1.
La pioggia del cambiamento
Da giorni non fa che piovere. Con il
tempo ho iniziato ad odiare la pioggia, anche se una
volta sarei rimasta ore a vederla scendere dal cielo, come se qualcuno
dall’alto avesse lasciato i rubinetti aperti e ora non fosse più in grado di
controllare il flusso dell’acqua. Mi stupisco di quanto posso ragionare da
bambina a volte, anche se non lo sono più, non lo sono mai stata realmente,
come a volte non mi sento neanche una vera donna. Forse perché lavoro solo ed
esclusivamente con degli uomini e, anche se lo vorrei, non posso esternare la
mia femminilità, che forse con la forza dell’abitudine ho perso. Chi lo sa!
Quello che so è che da qualche tempo non riesco a fare altro che pensare a ciò
che non sono e non ne capisco il motivo. Non mi è importato mai molto di come
apparivo, a lui andavo bene in qualsiasi modo mi presentassi, ma per lui non sono che un sottoposto e sono pochi i momenti in cui mi
tratta in modo diverso o ha atteggiamenti dolci nei miei confronti, ma in fondo
che mi posso aspettare, tra soldati queste cose sciocche non sono permesse.
Prima mi davano molto fastidio i suoi atteggiamenti, soprattutto quando se ne
usciva, senza che nessuno glielo avesse chiesto, che aveva un appuntamento con
una donna. Ora invece, vorrei tanto che tornasse ad
essere quello di prima…
- Dannata pioggia, se continua così non posso neanche
andare a casa!-
Sbottò Havoc seriamente contrariato del maltempo, che imperversava da giorni.
Buttava spesso l’occhio sulla finestra, sperando che smettesse di buttar giù
acqua, ma inutilmente.
- Perché hai tanta voglia di andartene a casa, usciamo a bere qualcosa e
cerchiamo di scaricare la tensione in qualche modo.- Rispose il sergente
maggiore Fury, con qualche punta di incertezza nella
voce, a volte riusciva ad essere troppo timido per essere un soldato. Il
colonnello da dietro la sua scrivania alzò l’occhio verso quello, che in quel
momento, gli sembrava solo un ragazzino imbarazzato e abbozzò un sorriso. Havoc
rispose con un segno rassegnato del capo accendendosi un’altra sigaretta. La
proposta fu accolta anche dagli altri, gli unici che rifiutarono furono proprio
il colonnello e il tenente, seduto alla scrivania che da ore non faceva che
esaminare noiosi rapporti. A fine lavoro si prepararono per uscire. Fu Havoc a
chiedere per l’ultima volta al colonnello se voleva unirsi a loro.
- Ho ancora del lavoro da sbrigare e devo leggere l’ultimo rapporto di Acciaio,
non posso davvero. Sarà per la prossima. -
Havoc rivolse la stessa domanda anche al Tenente Hawkeye, cercando di
convincerla. Secondo lui il tenente era una donna troppo dedita al suo lavoro e
ultimamente cercava sempre di farla svagare in qualche modo. La guardò a lungo
prima di farle la domanda, ma capì subito quale sarebbe stata la risposta.
- Se vado via di sicuro il Colonnello non combinerà
niente e domani saremo costretti a svegliarci prima, per coprirlo come al
solito…- Mustang l’aveva guardata con aria di stizza cercando di sembrare il
più offeso possibile, ma lei non si lasciò intenerire e lo fulminò con lo
sguardo, dicendogli di non perdere tempo. Fu una scena divertente che costrinse
gli altri ad andarsene. Non appena chiusero dietro di loro la porta, Riza tornò
a concentrarsi dietro la piccola scrivania in legno,
cercando di correggere alcuni documenti e controllare che Mustang li avesse
firmati, mentre il colonnello si immerse nella lettura di tutta quella
burocrazia, che gli faceva venire la nausea ogni volta.
Scese un silenzio profondo, ma per nulla imbarazzante, infondo vi erano
abituati. Lavorare per entrambi era diventata una questione di
vita o di morte, tutto da quando Hughes li aveva lasciati. Mustang non
aveva fatto altro che mettere tutto se stesso in quel che faceva e voleva a
tutti i costi trovare quel bastardo che gli aveva portato via il suo migliore
amico, Riza lo sosteneva come poteva e cercava di stargli accanto, per
proteggerlo non solo dai pericoli, ma anche da se stesso. Da quel terribile
giorno era cambiato e lei spesso faticava a riconoscerlo, lo guardava per minuti
interminabili cercando di vedere, dietro quella maschera di cemento, che si era
costruito, il suo Roy Mustang, l’alchimista di Fuoco e l’uomo che stimava e
ammirava sopra ogni cosa. I suoi pensieri furono interrotti dal movimento del
colonnello, si sistemò sulla sedia stiracchiandosi le braccia e sbadigliando
senza pudore. Riza sorrise, a volte sapeva tornare
quello di un tempo. Poi i suoi occhi incontrarono quelle scure dell’uomo e ne
rimase catturata, di certo sapeva come guardare una donna, come farla sentire
osservata e desiderata.
- Tenente…- chiese lui con un filo di voce, cercando l’attenzione della donna.
- Ti da fastidio se mi metto più comodo, in questo
ufficio fa così caldo che non riesco neanche a respirare.-
Di certo una strana domanda, ma anche lei stava iniziando a soffrire quell’aria
viziata e acconsentì al sorriso malizioso che si era delineato
sul viso perfetto del colonnello. Tornò a concentrarsi sui fogli che aveva
sulla scrivania, ma non poteva non buttare l’occhio su di lui, che nel
frattempo si era alzato, gettando su una sedia la divisa blu dell’esercito e
rimanendo con una fine camicia bianca. Sbottonò i primi bottoni e accorciò le
maniche fino ai gomiti, tirando fuori dalla cintura i bordi della camicia per
sentirsi più libero possibile.
- Ultimamente la divisa mi sta sempre più stretta, non la sopporto per più di
mezza giornata.- Si grattò la testa, scombinandosi anche i capelli, divenendo
una specie di gattino arruffato agli occhi della donna.
- Forse avete messo su peso, non vi vedo molto attivo da un po’ di tempo a
questa parte.- Ironizzò sulla situazione, cercando di farlo rilassare. Mustang
accolse la battuta di buon grado e si avvicinò alla scrivania della ragazza,
poggiò le mani sul tavolo e si piegò in avanti costringendola a guardarlo negli
occhi, uno sguardo che ogni volta riusciva a immobilizzarla. Era affascinante e
misterioso, perdersi in quel baratro era dolce e bello.
- Io non sono il tipo che mostra il suo fisico come il maggiore Armstrong,
posso conquistare una donna solo guardandola negli occhi…- Aveva un tono di
voce simile ad un sussurro, Riza ebbe i brividi lungo
la schiena, Mustang se ne rese conto e vederla in difficoltà gli piaceva sempre
più. Rimasero a fissarsi per minuti che sembrarono interminabili, occhi negli occhi, due cuori che battevano allo stesso ritmo. Poi lei
non riuscì a reggere più quello sguardo e si alzò di scatto dirigendosi verso
la libreria alle sue spalle, facendo finta di riporre un libro sullo scaffale.
Mustang la sorprese di nuovo, si mosse velocemente e la cinse con le braccia da
dietro la schiena, poggiando il mento sulla spalla di lei,
nello stesso momento in cui il libro che teneva in mano, crollò a terra. Riza
lo sentiva respirare, colpendole il collo e provocandole piacevoli brividi.
Inclinò il capo verso di lui, che prese quel gesto come un assenso.
- Sai perché mi comporto così?- chiese Roy con un filo di voce, strofinando il
naso sulla guancia di lei e cercando la sua pelle con
le labbra. Si muoveva con estrema lentezza, esasperando ogni
gesto e rendendola desiderosa di approfondire quel contatto così unico.
- Sono contento che tu non sia uscita con gli altri, ne sarei stato geloso. Non
mi piace come ti guarda Havoc a volte, come se ti desiderasse più di me…- Riza
non capiva. Non aveva mai notato quel tipo di attenzione da parte del
sottotenente, ma lei non era mai stata brava con certe cose. Roy la costrinse a
girarsi verso di lui e la chiuse in un abbraccio più forte e deciso,
spingendola verso di lui. Anche sotto la divisa, riuscì a sentire la forma del
suo seno, quel contatto gli diede la spinta di
spingersi sempre più oltre. Con la mano destra le slacciò il fermaglio che
teneva legati i capelli di lei e una chioma morbida e
bionda le ricadde sulla schiena, espandendo per la stanza un buon profumo.
Iniziò a baciarle il collo, leggermente, poi sempre più forte, lasciandole
segni rossi e circolari evidenti.
- Colonnello… basta… la prego… io…- Nonostante quello che stesse dicendo, il
suo corpo non ubbidiva alla mente, era guidato da un cuore caldo e pulsante,
che da anni batteva per lui e ora che lo sentiva così vicino, che sapeva che
anche lui la stava desiderando, non riusciva a fargli capire che non era
giusto. Mustang le slacciò la divisa, facendola cadere a terra. Poi iniziò a
slacciarle i bottoni della camicetta il lino iniziando
a intravedere la biancheria e la forma dei seni. Era un gioco che gli piaceva,
lei diceva di no, ma non faceva nulla per allontanarlo e sottostava a tutto
quello che faceva, mentre lentamente, la sentiva sciogliersi sotto la sua
presa.
- Non vuoi queste attenzioni? Non desideravi che io lo facessi, ho forse
interpretato male i tuoi sguardi?- Le strinse forte un seno, facendole quasi
male e baciandola sempre più passionalmente. Lei lo voleva, eppure una cosa le
mancava terribilmente… nonostante tutto Mustang non l’aveva ancora mai baciata
seriamente. Quando sentì che le mani del colonnello avevano iniziato a cercare
dell’altro, arrivando a sbottonarle anche i pantaloni, si tirò indietro con
forza. Scattò così improvvisamente che perse l’equilibrio e ricadde a terra con
un tonfo sordo e imbarazzante.
- Che cosa ti prende?- Sembrava alquanto infastidito, ma si chinò verso di lei
dolcemente, cercando una risposta. Le prese il mento con la mano e lo alzò verso
di lui, solo allora si ritirò come un riccio, scoprendola in lacrime, gli occhi
si erano gonfiati e arrossati, probabilmente lo stava trattenendo da un po’ e
lui non si era reso conto di nulla. - Perché piangi?-
Riza cercò di coprirsi alla meglio stringendo la camicia con una mano, mentre
con l’altra cercava di fermare le lacrime, ma inutilmente. Perché piangeva, se
veramente voleva stare con lui?
- Non stai bene? Ti sei forse fatta male?- Era seriamente preoccupato e quella
reazione lo aveva spiazzato, i suoi occhi si erano fatti dolci e comprensivi,
ma c’era ancora qualcosa che non andava.
Trattenendo a stento dei singhiozzi, cercò di parlare. Sentire la sua voce così
roca e spezzata, fu come se qualcuno lo stesse
uccidendo proprio in quel momento.
- Perché lo hai fatto? Io lo volevo, ma non così… non voglio essere solo un
divertimento, avrei voluto che almeno mi avessi baciata
e non lo hai fatto.-
Aveva persino abbandonato il rispetto per un superiore, dandogli del tu come se
nulla fosse, ma la cosa fu anche peggiore per lui, se avesse continuato a
dargli del lei, avrebbe anche potuto ordinarle di smettere di piangere come una
bambina. Mustang indietreggiò cercando una spiegazione a quelle strane parole,
possibile che non lo avesse fatto? Eppure non si era reso conto di nulla?
Rimase in silenzio, dando fondamento al dubbio che la donna aveva da tempo, voleva solo passare del tempo, infondo non le
interessava. Credere in quello che, fino a quel momento, era stato solo un
dubbio lontano e sfocato, la fece cedere. Si portò
entrambe le mani al viso, schermandosi da quello sguardo privo di senso che lui
le rivolgeva e iniziò a piangere, i singhiozzi le scuotevano le spalle e non
accennò a rialzarsi. Le cose peggiorarono…
Quando lui cercò di farla alzare, lei lo evitò con violenza, gridandogli contro
che non doveva più toccarla, ma proprio in quel momento, forse per volere del
destino, qualcuno rientrò nell’ufficio. Spalancò gli occhi e la bocca, facendo
cadere a terra il solito mozzicone di sigaretta che si portava dietro per un
po’ prima di buttarlo e accederne un’altra.
- Che diavolo succede qui?- Sembrava arrabbiato, ma cercò di trattenere il
sentimento, rivolgendosi al colonnello. - Ero tornato a riprendere il
portafogli che ho dimenticato. Colonnello posso avere
una spiegazione?- Solo in quel momento Riza alzò lo sguardo verso il nuovo
venuto, Havoc sapeva che stava piangendo, ma vedere il suo viso pallido e gli
occhi rossi e carichi di lacrime, lo resero furioso. - Forse è meglio che
riporti a casa il tenente Hawkeye, non credo che stia molto bene…-
Roy non si oppose e non disse nulla, si tirò solo indietro osservando Havoc che
la copriva con la divisa, lasciata in un angolo della stanza e la prendeva di
peso da terra, portandola fuori dall’ufficio. Pioveva ancora, forse il cielo
voleva accompagnare le lacrime che ancora sgorgavano copiosi dagli occhi color
del miele della donna…