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Autore: leyda    19/01/2013    5 recensioni
In cui si scopre che Harris è qualcosa di più di un semplice professore di chimica, Stiles chiede aiuto a Derek e scopre dei parallelismi Potteriani...
Genere: Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Lezioni da druido

 

 

 

«Stiles!»

La voce proveniente da dietro la sua schiena gli fece compiere un balzo in avanti, ingoiando l’urlo che premeva per uscire dalla gola, e trasformandolo invece in un uno stizzito «Ma sei scemo?!» sibilato quando si voltò per fronteggiare la voce, non trovando però nessuno da guardare in faccia.

«Ok, sto diventando pazzo. Me lo aspettavo dopotutto, con la vita che faccio e la gente che frequento. Ma speravo di non essere ancora arrivato al punto di immaginarmi un lupo esibizionista che mi chiamava. Va bene, è gestibile. Si, basterà una bella terapia dalla Morrel e tanti, tanti farmaci.» annuì a sé stesso, continuando a scrutare lo spazio tra gli alberi, alla ricerca di qualcosa, o meglio qualcuno che smentisse la sua affermazione.

«Di cosa stai parlando?»

«Dio santo, Derek! Vuoi uccidermi?!» urlò, girando su sé stesso per trovarsi di fronte il viso serio della persona chiamata in causa.

«Cosa ci fai qui?» chiesero contemporaneamente. «L’ho chiesto prima io.» continuarono. Trattenendo una risata, che gli sarebbe certamente costata cara, Stiles alzò le mani e con un gesto concesse al lupo la parola.

«Che ci fai qui a quest’ora? È pericoloso.»

«Oh, ti preoccupi per me? Sono commosso.» commentò Stiles, strofinandosi le braccia.

«Non vorrei che tuo padre mi accusasse nuovamente, se ti trova morto nella mia proprietà.» ribatté Derek, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.

«Sono doppiamente commosso.» ribadì piattamente Stiles, notando l’abbigliamento decisamente leggero del lupo. Possibile che anche con pochi gradi sopra lo zero, Derek si vestisse sempre allo stesso modo? Forse essere un lupo mannaro era come essere perennemente in menopausa? Almeno questo spiegava il carattere irascibile e tendente al bipolare dell’altro e le apparenti caldane. Ad ogni modo non aveva tempo né voglia di occuparsi delle crisi del lupo, quindi cercò di superarlo, con scarsi risultati.

«Dove pensi di andare?»

«Senti Derek, per quanto il tuo improvviso, e del tutto immotivato, attaccamento nei miei confronti mi lusinghi, e al contempo mi inquieti, adesso non ho proprio tempo e voglia di stare dietro alle tue paranoie da lupo Alpha. È tardi, fa un freddo pazzesco e ho da cercare qualcosa che Harris mi ha, oh, così gentilmente, imposto di trovare. Quindi scusa, ma proprio stasera passo.» esclamò, cercando di liberare il braccio dalla presa ferrea che lo teneva. «Ti spiacerebbe lasciarlo? Oltre al fatto che mi serve, non sento più il sangue circolare.» disse, inarcando le sopracciglia per dare più enfasi alle parole.

«Si può sapere perché vieni sempre di notte a fare le tue ricerche?» domandò, affiancandolo.

Stiles scrollò le spalle, cercando di non inciampare in qualche radice nascosta dalla neve. Il fascio di luce della torcia era davvero misero e iniziava anche a lampeggiare a intermittenza.

«Perché il pomeriggio lo passo agli allenamenti di lacrosse. O in detenzione. O a studiare per la scuola e per il mio nuovo addestramento. Ah già! Oppure a cercare di salvare le vostre chiappe lupesche con le mie ricerche.» spiegò continuando ad affondare i piedi nel sottile manto bianco, trasformandolo in fanghiglia. «E si può sapere perché mi stai seguendo, comunque?»

Derek alzò gli occhi, esasperato, rifiutandosi di rispondergli. «Cosa stai cercando stavolta?» sbuffò.

Stiles fece ancora qualche passo, rimuginando sul fatto se gli convenisse farsi di nuovo aiutare da Derek o meno, visto che l’altra volta Harris, non aveva ancora capito come, l’aveva saputo e gli aveva fatto scontare tre noiosissime ore di punizione, il tutto condito da una marea di compiti da fare a casa. Probabilmente le sue ipotesi erano fondate, e il suo insegnante aveva davvero frequentato Hogwarts, o magari era l’alter ego di Piton, e aveva la sua stessa capacità da legilimens. Perché non sapeva in che altro modo, che non includesse l’illegale attività di pedinamento, spiegare quella sua capacità di sapere sempre e comunque cosa aveva fatto e con chi.

Alla fine decise che una mano dal lupo, che senz’altro conosceva quei territori meglio di lui, non l’avrebbe affatto disdegnata. E almeno aveva qualcuno con cui parlare. Più o meno. Ma Derek si era rivelato un buon ascoltatore, bastava ignorare i ringhi di fastidio e le minacce per niente velate.

«Un albero per ricavarne delle rune. Ma non so quale di preciso. Harris è stato molto chiaro in proposito. “Quando lo troverà, signor Stilinski, se ne accorgerà. Non scelga a casaccio e si faccia guidare dall’istinto. E soprattutto, non cerchi aiuti esterni”» citò Stiles, scimmiottando l’insegnante con una smorfia. «Se avessi ricevuto un responso da un oracolo sarebbe stato meno enigmatico. Che accidenti vuol dire che devo farmi guidare dall’istinto? Non sono mica uno di voi, io. E con questo gelo, preferirei che il mio istinto si manifestasse sotto forma di una grande e luminosa insegna che dice: è qui! Fermati! Ma credo che purtroppo anche lui sia troppo congelato per fare qualcosa.» brontolò, muovendo la torcia sul terreno circostante.

«Quindi sei venuto nel bosco, pieno di animali selvatici e potenzialmente letali, oltreché di licantropi, nel cuore della notte, cercando un albero che non sai dove e come trovare?» ricapitolò il lupo, incrociando le braccia.

«La tua capacità di sintesi e di far sembrare la cosa peggio di quello che è, fa davvero venire i brividi sai? Comunque, si, il succo è quello. Quindi ora ti sarei grato se mi lasciassi passeggiare in questo oscuro bosco, sperando di non perdermi, a farmi guidare dal mio istinto. Qualsiasi cosa voglia dire.» gesticolò, invitandolo ad andarsene.

«Vengo con te.» dichiarò Derek, senza alcuna esitazione.

Stiles lo afferrò per un braccio, voltandolo verso di sé e sventolandogli un dito sotto al naso lo redarguì. «Poi glielo spieghi tu a Harris perché mi hai aiutato, vero? Perché se per colpa tua mi toccheranno compiti in più e detenzione forzata, sappi che ti avvelenerò con lo strozzalupo alla prima occasione buona.»

Spostando il braccio di Stiles, Derek avanzò lento, spingendolo a indietreggiare. «Non ho intenzione di spiegare allo sceriffo perché suo figlio girovagava nei boschi di notte alla ricerca di uno stupido albero sconosciuto. Chiaro?» minacciò, incombendo su di lui.

Facendosi piccolo contro il tronco alle sue spalle, Stiles annuì.

«Bene» sentenziò allontanandosi.

Stiles fece per seguirlo, ma si ritrovò impigliato nella corteccia dell’albero. Dimenandosi, sentì il rumore di uno strappo deciso e inorridì al pensiero di dover andarsene in giro con i vestiti strappati, unicamente perché avrebbe rischiato una polmonite con quel freddo, mica per paura che qualcuno lo vedesse. L’unico era Derek, che era proprio davanti a lui e sogghignava, certo di non essere visto.

Puntandogli il fascio di luce della torcia in viso, il liceale lo guardò con la sua miglior espressione torva. «Dammi una mano, invece di sorridere.» borbottò allungando il braccio verso di lui, per quanto la conca nel tronco che lo intrappolava, glielo permettesse. Che poi, che diavolo ci faceva quella fessura nella corteccia? Ci mancava solo che si trattasse di un albero simile al Platano Picchiatore e sarebbe stato a cavallo, oltre che in pericolo di morte violenta per essere finito nel raggio d’azione dei suoi rami. Però se era ancora vivo, poteva scartare quell’ipotesi. E poi,  chissà, magari c’era qualche cosa di nascosto lì in fondo, ponderò mentre lo strattone deciso di Derek, oltre a probabilmente lussargli una spalla, lo tirava fuori.

«Ah, fantastico! Guarda qua che buco.» si lamentò, contorcendosi per vedere l’entità del danno sui suoi abiti. «Stupido albero di… che diavolo di specie è? Ehi, e quello cos’è?» urlò accucciandosi per osservare qualcosa sulla corteccia, completamente dimentico del lupo alle sue spalle, che sbuffò infastidito.

«Ti muovi o no, Stiles?» borbottò.

«Oh, piantala! Se ti dà così fastidio stare qui puoi anche andartene, sai?» ribatté il liceale, indirizzando la luce sempre più flebile sul tronco scuro. «Beh, non so se sia istinto o solo sfortuna, ma immagino che questo sia l’albero che cercavo.» si disse. «Bene, ci tornerò domani. Magari quando c’è un po’ più di luce… uh, Derek, sai mica da che parte è la mia Jeep?» chiese voltandosi con un sorriso tirato, sperando di non essere rimasto solo.

Scuotendo la testa, il lupo si girò e si incamminò, tallonato dal ragazzo. «Perché ti aiuto non lo so.» bisbigliò.

Immediatamente, la voce di Stiles riecheggiò tra gli alberi. «Perché io sono un bravo ragazzo che vi aiuta sempre, quando può. Ed è giusto che tu, in quanto capobranco, ricambi il favore quando ce n’è la possibilità!» esclamò convinto.

 

«Signor Stilinski» la voce di Harris inchiodò Stiles, che stava per uscire dalla classe insieme a Scott.

Il lupo si voltò a guardarlo preoccupato. «Signor McCall, non è richiesta la sua assistenza. Vada pure.» lo congedò il docente con un occhiata eloquente. Con un ultimo scambio di sguardi tra i due, Scott si allontanò. Prima di voltarsi, Stiles chiuse gli occhi, raccogliendo tutta la pazienza che aveva a disposizione.

«Ha trovato quello che le ho chiesto?» domandò l’uomo, aggiustandosi gli occhiali squadrati.

Stiles annuì incerto, pensando che non era proprio stato lui a trovare l’albero, quanto piuttosto il contrario. Anche questo gli sembrava molto Potterverse, per quanto riguardava la storia delle bacchette magiche.

«E immagino che non si sia fatto aiutare da nessuno?» insinuò, inarcando un sopracciglio.

Supponendo, giustamente, che fosse inutile mentire –anche perché gli sembrava di aver già menzionato il perché e non si sarebbe stupito se gli fosse stato somministrato del veritaserum a sua insaputa– decise di raccontare come effettivamente si era svolta la sua ricerca. «Beh, non è stato proprio un aiuto nel senso stretto e comune del termine. È stato più un accompagnarmi contro la mia volontà, ecco. Ma l’albero l’ho trovato da solo. O meglio, lui ha trovato me. Ci siamo trovati vicendevolmente, ecco. Mi ci sono praticamente…»

La voce seccata di Harris lo interruppe a metà frase. «Mi sta dicendo che nonostante le avessi espressamente vietato qualsiasi aiuto, lei si è fatto aiutare comunque, signor Stilinski?»

«No, ho detto che Derek mi ha trovato in mezzo al bosco, in piena notte, e mi ha evitato una morte truculenta per via di qualche animale affamato. L’albero l’ho trovato da me.» ribatté Stiles, incrociando le braccia.

Il professore di chimica, e suo personale addestratore, lo fissò severamente, meditando probabilmente su quale punizione infliggergli, quando il suo cellulare squillò. Congedando il liceale con un gesto seccato, rispose alla chiamata. Uscendo dall’aula, grato a chiunque fosse la persona al telefono, Stiles si fermò vicino alla porta, cercando di ascoltare e capire l’oggetto della conversazione.

Riuscì solo a cogliere il nome del veterinario e qualche seccata negazione da parte di Harris, prima di sgattaiolare via silenziosamente, avvertendo dei passi dall’interno dell’aula.

«Accidenti, mi è andata proprio bene, stavolta. Devo riuscire a convincere Derek a smetterla di pedinarmi ogni volta che metto piede nel bosco. Non ho nessuna intenzione di passare tutti i pomeriggi della mia carriera scolastica in compagnia di Harris.» rimuginò fra sé e sé

 

Stava parcheggiando nel vialetto di casa, quando una chiamata da parte di Scott lo avvisò che il veterinario aveva urgenza di parlargli. Incuriosito e preoccupato, Stiles fece inversione velocemente, e guidò verso la clinica. Qui giunto, trovò ad attenderlo due sorprese: Derek e Harris. Di Scott neanche l’ombra. Probabilmente il suo amico si era saggiamente defilato, o era stato congedato dal suo datore di lavoro. In ogni caso, per un momento nella mente di Stiles campeggiò la parola “traditore”. In silenzio si avvicinò al trio, notando che l’unico bendisposto nei suoi confronti sembrava essere Deaton.

Toh guarda, Silente, Piton e un’aggiunta ancora da collocare, gli propose la sua mente, valutando che in questa circostanza, forse poteva accostare l’immagine di Derek a quella di Lupin. E ci sarebbe anche stata bene, considerata la comune natura dei due.

«Se il signor Stilinski si degna di tornare qui con la mente, potremmo iniziare.» disse Harris, ma Stiles non lo sentì neppure, troppo impegnato a seguire i suoi vaneggi potteriani.

«Stiles!» esclamò Derek, riportandolo immediatamente al presente.

«Uh?» disse intelligentemente, facendo sorridere il veterinario. «Che ci fai qui?» domandò confuso.

Divertito, Deaton si rivolse direttamente a Harris. «È come ti dicevo, Adrian. Non puoi punirlo per questo, dato che non l’ha deciso lui.»

«Che non l’abbia fatto è ininfluente. Specialmente per il compito che gli avevo assegnato, avrebbe dovuto seguire le istruzioni scrupolosamente.» ribatté il professore.

Ad ogni scambio di parole, Stiles e Derek si guardavano confusi, nonostante Stiles avesse una vaga idea del perché fossero entrambi stati convocati lì. Derek invece, sembrava solamente seccato e irritato dalla mancanza di considerazione, tanto che Stiles poteva avvertire nell’aria la tensione che si propagava.

Avvicinandosi inosservato, gli posò una mano sul braccio, scuotendo la testa. «Fidati, non è una buona idea. Piuttosto, ma come mai sei qui anche tu? Come accidenti hanno fatto a trovarti?»

Derek lo squadrò, facendolo sentire abbastanza stupido. Sensazione che aumentò esponenzialmente quando tirò fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni. A quel punto, siccome ultimamente aveva davvero una sfortuna sfacciata, Harris si ricordò della loro presenza.

«Signor Stilinski, vi scambierete i numeri in un altro momento. Per il momento sarà bene chiarire che la prossima volta che le dico di fare qualcosa, sarà bene che la faccia da solo. A meno che non le venga detto altrimenti. Sono stato chiaro?»

«Si ma…» tentò Stiles.

«Adrian» intervenne il veterinario «non è Stiles che dovresti sgridare.»

Harris gli dedicò a malapena un’occhiata, prima di rivolgersi ai due ancora in piedi e confusi. In quel momento Derek iniziava a condividere le teorie di Stiles su quanto riguardava quel tipo. E si, anche se non l’avrebbe mai ammesso con nessuno, aveva almeno visto i film di Harry Potter, quindi aveva una certa cognizione di causa da poter sfruttare per esprimere il suo giudizio.

«Immagino di dovermi rivolgere anche a lei, dunque.» concordò il professore di chimica. «Se verrò di nuovo a sapere che ha aiutato il signor Stilinski, le conseguenze non vi piaceranno.»

Derek si limitò a inarcare un sopracciglio, per nulla intimidito. Ora comprendeva alla perfezione l’irritazione di Stiles per quell’uomo. E lui aveva a che farci praticamente ogni giorno. Avrebbe tanto voluto vederlo mettere in pratica le sue minacce, ma Stiles sembrava realmente intimidito. Afferrandolo per un braccio, pilotò fuori il liceale, ignorando la voce di protesta e quella che cercava di calmarlo.

«Oh perfetto! Ora Harris renderà la mia vita un vero inferno, grazie a te. Davvero Derek, grazie!» esclamò Stiles, gesticolando agitato, tentando di tornare dentro.

«Vai male in chimica?»

«No, non vado male in nessuna materia, ma non è di scuola che parlavo, lo sai. E non ho ancora capito che ci facciamo qui tutti e due. È solo perché ieri notte mi hai tirato fuori da quel tronco?» piagnucolò sedendosi scompostamente sul gradino del marciapiede. «Beh, immagino che tu qui abbia finito. Non vai a fare le tue cose da lupo misantropo?» domandò alzando uno sguardo sconsolato e supplichevole.

Sbuffando, anche Derek si abbassò, sedendogli affianco. In effetti, non capiva perché fosse rimasto lì tutto il tempo, quando era evidente che l’insegnante di Stiles avrebbe preferito che non ci fosse. «Vuoi che lo morda?» domandò con leggerezza.

Stiles lo guardò con gli occhi sgranati, cercando di capire se davvero Derek Hale aveva tentato di fare una battuta, prima di scoppiare in una fragorosa risata. «Si, certo. Come se non fosse già abbastanza così com’è.» ironizzò, dandogli una spinta leggera che non lo smosse minimamente. «Penso che mi terrò il mio professore di chimica e “magia” com’è adesso, grazie. Preferirei evitare altri lupi che attentano alla mia fragile vita.»

«Sono commosso dalla sua gentilezza, signor Stilinski. Ed è proprio per evitare queste situazioni che sto tentando di insegnarle.» insinuò una voce alle loro spalle, facendo trasalire il liceale, che balzò in piedi. «Dopo una controversa discussione, ho deciso che potrà ricevere l’aiuto del qui presente Derek Hale, Solo ed esclusivamente il suo, signor Stilinski.» decise «E ora vada a raccogliere la corteccia di quell’albero. La aspetto per domani.» sentenziò, consegnandogli un involucro morbido, di cui Stiles già sospettava il contenuto.

 

Infilandosi le mani nelle tasche, Derek si era allontanato in direzione del bosco. Stiles lo ritrovò pochi minuti dopo e gli si affiancò.

«Come mai tutto questo scrupolo a infilarti nella mia Jeep per farti dare un passaggio? Tanto sono di strada, hai sentito no?» esclamò sporgendosi e aprendo la portiera del passeggero. «E poi mi serve una mano per ritrovare quell’albero.»

«Allora ti conviene andare veloce. Sta per piovere.» disse Derek, una volta salito in macchina.

«Beh ma tu sai dov’è no?» chiese speranzoso Stiles. Alla risposta negativa, pigiò sull’acceleratore, facendosi sfuggire un lamento contrariato.

Parcheggiando all’incirca dove aveva lasciato la Jeep la notte prima, Stiles scese al volo, trascinandosi dietro il fagotto e tentando di tenere il passo con il lupo. «Se hai intenzione di usare la tua velocità lupesca, dovresti prendere in considerazione la mia umanità in primis, il fagotto che ho dietro poi, e ponderare la possibilità di portarmi in spalla, infine» arrancò Stiles.

Fortunatamente la notte precedente aveva vagato in tondo a lungo, e quando Derek l’aveva trovato, stava cercando di tornare indietro, quindi l’albero che cercavano era a una decina di minuti da dove aveva parcheggiato.

«Devi di nuovo infilarti quella cosa?» domandò il lupo, appoggiandosi al tronco a braccia incrociate.

Da dietro gli giunse la risposta, ovattata dalla stoffa. «Pensi che mi faccia piacere? Fa un freddo incredibile, solo con questa addosso, ma “finché è in apprendistato, signor Stilinski, dovrà indossarla”, quindi si. Devo mettermela.» esclamò, tornando visibile. Frugando nella sacca, si accorse che mancava un oggetto fondamentale per portare a termine l’incarico. «Oh mio Dio! Dov’è il coltello? Come accidenti dovrei recuperare la corteccia senza coltello? La gratto via? La rosicchio? E sta anche iniziando a piovere! Derek come faccio?» piagnucolò, portandosi le mani ai capelli, già umidi.

Guardando il lupo, ancora asciutto, gli venne un’idea. Rapido gli si avvicinò e gli prese un polso portandoselo davanti alla faccia. Annuendo a sé stesso, cercò di spostarlo. «Che pensi di fare?» domandò più incuriosito che infastidito.

«Tu sei un lupo mannaro!» esclamò Stiles, come se avesse avuto un epifania.

«Complimenti per l’acutezza.» fu il sarcastico commento.

«Tu sei un lupo mannaro, e sei l’Alpha! Di certo puoi staccarmi un pezzo di corteccia con i tuoi artigli, no?» rivelò strattonandolo. «Per favore?» tentò sorridendo supplice.

Sbuffando, Derek si lasciò spostare dal ragazzo, che lo portò davanti al tronco, continuando a tenere il suo polso. «Se non mi lasci andare, come pensi che possa aiutarti?»

«Non posso, devo essere io a tagliarla!» protestò «Tu dovresti essere il mio strumento, quindi dovresti farti guidare da me. Uhm… come potrei fa… woah!» esclamò Stiles, quando si sentì strattonare all’indietro dal braccio libero di Derek. «Cosa stai facendo?» domandò, cercando di capire per quale mistica ragione il lupo lo stesse praticamente abbracciando.

«Sbrigati» mugugnò, alzando il braccio e mostrando gli artigli.

«Oh!» esalò Stiles, comprendendo e muovendolo fino a fargli appoggiare la mano sul tronco. Immediatamente, con uno scrocchio secco, gli artigli trapassarono il legno, aspettando che il liceale li muovesse.

Qualche secondo dopo, un grosso e squadrato pezzo di corteccia cadde a terra. «Ok, ora la cosa sta diventando un po’ strana, Derek.»

«Sta zitto» soffiò al suo orecchio.

«Oh certo, sta zitto. Ti potrei far notare che siamo in inverno, che piove e che io ho indosso una misera tunica, per di più zuppa? Non è esattamente lo scenario ideale per qualcosa di diverso da un film dell’orrore di serie B, sai? Ah già. E tu sei anche un lupo mannaro! Vedi? Film horror di serie B.» protestò, ignorando i brividi che la punta del naso, poggiato sul suo collo, gli procuravano.

Senza pronunciarsi, Derek si allontanò, tornando però prima che il sollievo si impossessasse di Stiles, e buttandoselo su una spalla con malagrazia, corse in direzione dell’auto, le orecchie inondate dalle proteste risentite del liceale che, per fortuna, aveva avuto la prontezza di raccogliere la corteccia da terra, o avrebbe dovuto tornarci di notte, e per una volta gli sarebbe piaciuto passarla come una persona normale: nel suo letto e addormentato.

«Andiamo» ordinò Derek, scaricandolo sul sedile del guidatore e facendo il giro per salire dall’altra parte.

Stiles lo osservava perplesso e stupito, per una volta a corto di parole per commentare i fatti. «Quindi, uhm… ti lascio a casa tua?» domandò, appoggiato al volante e voltato verso il lupo. A dirla tutta, gli sembrava che il suo comportamento fosse del tutto anomalo, anche per uno come Derek, che sembrava affetto dalla sindrome di Dottor Jekill e Mr Hyde, per buona parte del tempo.

Senza aspettare risposta, accese il motore, guidando verso casa sua. Non vedeva l’ora di togliersi quei vestiti appiccicati e bagnati, di dosso. E magari nel frattempo il lupo sarebbe rinsavito, invece di continuare a guardarlo con quegli occhi quasi famelici.

«Guarda che se stai pensando di mangiarmi, puoi notare anche da te che non c’è carne a sufficienza su queste fragili ossa umane. Ti proporrei un bel cervo, o magari una bella pizza, che ne dici? Per una volta posso anche offrire io, purché eviti di assaggiarmi e mi fai prima cambiare.» propose, cercando di alleggerire il silenzio. Passando davanti a una pizzeria, Stiles si fermò e voltandosi, iniziò a frugare nella borsa sul sedile posteriore. «Ecco qui! Offro io, ho detto. Per me una con le olive e una coca.» esclamò, mettendogli il suo portafoglio in mano e facendogli cenno di scendere.

Appena Derek fu scomparso dietro la porta a vetri appannata dal calore, recuperò la borsa con i suoi vestiti e iniziò a spogliarsi per cambiarsi. Oltre a cercare di fare il più velocemente possibile, perché stava realmente iniziando a congelarsi, e ad ogni movimento gli venivano i brividi, stava anche tentando di non muoversi troppo per evitare che la sua vecchia e malandata Jeep cigolasse eccessivamente, certo che anche dall’interno del locale, il lupo potesse cogliere gli anomali cigolii.

Purtroppo, sfilarsi la tunica pregna d’acqua di dosso e che continuava ad aderirgli addosso, cercando inoltre di contorcersi come un maledetto serpente, gli aveva portato via più tempo del previsto. Quando Derek tornò con le due ordinazioni, Stiles stava ancora cercando di capire da quale lato dovesse infilarsi la maglia, borbottando tra sé e sé che, se davvero fosse stato Harry Potter, a quell’ora avrebbe già risolto tutto facendo evanescere la tunica.

«Stai ancora pensando a Harry Potter?» domandò risalendo e spaventandolo.

«Oh mio… oh mio Dio! Hai già fatto? E come fai a sapere che pensavo a Harry Potter?» chiese, annusando l’odore invitante che si spargeva nell’abitacolo e rinfilandosi la maglia.

«L’hai nominato circa una decina di volte mentre tentavi di spogliarti. Non pensi di essere un po’ fissato? E lui è un mago, tu no.»

Stupito, Stiles ripartì verso casa sua. «Tu conosci Harry Potter?»

«Non vivo mica in una caverna.» protestò risentito il lupo, riservandogli un’occhiata obliqua.

Nonostante l’evidente divertimento, Stiles preferì lasciar cadere il discorso. Guidò in silenzio, tentando di opporre resistenza alla fame che provava e finalmente svoltò nella sua via. Meno di cinque minuti ed entrambi erano seduti comodi sul divano a gustarsi quanto comprato, in quanto lo sceriffo era al lavoro fino a tardi.

«Mh, è buona! Devo ricordarmi di questo posto.» bofonchiò Stiles con la bocca piena, spargendo pezzi di impasto e mozzarella dappertutto. «Allora, si può sapere che ti è preso prima?» chiese, ormai sazio e soddisfatto, sistemandosi meglio tra i cuscini.

Ovviamente, come si aspettava, Derek eluse la domanda fingendo di non averla sentita. «Uhm… hai l’udito selettivo eh? Però prima quando ho detto che offrivo io, ci sentivi benissimo, lupo scroccone. Mi senti solo quando ti fa comodo.»

«Tu no, invece?» replicò sarcastico, inarcando un sopracciglio.

«Ma figurati! Sei tu che ti sei offerto di aiutarmi.»

«Non ricordo di averlo mai detto.»

«No, ma chi tace, acconsente.» concluse Stiles. «E comunque penso di aver pagato il mio debito offrendoti la cena.» aggiunse, indicando i due cartoni.

Sogghignando, Derek lo smentì. «Veramente sei ancora in debito. Ho pagato io.»

«Ma così non vale. Io… io ho capito cos’è che vuoi.» dichiarò intimidito, spingendosi più indietro sul divano, fin quasi sul bordo.

«So che l’hai intuito» confermò Derek, afferrandolo e portandolo seduto sulle sue ginocchia così velocemente, che Stiles non se n’era ancora reso conto «Ma non l’hai ancora capito.» gli assicurò, guardandolo fissamente da sotto in su, e facendogli venire i brividi.

«Oh, avanti. È la tua ricompensa per avermi di nuovo aiutato, suppongo.» annuì, abbassandosi sulla bocca del lupo. Stava diventando un’abitudine ormai, e non gli risultava che Harry avesse mai ringraziato così nessuno. E… ma che diavolo, stava di nuovo pensando a Harry Potter, quando c’era la lingua di Derek che stuzzicava la sua?

 

«Molto bene signor Stilinski, rune ricavate da un albero di tasso. Dopotutto si sta rivelando un allievo migliore di quel che mi aspettassi.»

Gongolando internamente, per evitare di dare a Harris motivo di punirlo nuovamente, Stiles si concentrò sui piccoli rettangoli incisi che aveva ricavato la sera precedente dalla corteccia, sempre con l’aiuto di Derek, che aveva preteso di essere ricompensato, nonostante anche questa volta non fossero andati fino in fondo, a causa di imprevisti. Come il fatto che a metà serata fosse collassato sul divano con la febbre, e fosse stato curato dal lupo. Accidenti alla sua salute totalmente umana.

Tuttavia poteva sperare che Harris gli avrebbe presto assegnato una altro compito di ricerca e come diceva il proverbio, non c’è due senza tre. Quindi poteva decisamente ben sperare che Derek lo aiutasse nuovamente, dietro ricompensa che era più che propenso a concedergli.

 

 

 

 

 

 

 

Sclero:

Ed ecco il secondo capitolo di questa mini (mah,) raccolta sull’apprendimento druidico di Stiles!^^

Spero che vi sia piaciuta come la prima, e aspettatevene ancora un paio!

Forse c’è un po’ meno Sterek rispetto alla precedente, ma non so ancora se farla evolvere in un raiting più alto o lasciarla così. Voi che preferite?^^ (anche se immagino già la risposta…)

 

Dunque, ora due parole sulla scelta dell’albero:

Il tasso è uno dei cinque alberi magici d’Irlanda, è posto a nord della Croce Celtica, lato dell’oscurità e dell’inverno (e ora sapete perché Stiles rischia il congelamento ogni volta: il tasso è simbolo dell’inverno e il vischio cresce prevalentemente d’inverno), indissolubilmente legato alla morte e alle sue forze arcane, perché ogni sua parte è impregnata di sostanze vegetali tossiche (ma non farò avvelenare Stiles, tranquilli).

È uno degli alberi preferiti dai druidi per le loro pratiche magiche. Anticamente si credeva che il legno di tasso guarisse le fratture tramite semplice contatto e le sostanze attive delle sue bacche venivano usate per provocare aborti, oltreché dai guerrieri che vi avvelenavano le frecce.

 

Bene, detto ciò, ringrazio chi ha recensito il precedente capitolo, chi l’ha messo tra le seguite, preferite e ricordate! A presto!

Ps. Ringrazio anche chi ha recensito le altre mie storie! Vi adoro tutti!^^

Baci

  
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