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Autore: Shu    06/01/2013    9 recensioni
"Nanao-chan... questa potrebbe essere l'ultima volta che ci vediamo."
Shunsui e Nanao, missing moment del capitolo 520. Grossi spoiler per chi non ci è arrivato!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ise Nanao, Kyouraku Shunsui
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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[Scritta per la sfida "Staffetta" della community Piscinadiprompt , prompt: "My love wears forbidden colours" (Forbidden Colours, David Sylvian&Ryuichi Sakamoto). 600 parole.]



“Nanao-chan… Questa potrebbe essere l’ultima volta che ci vediamo.”
Seduto di fronte alla finestra, il sole che lo rendeva solo un’ampia ombra in un abbacinante controluce, il capitano teneva tra le mani un foglio di carta di riso.
Lei si avvicinò, smarrita, abbagliata dalla luce, senza capire, ma bastò qualche passo: il messaggio era breve, compilato in impeccabili, chiarissime pennellate nero su bianco.
“L’ufficiale nominato di seguito è, con la presente, investito della carica di Comandante Generale del Goteijūsantai e di Capitano della Prima Compagnia.” Accanto, non aveva neppure bisogno di leggerli, stavano gli ideogrammi che conosceva bene quanto il suo stesso nome, che aveva compilato infinite volte, in calce a infiniti documenti, durante la sua lunghissima vita. Kyōraku no Jirō Sōzōsa Shunsui.
“Mi dispiace...” sussurrò lui, senza voltarsi.
A lei non restò che rimanere a fissare la luce, le larghe spalle dell’uomo coperte dal solito haori a fiori, assolutamente immobili. Fuori, come in qualcuno di quegli haiku che a lui piacevano tanto, i rami stormivano nel vento, mentre il mondo era in guerra. Accompagnata solo da quel rumore, si inchinò e uscì.
Stupida, si disse, molto più tardi, quando ebbe smesso di piangere. Stupida. Come aveva fatto a non pensarci prima, come aveva potuto non riuscire a prevedere una simile ovvietà. Era stata talmente occupata a dolersi per la scomparsa del comandante Yamamoto, talmente disorientata dallo strazio (“Ma le Tredici Compagnie non sono state create per piangere i morti. Esistono per proteggere la Soul Society”, ed erano parole del suo capitano…), da non immaginarsi, da non prepararsi…
Chi altri avrebbe potuto sostituire Yamamoto? Le venivano in mente decine di nomi di shinigami più seri, solerti e coscienziosi del suo capitano, ma lo sapeva, che non avrebbe potuto essere altro che lui. Che nessuno lo meritava più di lui. E lei, il suo braccio destro, lei che avrebbe dovuto sostenerlo ed essergli fedele fino alla morte, se n’era andata senza dirgli una parola.
Stupida. Perché era stata, ancora una volta, tutta presa dalla sua sofferenza, perché aveva avuto occhi solo per quello sciocco haori rosa –mai più, mai più la vista, la presenza di quel colore familiare ogni giorno nelle stanze, profumo di sakè e senso di protezione, mai più quell’alta figura che aveva occupato, onnipresente, invadente, con il sorriso, ogni istante della sua vita, ora lontano come lontano era sempre stato Yamamoto-sōtaichō, solo un’ombra a cui inchinarsi nei corridoi, e adesso un estraneo, uno sconosciuto le avrebbe dato ordini, al fianco di un estraneo avrebbe combattuto…
A sera, quando era stata annunciata la cerimonia di investitura del nuovo Comandante, lei era andata ad aspettarlo fuori dalla porta. Aveva atteso a lungo (sempre in ritardo…), preparandosi il miglior discorso che gli avesse mai fatto, immaginando, dall’altro lato della porta, lui che coi suoi gesti lenti indossava la casacca con le insegne della Prima Compagnia. Ma quando quella finalmente si era aperta, lei si era dimenticata ogni cosa. Perché era stata investita dalla macchia di quell’assurdo, sfacciato, improponibile rosa.
“Capitano! Presentarvi alla cerimonia con quella roba addosso! Non ho parole! Come vi può essere saltato in…”
Si bloccò. Aveva incrociato il suo sorriso. Scattò in un inchino, rossa in viso, e fissò il pavimento. “Perdonatemi.”
Sentì una mano che le si posava sui capelli, e le guance avvampare ancora di più.
“Sai, Nanao-chan… è che delle cose belle, delle cose veramente importanti, io non me ne stanco mai, e le voglio tenere con me, sempre.”
Quando lei si raddrizzò, la larga mano del Capitano depose tra le sue un distintivo da Luogotenente ancora odoroso di legno fresco. Sopra vi era dipinto un fiore di crisantemo, lo stemma della Prima Compagnia.
 

   
 
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