Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: JulesBerry    16/12/2012    4 recensioni
Avete presente quelle mattine in cui aprite gli occhi e avete la sensazione che quella sarà la giornata peggiore della vostra vita? Ecco. E' proprio quello che è successo a me.
A volte, però, una piccola cosa, anche insignificante, riesce a cambiare proprio tutto, ed ecco che una "dannatissima mattina" diventa una mattinata "quasi" perfetta.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Come trasformare una dannatissima mattina in una mattinata perfetta




Sono le 6.15, la sveglia suona. Lo fa ogni dannatissima mattina, allo stesso dannato orario, per riportarmi alla solita dannata realtà, sottraendomi a quel mondo in cui tutti i miei desideri e le mie aspirazioni prendono forma e mi fanno sentire realmente me.
C’è ancora buio, così accendo la luce e, assonnata, scelgo un jeans e quel maglione che indosso ogni volta che la giornata si prospetta delle peggiori.
Vado in bagno; mi lavo e vesto distrattamente, sistemo i capelli e metto quel po’ di trucco che mi permetta di non assomigliare ad uno zombie mentre mi relaziono con la gente.

Sono le 7.05 ed io, come ogni dannatissima mattina, sono già fuori casa, avvolta nella mia giacca di panno e nella sciarpa pesante che mi aiutano a ripararmi dal freddo pungente di Dicembre.
Cammino, e al contempo ascolto la solita canzone, la mia preferita, l’unica che riesca a tirarmi un po’ su di morale. Ma ovviamente non può bastare.
Il cielo preannuncia tempesta, e in quell’istante diventa lo specchio del mio umore: non è mai stato più nero. E allora comincio a ripensare a tutto quello che non va, a ciò che vorrei cambiare, alle persone che non avrei mai voluto incontrare, che non avrei dovuto lasciare entrare nella mia vita.
All’ex fidanzato che prima ha giocato con il mio cuore e poi l’ha ridotto in frantumi, facendo in modo, così, che io perdessi quella poca stima che mi era rimasta nei confronti degli uomini. Sono pur sempre una femminista, io.
Penso a colei che credevo la mia migliore amica, con la quale ho condiviso ogni singolo istante della mia esistenza, dal più triste al più gioioso, che mi ha voltato le spalle, senza alcun motivo apparente, e che adesso cammina contenta con la stronza con la quale mi ha rimpiazzato.
Penso a questa città, che oramai mi sta fin troppo stretta, per le cui vie io non vedo il mio futuro, proiettato altrove, in un luogo dove io possa realmente trovare la mia dimensione.
Penso alle mille conversazioni evitate, mai nate, remote, o a quelle che si sarebbero potute svolgere in maniera differente, più interessante, coinvolgente.
E mentre penso, arrivo alla fermata.

Sono le 7.15, sta cominciando a piovere a dirotto, e come ogni dannatissima mattina quel mezzo a quattro ruote che il Comune ha il coraggio di definire “autobus” è, c’era da aspettarselo, in ritardo. E io ho dimenticato l’ombrello a casa, ovviamente. Fuori c’è un tempo di merda, e io non porto l’ombrello. E poi naturalmente pretendo di diventare ingegnere. Certo, ce la posso proprio fare.
Dicevo? Ah, sì. L’autobus non passa e io sono senza ombrello, così inizio, come avrebbe fatto qualsiasi essere umano, a maledire mentalmente chiunque mi passi sotto tiro.
Sì, anche il gruppo di ragazzini felici che stanno frequentando il primo anno di liceo, ovviamente non consapevoli delle pene dell’Inferno che dovranno passare una volta arrivati, come me, in prossimità del quinto anno.
Sì, anche quel gatto che continua a fissarmi in maniera inquietante. Non ho cibo per te, è inutile che mi guardi.
Sì, anche mia madre che mi chiama al cellulare per informarmi, casomai non me ne fossi accorta, che sta cadendo il diluvio universale.
Ed infine sì, anche lei, carissima signora con l’ombrello. Soprattutto lei.
Sono le 7.20, e finalmente, saranno state le maledizioni, arriva quel catorcio a quattro ruote. E giuro che un giorno riuscirò a capire per quale miracolo divino riesce a stare ancora in piedi. Ne va del mio onore.
Il rottame è, come ogni dannatissima mattina, affollato. Tanti anni di allenamento, però, (compresi naturalmente i buffet) mi hanno insegnato a vincere in quella che a prima vista potrebbe sembrare una battaglia già persa.

Riesco a trovare quel piccolo spiraglio che mi permette di non morire asfissiata, e proprio nel momento in cui sto per maledire ogni singola persona presente nel mio spazio vitale, vedo te.
Non tanto alto, fisico asciutto, capelli neri ed un paio di occhi straordinariamente azzurri, così splendenti che quasi mi accecano. Non riesco a smettere di guardarti, e so che farei un’irrimediabile figura di merda se tu ti girassi proprio in questo momento e vedessi il rivolo di bava che sta per scendere giù la faccia da ebete colossale che mi sono appena impostata addosso, così cerco di riprendermi e di assumere uno sguardo il più disinvolto possibile.
E, chiamalo caso, chiamala fortuna, io comunque continuo a chiamarlo culo, proprio in quell’istante i tuoi occhi incontrano i miei, ed inevitabilmente ti sorrido. È successo spontaneamente, senza un perché, senza che neanche lo volessi. Ma tu mi sorridi di rimando, ed io sento la mia negatività sciogliersi e le farfalle ripopolare il mio stomaco e prendere il posto delle ragnatele.
Non posso smettere di contemplare i tuoi occhi, perché credimi: non ne ho mai visti di più belli.
I minuti passano, ma io spero che il tempo si fermi, che gli istanti passati a guardarti non finiscano mai. So che se tu ti accorgessi che ti osservo ininterrottamente da venti minuti mi prenderesti per una potenziale criminale psicopatica, ma probabilmente non mi importa. Riesco solo a capire che incontrarti proprio oggi altro non può essere stato che una benedizione.

Sono le 7.50, e la mia fermata è la prossima. Ti rivolgo un’ultima rapida occhiata, poi scendo dal catorcio. 
Alzo gli occhi al cielo e vedo che ha smesso di piovere, mentre le nuvole stanno andando via e vanno lasciando il posto ad un sole che non mi era mai sembrato così bello e luminoso.
Attraverso la strada, sorridente, ed immersa come sono nei miei pensieri quasi non mi accorgo di aver appena oltrepassato il cancello e di essere nel cortile della scuola. Scorgo in lontananza una mia amica e la raggiungo, raggiante come poche volte in questi giorni. Sandra mi vede e sgrana gli occhi, stranita, probabilmente memore del solito caratterino di cui faccio mostra di prima mattina.
«Jules, tu di buon umore a stomaco vuoto?! Sicura di stare bene?!» mi chiede lei, ironica.
«Mai stata meglio, fidati!» le rispondo io, e dal mio cenno capisce che ci sarà tempo per le spiegazioni.
Mi avvio insieme a lei in direzione della nostra classe, e nel frattempo mi vien da ridere al pensiero di come una dannatissima mattina possa trasformarsi in una mattinata perfetta.


Angolo dell'autrice

Si, come avrete capito è una one-shot molto autobiografica, tutto ciò che ho scritto mi è successo realmente. Non so se purtroppo o per fortuna. 
Non so neanche io il motivo per cui ho messo tutto ciò nero su bianco, però ne sentivo davvero il bisogno... e alla fine il tutto è finito anche qui. ;)
Spero che vi piaccia almeno un po' e che non mi prendiate per una povera esaurita, anche se in fondo lo sono.
Un bacione, Jules (:
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: JulesBerry