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Autore: AsfodeloSpirito17662    11/01/2013    2 recensioni
Che mi considerino pure come vogliono, pensò aspramente, mentre attraversava la via principale immersa in un silenzio dalla natura quasi surreale. La notte sembrava voler accompagnare minacciosamente le intenzioni di quel vecchio bontempone, il cui cuore era stato inaridito da secoli di solitudine, dal sopravvivere alla morte di persone a lui care e dall'impossibilità di mettere radici fisse in qualche posto nel mondo. Lui non aveva un posto e mai l'avrebbe avuto. Per lo meno, non lasciando agli eventi la decisione di evolversi un po' come pareva a loro.
Genere: Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Time is Over











"Il destino è per i perdenti. E' soltanto una stupida scusa

per aspettare che le cose accadano, invece di farle accadere."

Blair, Gossip Girl.







Merlin sbatté la porta di casa alle sue spalle ed inspirò l'aria fredda della sera. Il cielo limpido specchiava una luna grande, luminosa, che sarebbe stata uno spettacolo da vedere dalle rive del lago di Avalon.

Zoppicando, appoggiò il peso del corpo su un bastone, rugoso come la mano che lo stringeva. Si avviò lungo il sentiero che dolcemente declinava verso la valle ed il vento tornò a sferzare la pelle del suo volto, si insinuò sotto i vestiti decisamente troppo leggeri per una nottata come quella e lo fece rabbrividire. Merlin tuttavia non pensò neanche lontanamente di tornare indietro a recuperare una giacca che potesse riparare le sue vecchie ossa stanche. Ritornare sui suoi passi avrebbe potuto danneggiare irrimediabilmente la determinazione che aveva avuto il coraggio di raccogliere ed era l'ultima cosa che voleva accadesse.

Per strada non c'era nessuno, ma anche se così fosse stato, Merlin sapeva che quello a dover preoccuparsi di temere qualcosa, non era lui di certo. A prescindere dalla sua natura di mago, che gli permetteva di proteggersi senza nessuna difficoltà, c'era anche la questione della diffidenza che gli abitanti di quel paesino mostravano nei suoi riguardi. Un vecchio burbero e maleducato, dicevano.

Che mi considerino pure come vogliono, pensò aspramente, mentre attraversava la via principale immersa in un silenzio dalla natura quasi surreale. La notte sembrava voler accompagnare minacciosamente le intenzioni di quel vecchio bontempone, il cui cuore era stato inaridito da secoli di solitudine, dal sopravvivere alla morte di persone a lui care e dall'impossibilità di mettere radici fisse in qualche posto nel mondo. Lui non aveva un posto e mai l'avrebbe avuto. Per lo meno, non lasciando agli eventi la decisione di evolversi un po' come pareva a loro.

Merlin si immerse nella vegetazione incolta, frusciando tra le foglie e si fece strada tra i rami secchi sfruttando il bastone come fosse un'arma. Ne aveva le tasche piene, francamente. Aveva ovviamente sempre creduto nel Destino, del resto lui stesso era un suo prodotto. Una sua pedina. Ma dopo secoli vissuti a dividere ciò che restava della sua anima martoriata in altri piccoli frammenti, talmente microscopici che non sarebbe stato mai più possibile metterli insieme (mai più), si era detto che il Destino aveva bisogno di una lezione. Il Destino doveva incontrare qualcuno abbastanza coraggioso da contraddirlo, perché altrimenti avrebbe continuato a giocare sporco e pesante con qualunque altro povero disgraziato, oltre che lui stesso, avente unica colpa di essere nato per un determinato scopo. Merlin non sapeva se nel mondo esistevano altri come lui, altri che erano Destinati ad avere una vita infame, eterna, abissale e scricchiolante come il camminare su di una lastra di ghiaccio troppo sottile. Merlin non sapeva quand'era, esattamente, che il ghiaccio sul quale aveva sempre camminato lui, si era rotto, facendolo affondare in acque gelide.

Ma era successo.

Aggredendo l'ultima fila di cespugli nel sottobosco, con qualche fatica (non era più agile come un tempo), uscì dalla vegetazione per calpestare le rive del lago di Avalon. Mh, proprio come aveva immaginato. La luna grande, luminosa, che si specchiava su quelle acque scure, era uno spettacolo vista da lì. Ma neanche la sua luce riusciva a penetrate le eterne nebbie che avvolgevano Avalon, facendola passare inosservata agli occhi di tutta quella gente che alla magia, alla speranza, all'onore ed al valore, non credeva più. Non sul serio, almeno.

Merlin avanzò verso le acque del lago senza neanche un attimo di tentennamento. Decise che aveva temporeggiato abbastanza, decise di essersi mostrato sin troppo clemente nei confronti del Destino e del Tempo e che lui, di clemenza, non ne aveva mai ricevuta. Decise che se il Destino aveva intenzione di concentrare le sue energie sul rovinare la vita di qualcun altro, allora se ne sarebbe creato uno da solo, per sé. Gli tornarono in mente le parole profetiche che il drago gli aveva rivelato quel giorno, quando aveva tentato di salvare Arthur in extremis... e lo odiò. Lo odiò come mai non lo aveva odiato sino ad allora. Anche lui aveva giocato con la sua vita ed aveva sempre saputo cose che s'era rifiutato di rivelare. Mezze frasi, mezzi suggerimenti, mezze speranze. Nel duemilatredici, la pazienza del mago era drasticamente giunta al termine. E, bè, era finito il tempo in cui si accontentava delle cose fatte a metà. Merlin era stufo di sentirsi soltanto una metà e visto che nessuno s'era preso la briga di dare una smossa, una svegliata a quel Destino che sembrava essersi assopito d'un sonno interminabile, avrebbe provveduto da sé. Quella era la sera in cui sarebbe tornato ad essere una persona completa, la sera in cui avrebbe ricavato con la forza, prepotentemente, un posto nel mondo per se stesso.

Lasciò che l'acqua del lago lambisse le sue gambe fino alle ginocchia. Gli occhi vecchi, stanchi, ma brucianti di vita come da secoli non lo erano più stati (la determinazione e l'aspettativa facevano miracoli), si tinsero di un oro così intenso da far impallidire il riflesso della luna sull'acqua mossa dalla brezza.

Se Arthur Pendragon non ne voleva sapere di risorgere spontaneamente, l'avrebbe costretto a farlo.

Avrebbe riportato indietro Arthur con forza e prepotenza e poi, finalmente riempito dentro, avrebbe ascoltato cosa il Destino aveva da ridire al riguardo.

Merlin avrebbe fatto terminare, quella sera, il tempo in cui ciò che doveva fare era già stato scritto prima della sua nascita.













NOTE DELL'AUTORE: è stata un'idea lampo, nata dal nulla, scatenata da zero. Fin ora ho letto tutte one shot in cui Merlin si arrende al suo destino, pieno di speranza, depresso da morire (leggere di lui è più triste che guardare l'ultima puntata del telefilm) e poi puntualmente quando non ne ha più, di speranza dico, Arthur sbuca e finisce con un 'vissero felici e contenti'. Oppure Arthur non sbuca affatto e non c'è lieto fine. Allora ho pensato... ma se fosse Merlin a raggiungere un punto di non ritorno? Io credo che per quanto le parole del drago possano avergli dato speranza, mille anni sono tanti. Sono troppi. Merlin è un mago, sì, ma è umano. Tutti raggiungiamo un punto in cui siamo talmente esasperati da agire senza pensare ed io vedo molto bene in Merlin questa rezione. Basta, mi sono rotto il cazzo, adesso ti faccio vedere io. Fanculo il destino e fanculo Pendragon che mi ha mollato qui a vivere come un eremita del cazzo. Il linguaggio sarebbe meno colorito, certo, ma il concetto è quello. In questa storia Merlin è disposto ad infrangere e stravolgere il suo destino pur di mettere un tappo a tutta la sofferenza che lo divora. Come fare, per mettere in atto i suoi propositi, dunque? La risposta che mi è venuta in mente è una sola: se Arthur Pendragon risorgerà solo quando Albion avrà bisogno di lui, allora Merlin distruggerà Albion, distruggerà il sogno che aveva avuto un tempo, per fini ben più egoistici. Fini che, direi, si è totalmente guadagnato, poveraccio. Bè, niente, volevo condividere questa nuova prospettiva con voi. Grazie per aver letto ;)


   
 
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