo indietro le ricce ciocche ribelli, quasi dello stesso colore della Jack o’Lantern.
-Bambina, vieni: è pronto- disse una voce dall’interno. Si allontanò lentamente dal suo oggetto di osservazione e rientrò in casa, dove l’aspettava un uomo avanti con l’età con una pentola traboccante di minestrone di verdure tra le mani ed un dolce sorriso: l’ideale per riscaldare la tetra atmosfera della notte di Halloween.
-La zucca quest’anno è uscita davvero bene, Cerid- fece lui sedendo a tavola. –I miei complimenti davvero.-
Lei lo imitò. –A me non sembra, nonno Hamish… Ha un’aria troppo… Cattiva.
-Ah, ma la Jack o’Lantern deve avere un’espressione tetra. Serve a tenere lontani gli spiriti. Conosci la sua leggenda?
Cerid fece un cenno di diniego. Aveva sempre vissuto, per dodici anni, in una casetta nelle campagne vicino Dornoch, un gruppetto di case sulla costa est della Scozia, e la sua unica compagnia erano il nonno e i suoi racconti. Iniziò a sorseggiare il minestrone, mentre lui si lanciava nella storia.
-Ebbene, nel lontano 816, quasi mille anni fa, in questo paesetto viveva Taran MacZoff, un astuto e ricco mercante che all’occorrenza diventava anche usuraio; nonostante fosse odiato ed evitato da tutti riusciva con qualche sorriso ad ingraziarsi i meno avveduti, che gli chiedevano prestiti a prezzi esorbitanti. Tra i debitori c’era anche un certo Jack il Contadino, un pover’uomo che tardava a saldare il conto, il quale si faceva sempre più salato. Un giorno, e molti suppongono che fosse il 31 di ottobre, Taran andò a casa sua per riscuotere ciò che gli era dovuto; e Jack, prendendo una grossa zucca che stava in un angolo, gli disse: -Tieni, questo è il mio pagamento.- L’usuraio, fuori di sé dalla rabbia, afferrò l’ortaggio e lo fece schiantare sulla testa del contadino. Questi cadde all’indietro, sbattendo la testa prima ad uno spigolo di pietra e poi per terra. Un rivolo di sangue scorreva dalla nuca. Il viso era contratto in una smorfia non angosciata, ma di folle rabbia, come quella di Taran nel momento in cui l’aveva… Ucciso.
Era morto.
-Ma ciò che era più strano era che la zucca, che non aveva subito alcun danno col colpo, stava assumendo la stessa espressione del proprietario.- Cerid inarcò un sopracciglio, incredula. –Questo è quello che viene tramandato. I più fantasiosi dicono anche che la zucca prese il posto della testa. I più scettici che non le era accaduto niente o che si era spaccata col colpo. Fatto sta che Taran, inorridito da qualcosa, impazzì e uscì dalla casa di folle corsa, non si sa via da cosa, per dove, secondo quali motivi. Questo lo sapeva solo lui… E forse nemmeno. La mattina dopo fu trovato morto in un fosso. Doveva essere precipitato senza accorgersene.
-Che brutta morte- sussurrò la ragazzina.
-Morte? Magari. Taran non aveva ottenuto i suoi soldi; dal giorno della sua morte vaga ancora di casa in casa, nella notte di Halloween, infestando tutte le case che può alla ricerca dell’oro che non avrà mai, e facendone sparire gli abitanti.
-E i paesani come fanno a…
-… Proteggersi? Semplice: con le Jack o’Lantern, le Lanterne di Jack.- Lo sguardo di entrambi si spostò per istinto verso la finestra, davanti a cui vedevano un debole bagliore aranciato. –Taran non entra nelle case dove c’è la zucca con il viso di Jack. Lo terrorizza. Ed è per questo che più il viso intagliato nella zucca è malvagio, più sei sicuro di essere protetto dalle mire dello spirito.
-Taran ha mai fatto vittime?
-Sì, molte; quasi ogni 31 di ottobre spariscono nel nulla una o più persone e le zucche che hanno fatto sono spaccate, incenerite o scomparse anche loro. Nessuno ha il coraggio di entrare nelle case deserte e pare che le vittime entrino a far parte del seguito di creature che accompagna Taran nella sua ricerca di oro.
-Creature? Che tipo di creature?
-Oh, be’, un po’ di tutto! Gatti mannari, streghe…
A Ceridwen sembrava tutto esagerato. Non aveva mai visto creature misteriose o fantomatiche case vuote, anche se era stata di rado al villaggio, e aveva sempre considerato la Jack o’Lantern niente più di un eccitante passatempo.
-Comunque è solo una leggenda.- Un’affermazione in cerca di sostegno, quasi una domanda.
-Bah. Nella terra di Scozia la veridicità dei racconti dipende dalle persone: potresti fare colazione coi fantasmi tutti i giorni come non saperne neanche l’esistenza.- Cerid sorrise, imitata dal nonno.
Finirono di mangiare con calma e sparecchiarono in silenzio, e quando ebbero finito Hamish posò le mani sulle spalle della nipote e disse: -Riguardo la leggenda, vuoi davvero sapere se è vera o no?- Lei annuì, fissandolo coi grandi occhi chiari. –Allora ascolta: va’ a prendere nell’ovile quella fascina di legna che hai raccolto ier l’altro e portala qui. Se tornerai sana e salva, vuol dire che le storie dietro la Jack o’Lantern sono balle inventate dagli ubriachi al pub; se non tornerai, o lo farai atterrita a morte, o avrai comunque avvertito strane presenze intorno a te, be’, vuol dire che dietro la leggenda c’è un fondo di verità.
La ragazzina era incredula. Avrebbe voluto chiedere al nonno se stesse scherzando, ma le sembrava una domanda ridicola, anche perché gli occhi grigi dell’uomo non lasciavano spazio a dubbi sulla risposta.
-Va bene.- Prese la mantellina, si tirò il cappuccio sul viso, accese una lampada da portare con sé, aprì la porta e uscì richiudendola forte.
Fuori dalla casetta di legno una pioggia monotona bagnava la terra, rendendola un uniforme pantano. Il viottolo di ghiaia che avrebbe dovuto percorrere, limitato da un boschetto da entrambi i lati, era buio, ma bastava andare sempre dritto e prima o poi avrebbe scorto il bagliore di una lampada che il nonno lasciava sempre accesa nell’ovile. "Accidenti a me e alla mia curiosità. Prima torno a casa e meglio è." Prese un bel respiro e si avviò, l’acqua che appesantiva la mantella sulla testa e il cuore nel petto, tenendo la lampada avanti a sé per illuminare almeno la via davanti ai suoi piedi. Passo dopo passo, dopo qualche minuto si disse che doveva quasi essere giunta alla meta. Gli occhi guizzavano da un lato all’altro circospetti; la paura iniziava a fare capolino dalla sua tana nelle ossa. "Ceridwen, smettila. Sai che non c’è niente. Dipende tutto da te." All’improvviso sentì qualcosa tra i piedi; abbassò lo sguardo e fece appena in tempo a vedere una grossa striscia nera, poi cadde di schiena.

Riaprì gli occhi e si tirò su coi gomiti. La lampada, miracolosamente ancora accesa, illuminava una creatura dal nero pelo ispido, con grandi orecchie ed occhi dello stesso colore del manto, che si strusciava su una gamba facendo le fusa. Continuando a produrre quelle dolci vibrazioni, le annusò un polpaccio, poi aprì la bocca e fece per morderla.
-No! Sparisci! Via!- urlò lei agitando la mano. Appena l’animale si accorse che era sveglia si allontanò di scatto guardingo, poi fuggì a grandi balzi nel bosco. Cerid rimase sola, seduta per terra, sotto la pioggia, gli occhi spalancati, persi nel vuoto. Cos’era quello?

-Creature? Che tipo di creature?
-Oh, be’, un po’ di tutto! Gatti mannari, streghe…


Gatto mannaro. Il cuore iniziò a martellare seguendo ilo ritmo dell’incoerenza. No. Non era vero. Si era lasciata condizionare.
Si alzò a fatica, non più padrona dei suoi gesti, e iniziò a tornare sui suoi passi, prima camminando, poi sempre più veloce, finché non si ritrovò a correre, con la celerità che le permettevano ghiaia e terra fusi insieme. Qualcosa d’insolito l’aveva visto, al diavolo la fascina: sarebbe tornata a casa immediatamente. Sotto la protezione di suo nonno. o forse della…
-Ciao, bella bambina.
La corsa si fermò di botto. L’aria si rifiutò di uscire dai polmoni. Da dove veniva quella voce?
-Splendida notte, nevvero?
Qualcun altro si aggiunse da dietro.
-Oh, sì, magnifica davvero. Questa pioggia mi ricorda i vecchi tempi.
-Mai vista una notte di Halloween così… Affascinante. Un’ottima serata per fare quattro passi.
-In compagnia di questa giovane bellezza scozzese, poi.
-Noi siamo lieti di conoscerti e tu?
-Perché non ti aggiungi a noi, bella bambina?
Quell’ultima voce proveniva da un punto a due spanne dal suo naso. Avrebbe potuto giurare che c’era qualcuno, ma non vedeva niente. La strada era occupata solo dalla pioggia che, assorta nei suoi pensieri, continuava a scendere ignara di tutto. Scosse la testa, digrignando i denti, con le palpebre che non si volevano più chiudere, il braccio che tremava facendo oscillare la lampada tesa avanti a sé, che doveva illuminare qualcuno, perché doveva esserci qualcuno, ma non c’era. E la voce continuava a parlare...
-Sai, noi ci divertiamo molto la notte di Halloween tutti insieme. Perché non ti unisci a noi? Non ti stai divertendo ora? Perché non vieni?
Indietreggiò di un passo, poi di un altro, lentamente, tenendo lo sguardo fisso su quel vuoto che avrebbe dovuto essere pieno.
Un passo…
Un altro…
BUMP. Qualcosa contro la sua schiena. Un tonfo sordo, quasi morbido, ma per lei fu come una spranga gelata sulla spina dorsale. Tutto il fiato trattenuto fino ad allora fuggì dai polmoni con un “ah!” e si girò di scatto: torreggiava su di lei un’alta ombra evanescente, appena visibile, come se avessero intagliato il buio, dalla voce isterica: -Perché non ti diverti con noi?!
E allora si unirono mille altre voci e mille altre ombre insieme, vicine, lontane, da qualsiasi lato, di qualsiasi età, voci irate, supplichevoli, melodrammatiche, dolci, lusingatrici, disperate, sottomesse, piagnucolanti, ironiche, deluse, barcollanti tra senno e pazzia, comprensione e incoerenza, lucidità e oscuramento, e ombre che apparivano e scomparivano, ora a un palmo dal suo naso ora nient’altro che una foglia mossa dalla pioggia, ora concrete ora un’illusione, forme alte, basse, paffute o allampanate, sinuose o goffe, aggraziate o grottesche. E Cerid, in quel caleidoscopio di identità schiamazzanti, andava perdendo la propria.
-Che fai?
-Ma allora?
-Che aspetti?
-E dai, su, vieni.
-Ma che, hai paura?
-Paura, tu? Non credo proprio!
-Perché quella faccia?
-Hai proprio una pessima cera.
-Tu…
-Forse ho capito.
-Di’ qualcosa, santo cielo!
-Non vuoi?
-C’è una possibilità.
-La salvezza dipende dalla preparazione dell’individuo…
-Salvati con la zucca.
-Sì! Sì! La zucca!
-La zucca? Dov’è?
-Chiamate Taran!
-LA ZUCCA?!
All’improvviso dopo quella parola l’argomento si fece uno solo.
-C’è una zucca!
-Ma proprio una…
-Intagliata, certo…
-… o’Lantern, sì…-
-Così dicono, almeno!
-Corri, corri!
-Scappa, bambina, vai a prendere la zucca!
-La salvezza…
-La zucca! La zucca!
-Ma insomma…
La ragazzina ascoltava le voci, e più ascoltava più perdeva sé stessa, e più perdeva sé stessa più voleva riconquistare la sua identità e la sua voce persa tra quelle mille, e urlò. Un urlo disarticolato, panico di suono, si fece strada dalle viscere, su, per la gola, per poi manifestarsi nel mondo, prolungato, immobile, gelido. E poi corse. Corse come non aveva mai fatto in vita sua, spinta non dall’istinto ma dalle presenze intorno a sé, che continuavano a circondarla; le sembrava di andar loro addosso, faceva per scansarsi, slittava nel fango, ma non le sfiorava mai. Andò avanti così, in un misto di terra, pioggia, ombre e voci che però non sentiva più, troppo impaurita e concentrata su quell’obiettivo: la Jack o’Lantern. Tornò a udire gli spiriti quando vide la debolissima luce della candela sul davanzale della finestra.
-… La zucca è qui!
-E adesso dovremo andare…
-No! Io non vado!
Cerid afferrò la lanterna naturale e l’abbraccio forte inginocchiandosi, mentre le ombre iniziavano a dare grida terrorizzate, gemiti e rantoli. La razionalità fece molto timidamente capolino nella sua mente: si mise sulle ginocchia e mise in mostra il viso di Jack. La debole luce della candela, che evadeva dall’ortaggio attraverso i fori, fu come il sole di mezzogiorno per i pipistrelli.
-Il tuo debito!
-Ah! Sei orribile!
-Taran ti farà pagare…
-Il tuo oro! Dacci il tuo oro!
-Via! Via!
Come nel risveglio da un incubo, lentamente le ombre tornarono a fondersi con la notte e a comportarsi come se non fossero mai esistite; delle urla non rimase neanche l’eco.
E finì. Quasi non si ricordava più cosa fosse iniziato. Rimasero solo il cuore che si dilatava e contraeva con rapidi battiti e il respiro ansante.
La porta di casa si aprì.
-Ceridwen…
Il nonno. Si alzò lentamente in piedi, le braccia ancora contratte nella stretta sulla zucca, mentre l’anziano raccoglieva la lampada e la spegneva.
-Ma piccola, cos’è successo?
-Nonno, la leggenda… È vera… Spiriti…
-Ma cosa dici? Spiriti? Cerid, era solo un racconto! Calmati!
-No, no… Io ho visto… Ombre… E il gatto… E…
-Aspetta, cos’hai lì?... La zucca?! Per l’amor del cielo, dammela, rischi di bruciare tutto!
-No… La salvezza… È mia…
-Cosa vai farneticando? Dai, dammi quella zucca!
-Non posso…
-Cerid, dammela.
La giovane rimase immobile finché non le si calmò quasi del tutto il respiro e il cuore riprese a battere normalmente. Solo allora la stretta pian piano si allentò e porse la Jack o’Lantern al nonno.
Questi la prese con grande delicatezza, osservandola per qualche secondo con occhi vacui; poi la lasciò cadere di botto e quella si spaccò in grandi spicchi che iniziarono in fretta a bruciare.
-Cos’hai fatto?!
In quello stesso momento infinite figure semitrasparenti si fiondarono sulla casa ed entrarono velocissime, con un gran frastuono di voci e passi. -Ho distrutto il viso di Jack! Ora il tuo oro è mio! È nostro!
Cerid guardò il nonno: aveva gli occhi rossi come la candela che aveva illuminato la zucca e i tratti atteggiati ad un’espressione sadica.
-Sei Taran!
-Certo che è Taran, piccola- fece un’ombra bassa e tozza accanto a lei che le mise una mano sulla spalla. Lei si ritrasse inorridita. Era una donna che le sorrideva, ma non vedeva niente in quel sorriso. –E adesso tu ci accompagnerai, per mostrarci dov’è il tuo oro, e sarai come noi. Non sei felice? Come ti chiami?
-Ceridwen… Ti prego, fa’ tornare tutto come prima…
-Impossibile. La zucca nemica è morta e la sua influenza sta svanendo. Quando si consumerà del tutto capirai. Presto anche tu sarai felice di far parte della compagnia di Taran MacZoff.
D’istinto Cerid guardò la lanterna che ardeva: un bagliore di luce, poi come le sue speranze anche l’ultima fiammella si spense. E pensò che vivere nell’ombra, come diceva quella donna, non era male.







NdA: salve a tutti ^^ questa one-shot ha partecipato al contest "Fan Fiction One-Shot, Halloween!" di Eragonitalia.it (http://www.eragonitalia.it/forum81.html) ed è arrivata anche terza... Personalmente non la considero molto originale e l'horror non è il mio genere, ma vorrei sentire ugualmente cosa ne pensate, anche brevemente ^^ grazie mille anche solo per essere passati :)
   
 
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