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Autore: Vale11    11/12/2012    3 recensioni
“Ragazzino, ce l’hai un nome?”
Le sembrava abbastanza sveglio da essere in grado di rispondere, dopo essere riuscita a convincerlo a infilarsi qualcosa nello stomaco. Era magro, ma aveva un fisico decisamente tirato. Un fascio di muscoli e nervi, ecco cos’era.
“E questo che razza di accento sarebbe?”
“Un accento italiano, biondo. Ce l’hai un nome?”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Erano passati tre giorni. Yoichi avrebbe dovuto stare la dentro altri quattro, il linea di massima. Niente di grave, ma una commozione cerebrale richiede controlli prolungati. Sia mai che il quasi fratello che si ritrovava uscisse di li più schizzato di quando c'era entrato. Avrebbe potuto esserle fatale.  Così lo controllavano, vedevano se qualche mina inesplosa gli era rimasta in testa, e in tal caso ci giocavano a campo minato. Perchè l'impressione era quella, ad essere onesti. Avvicinarsi a Yoichi senza guanti protettivi poteva essere pericoloso. Per lo meno per le orecchie. Sempre stato bravo, con le offese, quel ragazzino.

Se ne era accorta l'infermiera che gli aveva cambiato la fasciatura elastica che serviva ad evitare un'espansione del torace tale da essere dolorosa anche solo quando tossiva o respirava in modo troppo convinto. Certo, era progettata perchè il paziente potesse toglierla da solo, ma dillo a uno con una spalla fuori servizio. Irma non ci aveva messo le mani per paura di fare qualche danno, Mamori si era accodata e Musashi aveva fatto altrettanto. Quindi si, l'onere era caduto su una povera donna di mezza età che prima aveva liberato Yoichi dalla fascia elastica, e poi ce l'aveva rimesso dentro.

 

"Hiruma, stai bene?"

"Sta zitto, vecchio. Sto bene. E' solo un po' scomodo"

 

Aveva finto di stare bene, poi però era esploso. E quando Irma diceva esploso, intendeva esploso. Appena tolta la fascia si era azzardato a cercare di riempire i polmoni un po' più del solito. Non l'avesse mai fatto.

 

"Yoichi, che c'è?"

Non aveva risposto. Aveva scosso la testa e chiuso gli occhi, annegando nel materasso inclinato.

 

Il dramma era iniziato quando quella povera infermiera aveva portato la fascia pulita. A quel punto, anche l'orgoglio inossidabile di Hiruma era andato a farsi benedire.

In modo quasi letterale.

 

"Yoichi, stringi qui"

Gli aveva preso la mano buona, gli aveva infilato il polso fra le dita e aveva aspettato che iniziasse a stringere. Musashi aveva fatto la stessa cosa quando Hiruma si era rotto il braccio, aveva preso ispirazione da li. 

Appena l'infermiera aveva finito di chiudere la fascia Irma aveva visto Yoichi stringere gli occhi talmente forte che temeva gli uscissero dalle orecchie. Sarebbe stata una scena terribilmente comica, non fosse stato il suo quasi fratello a patire come un cane. Quindi si.

"Yoichi, se senti male stringi"

Aveva stretto. Parecchio. Musashi si era seduto accanto a lui, Irma aveva spalancato gli occhi.

"Cazzo biondo, meno male che sei destro altrimenti mi spaccheresti un polso!"

L'aveva visto buttare giù la testa. Le costole stavano urlando, aveva dovuto scomodare la spalla per lasciare che gli mettessero addosso quello strumento di tortura e, oggettivamente, non aveva molta voglia di ruzzare verbalmente con testa rossa.

Aveva convinto la voce a uscire, stretta fra i denti serrati.

"Fanculo, Irma"

E l'aveva ripetuto, fino a mandarci anche quella povera donna che faceva solo il suo mestiere, finchè Musashi non l'aveva accompagnata alla porta.

"Non si preoccupi, ordinaria amministrazione"

Ma intanto Yoichi continuava a stringere, e a un certo punto gli era scappato di bocca qualcosa che evidentemente non aveva nessuna intenzione di confidare.

"Cazzo, testa rossa. Potevi portarmi via!"

Musashi aveva fatto finta di niente, Irma aveva iniziato a passargli la mano libera fra i capelli finchè non si era calmato. Poi se n'era andata.

E non era più rientrata.

C'era Musashi, no? Uno con una faccia da vecchio come lui doveva essere responsabile per forza. Poteva uscire. Doveva uscire. Uscì.

 

Non aveva ancora avuto il coraggio di rientrare.

Cazzo, testa rossa. Potevi portarmi via!

La realtà è che ci aveva pensato, quando era tornata in Italia, a portarsi appresso quel fratellino incosciente. Ma come avrebbe potuto fare? Era tecnicamente sequestro di persona. Certo, sequestro di persona consenziente, ma Yoichi era minorenne in ogni caso.

Cazzo, testa rossa. Potevi portarmi via!

Avrebbe significato portarlo via dal football, dalla scuola, da quel ragazzone enorme di nome Kurita che la mattina precedente era stato tutto il tempo li. Saltando le lezioni. Yoichi era una pessima influenza, evidentemente.

Potevi portarmi via!

Ma il tarlo rimaneva. L'idea, il pensiero che avrebbe potuto portarselo in Italia, fargli fare un giro di qualche settimana, magari qualche concerto di qualche gruppo che a Yoichi piaceva, nel caso il tour passasse di li. Fargli riprendere un po' il fiato, prima di abbandonarlo di nuovo in quella gabbia di matti.

Potevi portarmi via.

Perchè era questo che pensava di aver fatto. Che era certa di aver fatto. L'aveva abbandonato, da solo. Il suo essere bestia randagia la portava spesso a cercare di non farsi troppo i fatti degli altri, e il caso di Yoichi non era stato diverso. Si era accorta che qualcosa non andava, e non gli aveva chiesto niente. Sapeva che il suo quasi fratello preferiva così, e non si era impicciata.

E ora se ne pentiva. Se avesse insistito forse Yoichi le avrebbe detto qualcosa. E forse non si sarebbe trovato in un letto d'ospedale, con un occhio nero, le costole tutte annodate, una spalla fuori sede, una bella botta in testa e un ammasso di rabbia, nervoso e disperazione nello stomaco. Perchè era quella. che gli aveva letto in faccia quando gli era scappata di bocca quella frase.

Cazzo, testa rossa. Potevi portarmi via!

Aveva l'impressione che avrebbe dovuto portarlo via. Ma era tardi. 

E in un fiume scorre il tempo

Che mi porta come foglia

Tra il dolore e la dolcezza

Quando è l'ora dell'ormai troppo tardi.

Chissà perchè, Bobo Rondelli sembrava azzeccarci sempre. Le veniva da piangere, ma ormai si era quasi scordata le istruzioni per farlo. Poco male, meno fazzoletti sprecati, più foresta pluviale intatta. E amen, l'Amazzonia ringrazia. 

 

Musashi era andato a cercarla poco dopo, e non aveva dovuto fare una gran strada: Irma era praticamente collassata sulle sedie di fianco alla porta di Hiruma, con le cuffie in testa che blateravano musica ad un volume esagerato. Lo guardò di sottecchi, cercando di capire cosa gli passasse per la testa.

Poi ti diranno che avevi un nonno generale, 

e che tuo padre era al contrario 

un po' anormale, e allora saprai 

che porti il nome di un mio amico, 

di uno dei pochi che non mi hanno mai tradito, 

perché sei nata il giorno 

che a lui moriva un sogno.

Irma avrebbe voluto strozzarsi coi rasta. Com'è che Vecchioni partiva ogni volta che era depressa? Con quel discorso sul sogno morto, poi. Che cazzo.

E i sogni, i sogni, 

i sogni vengono dal mare, 

per tutti quelli 

che han sempre scelto di sbagliare, 

perché, perché vincere significa "accettare" 

se arrivo vuol dire che 

a "qualcuno può servire, 

e questo, lo dovessi mai fare, 

tu, questo, non me lo perdonare. 

E figlia, figlia, 

non voglio che tu sia felice, 

ma sempre "contro", 

finché ti lasciano la voce; 

vorranno 

la foto col sorriso deficente, 

diranno: "Non ti agitare, che non serve a niente", 

e invece tu grida forte, 

la vita contro la morte.

"Testa rossa, Hiruma non ce l'ha con te".

Lo fissò, annodando il filo delle cuffie verdi sull'indice, poi annuì.

"Lo so. Io ce l'ho con me"

Si alzò, spolverando dai jeans polvere inesistente.

"Yoichi dorme?"

 

Musashi non si sarebbe mai abituato a sentire qualcuno chiamare Hiruma per nome con quella confidenza. Era rinfrancante sapere che qualcuno poteva permetterselo. Scosse la testa.

"No, ha detto che non ci riesce. Quindi mi ha chiesto di andarti a chiamare perchè si annoia e vuole romperti le palle."

La vide quasi sorridere, continuando a torturare le cuffie.

"Non è colpa tua, Irma. Non ci poteva fare niente. Non potevi portarlo via sul serio"

"Potere, potevo. E' che i problemi che ne sarebbero seguiti forse sarebbero stati troppo grossi, e l'ho lasciato qui da solo"

"Siamo in due ad averlo lasciato da solo"

Testa rossa lo fissò, come se ci avesse fatto caso solo in quel momento.

"Già. Questo mi rende ancora più colpevole, in un certo senso"

 

L'aveva mollato dopo che anche Musashi l'aveva fatto. Certo, si erano sentiti via mail, ma vuoi mettere. Da coinquilini a migliaia di chilometri di distanza il passo era bello lungo. Chissà che aveva pensato Yoichi, quando gli erano spartiti tutti gli appoggi psicologici che aveva. Da fuori, non si era visto sicuramente niente. Però magari, dentro, qualcosa gli si era accartocciato. Vallo a sapere. Era così complicato , quel ragazzino.

"L'abbiamo mollato quando non dovevamo evidentemente. Tu però vedi di non mollarlo adesso. Quando si annoia, Hiruma è capace di smontare qualsiasi cosa nel giro di pochi minuti. Persone comprese. Non vorrai un'infermiera sulla coscienza"

Irma gli sorrise, infilò la testa nella porta.

"Che vuoi, biondo?"

 

"Che vuoi, biondo?"

Hiruma si voltò verso di lei, gli occhi ridotti a due fessure.

"Mi annoio, testa rossa. Fammi compagnia, così posso offendere gli Steelers per aver perso contro i Chargers" 

"Dio, quanto ti odio a volte"

Ghignò.

 

"Oi, biondo. Hai ragione"

Irma tirò su il naso da una rivista sportiva e lo fissò. Lo vide guardarla di rimando.

"Ho sempre ragione.  Illuminami sulla causa"

"Dovevo portarti via"

Yoichi restò zitto, poi si infilò una mano fra i capelli sciolti. Quando non li tirava su gli arrivavano quasi fino alle spalle. Non fosse stato per quel ghigno demoniaco che sfoderava a volte sarebbe sembrato un ragazzo normalissimo.

"Lascia fare, testa rossa. L'ho detto perchè ero…niente. Lascia fare. Mi è scappato di bocca. E poi no potevi portarmi via, no? Magari ci avrebbero arrestato all'aeroporto"

Ghignò. Irma alzò un sopracciglio.

"Poco ma sicuro. Ma non dovevo mollarti da solo. Musashi se n'era andato, e io l'avevo annusato che c'era qualche problema, e non te l'ho mai chiesto. E più ci penso più mi sembra di essere stata un'idiota di proporzioni elefantiache"

"Testa rossa, stai blaterando. E poi sei un idiota di proporzioni elefantiache"

"Ora ti arriva una testata, biondo. In ogni caso."

Lo guardò di nuovo, prima di gettare la rivista sul comodino e accomodarsi sulla sedia.

"Potevi dirmelo, cosa stava succedendo. Potevamo trovare una soluzione, inventarci qualcosa"

Yoichi la guardò come se la scritta mi prendi in giro? gli stesse passando dagli occhi.

"Testa rossa, non c'è soluzione. Che devo fare, secondo te? Non lo fa per cattiveria, o quello che vuoi. E' schizzato. Il suo cervello va in tilt e lui sbrocca. E' stato un caso che fossi li, di solito non ci sono mai. Non vivo con lui, chiaro? La situazione è già risolta. Punto."

"E perchè mi hai detto che sarebbe stato meglio che ti avessi portato via allora, scusa?"

Era sicura di aver visto qualcosa scattare, in quel ragazzino.

"Perchè quando ti ho conosciuto ero costretto a vederlo più spesso, ecco perché!"

Lo vide stringere subito una mano sul quella fascia maledetta dopo aver urlato.

"Cretino, non urlare. Ti fai male. Te l'ho già detto"

Lo costrinse a stendersi. Non aspettò nemmeno che prendesse fiato.

"E poi è risuccesso. Vedi? Ti ho mollato, Yoichi. Ho fatto come Musashi e me ne sono andata via, e tu sei rimasto qui da solo."

La stava fissando, cercando di convincere le costole ad anestetizzarsi da sole.

"Cazzo, Yoichi. Mi dispiace, hai ragione. Dovevo portarti via quando sono tornata in Italia. Magari anche solo per qualche settimana, no? Dovevo protratti via, forse ci rientravano anche un paio di concerti fatti bene. Che cazzo"

 

Hiruma stava iniziando a non averne più. Le costole facevano un male cane, e ora aveva anche Irma in crisi di identità. I nervi.

"Zitta un attimo, testa rossa"

Lo sputò fra i denti. Faceva male. Boia, se faceva male.

 

Irma lo fissò, aspettando il resto della frase.

"Non è coppa tua. Ok, se vuoi sentirti in colpa perchè è il tuo ultimo hobby fai pure, ma non è colpa tua. Non lo penso, non l'ho mai pensato e mai lo penserò. Se il tuo problema è che non ti sei fatta problemi, sappi che non volevo te ne facessi. Non te l'avrei mai detto, e non lo sapresti nemmeno ora se non mi avessi trovato mezzo affogato di pioggia a una stazione dell'autobus, chiaro? Piantala, mi dai ai nervi"

Continuò a fissarlo, poi dovette soffocare la voglia di mollargli un destro.

"Yoichi, sei un cretino. La sceneggiata del cavalier solitario va di moda quanto le spalline. Fa schifo. E' una stronzata e, sebbene mi comporti come te, so perfettamente che è un'idiozia."

Gli piantò l'indice fra gli occhi.

"Non ti azzardare mai più a non dirmi una cosa del genere. Vengo a cercarti e ti strozzo. Chiaro?"

Yoichi la guardò per un po', prima di rispondere.

"Come vuoi, testa rossa"

"Ci conto"

"Non sapevo che sapessi farlo"

"Taci, moccioso ossigenato"

Ficcò di nuovo il naso in una rivista di Yoichi.

 

"Oi, testa rossa"

Irma grugnì, con la faccia ancora fra le pagine.

"Testa rossa, guarda che sono qui"

Fece sbucare un paio di occhi gelidi da sopra l'orlo della rivista. Hiruma si sentì quasi intimidito. Quasi.

"Ti chiedo scusa"

Ecco, ora si che lo guardava. 

"Ti hanno drogato?"

 

Era l'unica spiegazione plausibile. Yoichi che chiede scusa così, senza una pistola puntata alla tempia, era inquietante.

"No, imbecille. E' per quello che ho detto prima."

Irma grugnì di nuovo, incapace di articolare un suono vagamente umano. Aspettò che Yoichi continuasse.

"E' che lo pensavo davvero, che avrei voluto venire via. In Italia, sai. Magari davvero per qualche settimana. Spegnermi un momento e poi rientrare. Ma so che mio padre mi avrebbe trovato, di sicuro. E' assurdo, sai?"

La guardò, le sembrò che il luccichio che teneva in fondo agli occhi si fosse spento di nuovo. Non le piacque.

"Quando non impazzisce è terrorizzato. Lo vedo, che mi vorrebbe con sé, che ci terrebbe, ma ha paura di cosa potrebbe fare. E' stato da ogni strizzacervelli disponibile, ma non è servito. Quando mi telefonava, prima, non rispondevo. Ora ho iniziato direttamente a gettare il telefono nel cestino ogni volta che mi rendo conto che è riuscito a scoprire il mio nuovo numero. Lo cambio spesso, immagina te"

Strinse i denti. Forse le costole gli facevano male. Fissò il trabiccolo plastificato che aveva sul comodino e glielo porse.

"Allora gettalo, Yoichi. Ha provato a chiamarti, ma eri ancora svenuto"

Vide Yoichi spalancare gli occhi, guardando il telefono come fosse velenoso. Poi la guardò.

"E tu che ne sai?"

"Me l'ha detto Musashi, e mi ha lasciato il numero"

Gli passò il foglietto col numero scarabocchiato.

"E' questo?"

Dopo averlo letto, Yoichi fece canestro col telefono nel cestino.

Irma non seppe se sentirsi sollevata o solo immensamente triste. 

 

Hiruma ci vedeva rosso. Come si permetteva, di provare a chiamarlo? Non voleva. Non gli interessava sapere cosa aveva da dire. Non ne aveva voglia. E lui non ne aveva il diritto. Addirizzò il cestino con n tirò di sinistro così violento che se avesse sbagliato mira avrebbe potuto spaccare un vetro.

"Come cazzo ha fatto ad avere il mio numero, quello stronzo?"

Irma gli prese il polso sano e lo costrinse a stendersi, di nuovo. Le diede retta solo perchè non voleva distruggersi le costole un'altra volta.

Si sforzò di respirare regolarmente.

"Yoichi"

Quando si voltò, lo fece con un tale odio negli occhi che vide Irma arretrare istintivamente.

 

Ci volle qualche secondo per accorgersi che non era con lei che ce l'aveva, ma a quel punto aveva già perso dieci anni di via. Yoichi poteva bruciare le persone, con gli occhi. Ecco la prova del nove.

"Che vuoi?"

Irma ghignò. Yoichi ringhiava come lei. Bella coppia di spostati, che erano.

"Voglio che tu respiri decentemente, che ti stenda e gradirei che ammettessi che Troy Polamalu è un gran giocatore"

"Certo che lo è, cretina, cosa…"

La fissò.

"Irma, smettila coi giochini, mi farai venire un esaurimento"

"E tu calmati, e respira"

Yoichi fissò il cestino.

"Fosse facile"

Aveva l'impressione di sentirgli il battito da li, dalla sedia. Come ne Il cuore rivelatore di Poe. 

"Oi, biondo. Non ti succederà niente. C'è Musashi con te, c'è la tua squadra, la tua manager che andrebbe fatta santa. Non ti succederà niente"

La guardò, forse un minimo più tranquillo.

"Ci sono io. Tutti quelli che ti avevano mollato sono tornati. Evidentemente, hai l'effetto di una calamita. Nont i succederà niente, finchè ci siamo noi"

Quel ragazzino ossigenato la guardò, rilassando le spalle. 

 

Solo ora si accorgeva dello stress cui aveva sottoposto la spalla nel suo scatto di rabbia di poco prima. Si diede dell'idiota in autonomia.

Poi gli scappò di bocca una cosa strana.

"Promesso?"

Irma lo guardò come se fosse fatto di vetro, come se si dovesse spezzare da un momento all'altro. Poi lo abbracciò, come aveva fatto all'aeroporto tanti anni prima.

"Promesso. Non ti succederà nulla. Ok?"

La lasciò fare. Si stupì di se stesso. Erano gli antidolorifici, si disse. Anche quando iniziò a vedere sfuocato, diede la colpa alle medicine. E non a quella roba bagnata che gli scappava dagli occhi. Salata? Che schifo.

 

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ok, le canzoni sono di bobo rondelli (l'ora dell'ormai) e di vecchioni (figlia). la malattia mentale è mia.
boia, sono andata lunga un po' e via.

 

  
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