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Autore: kannuki    15/12/2012    4 recensioni
[...] Il problema delle spade era il reflusso di sangue che trascinavano uscendo dalle ferite. Ti sporcava i vestiti. Era difficile passare inosservato, dopo. [...]
Caroline aveva insistito per accompagnare Stefan nel bosco ed era entrata nella cerchia dei cadaveri. Ora avevano un vampiro Originale arrabbiato, un secondo vampiro Originale furioso col primo, dodici morti da giustificare e un licantropo orfano e in fuga. Il crollo nervoso era giustificato. Una tisana alle erbe magiche col tuo 'migliore' amico, pure.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Caroline, Forbes, Klaus, Kol, Mikaelson, Rebekah, Mikaelson, Stefan, Salvatore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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There's a tale about Christmas that you've all been told
and a real famous cat all dressed up in red...”

Di schiena poteva ingannarti, ma se lo guardavi bene, il viso rivelava la fine dell'adolescenza bloccata nella prima maturità dell'uomo.

Se ne andava in giro fischiettando un motivetto natalizio che aveva udito, anni prima, da un vecchio lord inglese a spasso col cane, in pieno Hyde Park.

Klaus l'aveva seguito, attratto dalla calma serenità che emanava. Era Natale, Londra era ricoperta di neve e quell'uomo poteva essere Santa Claus. Aveva la barba bianca e corta, ben curata, un vestito di lana pesante e calzava un cappello a cilindro con una fascia di seta. Il guinzaglio nella mano destra e un bastone nella sinistra. Si indovinava un incidente recente dalla sua andatura claudicante. Forse l'uomo era caduto da cavallo. Forse zoppicava dalla nascita.

Sebbene i suoi abiti non fossero di fattura meno squisita, era stato ben attento a rimanere a distanza. Il clima londinese donava un'ombra di malinconia alla sua natura già ombrosa e solitaria e in chiunque lo incontrava, sorgeva la folle tentazione di domandare, di conoscere, di entrare in contattoin qualsiasi modo, in qualsiasi modo! - con il poco più che ragazzo, meno che uomo, Niklaus Mikealsohn. Un nome terribile da portare. Un fardello sanguinoso.

I capelli ricci e biondi erano raccolti in un codino e gli donavano un'aria decadente, dandy, peccaminosa. Francese. C'erano donne, donne di malaffare - puttane da strada - che lo fermavano per offrire i propri servigi ma si ritraevano ammutolite, dopo aver incontrare il suo sguardo passivo. Tornavano dentro, nelle case, al sicuro dai predatori notturni, e c'erano ragazzette di buona famiglia ancora all'oscuro della natura malvagia degli uomini, che sorridevano da sotto i capellini e le velette, arrossivano – le loro meravigliose guance di pesca, l'incarnato chiaro della gente del Nord – mimavano un inchino e si rifugiavano sotto braccio alle madri, non osando più alzare lo sguardo sullo straniero che avrebbe popolato le loro notti e acceso qualche ardito desiderio nei grembi incontaminati.

Londra era magnifica d'inverno. L'uomo poteva essere santa Claus e forse, una volta arrivato in Kensington High Street, sarebbe montato sulla slitta e Klaus l'avrebbe visto volare via insieme alle sue renne. Invece, quando lo vide alzare il bastone da passeggio su una ragazzina cenciosa che chiedeva la carità all'angolo della strada, Klaus si fermò e ascoltò l'urto attutito e il gemito spaventato della piccola.

Lo odiò.

Non per il gesto, non per il dolore procurato alla mendicante.

No.

Lo odiò perché aveva distrutto la fiaba mentale, riportandolo alla cruda realtà della sua condizione.

Condannato a vivere in eterno.

Condannato a ricercare senza poter riposare.

Condannato a prendere senza mai ricevere indietro.

Klaus aspettò che si allontanasse e solo allora si avvicinò alla bambina. Era spaventata, congelata e dolorante per il colpo inflitto. Ne aveva viste tante da sapere che non sarebbe sopravvissuta al gelo notturno.

Buffo.

Le aveva viste, le povere creature abbandonate da Dio, ma non si era mai accorto di aver registrato tante informazioni su di loro. Poteva darle del denaro, poteva regalarle la sciarpa. Avrebbe solo prolungato la sua agonia. Un gesto caritatevole era ben poca cosa, diluito nell'eternità della solitudine. Le aveva rotto il collo, c'era voluto solo un attimo. Era morta nel terrore dell'indifferenza e nel dolore del cinismo umano. Klaus si era allontanato quando il corpo aveva perso l'ultimo calore. Aveva raggiunto l'uomo e l'aveva sbranato come un cane rabbioso che non si ciba giorni.

Non per il colpo inferto alla piccola, no.

Lei sarebbe morta lo stesso.

Il suo sogno, invece, non doveva morire.

Oooooooo Merry Christmas Saint Nick”

La città era morta alle undici di sera. La neve finta continuava ad essere risucchiata e di nuovo sparata dai piccoli cannoni all'ingresso del parco di Mystic Falls. La donna non era scivolata nella fontana. Anche se lo stomaco era pieno di champagne, c'era voluto un piccolo accorgimento per far sì che respirasse l'acqua nei polmoni. E un minuto per toglierle la vita. Klaus non provava alcuna compassione, quella sera. Aveva stretto tredici piccole vite nelle mani e tutte avevano urlato, quando avevano abbandonato il corpo.

She's candy-apple red with a ski for a wheel”

La spada era pesante, molto più pesante di quella abituato a maneggiare in duello con i fratelli. La lama era svanita e aveva dovuto forzare sulla gola della lupa per entrare. Lo schizzo di sangue gli aveva imbrattato il viso. Il problema delle spade, era il reflusso di sangue che trascinava uscendo dalle ferite. Ti sporcava i vestiti. Era difficile passare inosservato, dopo.

Rosso su bianco.

Klaus si sentì molto natalizio. Portò la spada dietro la testa, come se fosse un bastone su cui abbandonare il peso delle braccia, fece un passo avanti, un saltello e atterrò su un piede, canticchiando ora un ritornello che aveva udito provenire dallo stereo di un'automobile, la mattina stessa.

He don't miss no one and haulin' through the snow at a frightenin' speed...”*

Che cosa hai fatto...”

Il secondo piede si unì al primo e la musica si interruppe bruscamente. Klaus sollevò lo sguardo sulle candide vesti di Caroline Forbes. Il suo splendore lo abbagliava. Il terrore che trapelava dagli occhi verdi, lo riconduceva a terra. Fra i miseri e gli abbandonati da dio. Se li sentiva addosso, i suoi occhi. Colpevolizzanti, spaventati. Non voleva sapere. La domanda le era sfuggita di bocca.

Cosa ho fatto con questa spada?” domandò riportandola davanti a se. “O cosa ho fatto con le mie mani?”

Caroline risalì dalle dita lorde di sangue ai polsini fradici. Attonita, non si mosse. “Che cosa hai fatto?”

La fiducia è tutto, dolcezza. Mi sono liberato dei traditori.”

Klaus alzò la spada, puntandola alla sua gola. Caroline non guardò l'arma ma il braccio di chi la impugnava. Pian piano i suoi occhi si spostarono dalla camicia schizzata di sangue al viso disteso del vampiro. La spada fu riportata verso il fianco con un movimento troppo disinvolto per essere studiato. Caroline si chiese quante volte l'avesse fatto, in passato. Klaus piantò la lama nel terreno e Caroline lo guardò. Anche quello non era studiato.

Dov'è, Tyler Lockwood?”

Se lo sapessi, non te lo direi.”

Klaus estrasse un fazzoletto dalla tasca e si pulì le mani. Caroline lo fissò in viso per tutto il tempo. Sotto la maschera di disillusione e sangue, vide rassegnazione.

Ho ucciso sua madre, devo anche prendermi la sua donna, per stanare quel vigliacco?” ronzò a bassa voce bloccando la coscienza di Caroline per un lungo secondo. Aveva ucciso il Sindaco?! Caroline spostò il peso all'indietro e il tacco destro affondò nel terreno. Seguì lo sguardo del vampiro fino alla fontana, dove giaceva il corpo senza vita della donna. Caroline batté le palpebre per ricacciare indietro le lacrime. Klaus aveva perso la sua famiglia surrogata e aveva distrutto quella di Tyler. “Dov'è, Tyler Lockwood?” sussurrò una voce molto vicina al suo orecchio. Caroline alzò le sopracciglia, cercando di distendere la fronte al tempo stesso. Lo sforzo le stirò le labbra e il suo viso divenne una maschera di dolore e paura. “Non sporcarmi i vestiti...”

Klaus la vide formarsi all'angolo dell'occhio, la lacrima. Non aveva paura per se stessa, soffriva per la morte della donna.

Ma tutto quel candore lo abbagliava.

Girò il braccio attorno alla sua vita e la voltò verso di se. La tristezza fu soppiantata dall'incredulità. Klaus sapeva cosa stava pensando: come si permetteva di toccarla con le sue manacce luride di sangue? “E' la tua ultima possibilità per rispondere. Dov'è, Tyler Lockwood?” insistette registrando tutte le contrazioni dei suoi muscoli. Schiena dritta, stomaco in dentro, collo teso. Klaus la schiacciò contro di se. La seta bianca si macchiò del sangue dei dodici ibridi e Caroline lo guardò con un lampo omicida negli occhi. L'odore le infiammava i sensi e sebbene fosse bravissima a controllarsi, per un istante - punibile con la morte – allentò la guardia e Klaus ne approfittò: le tirò indietro la testa e conficcò lo sguardo nel suo. “Dov'è, Tyler Lockwood?” sussurrò con un impercettibile movimento delle pupille.

Non lo so” rispose aggrottando la fronte. “Ti mando il conto della lavanderia.”

E' seta, è da buttare.”

Lasciami i capelli, bifolco.”

Bifolco, dal latino classico bubulcum, 'guardiano di buoi'. Non era quella la parola che cercava, pensò con un mezzo sorriso che non arrivò gli occhi ma deturpò le labbra con un ghigno debole. “Chiamalo.”

Caroline vide le proprie mani rovistare nella borsetta, le dita comporre il numero e quando Tyler rispose, chiuse gli occhi e sospirò. Klaus le sottrasse il telefono, fissò lo sguardo sul corpo rovesciato nella fontana e lo salutò, semplicemente.

Caroline studiò il proprio vestito.

Rosso su bianco.

Molto natalizio.

Aprì di nuovo la borsetta e cercò un kleenex. Non ne trovò. Klaus la lasciò andare, sfoderò un fazzolettino candido e ricamato con le proprie iniziali e glielo porse con un gesto galante del polso. Caroline lo fissò, attonita. Non aveva smesso un secondo di mormorare minacce al suo fidanzato. Lo vide estrarre la spada dal terreno e trascinarla come un antico guerriero stanco della battaglia.

Klaus chiuse la telefonata con poco entusiasmo. Se avesse messo in pericolo la vita di Caroline, si sarebbe precipitato al primo rintocco della mezzanotte, ma era da vigliacchi farsi scudo con una donna. “Sei ancora qui?”

Tieni in ostaggio il mio cellulare” gli ricordò tenendo il fazzoletto ancora piegato fra le dita.

Klaus alzò un sopracciglio. Tendeva a non far caso a certe piccolezze. “Pardon.”

E ora?”

Prego?”

Caroline si guardò attorno, perplessa. “Rientro nella vendetta o posso andarmene a casa a fare una doccia?”

Va a casa, Caroline” mormorò riportando lo sguardo a terra. “Ho appena ucciso tredici persone, mia cara. Non posso concedermi un'altra vita.”

Caroline lo spiò finché non sparì dal parco. Guardò il vestito macchiato e il corpo del sindaco nella fontana. Si morse le labbra, prima di chiamare sua madre. Arrivò a conficcarci i denti dentro, quando dovette avvertire Stefan del problema. Il sangue si allargò sulla lingua e Caroline lo inghiottì, rispondendo a monosillabi alle domande del vampiro. Certo che stava bene. No, era stato ucciso solo il suo vestito e no, non voleva passare la notte da sola. Caroline tirò su col naso e una zaffata di sangue la raggelò, dandole la nausea. Quando si accorse che era il profumo di Klaus a stordirla, scaraventò il cellulare a terra.




*Little Saint Nick – The Beach Boys

















  
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