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Autore: Britin_Kinney    13/12/2012    5 recensioni
Erano appena le sei del mattino quando Merlin, con le mani infreddolite spalancò la saracinesca della sua cioccolateria.
Si fermò ad osservarla per qualche secondo come faceva ogni dì, con orgoglio la cioccolateria "Albion"
[...]
"Ho la gola in fiamme" mormorò accasciandosi sul bancone "Ti dispiace se torno a casa? Ci sono altre tre consegne da fare. Le farei ma non riesco neanche a muovermi" Merlin lo ascoltò e poi annuì.
"Ma certo" rispose affabile "Chi è rimasto?" chiese.
"La signora Charles, il signor Slaver e... un certo Artù Pendragon" informò, Merlin annuì mentre l'amico ammiccando verso il pacchetto destinato ad Artù Pendragon mormorò: "Prende sempre gli amaretti al cioccolato bianco, i tuoi preferiti" Gwen sorrise.
"Oh, allora è lui. Merlin si chiede sempre chi sia a scegliere i suoi dolcetti preferiti, ma non riesce mai a darsi una risposta" affermò.
"Bhe..." fece Merlin sfilandosi il grembiule beige dalla nuca e riponendolo al suo posto e cioè appeso al chiodo "È ora che io vada" annunciò "Oh, Elyan il foglio con gli indirizzi" disse dandosi un buffetto sulla fronte, controllò l'indirizzo di quel Pendragon...
"Ma abita dall'altra parte della città!" si lamentò.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Chocolat
Capitolo 1
Erano appena le sei del mattino quando Merlin, con le mani infreddolite spalancò la saracinesca della sua cioccolateria. 
Si fermò ad osservarla per qualche secondo come faceva ogni dì, con orgoglio la cioccolateria "Albion" non sapeva nemmeno perché l'aveva chiamata così, aveva sognato l'insegna della sua cioccolateria con quel nome sopra e... aveva deciso che doveva usarlo... 
Merlin gettò uno sguardo a destra e a sinistra lungo il marciapiede e scorse una vecchietta che si affrettava ad appressarsi al suo negozio: la sua prima cliente di ogni giorno da quando aveva inaugurato il locale. 
"Salve, signora Alice" la salutò cordialmente, la vecchia gli posò una mano fredda sulla guancia altrettanto fredda e arrossata e gli mormorò un: "Buongiorno, caro" sorridendogli. 
La signora Alice era una donna dolcissima e affabile ed ogni mattino Merlin gli offriva sempre una tazza di cioccolata calda. Lei sosteneva che Merlin facesse la più buona cioccolata calda di tutta l'Inghilterra e dintorni e che adorava quando lui le deliziava i sensi con le sue meraviglie. 
Merlin sorrideva, arrossendo, per i suoi complimenti. Adorava chiacchierare con lei di tutto. 
Finché i due passanti delle sei, diventavano duecento verso le nove, l'orario in cui con qualche fiocco di neve sparso qua e là tra i capelli castani, entrava Gwen, la sua migliore amica. 
La suddetta si era auto-assunta, affermando che Merlin non le doveva alcuno stipendio, diceva sempre che le bastavano i sorrisi soddisfatti dei clienti e la felicità del suo migliore amico. 
Merlin, anche se era contrario al fatto che lei lavorasse senza salario, reputandola un'ingiustizia bella e buona, alla fine, aveva ceduto sotto il peso delle arringhe dell'amica. 
Gwen, si sfilò il cappotto, i guanti e la felpa sorridendo per il piacevole tepore che trovava ogni mattina in negozio poiché Merlin accendeva sempre i riscaldamenti al massimo, essendo che anche lui era un inguaribile freddoloso. 
Gwen, afferrò il grembiule dal chiodo e mentre lo indossava lasciò un bacio sulla guancia di Merlin, per salutarlo. 
"Buongiorno, Merly" fece squillante "Buongiorno, signora Alice" anche sulla guancia della vecchina arrivò un bacio. 
Poi Gwen sorrideva all'amico e cominciava a lavorare con energia e solarità. 
La signora Alice non perdeva occasione per ricordare a Merlin quando Gwen fosse una ragazza... perfetta. 
"È così carina, Merlin. Secondo me, dovresti portarla a cena" e poi gli strizzava l'occhiolino facendo arrossire Merlin e, suo malgrado, anche Gwen. 
"Signora Alice..." cominciò come tutte le mattine il ragazzo all'indirizzo della più anziana "Io e Gwen, ci conosciamo da quando abbiamo quattro anni e sarebbe un peccato rovinare la nostra amicizia. E, poi, anche volendo non si può perché..." fece e come ogni mattina Gwen e la vecchina completarono la frase: 
"Perché a me piacciono i ragazzi" recitarono scimmiottando il tono di Merlin che si adagiò un dito sulle labbra "Shh, però è un segreto" sussurrò, facendo sorridere le due. 
La mattina trascorreva tra ordini a domicilio, di cui si occupava Elyan, il fratello di Gwen e tazze di cioccolata calda con pasticcini al cioccolato bianco. 
Verso le sette del pomeriggio, Elyan tornava dalle consegne con i soldi e li dava a Merlin che insisteva per dare lo stipendio anche al ragazzo. 
Gwen, stavolta, non aveva potuto controbbattere e Elyan aveva chiesto poco, poiché avendo solo diciotto anni, non necessitava di chissà quale cifra. 
"Elyan!" esclamò Gwen, andando ad abbracciare il fratello che batteva i denti. 
"Gwen, ti prego, ho bisogno di qualcosa di caldo... non mi importa se acqua calda, qualsiasi cosa purché sia calda" e un secondo dopo starnutì, soffiandosi il naso con un fazzolettino. 
"Elyan, ma stai bene?" gli mormorò preoccupata la sorella. 
"N-no. Per niente, credo mi stia venendo la febbre" informò avendo un capogiro. Sudava freddo. La sorella gli poggiò una mano sulla fronte. 
"Elyan, ma tu scotti!" esclamò facendolo accomodare su uno degli sgabelli della cioccolateria, Merlin si premurò di preparargli un infuso caldo di Thè alla menta. 
"Ho la gola in fiamme" mormorò accasciandosi sul bancone "Ti dispiace se torno a casa? Ci sono altre tre consegne da fare. Le farei ma non riesco neanche a muovermi" Merlin lo ascoltò e poi annuì. 
"Ma certo" rispose affabile "Chi è rimasto?" chiese. 
"La signora Charles, il signor Slaver e... un certo Artù Pendragon" informò, Merlin annuì mentre l'amico ammiccando verso il pacchetto destinato ad Artù Pendragon mormorò: "Prende sempre gli amaretti al cioccolato bianco, i tuoi preferiti" Gwen sorrise. 
"Oh, allora è lui. Merlin si chiede sempre chi sia a scegliere i suoi dolcetti preferiti, ma non riesce mai a darsi una risposta" affermò. 
"Bhe..." fece Merlin sfilandosi il grembiule beige dalla nuca e riponendolo al suo posto e cioè appeso al chiodo "È ora che io vada" annunciò "Oh, Elyan il foglio con gli indirizzi" disse dandosi un buffetto sulla fronte, controllò l'indirizzo di quel Pendragon... 
"Ma abita dall'altra parte della città!" si lamentò. 
"Lo so, ma questo può essere sia un male che un bene" commentò Elyan tirando su col naso. 
"Eh?" gracchiò Merlin. 
"Può essere un male perché: punto primo..." cominciò ad elencare sulla punta delle dita "Devi attraversare Londra. Punto secondo: Prendi un freddo cane, perché lui abita praticamente in montagna. È un bene perché, punto primo: la notizia che i tuoi dolci sono strabilianti è arrivata dall'altra parte della città e punto secondo: di questo passo potrai estenderti per tutta l'inghilterra". 
Merlin sorrise alle supposizioni dell'amico infilò i guanti di lana e afferrò i pacchetti confezionati per il domicilio. Uscì fuori, un fiocco di neve gli si posò sul nasino arrossato, mentre saliva in macchina, adagiò con cura le tre scatole sul sedile del passeggero e passò attorno ad esse la cintura di sicurezza, allacciò la sua e mise in moto. 
Quando fu nei pressi dell'indirizzo della prima consegna, slacciò la cintura ai dolcetti e afferrò il primo pacchetto. Entrò nel vialetto di una casupola in legno, dalla cui finestra proveniva una luce aranciata, segno che il camino doveva essere acceso. Lesse sul campanello il cognome: Charles. Sì, era proprio quella l'abitazione. Suonò e pochi secondi più tardi una signora sui quaranta anni con i capelli color caramello andò ad aprire. 
"Salve" salutò Merlin con un gran sorriso "Sono qui per l'ordine alla cioccolateria Albion, ho questi da consegnarle" scostò un po' la scatola dal petto, mostrandola alla signora Charles che fece un gran sorriso. 
"Aspetta un secondo, vado a prendere il portafogli" quando lei vide che Merlin aspettava fuori dalla porta fece un cenno con la mano invitandolo ad entrare "Prego, prego vieni. Starai morendo di freddo" gli disse. 
"Sì, un po'" ammise Merlin. 
"Accomodati, vado a prendere i soldi, aspetta qui" lo lasciò nel bel mezzo del salotto ad attenderla mentre saliva le scale. 
Si godette un po' il tepore del caminetto acceso, anche se a distanza da lui e si prese un po' di tempo per osservare la casa: la signora Charles aveva un buon gusto per gli arredi, infatti tutto sembrava richiamare un vago color arancio e giallo, sicuramente era una persona solare, Merlin l'avrebbe detto anche senza vederla. Si poteva capire, solo dalla disposizione delle cose sui mobili che fosse una persona ordinata e alla mano. 
"Eccomi" annunciò al moro, scendendo con le banconote tra le mani, Merlin gli porse la scatola e lei gli diede i soldi, vide che c'erano due sterline in più e frugò nelle tasche per cercare il sacchetto del resto, lei capì e sventolò una mano davanti al viso: 
"Non preoccuparti, il resto tienilo come mancia: non deve essere facile con tutto questo gelo fare delle consegne". 
Merlin scosse il capo "No, no, dovrei avercelo qui. Aspetti" sentenziò educatamente continuando a cercare. 
"Davvero, non è necessario" fece lei sorridendo, allora Merlin capitolò e le promise che la prossima volta che fosse venuta a trovarli alla cioccolateria le avrebbe offerto una cioccolata calda e dei bourbon, lei accettò volentieri e lo accompagnò alla porta. 
"Grazie mille!" esclamò la signora mentre Merlin percorreva il vialetto. 
"Grazie a lei" le disse sorridente. 
Quando salì in macchina scrutò il foglietto degli ordini: il signor Slaver e l'indirizzo corrispondente. 
Cancellò il primo ordine e mise in moto, avviandosi. 
Il signor Slaver era un simpatico vecchio panciuto con dei baffi enormi. 
"Oh!" gridò gioviale non appena vide Merlin sulla porta con i suoi dolci in mano. "Cara, è arrivato il ragazzo della cioccolateria Albion!" annunciò alla moglie che rapida scese le scale e sorrise a Merlin. 
"Salve" fece lui cortese. 
"Ciao, caro. Quanto viene?" chiese lei. 
"Sono quattro sterline e cinquanta centesimi" lei contò i soldi e glieli porse con un sorriso. 
"Grazie" mormorò Merlin consegnando la scatola. 
"Grazie a te, tesoro" rispose la moglie del signor Slaver, il ragazzo salì in macchina per la terza volta, si sfilò i guanti e controllò il prossimo ordine: Artù Pendragon. 
Sentì un brivido a leggere quel nome pensando, tuttavia, che fosse colpa del freddo killer. Gettò un'occhiata all'ultima scatola rimasta al cui interno vi erano i suoi dolcetti preferiti: amaretti al cioccolato bianco. 
Non ci pensò oltre e riallacciando la cintura, mise in moto. 
Dopo venti minuti di viaggio, decise di accendere la radio in modo da avere la musica a tenergli compagnia. Sentì le prime note di Come Cover Me dei Nightwish riecheggiare in macchina e sorrise: la sua canzone preferita.                                                  
Dopo quarantacinque minuti pieni, arrivò all'indirizzo segnato sul foglietto. 
Scese dalla macchina e portò con sé gli amaretti. Non c'era campanello, solo una targa dorata fissata sulla porta mostrava il cognome: "Pendragon" è questa, constatò Merlin sollevato. 
Bussò e pochi secondi più tardi vide apparire una ragazza dagli occhi verdi "Ciao!" fece lei entusiasta "Aspetta, chiamo mio fratello. Sai ero al telefono e non mi sembra educato far aspettare la mia amica in linea" Merlin sorrise per la sua franchezza. 
"Ma certo" affermò, Morgana sparì oltre la porta e al suo posto spuntò il tanto atteso Artù Pendragon che, malgrado avesse davanti una creaturina che reputò subito indifesa e dolce, si aspettava di trovare Elyan.  
Merlin non aveva mai visto niente di più bello in vita sua, ebbe l'irrefrenabile voglia di chiedergli un appuntamento ma, contro la sua volontà, si morse il labbro inferiore e attese. 
"Ciao" lo salutò Artù, incantato suo malgrado dalla dolce bellezza del viso di Merlin, gli porse la mano, per un saluto formale: Merlin l'afferrò e sentì una scossa elettrica corrergli lungo la spina dorsale. 
Quando si dice... colpo di fulmine.
 
Passarono alcuni secondi, secondi durante i quali Merlin maledì il suo cervello per la disattivazione di ogni funzione vocale. 
"Allora...emh" Artù si schiarì la voce e Merlin capì di aver fatto la figura dell'idiota. 
"Oh, io... emh... scusa. Questi sono gli amaretti che hai ordinato" gli porse la scatola con perseveranza, quando Artù l'afferrò le loro mani si incontrarono di nuovo e Merlin fece di tutto per sfuggire a quel contatto, gesto che non sfuggì ad Artù. 
"Fallo entrare, Artù! Sarà morto di freddo! Lo sai che la cioccolateria si trova dall'altra parte della città? Ha fatto un lungo viaggio" fece la sorella servizievole, ammonendo il fratello. 
 
"N-no, davvero, non è necessario" provò a controbattere Merlin, ma due zaffiri blu, diedero manforte alle parole di Morgana. 
"Ha ragione, vieni, entra" lo invitò il biondo. Morgana salutò la sua amica al telefono. 
"D'accordo Sophia, sì. Ciao" e premendo il tasto rosso, poggiò la cornetta sul tavolo. 
"Artù, io vado da Sophia a dormire stanotte" informò. 
"D'accordo, ma ricordati..." 
"Sì, lo so: di chiamare quando arrivo" completò la frase del fratello. 
"Bene. E..." 
"Le chiavi di casa. Lo so, Artù. Non ho più dodici anni" lo zittì, sorridendo. Lasciò un bacio sulla guancia del fratello e salutò Merlin con la mano, sorridendogli. 
Mentre il moro si sentiva sempre più a disagio sulla poltrona blu sulla quale era stato invitato ad accomodarsi. 
"Davverò gentile tua sorella... emh" 
"Morgana" gli ricordò Artù. 
"Già..." passarono pochi minuti, scanditi da un grande orologio a pendolo posizionato sul camino acceso, i suoi rintocchi riempivano l'imbarazzato silenzio tra i due. 
"Bhe, io vado" fece Merlin ad un certo punto, ma quando aprì la porta una folata violenta di vento inglese gli riversò una quantità indicibile di fiocchi di neve addosso. 
Imperterrito, decise che doveva tornare alla cioccolateria, era già tardi e sicuramente Gwen lo stava aspettando... 
"Non dovresti viaggiare con questo tempo" fece Artù avvicinandosi a lui. 
"Ma, tua sorella è uscita" ribattè educatamente Merlin. 
"Sì, ma la meta di Morgana dista cinque minuti da qui. Tu devi attraversare la città. È meglio se ti fermi qui" consigliò accoratamente. 
"Ma..." cominciò Merlin, con la forte convinzione di voler restare lì, una sensazione nuova si fece strada in lui quando gli occhi gli caddero accidentalmente sui pettorali messi in evidenza dal maglione avana di Artù, la voglia di afferrargli il viso tra le mani e baciarlo fino a non avere più fiato. Si morse le labbra, maledicendosi per i suoi pensieri e insultando la sua fantasia che gli stava decisamente giocando un brutto tiro. 
"D'accordo, mi fermo" annunciò, infine. 
"Okay" Artù sorrise e Merlin ebbe un capogiro per il fiato trattenuto, credette di cadere per terra ma due braccia forti lo afferrarono, il viso di Artù e il suo respiro caldo sulle guance non facevano che peggiorare la situazione. 
"Stai bene?" chiese preoccupato il biondo. 
"Sì, il freddo mi destabilizza e dev'essere anche perché non ho mangiato niente" 
Stronzate, Merlin. Sai benissimo che il capogiro non è dovuto al tuo stomaco irrimediabilmente vuoto! Strillò la sua coscenza. 
"Bhe, stavo preparando la cena prima che arrivassi tu, possiamo... ecco... mangiare insieme se vuoi" propose il biondo gentilmente... 
"S-sì, fammi solo chiamare la mia amica, devo dirle di chiudere il negozio" mormorò prendendo il cellulare... ma con suo grande dispiacere vide che non c'era campo. 
"Maledizione" imprecò a mezza voce. 
"Che succede?" chiese Artù. 
"Non  c'è campo, deve essere per il brutto tempo" ragionò. 
"Puoi usare il telefono di casa" propose il biondo. 
"Davvero? Posso?" chiese. 
"Certo" rispose sorridendo Artù e Merlin distolse lo sguardo per evitare di avere un altro capogiro. 
Si diresse verso il tavolo e afferrò la cornetta tra le mani, digitò il numero e attese. 
"Cioccolateria Albion, buonasera" rispose Gwen con il solito tono professionale di quando rispondeva al telefono del negozio: Merlin sorrise. 
"Gwen, sono Merlin. Sono rimasto bloccato da... Artù Pendragon. Fuori c'è una bufera e..." l'amica lo interruppe stranamente felice. 
"Sì, lo so. C'è un tempaccio" commentò e sentì un ghigno divertito. 
"Chiudi tu il negozio, ho lasciato le chiavi sul bancone, vero?" chiese, dall'altro capo si sentì un fruscio di carte e qualcosa che si accartocciava e poi il tintinnare metallico delle chiavi. 
"Sì, le chiavi sono qui" rispose Gwen. 
"D'accordo" fece Merlin "Grazie, Gwen" la ringraziò, la bruna si limitò ad annuire dall'altro capo del telefono. 
"Non c'è di che, Merly" rispose. 
E poi la telefonata si interruppe, la linea cominciò a mandare il segnale del mancato campo. 
E due secondi dopo anche la luce si spense, così come il camino pochi minuti prima. Rimasero al buio. 
"Artù?" chiamò Merlin. 
"Sono in cucina" rispose per abitudine. 
"Ma... io non so dov'è la cucina" commentò divertito il moro. 
"Aspetta, fermo dove sei. Vengo a prenderti" Merlin cercò di restare fermò, sentiva i passi di Artù avvicinarsi e il suo respiro farsi sempre più vicino, insieme al suo profumo. 
"La senti la mia voce?" chiese. 
"Sì" rispose il moro. 
"Allora cerca di seguirla" facendo circa un metro, Merlin con la mano tesa in avanti, incontrò quella di Artù e l'ennesima scossa elettrica involontaria gli fece vibrare l'anima. 
"Ecco... ci siamo quasi" Merlin non capiva come Artù riuscisse a muoversi così abilmente con tutta quella oscurità, inciampò nel bordo di un tappeto e arrivò addosso al biondo che prontamente lo afferrò con le braccia intorno ai fianchi. La punta del nasino arrossato di Merlin, sfiorò la guancia di Artù e, per errore, le loro bocche furono così vicine da sentire quasi il sapore l'uno dell'altro sulla lingua. 
La luce che tornò, spezzò l'incantesimo di quell'attimo e constrinse entrambi a separarsi imbarazzati. 
"Allora, emh... che cosa fai qui a Londra?" chiese Merlin quando si fu accomodato sullo sgabello in cucina, sorseggiando un bicchiere d'acqua fresca. 
"Studio lingue" rispose Artù. 
"Bello" commentò Merlin. 
"La mia famiglia abita in italia, a Roma. Non so se la conosci" Merlin annuì, con ancora un sorso d'acqua in bocca. 
"Mmh, sì. Sì, la conosco" confermò "È la capitale" affermò cercando di ricordare le poche lezioni di geografia italiana. 
"E tu, invece?" chiese Artù, anche se era ovvio come il sole... 
"Bhe, ho aperto la cioccolateria e..."
"Aspetta" lo bloccò Artù "Vuoi dire che sei tu a preparare quei dolci?" chiese. 
"Sì, sono io il pasticcere e il proprietario" Artù sorrise. 
"Scusami... cioè, io avevo frainteso. Pensavo fossi un altro ragazzo delle consegne. Di solito i pasticceri sono uomini baffuti, panciuti e... ts, lascia perdere" spiegò sorridendo per la sua gaffe. 
"No è che Elyan, il ragazzo delle consegne a domicilio, è tornato con la febbre e non avevo cuore di mandarlo ancora in giro. Così ho preso il suo posto" narrò.
"Non ho mai sentito una cosa del genere" commentò con un leggero filo di sarcasmo Artù. 
"Che cosa?" chiese Merlin. 
"Un titolare che prende il posto del suo ragazzo delle consegne... Wow" fece. 
"Wow, cosa? È sbagliato?" chiese arrossendo. 
"No, no. È la cosa più dolce, caritatevole e gentile che abbia mai sentito in vita mia" Merlin arrossì di brutto... doveva essere colpa del riscaldamento... 
"Ma... parlami un po' della tua famiglia. Da quanto abita in italia?" chiese. 
"Da sempre, io sono nato lì e anche Morgana" Merlin fece un gran sorriso. 
"Quindi... tu sei italiano" constatò. 
"Sì" rispose. 
"Eppure parli un inglese perfetto" si complimentò. 
"Sì, anche tu" rispose il biondo scherzando. 
"Io sono inglese!" ribattè Merlin fintamente offeso. 
"Dal tuo accento sembreresti più... irlandese, ecco" conluse Artù. 
"Sono di origini irlandesi, mi sono trasferito qui quando avevo dodici anni" raccontò Merlin. 
"Oh, bhe: non dev'essere stato facile" commentò. 
"No. I miei sono morti quando avevo undici anni e, fino alla maggiore età sono stato ospitato dal fratello di mio padre, mio zio Gaius. Quando ho avuto soldi a sufficenza e l'età giusta ho cercato una casa per i fatti miei e ho aperto la cioccolateria" raccontò, rigirandosi il bicchiere tra le dita. 
"La tua storia mi piace" commentò Artù "Sembri... non so, saresti da paragonare al vento" Merlin rise. 
"Al vento?" chiese "Cosa c'entra il vento?" Artù sorrise mentre divideva la pasta nei piatti. 
"Qualunque cosa tu voglia fare, la fai, sei libero. Hai sempre scelto ciò che hai ritenuto migliore per la tua persona ed eccoti, proprietario della miglior cioccolateria di tutta l'Inghilterra" Merlin arrossì a quel complimento e si vide mettere il piatto fumante di spaghetti al pomodoro di fronte. 
"Questo è un tipico piatto italiano" informò Artù, sorridendo. 
"Sì... ho sentito parlare dei vostri spaghetti" commentò Merlin gioviale. 
"È un prototipo italiano per eccellenza. Vuoi sapere con quali termini ci riconosce il mondo? Spaghetti, mafia" elencò sulla punta delle dita. 
"Ma non è vero!" esclamò ridendo Merlin "Dicono che gli italiani - e non sono parole mie, credimi - dicono che sappiano fare bene l'amore" 
Merlin? Ma in che cazzo di argomenti ti vai ad infilare?! 
"Bhe, non so se questo è vero... ma sicuramente sappiamo amare con passione" rispose Artù ridendo, vedendo le guance di Merlin in fiamme. 
"Emh, ho visto la foto di una ragazza con i capelli biondi... è... è la tua ragazza?" chiese di punto in bianco Merlin.
"No, è mia cugina: Vivian" rispose Artù sorridendo divertito.
"E, non hai una ragazza? Non hai conosciuto nessuna, qui, a Londra?" chiese buttandola sul vago. 
"No. A me non... non piacciono propriamente le ragazze" rispose e per la prima volta in quella serata Merlin vide Artù arrossire.
"Quindi, ti piacciono i ragazzi?" constatò educatamente Merlin. 
"Sì, sono gay" rispose. 
"Strano avrei detto che..."
"Sì, lo so. Anche mia sorella non ci voleva credere quando gliel' ho confessato"
"Mio zio credeva stessi scherzando, invece" disse ricordando il giorno in cui aveva detto a Gaius che era omosessuale. 
"Cosa... cioè... anche tu sei gay?" chiese Artù.
"Sì" fu il monosillabo divertito la risposta di Merlin.
"Fico" commentò Artù.
"Già" aggiunse Merlin, senza dire altro. Continuò a mangiare, fin quando Artù non tirò fuori una bottiglia di vino rosso.
"Allora, quali sono i tuoi programmi per la serata?" chiese schietto Merlin, sotto l'influsso del primo bicchiere di vino.
"Avevo intenzione di guardare un film" rispose.
"Oh" fece Merlin.
"Perché quell 'oh'?" chiese Artù ridendo dell'espressione del moro.
"Perché credevo che i ragazzi come te uscissero, si svagassero e si portassero a letto metà della popolazione mondiale in meno di una settimana" confessò facendo scoppiare a ridere Artù, ridendo con lui.
"No, ma grazie per avermi dipinto come prostituto del pianeta. Preferisco stare in casa, nella mia tranquillità" ammise sorridendo. 
L'attimo di silenzio che seguì, vide i due fissarsi in silenzio. Finché Merlin non ritenne che Artù era troppo vicino... e ciò lo imbarazzava più del dovuto. Perciò spezzò il silenzio, allontanandosi e chiedendo:
"E che genere di film avevi in mente?" Artù sospirò allontanandosi.
"Bhe, si chiama: Poeti dall'inferno. È del 1995, parla del rapporto passionale tra il mio poeta francese preferito Arthur Rimbaud e..."
"...e il mio poeta francese preferito, Paul Verlaine" concluse Merlin.
"Davvero è il tuo poeta preferito?" chiese Artù.
"Sì, lo è. Mia madre adorava la poesia francese e Verlaine era il suo poeta preferito. Mi inculcò la sua poesia fin da quando avevo cinque anni. I miei genitori si conobbero grazie ad una sua poesia" raccontò sorridendo dolcemente.
"Che cosa dolce" commentò Artù "Ma, adesso ci aspetta una serata piena di sodomia e poesia francese, sei pronto?" 
Alla parola sodomia, Merlin prese le sembianze di un peperone, facendo ridere il biondo.
Artù aprì un armadio in mezzo al corridoio consegnandogli una coperta e poi ne prese una per sé.
Introdusse il dvd e agguantò il telecomando, Merlin si sedette a gambe incrociate sul divano, accanto ad Artù che premette Play per far partire il film.
"Rimbaud è interpretato da Leonardo di Caprio?" chiese stupito Merlin. 
"Sì" rispose Artù.
"Ma... non è gay" rifletté. 
"Sì e appunto per questo è stato un grande" ribattè il biondo.
E poi continuarono a guardare il film in silenzio. 
Quando arrivò la scena del bacio tra Verlaine e Rimbaud, Merlin arrossì sentendo una scossa elettrica provenire da Artù, avrebbe voluto baciarlo... stringerlo... ma lo conosceva solo da una sera! 
E poi, era sicuro che il biondo lo avrebbe respinto.
La scossa elettrica aumentò quando -senza alcuna pietà per il suo basso ventre- Rimbaud affondava nel corpo di Verlaine. La scena era anche abbastanza esplicita e l'orgasmo di Rimbaud anche... forse un po' troppo.
Artù sembrava indifferente, sembrava stesse guardando un cartone animato. Tutto gli scivolava addosso, a differenza di Merlin che era sempre più agitato, eccitato e a disagio. 
Quando sentì una mano posarsi sul suo viso sussultò.
"Dormi?" chiese il biondo.
"No, perché?" chiese.
"Perché il film è finito" rispose Artù ridacchiando.
"Vuoi un bicchiere di vino?" chiese il padrone di casa.
"Sì, grazie" accettò Merlin, cortesemente, sentendo le gambe intorpidite. Scese dal divano, sgranchiendosele e andò in cucina dove Artù versava del vino rosso in due bicchieri.
"Posso?" indicò uno sgabello Merlin.
"E me lo chiedi anche?" fece Artù scuotendo il capo, alché Merlin si sedette con un sorriso. Il biondo gli passò il bicchiere mezzo pieno e Merlin sorseggiò il vino, un po' per volta, tentando di tenere sotto controllo la situazione, finché non gli sfuggì di mano. 
Artù lo prese in braccio e lo adagiò sul divano.
"Credevo reggessi bene l'acool" commentò divertito.
"Bhe... non è proprio così. Comincio a dire tutto quello che mi passa per la testa. Io non sono un ubriaco normale, gli ubriachi normali vomitano. Io dico solo fesserie" 
Artù rise mettendogli un panno umido sulla fronte, si inginocchiò sul tappeto accanto alla figura distesa di Merlin. 
"Va meglio?" chiese dopo un po' Artù.
"Sai come andrebbe meglio?" cominciò Merlin e probabilmente si sarebbe auto-picchiato, se fosse stato cosciente della frase che stava per dire.
"Come?" chiese curioso Artù. 
"Se tu mi baciassi" rispose Merlin. Artù fece una risata bassa.
"È una delle tue fesserie da ubriaco? O una cosa che ti passa per la testa?" chiese Artù, coinvolto dalla discussione.
"Veramente ho desiderato di baciarti da quando ti ho visto spuntare sulla porta..." confessò Merlin ridacchiando colpevole, facendo sorridere Artù.
"Bhe... allora devo rimediare a questa mancanza" fece il biondo. Si avvicinò lentamente, vide il fuoco del camino riflettersi e bruciare negli occhi turchesi di Merlin e, molto probabilmente, fu quello il momento in cui si innamorò di lui. 
"Sei sicuro di voler baciare un estraneo?" chiese Artù scherzando.
"Ma... tu non sei un estraneo, sei Artù Pendragon" rispose con ovvietà Merlin, provocando ad Artù qualche risata divertita.
"Oh, bhe..." fece Artù "Allora suppongo che dovrò baciarti" concluse.
Merlin lo guardò negli occhi, diventando improvvisamente lucido. Infilò le dita rosee alla base della nuca di Artù, tra i suoi capelli.
Il biondo senza alcuna esitazione avvicinò il viso a quello di Merlin. E gli soffiò sulle labbra rosse e calde un:
"Sai che questo ti lega a me, adesso?" 
"Sì, quindi: baciami. Perché davvero comincierò a dire altre fesserie. Zittiscimi" ordinò.
E finalmente il biondo chiuse la bocca del moro con la sua.
Si alzò e punterellando un ginocchio sul divano, si sdraiò su Merlin che divaricò le gambe per permettere ai loro corpi di combaciare. Artù avvolse entrambi con la coperta. Mentre Merlin baciandogli la schiena con i palmi delle mani, lo attirava sempre più contro di lui. 
Una mano del moro, scivolò ad accarezzare i pettorali di Artù, non aveva mai, in tutta la sua vita, desiderato un uomo con tanta intensità, con tanto ardore.
Una volta che le loro labbra si divisero, furono le loro fronti ad unirsi.
Artù sorrise, sfiorando il nasino arrossato di Merlin con il proprio.
"Credo di stare per addormentarmi..." ammise Merlin arrossendo, Artù ridacchiò.
"Bhe, allora dormi" gli consigliò, baciandogli la fronte. Merlin chiuse gli occhi e alla fine si rilassò così tanto con il calore di Artù premuto contro il suo che finì per addormentarsi.
Artù scosse il capo sorridendo e si sollevò da lui, accovacciandosi sulla poltrona. Non aveva cuore di andare al piano superiore per lasciarlo lì da solo. Non era per niente stanco, così si mise a guardarlo: la sua espressione rilassata e il suo mezzo sorriso sereno mentre dormiva erano qualcosa di così delizioso che... non riusciva a spiegarlo nemmeno a se stesso. 
Ma decise che Merlin doveva essere suo.
  
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