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Autore: giulina    06/12/2012    15 recensioni
Ginevra ha sempre il sorriso stampato sulle labbra lucide di burro di cacao, la testa tra le nuvole e una passione per il giardinaggio.
Ha un'ossessione per l'amore di cui potrebbe discuterne per ore e per le sciarpe colorate, quelle rosse, soprattutto. Cos'ha di speciale? Niente, lei è solo Ginevra.
Edoardo, invece? Bè, lui è tutta un'altra storia.
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"-Lory, secondo te ho qualcosa che non va?-
-Intendi fisicamente o a livello mentale?-
-Entrambi i casi-
-Bè che sei una schizofrenica con una seria bipolarità da far curare già lo sai e poi hai qualche punto di cellulite sulle cosce ma niente di grave, tranquilla-
-E nel complesso?-
-Da cestinare. Come mai queste seghe mentali da donna in piena menopausa?-
-Ho voglia d'innamorarmi-
-E cosa c'entra questo con le tue paranoie su come sei? Maurizio Costanzo è calvo, senza collo e russa, eppure ha trovato l'amore-
-Mi stai nascostamente dicendo che rimarrò calva a breve?-
-No, ma sul russare non ci scherzerei-"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spero non vi siate dimenticate di loro.

Buona lettura,

Giulia. 

 






Floyd: ”Ho fatto male a chiamare 'Frittella' la tua amica, capo?”
Piperita Patty: ”No, ma fai male a chiamare me capo!”
Floyd: ”La trovo bellissima...credo di essere innamorato di lei.”
Piperita Patty: ”L’amore può essere doloroso, Floyd.”
Floyd:”Me ne sono accorto quando mi ha colpito con la scatola del pronto soccorso!”

 
-Peanuts- 


                                                               










“-Mamma, penso di non essermi mai innamorata nella mia vita.
Tommaso Tobia è stato l'unico a cui ho voluto talmente tanto bene da confonderlo con l'amore. Te lo ricordi Tommy, mamma? Te li ricordi i suoi occhi azzurrissimi? Sono sicura di sì.
Avevo ventitrè anni quando lo vidi per la prima volta. Era novembre e faceva un freddo cane; infatti, andare all'università sulla Vespa celeste che era stata di babbo molto tempo prima, era una vera e propria tortura. Mi venne un raffreddore che durò per tre settimane, mi ricordo.
Mi alzavo alle sei di mattina e andavo fino a Bologna per frequentare le lezioni mattutine e delle volte rimanevo in biblioteca a studiare fino alla sera. Mi ricordo che il lunedì avevo due ore di Storia e civiltà orientali mentre il giovedì Antropologia con quel professore giovane e tanto gentile per cui mi ero presa una cotta stratosferica che durò per ben quattro mesi.
Fu in quel periodo che incontrai Tommaso. Lui si sedeva spesso accanto a me durante le lezioni che frequentavamo insieme in facoltà e una volta mi aveva addirittura offerto un caffé alla macchinetta automatica perchè non mi prendeva due monete da dieci centesimi. Non c'eravamo mai detti i nostri nomi, però.
Sapevo soltanto che aveva una calligrafia orrenda e che aveva gli occhi di un celeste che non avevo mai visto prima.
Qualche settimana dopo, inaspettatamente, mi chiese di uscire. Ero davanti alla macchinetta del caffé che bevevo un cappuccino caldo, mentre ripassavo le ultime pagine della dispensa che mi aveva dato il professore con cui avrei avuto l'esame di lì a qualche minuto, quando mi si era parato davanti all'improvviso. Mi disse che si chiamava Tommaso ma tutti lo chiamavano Maso e che gli piacevano i Led Zeppelin, la storia greca e il mio sorriso. Io gli dissi che avrei accettato il suo invito solo se avessi potuto chiamarlo Tommaso.
Il giorno dopo ci vedemmo in una cioccolateria in centro a Bologna e giuro, mamma, quello fu l'appuntamento più bello e comico della mia vita.
Dopo quel giorno ci vedemmo tutti i pomeriggi per due settimane. Parlavamo, parlavamo, parlavamo per ore e ore, e ridevo come non avevo mai riso in vita mia. Aveva sempre parole con cui riempirsi la bocca e io lo adoravo anche per questo, non lasciava mai vuoti di silenzio tra di noi. Un giorno mi confessò che parlare lo aiutava a non avere paura.
Mi baciò per la prima volta dopo tre settimane che uscivamo e con quel bacio mi attaccò l'influenza che mi fece rimanere a letto per nove giorni. Sono sempre stata di salute cagionevole, lo sai.
Anche i quei giorni in cui stavo male, Tommaso veniva a casa nostra e stava sdraiato insieme a me sul letto, al buio, parlando a bassa voce. Te lo presentai e tu mi dicesti che aveva un sorriso difficile da dimenticare. Lo feci conoscere anche a mio fratello e Loriana, che mi disse di non lasciarmi sfuggire uno gnocco del genere, che piuttosto l'avrei dovuto legare al letto per non farlo scappare.
E invece, alla fine, dopo un anno che stavamo insieme, fui io a scappare da lui.
Una mattina mi disse che mi amava e che ero diventata, senza che se ne rendesse conto, la persona più importante della sua vita.
Io non mi sentivo pronta per essere la persona più importante della vita di qualcun altro e me ne andai.
Io non ero ancora pronta per amare, mamma.-
- E ora lo sei?
- Forse.”








- Non hai mai avuto un cane?
- No.
- Mai? Davvero?
- Mai. Ho paura.
- Scherzi?!
- Giuro. Quando avevo dieci anni un pastore tedesco mi saltò addosso per rubarmi il panino alla cotoletta che avevo in mano e mi fratturò un polso.
- Sei rimasto traumatizzato, povero piccolo pulcino.
- Ginevra, per favore.
Ginevra arrossisce e si ferma in mezzo alla corsia del supermercato per animali, con il carrello ancora vuoto di fronte a lei, mentre dagli altoparlanti disposti sulle travi del soffitto parte una canzone natalizia che si diffonde in tutto l'enorme edificio.
- Mi piace quando mi chiami per nome.
- E io odio essere chiamato piccolo pulcino.
- A me piacciono tanto i nomignoli. Mio fratello quando aveva dodici anni lo chiamavo passerotto.
La ragazza gli sorride e si ferma davanti allo scaffale dei mangimi per volatili.
- Evita con me, grazie.
- Oggi sei più acido del solito. Senti, secondo te a Leopoldo gli piace di più la miscela con semi e noci oppure quella di semi arricchiti con minerali e vitamine? In questo periodo lo sento tossire spesso.
- Ma non dovevi solo compragli una gabbia nuova?
- Sì, ma già che ci sono faccio scorta di mangime per i prossimi mesi. Allora, semi e noci o semi con minerali?
- Quelli con le noci, a me piacciono le noci.
- Davvero? Allora ti devo far assaggiare il pesto con le noci che preparo personalmente a casa!
Ginevra prende quattro o cinque sacchi da tre kg di cibo per pappagalli e li butta nel carrello che hanno preso qualche minuto prima, fuori dal centro commerciale che hanno raggiunto con l'autobus di linea. Quel giorno di dicembre piove senza sosta su una Roma affollata da turisti che desiderano visitarla sotto le feste e cittadini che corrono per le vie più frequentate, per fare gli ultimi acquisti prima del giorno di Natale che sta per arrivare.
Ginevra ha già spedito per posta il regalo per sua madre, Nicola e Loriana, con allegate alcune sue foto insieme a Leopoldo e qualcuna del suo appartamento con i ritocchi che ha fatto negli ultimi mesi alle pareti della sua camera e del salotto.
Ha comprato pure un regalo per Angela, la sua collega del call center, e altre due o tre amiche di Roma che non vede spesso.
Qualche giorno prima ha deciso che anche il suo pappagallo quel Natale si sarebbe meritato un regalo, per questo ha chiesto ad Edoardo di accompagnarla a compragli una gabbia nuova. Magari una di quelle con le sbarre d'acciaio che ha visto spesso nelle pubblicità in televisione.
Il regalo per Edoardo, invece, è nascosto nel suo armadio sotto i maglioni natalizi. Non sa se avrà mai il coraggio di darglielo.
- Cosa mi dici di questa?
- Quale?
- Questa blu. Guarda, c'è anche il trespolo che luccica.
- Leopoldo odia le cose che luccicano. Penso che lo facciano sentire poco maschio.
- E allora questa con bianca e rossa?
- No. Però quest'altra è magnifica!
- È una voliera che ti occuperebbe tutto il salotto.
- Lo so ma è bellissima. Leopoldo sarebbe felicissimo. Ha pure l'altalena a forma di cuore!
Edoardo si mette a ridere, trascinando dall'altra parte della corsia Ginevra, e fermandosi davanti a una piccola gabbia celeste, con dentro un pappagallo verde e rosso che cammina velocemente sul legnetto inserito tra le sbarre di ferro.
- Guarda come è carina.
- Sì.
- E senti come chiacchiera!
- La gabbia?
- No! La pappagallina! Secondo te la possiamo portare a casa? Magari insieme alla gabbia.
- Forse è un maschio.
- No, è femmina. Certe cose le capisco. Oh mio Dio, mi ha sorriso, hai visto?
- Vado a chiamare un commesso.
- Edoardo! Ha detto 'Ciao signora!'! Edoardo, torna qui e sentila! La prendiamo vero? Vero?








Quando arrivano all'appartamento di Ginevra è mezzogiorno passato e lui tra poco deve andare a prendere Chiara a scuola. Sale le scale del palazzo in silenzio, mentre Ginevra canticchia a bassa voce una canzone natalizia e cerca le chiavi di casa dentro alla sua borsa. Lui tiene tra le mani la nuova gabbia per Leopoldo, senza nessun pappagallo dentro, però. Era una maschio, aveva ragione lui. Quando il commesso glielo ha detto, Ginevra stava quasi per mettersi a piangere.
Quando entrano in casa la ragazza accende la luce nel piccolo ingresso e si toglie silenziosamente le scarpe, facendo segno ad Edoardo di non fare rumore. Il ragazzo alza gli occhi al cielo esasperato e, aiutato da Ginevra, trasporta la gabbia del pappagallo fino in camera della ragazza. Leopoldo non si è accorto di niente perchè la loro vista era oscurata dalla coperta scura che la ragazza mette di solito prima di uscire di casa.
- Perché l'abbiamo portata qui?
- Per non farla vedere a Leopoldo, chiaro!
- Perché?
- Perché non è il 25 dicembre!
- E quindi?
- Questo è il suo regalo di Natale e glielo farò scartare il 25 di dicembre! - Edoardo si butta sul letto della ragazza ridendo e rimbalzando sul materasso dal piumone bianco e morbido. Si porta le mani sulla faccia su cui compare ancora un sorriso divertito.
Ginevra sale sul letto e gattona vicino a lui, buttando sul pavimento il suo eskimo pesante e la sciarpa di lana rossa che le copriva la gola. Si stende accanto al ragazzo e appoggia la testa sul suo petto che si alza e si abbassa velocemente, per la risata che ancora sta uscendo dalla sua bocca socchiusa.
- Non ridere di me.
- Ma come, mi dici sempre che devo ridere di più!
- Lo so, ma ora mi stai prendendo in giro! - Edoardo china il viso su quello di Ginevra e le sistema alcuni ciuffi di capelli intorno al viso, passandogli i polpastrelli sotto gli occhi e sopra le palpebre chiuse.
- Mi piace prenderti in giro.
- Come la mia voce?
- Di più.
- Come il mio pesto alle noci?
- Di più.
- A proposito, vado a preparartelo!
- Ora?
- Sì, altrimenti potresti baciarmi per un po'. - Ginevra si sdraia su un fianco ed Edoardo la imita. La ragazza si stringe a lui talmente forte da farlo ridere tra i suoi capelli profumati.
- O se no te potresti baciare me.
- Già. Però mi fa fatica. Sono stanca.
- Vuoi dormire?
- Sì, facciamo un riposino?
Edoardo la bacia per tutto il viso facendola ridere e poi sulle labbra leggermente sciupate per la tramontana che gliel'ha rovinate e arrossate. La guarda vicinissimo negli occhi e poi gli sorride annuendo. Ginevra continua a guardarlo per qualche secondo e poi si alza improvvisamente in piedi, correndo verso il suo armadio.
- Cosa stai facendo?
- Sto cercando la macchina fotografica che usavo quando ero all'università.
- Perchè?
- Perché voglio una foto insieme a te.
- No.
- No?
- Non mi piacciono le foto.
- A me invece piacciono tanto. Le cose che abbiamo in comune si contano sulle dita di una mano. Se mi dici che odi Armageddon o che non l'hai mai visto puoi uscire da questa casa.
- L'ho visto, tranquilla. Ma ora posa quella macchina fotografica.
- Guarda che non è una calibro 38. Non morirai se ti faccio una foto.
- Non sono fotogenico.
- Io non ho le gambe di Naomi Campbell però ogni tanto la gonna la metto lo stesso. Su, facciamoci questa foto. Una sola. Così quando te ne andrai avrò qualcosa che non mi farà dimenticare di te.
- Una foto sola, però. E non sorrido.
- Tranquillo, sorrido io per tutti e due.







Edoardo è seduto su una scomoda sedia di plastica nera ormai da mezz'ora e sfoglia distrattamente un giornale scandalistico con in copertina una star holliwodiana che parla dei suoi successi cinematografici. Ai piedi del ragazzo ci sono tre bottigliette d'acqua frizzante -due delle quali vuote- e uno zainetto rosso macchiato di terra vicino alla bretella sinistra insieme a un piccolo casco bianco.
Lui si trova al centro di un breve corridoio illuminato e davanti a lui ci sono altre sedie identiche a quella su cui si trova seduto in quel momento. Bassi tavolini di vetro sono disposti vicino alle sedie, e sopra vi sono accatastate alcune riviste di medicina e psicologia o dei giornali di gossip.
Edoardo, da quando ha messo piede in quello studio, non ha fatto altro che fissare il finto Picasso attaccato alla parete colorata di fronte a sé, non accorgendosi nemmeno dei vari pazienti che ogni tanto entravano rumorosamente nella stanza, anche solo di passaggio.
Sembrano passate due ore quando finalmente la porta bianca alla sua destra si apre in modo silenzioso, e sente la risata di sua sorella rimbombare in quella stanza spoglia. Chiara cammina sorridente davanti a un uomo alto, dai capelli scuri e gli occhiali, che indossa un completo elegante. Anche l'uomo sorride e tiene tra le mani un plico di fogli con dei disegni.
Edoardo si alza nervosamente in piedi e si schiarisce la voce.
Stringe la mano del dottore che gli viene allungata e stringe tra le braccia Chiara che continua a sorridere con ancora addosso il grembiule blu che aveva quella mattina a scuola.
- Oggi io e Chiara ci siamo divertiti tanto. - Dice l'uomo porgendo ad Edoardo i disegni che la bambina ha fatto quel pomeriggio nel suo studio.
- Tantissimo! Ho colorato nove disegni di fila e mi ha fatto parlare per cinque ore! Ora non ho più voce.
- Guarda che eri tu a non smettere un attimo di parlare. E poi lo sai che a me piace ascoltarti.
- Lo so. E grazie per i biscotti. Tua moglie è più brava di mio fratello.
- Cosa dici?
- Che la moglie del dottore è bravissima a fare i biscotti al cioccolato.
- Davvero?
- Sì, ma tranquillo Dado, te sai lavare i piatti benissimo.
Chiara scende dalle braccia del fratello e corre davanti alla televisione a schermo piatto vicino alla scrivania della segretaria, e si mette a fissare la pubblicità di un documentario.
Edoardo e quell'uomo alto con gli occhiali parlano per qualche minuto a voce bassa. Il dottore saluta il ragazzo con un sorriso e una stretta forte di mano, lanciando un'ultima occhiata a Chiara che si dondola sui talloni davanti alla televisione che è troppo in alto per lei.
Quando escono dallo studio dello psicologo Carlo Muti, la bambina non ha più nessuna bottiglietta d'acqua con sé ma le sue mani sono occupate a giocare con i capelli del fratello che per lei sono sempre troppo corti.
Quando si fermano vicino al semaforo rosso, Edoardo le bacia due o tre volte la fronte e le promette che si impegnerà di più la prossima volta che proverà a cucinare i biscotti al cioccolato. Chiara gli risponde che a lei va bene anche se continua a farli poco dolci e bruciacchiati.
A lei va bene tutto quello che il suo uomo fa per renderla felice.







- Lory, la smetti di piangere?
- S-scusa...scusa ma...non ci riesco!
- Per favore, calmati!
- Io...oddio, questi cazzo di ormoni non riesco a controllarli. Sono tutti in fermento dentro al mio corpo e si agitano come si agita tuo fratello quando cucino i tortellini oppure quando tiro fuori dall'armadio le manette di pelo!
- Loriana, ti prego. Sedati con qualcosa.
- Scusami, Gin. Tra poco mi faccio una camomilla o un Whisky con ghiaccio.
- Loriana! Sei incinta!-
- E pure con le voglie! Senti, trottolino, secondo te se Nicola vede che mi sono fatta fuori tutti i suoi budini al cioccolato mi butta fuori di casa?
- No, ma ti manda al supermercato a comprali.
- Che palle! Non è colpa mia! Loro mi chiamavano dal frigorifero, come mi chiamavano le tre carote che mi sono mangiata prima e il gelato al pistacchio. Dio, diventerò una balena...
- Stai piangendo di nuovo?
- Sì, cazzo! Una balena, hai capito?! Una balena grassissima arenata sul divano di casa 20 ore su 24!
- E nelle altre quattro ore cosa farai?
- Mangerò o farò sesso con tuo fratello, dipende.
- Loriana! Comunque sono quasi arrivata davanti alle Poste. Menomale mi hai ricordato che dovevo inviare il regalo di Natale anche a zia Rosaria. Me ne stavo dimenticando.
- Io mi sono praticamente dimenticata di lei. Ma è quella con i baffi e il pizzetto?
- Quello è zio Antonio, scema. Zia è quella con i capelli rossi e il crocifisso sempre al collo.
- Ah, la spiritata! Secondo me fa parte di qualche setta satanica.
- Ma se è suora!
- Te l'ho detto di quando andavo all'asilo dalle suore e Suor Giacinta mi strappò la testa della mia Barbie Malibù?
Ginevra ride mentre attraversa un ponte correndo, con il telefono tra capo e collo e le mani immerse nelle tasche del giacchetto per trovare il portafoglio che ha paura di essersi dimenticata a casa. Attraversa le strisce finendo quasi arrotata da un Micra rossa e, per caso, osserva i passanti dall'altro lato della strada trafficata.
In quella confusione, lei riesce a notare una figura conosciuta che, alta e immobile, si staglia in mezzo a tutte quelle persone che corrono. Quel ragazzo tiene tra le braccia una bambina che gli strizza le guance coperte da un leggero strato di barba, che qualche ora prima lei aveva sentito pizzicare sulla sua stessa pelle. Quella pelle che prima bruciava e ora invece è pallida, senza colore.
Edoardo è a qualche metro da lei e sorride, come non lo ha mai visto fare, con una bambina al suo fianco che si agita e ride, ride e ride. Sembra non riuscire a smettere un attimo di farlo.
Ginevra, invece, mentre il cellulare le cade dalla mano, si domanda se riuscirà a sorridere di nuovo.












Per le lamentele, prendete appuntamento con la mia segretaria come sempre. 

By the way, spero che il capitolo vi sia piaciuto e di non dovervi fare aspettare altri venticinque anni per il prossimo. Siamo quasi alla fine, donne, e io so già che 

mi mancherà terribilmente scrivere di questi personaggi. 

Una pioggia di baci perugina. 


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