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Autore: _Nica89_    01/01/2013    20 recensioni
Missing moment dal secondo libro. Una piccola one-shot sulla reazione di Gale quando scopre che il fratello è stato obbligato a prendere le tessere.
dal testo:
Osservo la latta, troppo familiare per far parte dei doni che Capitol City regala per un anno al distretto dal quale proviene il vincitore dell’ultima edizione degli Hunger Games, e la consapevolezza si fa strada dentro me seguita dalle parole di mia madre che fugano ogni possibile dubbio.
“Rory ha preso le tessere”.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gale Hawthorne, Rory Hawthorne
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente il mio turno di lavoro è finito e posso uscire da quell’inferno che è la miniera. Sento le ferite della fustigazione tirarmi la pelle, provocandomi fitte dolorose, che si uniscono all’indolenzimento dei muscoli provati dalle lunghe ore di sforzo, dopo la pausa obbligata dovuta alla mia convalescenza e alla chiusura delle miniere. Sospiro di sollievo, quando l’aria fredda della sera mi sferza il volto, portando con sé il familiare odore del bosco.

Osservo il cielo, che sta perdendo quella tipica sfumatura arancione del tramonto per tingersi del nero della notte, e mi dirigo verso casa. Come attratto da un antico richiamo, mi avvicino alla recinzione in fondo al Prato. Rimango immobile, osservando la sagoma scura delle montagne che si estendono al di là dei boschi nei quali ero solito cacciare. Il desiderio di eludere il filo spinato è prepotente, ma le ferite lasciate dalla frusta del pacificatore sembrano avermi messo in testa un minimo di buon senso e mi fanno desistere; o forse, è la certezza di non trovare un bottino soddisfacente, unita alla paura di dover riversare tutto il peso della sopravvivenza della mia famiglia sulle spalle di Rory, che mi trattiene dal violare un divieto di cui per anni mi sono fatto beffe.

Col cuore pesante, e la mente affollata da troppi pensieri, mi allontano dalla recinzione; ma, invece di tornare verso casa, mi dirigo verso il centro cittadino. Non so per quale motivo mi sono spinto sin qui, forse per osservare le modifiche che il nuovo capo dei pacificatori ha messo in atto, per assicurarsi un maggiore controllo sugli abitanti del nostro distretto. Osservo con astio l’imponente palco per le fustigazioni che sorge dove durante le mietiture un altro palco, ugualmente inviso, terrorizza tutti i ragazzi dai dodici ai diciotto anni e le loro famiglie.

Sebbene l’anno scorso sia stata la mia ultima mietitura e non posso più essere estratto per partecipare agli Hunger Games, l’idea che tra qualche mese sarò costretto nuovamente a vedere quell’assurda donna di Capitol City immergere le sue mani perfettamente curate nelle bocce contenenti i nomi di ragazzi troppo giovani, che hanno come unica colpa quella di essere dell’età giusta per i Giochi, mi raggela il sangue nelle vene. La paura che provo in questo momento è completamente diversa da quella che mi ha accompagnato negli ultimi sette anni; se possibile, è ancora più forte, impregnata del senso d’impotenza dato dalla consapevolezza che Rory dovrà affrontare la sua prima mietitura da solo, senza nessuno che possa offrirsi per lui, nel caso il suo nome venga estratto. Per la prima volta, desidero di poter essere ancora sorteggiabile, per garantire a mio fratello la sicurezza di non morire a dodici anni, ma mi rendo conto di quanto assurdi siano i miei stessi pensieri: se al posto di Prim, l’anno scorso, fosse stato estratto mio fratello, io mi sarei realmente offerto al suo posto come ha fatto Katniss? La risposta, che fino all’anno scorso sarebbe stata scontata, tarda ad arrivare, e la mente si concentra sull’unica persona che sto cercando di dimenticare.

Tutto questo è assurdo! Solo pochi mesi fa ero stato io a proporle di fuggire, e adesso mi ritrovo a fingere che la sua proposta sia irrealizzabile, solo a causa della gelosia che provo verso quello che presto diventerà suo marito.

Volto lo sguardo verso la panetteria dei genitori di Peeta, e lo vedo uscire con le braccia cariche di pacchetti che, quasi sicuramente, finiranno sulla tavola di Katniss. Decisamente questa non è la mia giornata fortunata, ma sembra che il ragazzo sia troppo concentrato ad evitare i lastroni di ghiaccio per prestare attenzione a me, che posso finalmente tornare verso casa. Durante il tragitto, vedo le poche persone ancora in strada osservarmi e scuotere il capo, prima di girare la testa dall’altra parte, come se fino a un paio di settimane fa non avessero mai fatto a gara per aggiudicarsi una coscia dei tacchini che io e Katniss portavamo al Forno; ma si sa, l’animo della gente è codardo e opportunista: e adesso, più di prima, conviene condannare le azioni illegali che assicuravano una buona cena.

Stanco e ancora irritato varco la soglia di casa, dove mia madre è intenta a riporre negli scaffali quasi completamente vuoti della credenza alcune lattine. Appena mi vede il suo sguardo si rabbuia e ordina a Vick e Posy di andare nell’altra stanza. Non riesco a capire il suo comportamento, poi la mia attenzione viene nuovamente attratta dalla piccola scorta che fa bella mostra di sé sulla mensola.
“Capitol si è accorta che il Giorno dei Doni ci ha mandato cibo avariato e ha voluto rimediare?” domando ingenuamente, quasi volessi veramente credere alle mie stesse parole.
“No”. La voce di mia madre è poco più di un sussurro e la vedo scambiarsi uno sguardo con mio fratello. Mi avvicino a lei e gentilmente le tolgo dalle mani il barattolo che ancora non ha sistemato. Osservo la latta, troppo familiare per far parte dei doni che Capitol City regala per un anno al distretto dal quale proviene il vincitore dell’ultima edizione degli Hunger Games, e la consapevolezza si fa strada dentro me seguita dalle parole di mia madre che fugano ogni possibile dubbio.
“Rory ha preso le tessere”.
Rimango senza fiato, colpito dall’improvviso dolore che quelle poche parole hanno il potere di provocarmi. Mi volto di scatto verso mio fratello.
“Ti avevo detto di non farlo”. Il mio tono di voce è basso, ma è evidente che non riesco a gestire la rabbia che mi sta divorando.
“Gale, per favore” mia madre cerca di farmi ragionare, ma in questo momento non sono in grado di riflettere lucidamente.
“Posy è ancora sotto le cure della signora Everdeen, e il cibo scarseggiava. Che cosa potevo fare?” La logica delle sue parole, unita alla nota d’impotenza nella voce di mio fratello mi fanno esplodere.
“Sai bene che la madre di Katniss ci avrebbe aiutato anche senza ottenere un profitto immediato, soprattutto adesso che può permetterselo. Non avresti dovuto prendere quelle maledette tessere!” urlo, fuori di me dalla rabbia.
“Da quando accetti di essere in debito con qualcuno? Proprio tu, che rifiutavi perfino che Katniss portasse la cacciagione a casa al posto tuo, mentre tu eri in miniera!”. Mio fratello ha ragione, ma questo non fa altro che peggiorare la situazione. Rimango in silenzio, per evitare di pronunciare frasi delle quali mi pentirei subito dopo, ma Rory fraintende il mio silenzio e rincara la dose.
“Come credi che possiamo sopravvivere solo col tuo lavoro in miniera, senza quelle tessere? Soprattutto adesso che mamma ha perso i clienti a causa della tua fustigazione!”.
“Certo, perché adesso è colpa mia se quando quella maledetta porta si è aperta non è comparso quello schifoso di Craig, ma un nuovo capo dei pacificatori!” sbraito, ma so che tutta quest’assurda situazione è anche colpa mia, se solo fossi stato più prudente, adesso non avrei la schiena ricoperta di cicatrici rosse. Vedo mia madre ammonirci entrambi con lo sguardo, ma l’occhiata che mi scocca Rory è più forte del disgusto che provo nel litigare con mio fratello, un ragazzino di appena dodici anni.
“Preferisco morire di fame, piuttosto che sapere che tu hai dovuto prendere delle tessere!” urlo ancora, sbattendo il barattolo di latta sul tavolo, ammaccandolo.
“Il vero problema è che non sopporti di non riuscire a mantenerci tutti da solo, e non vuoi aiuto” ribatte Rory. Le sue parole mi pungono nel mio orgoglio già ferito.
“Come fai a non capire che quelle tessere sono un biglietto di sola andata per l’arena? Ti rendi conto che alla fine, se riuscirai a sopravvivere alle prime sei mietiture, il tuo nome sarà in quella boccia per quarantadue volte, invece di sette?” urlo ancora, incapace di contenermi.
“Cosa cambia? L’anno scorso Prim è stata estratta con una sola nomina; mentre tu, con le tue quarantadue, hai smesso di essere sorteggiabile. Chi tra i due rischiava di più?” mi domanda, con aria di sfida.
“Non venire a dare lezioni di matematica a me!” esplodo, battendo i pugni sul tavolo. Subito, una fitta di dolore mi attraversa la schiena ma non me ne curo. Mio fratello e mia madre sobbalzano, ma Rory sostiene senza esitazioni il mio sguardo. Talmente preso dalla lite, non mi sono neppure accorto che Vick e Posy sono sulla porta della cucina e ci osservano, sicuramente attratti da tutte le nostre urla. Improvvisamente, la scarica di adrenalina svanisce ed io devo fare forza sulle braccia per non accasciarmi sul tavolo. Sento la delicata mano di mia madre appoggiarsi sulla mia spalla e la sua voce chiamarmi pacatamente, mentre io mi sforzo di non sottrarmi bruscamente al suo tocco, come un animale selvatico ferito.

Senza dire una parola mi dirigo nella camera che divido con gli altri miei fratelli; per il momento è l’unico luogo in cui posso rimanere da solo con i miei pensieri, almeno sino a quando non sarà ora di dormire.
Sfinito, mi siedo sul letto, appoggio i gomiti sulle ginocchia e nascondo il volto tra le mani. Mi sento un mostro per come mi sono comportato con Rory, in fondo lui non ha fatto altro che imitare quello che ho fatto io per sette anni. Percepisco i rumori provenienti dalla cucina, dove mia madre sta finendo di preparare la cena e i miei tre fratelli la stanno aiutando ad apparecchiare la tavola. L’odore della zuppa è invitante, ma il mio orgoglio ferito m’impone di rimanere rinchiuso nella mia camera. Sento la voce di mia madre chiamarmi, ma non le rispondo, troppo codardo per mangiare allo stesso tavolo di Rory.

Rimango immobile con la testa tra le mani – l’unica posizione in cui mi sembra di riuscire a trovare sollievo dalle ferite che potrebbero essersi riaperte – ascoltando i rumori che provengono dalla cucina. Il silenzio del pasto è intermezzato solo dai cucchiai che raschiano il fondo delle scodelle, poi il rumore dei piatti nel lavello mi suggerisce che la cena è finita e che presto dovrò fare nuovamente i conti con la scelta di mio fratello. Non sono ancora pronto per questo, ma non ho alternative.

Qualcuno bussa alla porta, non ho voglia di essere disturbato, ma sono sicuro che prima riaffronterò Rory, prima potrò porre fine a quest’assurda situazione.
“Avanti” mormoro tra i denti, mentre la porta si apre. Alzo appena la testa, contrariato dal fatto che chiunque stia entrando non abbia aspettato la mia risposta.
“Mamma …” mormoro con affetto, vedendola entrare con il vassoio dove è appoggiata una scodella di zuppa e una caraffa d’acqua.
“Non sei sceso a cena, così ho pensato di portartela in camera” mi spiega, quasi fosse la cosa più naturale del mondo. Io annuisco, stendendo le mie labbra in un mezzo sorriso, come segno di gradimento per le sue attenzioni. Lei appoggia il vassoio sul piccolo comodino, mi siede accanto e mi passa la scodella ancora tiepida.
“Non sarà più calda come la nostra, ma almeno non è completamente fredda” si limita a dire.
“Grazie” taglio corto, avventandomi sulla scodella. Non mi ero accorto di quanto fossi affamato e in pochi minuti trangugio tutto il contenuto, senza curarmi dei modi. Lei mi osserva in silenzio finché non finisco la mia cena. Rimaniamo entrambi zitti, timorosi che ogni parola potrebbe interrompere la quiete che si è creata dopo la discussione di oggi.
“Come stai?” La sua domanda mi sorprende, mi aspettavo una sua ramanzina, non di certo una domanda così diretta.
“Mi sento uno schifo – ammetto, espirando profondamente – mi dispiace aver litigato in quel modo con Rory, ma l’idea che lui possa essere sorteggiato perché ha preso delle tessere mi manda in bestia”.
“So cosa vuol dire osservare le mietiture sentendosi impotenti” mi confida mia madre, accarezzandomi i capelli ribelli, come faceva quando ero piccolo. Mi abbandono completamente alle sue carezze, appoggiando la testa sulla sua spalla.
“Questo per te sarà l’ottavo anno consecutivo” sorrido mestamente, ma la mia voce si spezza trasformando la mia frase ironica in un mezzo singulto. Lei non risponde, limitandosi a prendere un profondo respiro e ad annuire con la testa.
“Sai, a volte vorrei che tu non fossi stato obbligato a crescere così in fretta. Ti sei caricato sulle spalle un peso troppo gravoso da portare da solo, senza contare che era un peso non tuo. E adesso non vuoi condividerlo con tuo fratello. Credimi, siete molto più simili di quanto tu non possa immaginare”. Le parole di mia madre mi rincuorano e mi rattristano al tempo stesso. Mi sento svuotato, questa conversazione ha prosciugato le mie ultime forze, e mia madre sembra averlo capito. Si alza, e dopo avermi dato un ultimo bacio, esce dalla stanza, portando con sé il vassoio e la scodella vuota.

È ormai sera tardi, quando Rory entra in camera facendo attenzione a non svegliarmi, ma io lo sto aspettando da quando mia madre mi ha lasciato solo con i miei pensieri.
“Ehi, Rory” bisbiglio, avvicinandomi a lui e sedendomi sul suo letto. Lui non mi risponde, evidentemente è ancora arrabbiato per la mia reazione e non posso che dargli ragione.
“Mi dispiace per prima, non avrei dovuto prendermela con te. Non è colpa tua se sei stato costretto a iscriverti per le tessere” gli dico posandogli una mano sulla spalla, scuotendolo leggermente avanti e indietro".
“Finalmente ci sei arrivato!” esclama Rory, ancora freddo, ma nella sua voce riconosco l’ombra furtiva di un sorriso, poi mi abbraccia, nascondendo il volto nella maglia che uso come pigiama.
“Gale, ho paura” ammette, cercando di non scoppiare a piangere. Lo stringo più forte a me, tentando di rassicurarlo, ma cosa posso dire a un fratello dodicenne che mette in pericolo la sua vita per aiutarmi?
“Lo so” riesco solo a mormorare, poi, mi limito a tenerlo stretto a me, finché non si addormenta e lo metto sotto le coperte.

Dicono che la prima notte dopo aver preso le tessere si sogni di essere estratti per partecipare agli Hunger Games e si vedano tutti i modi più crudeli e dolorosi nei quali si possa essere uccisi. A me è capitato, e forse capiterà anche a Rory, ma se davvero è in corso una ribellione, c’è ancora una possibilità che si possa mettere fine alla terribile macchina degli Hunger Games. Ed io ho deciso che non mi arrenderò finché questa possibilità non sarà reale.




Note dell'autrice: che dire, era un paio di giorni che stavo rimuginando su come Gale avesse reagito alla scoperta che suo fratello si fosse iscritto per ottenere tessere in cambio di una piccola fornitura extra di cibo, così ho provato a buttare giù la mia idea ed è nata questa one-shot, spero vi sia piaciuta (sempre che qualcuno abbia avuto la pazienza di leggere fino a qui). Buon 2013 a tutti!
nica.
Storia partecipante ai seguenti contest: "Smorfia e cabala" di Giacopinza17, "Second Chance - Storie edite che non hanno avuto il successo che meritavano" di (SummerRain) e "La notte degli Oscar" indetto su Writers Arena Rewind.
I personaggi non mi appartengono.
  
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