Fanfic su attori > Cast The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: paperchimes    17/01/2013    0 recensioni
Tom Hiddleston e Chris Hemsworth, i due tributi offertisi volontari che renderanno gli Hunger Games di quest'anno uno degli eventi più coinvolgenti e strazianti della storia di Panem. (Link della storia originale: http://archiveofourown.org/works/406592/chapters/671704)
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chris Hemsworth, Tom Hiddleston
Note: AU, Cross-over, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 8

Linwood è nell’ascensore con me, accompagnandomi al tetto da dove ha detto che l’hovercraft mi porterà all’arena. Il poco spazio tra di noi è riempito dal basso ronzio di macchinari e cavi che scorrono sulle nostre teste. I rumori non fanno nulla per attutire le mie crescenti insicurezze. Vorrei che dicesse qualcosa o almeno mi rivolgesse un commento pungente ma non fa nulla di tutto ciò, lasciandomi a rimuginare sui vaghi ricordi dell’ultima volta che sono stato nella cabina fredda come il ghiaccio di un ascensore. Proprio ieri notte.

“Non mi aspettavo di vederti quassù di nuovo.”

La voce è distante adesso, ovattata, come contenuta da una massa di acqua vorticosa. Nonostante il buio della notte e l’intensità del vento, la rabbia nelle mie vene e l’incertezza nel mio cuore, lo ricordo chiaramente. Le spalle fragili, la sua faccia sottile, la maglietta a strisce blu che svolazzava nella brezza e quei grandi occhi grigi che mi ricordano così tanto la pioggia.

“Non sono qui per fare amicizia con te,”ricordo la mia replica acida.

“Sinceramente, Chris, non so perché tu sia qui, ma se è per urlarmi contro di nuovo, faresti meglio a tornartene alla tua stanza.”Ovviamente l’ho presa come una sfida. È di un altro Distretto, un Favorito, un killer addestrato. E questo lo rende mio nemico.

“È una minaccia?”

“Beh, non lo so,” aveva risposto. “Sembri sapere tutto di me quindi perché non me lo dici tu?”

C’e stato silenzio dopo quella frase, per esasperazione, stanchezza, o solo piena rabbia, non ricordo. I miei ricordi sono sfocati, un mutevole miscuglio amorfo di parole e luci e reminiscenze musicali degli sgargianti colori delle interviste di mere ore prima. Agli occhi della mia mente, il tempo ha perso importanza, frammenti sparsi in giro senza alcun rispetto per l’ordine. Vedo la schiena di Tom girata verso di me, in contrasto con lo sfondo indaco del cielo. Poi, vedo la testa di Nyssa china sopra le sue mani giunte mentre prega accanto al letto. Il luccichio saccente negli occhi di Marka quando ha sorriso alla mia dichiarazione. Lo sguardo arrabbiato di Facet; l’ammiccare indiscreto di Sheer; Nyssa che lascia i suoi biscotti allo zenzero sul tavolo; le frecce sul pavimento; la mano protesa di Tom; la prima volta che ho sentito la sua risata. Anche Luke e Liam si fanno strada nel groviglio intangibile dei miei ricordi, resi incoerenti e sfocati dall’abbondante quantità di vino con cui Brill ci ha fatto brindare durante la nostra ultima cena.

Ma c’è uno scambio di parole che risuona chiaramente nella mia testa. In che circostanza siano state dette, non ne sono più sicuro; forse avevo chiesto a Tom perché fosse di nuovo sul tetto o magari aveva semplicemente ricominciato a parlare per conto suo. In ogni caso, echeggiano e si ripetono, riverberate e ampliate come un mormorio che sussurri in una caverna vuota. Non penso che celassero un’intenzione ostile, perciò gli consento di scorrere attraverso la mia mente.

“… conosco questo detto… se hai qualcosa da dire, dillo dai tetti.”

L’ascensore si ferma sobbalzando e devo fare un passo in avanti per non perdere l’equilibrio. Linwood mi rivolge uno sguardo indagatore ma non dice nulla, trattenendo i suoi occhi fangosi dritti davanti a sé e fissando qualcosa al di là delle lisce porte metalliche e l’edificio del Centro di Allenamento. Non so cosa sia e non lo domando. In qualche modo, i cinque giorni che abbiamo passato insieme sono risultati in una specie di… muta comprensione l’uno dell’altro. Non voglio ammetterlo, ma c’è un qualcosa di lui che ho cominciato ad apprezzare.

“Allora, fireball… grande giorno oggi,” è il suo burbero borbottio mentre le porte dell’ascensore si aprono scorrendo ai lati.

“Sì…” annuisco in accordo, anche se in modo esitante. “Grande giorno,” gli faccio eco.

Uscimmo nello spazio aperto del tetto, anche se so che pure questa è un’altra delle menzogne della Capitale. Brill una volta mi ha detto che l’intera metà superiore del palazzo è protetta da una barriera impenetrabile; uno dei “fatti divertenti” che elargisce a me e Nyssa frequentemente. Come sempre, Brill si sbaglia sul concetto di ‘divertente’. Quel pensiero è appena riuscito a colmarmi con un profondo senso di terrore. Non fa che dirmi che la Capitale è intenzionata a usare qualsiasi mezzo per mantenere gli altri fuori… e i tributi dentro allo stesso tempo.

“Beh, non ti incontrerò di persona per un po’ dopo questo,” dice Linwood. Sto per roteare gli occhi quando continua. “Faresti meglio ad assicurarti che lo farò.”

Rifletto sulle sue parole per un po’. Linwood mi sta… augurando buona fortuna?

“Sì, spero di tornare indietro anch’io,” rispondo incerto.

“Luke sperava di tornare indietro,” mormora. “Tu tornerai indietro.” E con questo, pone una mano pesantemente sulla mia spalla, le sue dita nodose strette sulla mia clavicola. Sento il calore abbandonare il mio viso per il modo in cui l’ha detto. Speranzoso, quasi, con una punta di tristezza. È in questo momento che considero il fatto che forse Linwood è stato il mentore di mio fratello…

Non so che effetto abbia saperlo adesso, ma non ha diminuito lo shock che è seguito. Avevo sempre presupposto che il suo mentore fosse stato uno degli altri vincitori. Ci sono stati altri Vincitori dal mio distretto, ovviamente. Li ho visti passare le loro giornate a sperperare denaro al mercato; ma ho raramente incontrato Linwood quando facevo i miei giri per comprare grano e latte… specialmente dopo le mietiture annuali. Mi fermo a riflettere. Era forse perché è stato quello che ha fatto il mentore per la maggior parte dei tributi recenti? L’ipotesi non è impossibile.

Sono senza parole. “Linwood, io--”

Come acqua che irrompe da una diga, l’aria è improvvisamente colmata dall’opprimente, stridulo ronzio di macchinari. Devo tapparmi le orecchie con le mani mentre l’hovercraft si avvicina, incombendo sopra di noi come una nube scura che annuncia una tempesta. Deglutisco e rivolgo lo sguardo al mio mentore… il mentore di Luke, all’improvviso sentendomi così perso e insicuro. Linwood mi stava guardando, un insondabile luccichio nei suoi occhi marrone-verdastro.

Ce la puoi fare, mima con le labbra.

Mi concedo un momento di esitazione ma lui sembra prenderla come debolezza.

Mi afferra le braccia e mi scuote fermamente, stringendomi come se rappresentassi ogni singola speranza abbia mai avuto. Ripete le parole a voce alta adesso; posso sentirlo al di sopra dello stridore acuto dei motori.

“Ce la PUOI fare!” Mi risuona nelle orecchie.

Con la coda dell’occhio, vedo un bagliore argentato provenire dal lato dell’hovercraft. Una scala di metallo esce e si srotola, la sua estremità si ferma tintinnando ai miei piedi.

Linwood urla qualcosa che non comprendo bene prima di darmi una vigorosa pacca. Disorientato, faccio un paio di passi barcollanti all’indietro, aggrappandomi alla scala per non cadere. Vorrei chiedergli di ripetere l’ultima parte ma mi ritrovo incapace di parlare… o muovermi… le mie dita sono irrigidite attorno al piolo di metallo.

Mentre vengo trascinato nell’hovercraft come una statua di pietra, lancio un ultimo sguardo al mio mentore, per nulla impressionato dai suoi metodi.

E attraverso il suo strafottente sorrisino divertito, potrei giurare di vedere delle lacrime.



La stanza in cui sono condotto sembra di gran lunga troppo grande per una singola persona.

Il soffitto si estende molto in alto sopra la mia testa, fino alla parte più alta dell’hovercraft, immagino, giudicando dalle luci lampeggianti che si riversano sul pavimento a griglia. Una fila di sedili delinea l’intera parete sinistra, ognuno vuoto e con le fibbie delle cinture di sicurezza tintinnanti lungo i lati. Sembra decisamente troppo stravagante che ogni tributo venga trasportato in questo modo. Il carburante usato per ciascun velivolo potrebbe essere destinato ad un uso migliore, penso aspramente mentre mi metto a sedere. La mia mano sinistra è premuta contro il rigonfiamento rigido e dolorante sul mio braccio destro, dove mi hanno iniettato il tracker. Nel Distretto 7, i Pacificatori appuntano le orecchie del bestiame con delle targhette e vi scrivono sopra i nomi dei loro rispettivi proprietari. Non posso che paragonarmi alle capre ossute e le pecore che vagano liberamente per il mercato.

“Vuoi qualcosa da bere?” Mi domanda il funzionario che mi ha fatto l’iniezione.

Mi freno dal ribattere con un aspro ‘no’, prendendomi un momento per calibrare me stesso, il mio corpo. Sto per mettere piede nell’arena dove combatterò per la mia vita; non ne uscirò per almeno due settimane… se sarò vivo, s’intende.

Faccio una smorfia al pensiero funesto.

“Acqua, per piacere,” rispondo rocamente, sperando che basti a placare l’ansia parassitica nel mio petto.  



Trenta minuti dopo, sono nella stanza di lancio e il senso di disagio non si è attenuato per niente.

Il cesto di frutta e le bottiglie di vetro chiaro con le bevande rimangono ignorate mentre cammino avanti e indietro, avanti e indietro, da un lato all’altro, occasionalmente passando la mano sul tubo trasparente che mi porterà su ai Giochi. Il tracker pulsante nel mio braccio e la claustrofobia per essere sotto terra mi fanno solo sentire ancora di più come un animale in trappola. Mi mordo il labbro. È quello che sono, non è vero? Un giocattolo, una bestiolina, uno spettacolo per il loro gradimento – mi fermo. Questo non è il momento di lasciare che il mio risentimento per la Capitale prenda il sopravvento su di me.

Concentrati sull’obiettivo,” mi sussurra il fantasma della voce di Luke dai miei ricordi.

Un brivido freddo mi corre lungo la schiena, come se qualcuno avesse rotto una fiala di liquido ghiacciato sulle mie spalle. Inspiro a fondo. “Se tieni in mente i tuoi obiettivi, penserai in maniera più chiara.” Il me stesso di tredici anni aveva ascoltato rapito le sue parole, aggrappandosi stretto a ciascuna di esse, imparandole tutte a memoria. Per me, Luke è stato un padre più di quanto il nostro vero padre fosse mai stato. Il suo ricordo è ciò che mi ha fatto andare avanti tutto questo tempo, a partire dal momento in cui mi sono offerto volontario al posto di Liam.

Lo renderò fiero. Vincerò per lui.

‘Attenzione tributi, i Giochi inizieranno a breve,’ una fredda voce femminile fuoriesce da altoparlanti invisibili. ‘Per piacere entrare nei rispettivi tubi di lancio per evitare qualsiasi inconveniente e ritardo.’

Ci siamo, mi dico. Ci siamo.

La base di metallo emette un suono meccanico quando faccio un passo dentro il tubo e guardo in basso incuriosito verso i miei stivali. Uso questo momento per ispezionare i vestiti che mi hanno fornito un’ultima volta, ancora incerto su ciò che sarà in serbo per noi più avanti. Le scarpe sono pesanti e riflettono la luce in modo bizzarro, né come pelle né come gomma. Cinghie e fibbie ricoprono ciascun lato, suggerendo che siano state costruite per essere sicure. Sicure contro cosa? Giro il tallone per esaminare l’altro lato. Non sembrano tanto fatte per correre, ma non lo sono nemmeno gli stivali da taglialegna del Distretto 7. Per me, il peso porta una certa stabilità che è familiare. Non sono sicuro riguardo gli altri tributi però.

I pantaloni e la giacca sono più pesanti del materiale delle nostre tute da allenamento, dandomi l’idea di un più rigido, e più duraturo tipo di pelle. Sorprendentemente, quando mi muovo fruscia solo lievemente, probabilmente per un fattore di discrezione aggiunto per i Giochi. La maglietta sotto sembra il più normale capo di vestiario, nonostante lo strano scintillio del rivestimento interno. Il mio insegnante di sopravvivenza mi aveva spiegato che questo luccichio è la caratteristica del materiale che riflette il calore. Sto andando in un posto freddo?

Tutto sommato, l’intera tenuta ricorda vagamente i vestiti che indosso a lavoro, eccetto la stravaganza dei tessuti altamente tecnologici. Stivali pesanti e duraturi e pantaloni e giacca pesanti per il freddo. Fa sempre uno strano effetto la prima volta, ma quando ci hai fatto l’abitudine, tagliare legna è un compito facile.

La familiarità di tutto questo è snervante.

Lo stanno facendo apposta.

 Il sollevarsi improvviso della piattaforma mi fa quasi cadere in ginocchio ma riesco a mantenere l’equilibrio, con la schiena e le gambe irrigidite da mero nervosismo. Infilo le mani nelle tasche della giacca per nascondere il loro tremore, facendo profondi respiri che risuonano sulle pareti di vetro e nelle mie orecchie. La luce del sole si riversa sulla mia testa dall’alto e faccio una smorfia per la sua luminosità, costretto a strizzare gli occhi mentre continuo a salire sempre più in alto. Nell’arena.

Per un momento, sono completamente accecato, facendo affidamento solo a suoni e odori per valutare i miei dintorni. Passa un secondo. Tutto è silenzioso e non c’è alcun odore. Mi trattengo dal farmi prendere dal panico e tossisco a forza.

Questo sembra aver ripulito il mio organismo perché vengo accolto dall’allegro cinguettio di uccelli e la soffice, caratteristica fragranza di… pini?

Mentre i miei occhi si adattano alla luce, i colori confusi si solidificano in forme più definite di alberi e foglie e montagne e nuvole. Me li devo strofinare una volta prima di poter coerentemente metabolizzare il tutto.

La Cornucopia risiede alta, orgogliosa e scintillante d’oro proprio vicino ad un grande albero di cui non saprei indicare la specie. Sembra un incrocio tra una quercia e qualcos’altro… probabilmente il risultato di un esperimento della Capitale. I rami si dipanano in lungo e in largo e la base è irregolare, some se ricoperta da grosse verruche dalle dimensioni di mele. Sposto la mia attenzione dall’albero, verso la bocca del corno, desideroso di esaminare i rifornimenti che ci hanno messo a disposizione quest’anno.

Non c’è nulla.

Comincio ad agitarmi di nuovo, non entusiasta di fronte alla prospettiva di una grande e sanguinosa lotta a mani nude. Passandomi una mano nei capelli, mi guardo velocemente attorno cercando di individuare nell’arena qualsiasi cosa possa servirmi come arma. Ci sono foreste di pini dietro di me e selve di altri alberi – ibridi non familiari, proprio come quello vicino alla Cornucopia – alla mia destra. Le cime rocciose delle montagne sembrano essere presenti in ogni direzione, fornendo una specie di perimetro ai Giochi. Sono lontane però, quindi non sono molto ansioso di correre per tutto quello spazio. Alcune di loro sono relativamente vicine comunque, l’ombra della mattina tocca quasi il margine del circolo dei tributi. In lontananza verso ovest, c’è una distesa sconnessa di rocce bianco-grigie e macigni.

Ma il problema adesso sono armi e cibo, non montagne e colline.

“Pssssssst,” un sibilo leggero. Volto il capo per vedere Sheer, a uno spazio di distanza, che guarda proprio me.

Infatti, sembra l’unica a guardarmi; l’attenzione di tutti gli altri è attivamente concentrata sull’albero. Solleva un dito e lo punta verso di esso.

Comprendendo il messaggio, riporto lo sguardo al centro del cerchio, domandandomi cosa accidenti stiano guardando tutti.

Poi lo vedo.

Le foglie luccicano.

Più perplesso che mai, le fisso semplicemente intontito. È normale per loro? Tutti gli altri Distretti hanno alberi come questo che brillano alla luce del sole? Sono completamente perso e la voce roboante di Kanaky che fa il conto alla rovescia non semplifica per nulla la mia situazione. Prossimo ad arrendermi, riporto gli occhi verso Sheer per dirle che non ho idea di quello che debba fare. Ma qualcosa di curioso cattura il mio sguardo… una teiera di metallo sull’orlo dei rami.

Mi prendo quasi a schiaffi quando me ne rendo conto.

I rifornimenti sono sui rami.

Poi la mia faccia impallidisce.

Dovremmo arrampicarci sull’albero mostruoso… con i nostri stivali pesanti… e sopravvivere al bagno di sangue… allo stesso tempo?

Cinque.

Questo non è bene, questo è decisamente molto più pericoloso. Una caduta da uno dei rami a metà altezza potrebbe rompere il collo a qualcuno.

Quattro.

Probabilmente è proprio questo il punto, però. Siamo solo bestiame dopotutto. Più sono interessanti le morti e meglio è.

Tre.

Vedo alcuni dei tributi sporgersi lontano dal centro, pronti a correre nella direzione opposta.

Due.

Hanno l’idea giusta. Dovrei correre via. No, un attimo, non posso. I Favoriti, si aspettano che io--

Uno.



In questo momento, il tempo si ferma.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: paperchimes