YOU ARE MY SUNSHINE
CAPITOLO NOVE
“Ehi!
Ti va se andiamo a farci un giro sulla
spiaggia?” propose Blake ad un certo punto, con voce
squillante, girandosi
verso Tyler.
Il
moro sbadigliò. “D’accordo. Anche
perché qui
rischio di addormentarmi”.
I
due ragazzi si alzarono dal letto, Blake ripose il
libro che fino a quel momento stava leggendo e Tyler fece per prendere
il suo
bastone bianco ma, non appena lo afferrò, l’altro
gli bloccò la mano.
“Aspetta.
Ti fidi di me?”
“Sì”.
Rispose il moro senza neanche pensarci.
“Allora
lascialo a casa. Ti guido io”.
Tyler
sorrise fra sé e sé. Non poteva negare che la
cosa gli faceva molto piacere.
Arrivati
al piano di sotto, avvisarono Kelly e si
fiondarono subito fuori per salire sulla moto di Blake e partire in
direzione
della spiaggia, Tyler abbracciato al rossino proprio come quella volta
che
erano andati alla festa di Lucy. Solo che questa volta poté
godersi la
consistenza del suo
corpo senza doversi
preoccupare di trattenere i propri impulsi.
Quando
raggiunsero la spiaggia, Blake spense la moto
e subito dopo si girò verso Tyler.
“Ti
andrebbe di fare una cosa?” gli chiese.
“Che
cosa?”
“Hai
mai guidato una moto?”
“Sì,
quando avevo quattordici anni”.
“E
ti andrebbe di riprovare?”
Il
moro strabuzzò gli occhi. “Qui? Adesso?”
“Sì”.
Gli rispose Blake come se avesse detto la cosa
più ovvia del mondo.
“Ma,
Blake, io…”. Tyler non capiva come una cosa del
genere potesse essergli saltata alla mente. O era uno che amava il
rischio, ma
non gli dava proprio questa impressione, oppure era terribilmente
masochista.
Insomma, far guidare lui…
“Non
c’è nessuno qui, la strada è quasi del
tutto
dritta e io ti dirò dove andare. Ci facciamo solo un giro
sulla spiaggia,
niente di più”.
Tyler
parve un po’ perplesso e rimase un attimo a
pensare. Era un po’ pericoloso, forse,
però… non era così impossibile. E gli
sarebbe piaciuto poter guidare di nuovo. Ma perché Blake lo
faceva? Per farlo
sentire normale almeno per un po’? O per
qualcos’altro che lui non riusciva a
capire?
“Sei
sicuro di volerlo fare?” gli chiese, poi.
“Certo.
Per te farei qualsiasi cosa”. Rispose Blake
sinceramente e con una voce assolutamente naturale, come se avesse
appena detto
che per cena voleva mangiare gli spaghetti.
Al
moro, allora, iniziò a battere forte il cuore, ma
alla fine si convinse anche lui e, con un po’ di agitazione,
salì davanti sulla
moto e mise le mani sul manubrio.
Fece partire la moto, all’inizio piuttosto lentamente, ma
poi, acquisita più
pratica e anche più coraggio, aumentò la
velocità e cominciò ad andare
abbastanza spedito.
Blake gli disse solo un paio di volte di girare il manubrio
perché non
finissero in acqua, era lui chiaramente che teneva gli occhi fissi alla
strada,
ma era anche abbastanza rilassato. Voleva soltanto che Tyler si
sentisse normale
per un po’, voleva fare tutto ciò che poteva per
renderlo felice.
Fecero
un paio di giri e, quando finalmente si
fermarono, Tyler si scoprì a tremare ancora leggermente, sia
per l’emozione che
per l’agitazione, ma un po’anche per
l’adrenalina che ormai stava andando via.
“Allora,
ti è piaciuto?” chiese Blake, voltandosi verso
il suo ragazzo.
“E
come potrebbe non essermi piaciuto? Grazie
Blake”. Gli rispose l’altro con un sorrisino
sghembo a decorargli le labbra.
Il rossino, allora, si sollevò sulle punte delle scarpe da
ginnastiche per
raggiungere le labbra di Tyler e gli diede un bacio a sorpresa,
circondandogli
il collo con le braccia. Il moro, invece, abbassò
leggermente il capo per
colmare quella evidente differenza di altezza e ricambiò il
bacio, stringendo
forte a sé il ragazzo e facendolo cozzare contro il proprio
petto.
Non c’era nessuno che poteva vederli, erano solo loro due, ma
probabilmente,
anche se ci fosse stato qualcun altro, se ne sarebbero fregati.
Quando
si staccarono, con un po’ di malavoglia, si
avvicinarono alla riva tenendosi per mano e si sedettero sulla sabbia,
Blake
appoggiato alla spalla di Tyler e l’altro a circondargli la
vita con un
braccio, proprio di fronte al mare, col sole che tramontava e dipingeva
il
cielo coi colori del fuoco.
Era
proprio un panorama stupendo, a Blake dispiacque
che Tyler non se lo potesse godere, perciò non fece alcun
commento.
“Sai,
quando ero piccolo…”. Iniziò il moro ad
un
tratto e l’altro
sobbalzò leggermente.
“… mio padre mi portava tutte le estati in
campeggio al lago. Partivamo la
mattina presto, ci portavamo qualcosa da mangiare, i sacchi a pelo e la
tenda.
Facevamo il bagno, pescavamo anche per ore e poi, la sera, mangiavamo
il pesce
che avevamo preso. La notte, invece, prima di andare a dormire, ci
sdraiavamo
per terra e ci mettevamo a guardare le stelle. Facevamo sempre a gare
su chi
riusciva a contarne di più, oppure a chi riusciva a vedere
più stelle cadenti.
Mi ricordo che una volta io ero riuscito a catturare un pesce enorme,
ma era
talmente pesante e grande che lui mi aveva dovuto aiutare a tirare la
canna e
per poco non eravamo finiti entrambi in acqua”. Blake
ridacchiò immaginandosi
la scena, ma immediatamente si accorse che, invece, Tyler sembrava
piuttosto
malinconico e continuava a tenere gli occhi fissi sul mare.
“Alla fine, però,
siamo riusciti a prenderlo e l’abbiamo arrostito sul fuoco.
Non ne avevamo
avanzato neanche un pezzo. E quello era stato l’ultimo
campeggio che abbiamo fatto”.
Smise
di parlare e cadde un silenzio un po’ pesante,
piuttosto malinconico. Passò qualche secondo e Blake
pensò che l’altro non
avrebbe aggiunto più niente. Forse avrebbe dovuto dire lui
qualcosa, ma non
trovava le parole, magari quello era uno di quei momenti in cui si
doveva
restare semplicemente in silenzio.
“Lo
so che muori dalla voglia di chiedermelo”. Fece
di nuovo Tyler. Forse pure lui cominciava ad essere stanco di stare
sempre in
silenzio, forse aveva bisogno di sfogarsi ma per tutto quel tempo aveva
soltanto cercato la persona giusta con cui farlo.
“Che
cosa?”
“Lo
sai benissimo che cosa”.
Sì,
Blake lo sapeva benissimo. C’erano un po’ di
cose che voleva chiedergli e già da parecchio, ma fino a
quel momento si era
sempre trattenuto. Adesso, magari, poteva soddisfare la sua
curiosità. Che,
poi, non era semplice curiosità, ma anche desiderio di
conoscere di più Tyler,
il suo ragazzo.
“Che
è successo a tuo padre?”
Il
moro attese un attimo prima di rispondere, come
se dovesse trovare il coraggio. “E’ morto in un
incidente esattamente due anni
fa, lo stesso incidente d’auto in cui io ho perso la
vista”.
Blake,
allora, si staccò dalla sua spalla e si mise
seduto, voltando lo sguardo verso di lui e guardandolo quasi scioccato.
Era
successo solo due anni fa?
“Quel
giorno eravamo andati a vedere una partita di
basket in un posto che era ad un’ora di distanza da casa
nostra. Quando stavamo
tornando, era già notte fonda, però noi due non
eravamo stanchi. In macchina ci
siamo divertiti a commentare la partita e a raccontarci altre cose
divertenti.
Eravamo in una strada poco illuminata, ma ad un certo punto abbiamo
visto dei
fari piuttosto forti venirci incontro. Mio padre aveva capito che si
trattava
di un’altra macchina che guidava in senso opposto, ma quando
aveva tentato di
sterzare ormai era troppo tardi. L’altra auto ci è
venuta addosso e io e mio
padre ci siamo praticamente trovati a testa in giù. Lui era
svenuto, io,
invece… io ero sveglio, ma non capivo bene che cosa fosse
successo. Avevo un
terribile mal di testa e volevo soltanto poter dormire. E
poi… l’ultima cosa
che ricordo furono le sirene dell’ambulanza che venivano a
soccorrerci”.
Durante
tutto il discorso non aveva assolutamente
spostato lo sguardo e aveva praticamente parlato con un tono talmente
inespressivo che sembrava stesse raccontando la storia di qualcun
altro.
Ma Blake aveva capito che invece stava soffrendo molto di
più di quanto non volesse
dare a vedere. Se non avesse avuto quel carattere così
orgoglioso e duro,
probabilmente avrebbe anche lasciato andare le lacrime che gli
rendevano lucidi
gli occhi.
“In
seguito ho scoperto che il tizio che ci era
venuto addosso con l’auto era ubriaco e che mio padre era
morto sul colpo. Io,
invece, ero stato in coma per qualche giorno e quando mi sono
svegliato… non
vedevo più niente a causa di un’emorragia
cerebrale. E quando ho scoperto che
non ci avrei mai più rivisto e che non avrei più
avuto accanto mio padre ho
sentito come se l’intero mondo mi fosse crollato addosso.
Quando, poi, sono
tornato a casa dall’ospedale sono stato a letto per un mese,
una parte del
tempo la passavo a dormire e l’altra a piangere. Non volevo
né mangiare né
alzarmi se non per andare in bagno. Continuavo a sperare che fosse
tutto
soltanto un brutto incubo, che mi sarei risvegliato e che avrei
scoperto di
vederci ancora e che mio padre mi avrebbe aspettato a tavola con la
colazione.
E quando, poi, mi accorgevo che, invece, non sarebbe stato
così mai più, avevo
voglia di spaccare tutto e davo la colpa a lui per
quell’incidente, perché era
morto e perché io ero rimasto cieco. Ma sapevo che in
realtà non era stato lui,
che quel tizio ubriaco ci era venuto addosso, allora mi sentivo in
colpa io per
averla data a mio padre e desideravo soltanto che lui fosse ancora
accanto a
me. Non m’importava se io ero rimasto cieco, volevo soltanto
che lui fosse
ancora vivo”.
Adesso
era Blake che si stava per mettere a
piangere. Aveva ascoltato tutto quel discorso senza emettere fiato,
sentendosi
sempre più peggio. Capiva quanto male doveva essersi sentito
Tyler, quanto
aveva sofferto.
Se fosse stato al posto suo… oddio, non riusciva nemmeno ad
immaginare che
avrebbe fatto.
“Allora
ho anche desiderato raggiungerlo, ho
desiderato morire pure io e non sai quante volte ci ho pensato, al
suicidio. Una
volta ci ho pure provato: ho preso delle forbici e volevo tagliarmi le
vene. Ti
giuro, ero lì… Ma mia madre mi ha beccato. Credo
di averle fatto perdere
vent’anni di vita. E ancora oggi ho gli incubi su quella
notte, mi risveglio di
colpo sudato e con un’incredibile voglia di piangere. Oppure
sogno
qualcos’altro, sogni in cui riesco ancora a vedere
e… quando mi risveglio ho
voglia di piangere ancora di più”.
Quando
finì di parlare, abbassò lo sguardo e si
passò una mano sugli occhi.
Blake, invece, si sforzava di non scoppiare a piangere.
“Dio,
Tyler… mi… mi dispiace.
Io…”. Bofonchiò, ma
non aveva idea di che cosa poteva dire.
“Fa
niente. Ormai è passato. È andata così
e ora è
inutile piangersi addosso”.
“Sì,
ma…”.
“Possiamo
tornare a casa?” lo interruppe il ragazzo,
alzandosi di scatto in piedi. A quanto pareva, non voleva sentire alcun
commento su quella storia. Era già stato doloroso per lui
riviverla.
Blake,
allora, non aggiunse altro. Si alzò anche lui
e insieme raggiunsero la moto per tornare a casa di Tyler.
Una
volta arrivati, il rossino accompagnò il ragazzo
fin nella sua stanza, anche perché aveva dimenticato di
prendere il libro e
decise che era ora che lui tornasse a casa.
“Ty,
io dovrei andare adesso”.
Tyler
però non gli rispose. Era rimasto appoggiato al
muro accanto al letto, con la testa piegata in avanti, così
l’altro non
riusciva a vedergli bene il viso. Riusciva, però, a vedere
che stava tremando,
come se fosse scosso da… dei singhiozzi?
“Tyler?”
lo chiamò, avvicinandoglisi. In quel
momento, allora, si accorse che stava piangendo. Il suo volto era
rigato di copiose
lacrime che non si preoccupava nemmeno di nascondere.
“Oddio!
Vieni qui, tesoro”. gli sussurrò il rossino,
abbracciandolo e sedendosi sul letto.
Il
moro affondò il viso nella sua maglietta e si
lasciò andare ad un pianto quasi disperato. Blake lo strinse
forte a sé e prese
ad accarezzarlo e coccolarlo, lasciandolo sfogare. Aveva capito che il
ragazzo
aveva bisogno soltanto di sfogarsi, probabilmente non aveva ancora
finito di
versare tutte le lacrime dopo quell’incidente. Aveva capito
che quel suo
carattere così duro e impenetrabile era soltanto una corazza
che si era
costruito per non apparire debole o vulnerabile. Voleva mostrare agli
altri che
non gli importava, che gli andava bene così.
Ma,
in realtà, dentro di lui soffriva… troppo.
“E’
successo oggi. Oggi
è l’anniversario della morte di mio
padre”.
MILLY’S
SPACE
Eh
lo so, è da un po’ che non aggiorno… ma
i giorni prima
delle vacanze di Natale sono state un delirio…
l’altro giorno comunque, sulla
mia pagina, vi avevo promesso che aggiornavo qualcosa… ed
eccomi qui, alle 4 di
mattina davanti al pc a soddisfare i miei lettori ^^ ditemi che non
sono una
fantastica scrittrice ^^
Ahaha,
no ok, è che semplicemente non riesco a dormire… mi succede sempre durante
le vacanze: mi alzo
alle dodici e mi addormento alle cinque…
Va
be’, che ci possiamo fare??
Comunque,
una piccola precisazione sul capitolo: la scena
in cui Blake fa guidare la moto a Ty in realtà lo fregata a
un’altra mia
storiella (La luce dei miei occhi). Se qualcuno di voi l’ha
letta probabilmente
se ne sarà accorto ^^.
Detto
questo vi lascio, sicuramente non vi interessano i
miei sproloqui…
Vi
invito però a lasciarmi qualche recensione, anche
piccola piccola, così da sapere che cosa ne pensate di
questa storia e di
questo capitolo un po’ malinconico rispetto agli
altri…
Nei
prossimi giorni dovrebbe arrivare anche l’aggiornamento
di qualche altra fic…
Oh
e naturalmente non dimenticatevi di cliccare un mi
piace alla mia pagina facebook dove potrete vedere anche le foto dei
personaggi
di questa storia : )
Un
bacione,
Milly.
P.S.
e non abbuffatevi troppo coi panettoni, mi
raccomando ; )
Link
alla pagina : http://www.facebook.com/MillysSpace
STEFANMN:
eehi
: ) ho letto tutte le tue recensioni… grazie mille, sei
sempre fedelissimo…
come un cagnolino ^^ sono contenta che ti sia piaciuto lo scorso
capitolo… cosa
ne pensi di questo, invece?? Comunque non ti preoccupare…
sì, sono piuttosto
sadica perché mi piace far soffrire i miei pg ma penso che
Tyler abbia già
sofferto abbastanza… direi che un po’ di
felicità gliela possiamo regalare, no?
Bene dai, fatti risentire, mi raccomando : ) un bacione e vai a vederti
le foto
^^
FEDE15498:
ehi bella : ) grazie mille per la recensione, mi è piaciuta
un sacco… e scusami
se ti ho fatta attendere molto, spero mi potrai perdonare…
concerto degli one
direction?? No, mia cara, Milly non approva u.u e nemmeno Tyler e no,
neanche
Blake u.u ahaha, no scherzo ^^ allora, tornando alla storia…
oddio, non so,
pure io ho adorato la parte in cui Tyler dice a Blake: “Stai
zitto e baciami”. Lo
trovo così… così… boh, non
so… dolce ^^ ahaha, mi faccio i complimenti da
sola…
eh, sarà per l’ora credo, sto
delirando… figurati che non so più nemmeno che
cosa sto scrivendo… ok, la smetto di romperti che
è meglio… fammi magari sapere
che cosa ne pensi di questo capitolo e cerca di non
dimenticartelo… e guarda
che non ti cadono le dita se recensisci subito ^^
Un bacione, Milly.