Videogiochi > Final Fantasy VIII
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Autore: Shu    06/01/2013    3 recensioni
Ma c'è una parte di lei, minuscola e senza nome, che non riesce ad abituarsi a vederlo così.
Quistis e Seifer, post game.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quistis Trepe, Seifer Almasy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Scritta per la sfida "Staffetta" della community Piscinadiprompt , prompt: "Quistis/Seifer, segreto". Tripla drabble (300 parole esatte), ipotetico post-game.]



E’ uno strano tipo di amara soddisfazione, per lei, vederlo al lavoro tra le macerie di Trabia, lo sguardo chino invece delle occhiate di scherno, i silenzi al posto dell’antica arroganza, la solitudine di chi una volta era sempre al centro dell’attenzione, di chi guardava dall’alto in basso le folle.  L’occhio dell’insegnante inflessibile lo sorveglia, apprezzando il contrappasso; quello dell’ex nemica, dell’istruttrice frustrata e mille volte presa in giro, non può negare di provare un po’ di compiacimento per quella lezione di umiltà che gli è stata imposta; l’amica di un tempo spera semplicemente che tutto questo gli farà bene.

Ma c’è anche una parte di lei, minuscola e senza nome, che non riesce ad abituarsi a vederlo così –alla maglietta qualsiasi, macchiata di calce, ai capelli spettinati, alle spalle curve, bianche di polvere. E’ quella minuscola parte di lei che lo ha tante volte immaginato nel velluto blu e nero della divisa della SeeD, nello scintillio delle passamanerie e delle fibbie, col colletto ben abbottonato sotto il mento, elegante e diritto e finalmente fiero di sé per qualcosa di buono e di giusto. Quell’immagine, quella fantasia ormai impossibile, e così poco adatta alla realtà di quello che lui è, fatica eppure ad andarsene. Nata tra il fitto dei suoi pensieri segreti, resterà lì, impercettibile nostalgia per qualcosa di mai esistito, infinitesima delusione di una speranza inconfessata. Va bene così.

Appoggiata contro l’ultimo pilastro rimasto in piedi di una stanza ancora tutta da ricostruire, continua a guardarlo lavorare. Uno sguardo passa tra di loro, un’occhiata brevissima e casuale, ma le basta a riscuotersi; si rimbocca le maniche, infila un paio di guanti e si inginocchia accanto a lui a spostare le macerie. La gonna della sua bella divisa s’imbratta all’istante, come previsto, ma lei, imprevedibilmente, sorride. Va bene così, anche quello.




   
 
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