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Autore: Bloody Alice    20/01/2013    0 recensioni
[Storia a due mani scritta da Empty Eyes e Alicchan] [Idea originale di Empty Eyes] [l'errore del titolo è intenzionale, cari ♥]
°°° °°° °°°
Willy entrò a far parte della compagnia di attori del “Lord Ciambelllano”.
Questa compagnia di artisti si dilettava nel tempo libero a preparare ciambelle.
Willy, affascinato dalla bravura di questi pasticceri/attori a tempo perso vi rimase per il resto della sua carriera.
Genere: Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Settembre 2012.
Un mese e mezzo prima.

 

Entrai nel teatro e attraversai la platea piena di poltrone rosse, raggiungendo le prime file mentre osservavo i palchetti sopra di me.
La donna davanti al gruppo di neo-attori parlò, con tono soave, muovendo le braccia mentre si presentava.
« Buongiorno fanciulli e benvenuti a questo corso di teatro. Sono Gertrude Stevenson, la vostra insegnante. Sono lieta di annunciarvi che alla fine dell’anno, grazie alle numerose iscrizioni potremo mettere in scena una delle più famose e meravigliose opere di Shakespeare ».
Sentii un improvviso « Awn » levarsi da un palchetto, ma alzando lo sguardo non vidi nulla, se un una tenda che si spostava.
Gertrud, scostandosi una ciocca di capelli biondo spento che le ricadeva sul viso, continuò: « Shakespeare è il mio autore preferito » e sentii un altro « Awn » dal palchetto « quindi » annunciò l’insegnante con sguardo quasi severo « non ammetterò alcun errore da parte vostra ».
Ci fece presentare uno ad uno, e quando arrivò il mio turno, gli occhi di Gertrud si illuminarono « Macbeth, davvero? È il nome di una delle opere migliori di Shakespeare, insieme all’Amleto e Romeo e Giulietta ».
Udii un chiaro « Grazie, grazie, troppo buona mia cara … » arrivare sempre dallo stesso palchetto, così che nel sedermi rialzai lo sguardo notando una figura quasi trasparente che aleggiava sopra di noi. Questa, vedendomi, scomparve nel nulla, così credetti si trattasse di un’allucinazione.
Gertrud ci diede i copioni dell’opera “Romeo e Giulietta”, informandoci che dovevamo scegliere una parte e sottoporci ad un provino.
Visto che non avevo nulla da perdere, in fondo, decisi di propormi come possibile Giulietta, anche se alla fine della storia mi sarei dovuta pugnalare per quell’idiota di Romeo.
 
Una settimana più tardi Gertrud aveva programmato i provini per i vari ruoli. Avevo dato solo una veloce lettura a quello che pareva un copione scritto in aramaico antico. Quando entrai a teatro sperai che l’edificio crollasse all’improvviso.
Gertrud fece l’appello e la sua voce risuonò per dieci interminabili minuti.
« Ed ora » disse alla fine « iniziamo con i provini per la parte di Romeo ».
Esultai mentalmente, afferrai il copione e con la delicatezza che si addice ad un elefante indiano di mezza età andai dietro le quinte.
Lessi e rilessi più volte la parte che dovevo recitare per il mio ruolo, poi provai a ripetere « O Romeo, Romeo! Perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre; e rifiuta il tuo nome ed io smetterò d’essere figlia di mio padre. » feci un ampio gesto con il braccio, seguito da una smorfia, poiché non ero certa che fossero le parole giuste.
Udii il rumore di un debole schiaffo e voltandomi trattenni il respiro per la sorpresa.
Un fantasma se ne stava lì, davanti a me, in carne ed ossa. Diciamo che era più aria e spirito. Era un uomo sulla cinquantina, sospeso a circa venti centimetri da terra, era trasparente, indossava abiti del seicento e i pochi capelli che aveva erano spettinati. Aveva una mano appoggiata sugli occhi e scuoteva la testa con un’espressione a metà fra la delusione più assoluta e il disgusto più profondo.
« Cosa odono le mie orecchie di attore … » sussurrò.
« Beh, non siamo tutti attori nati » borbottai e il fantasma, il cui viso mi ricordava vagamente qualcuno che avevo già visto sui libri di letteratura, abbassò la mano, sgranando gli occhi.
« Quindi voi potete vedermi? »
« Gelato » dissi ironica.
« Gelato?! » gridò lui « Dove? Dov’è? »
Lo squadrai « Non c’è gelato » e lui fece una strana faccia da cucciolo bastonato, per poi tornare serio.
« Signorina, vorrei farvi notare che avete appena sbagliato la battuta più famosa di dell’opera più famosa al mondo.» calcò i due famosa e mi osservò con aria di superiorità.
Sbuffai « Il concetto è lo stesso ».
Il fantasma scosse la testa « Voi andate sul palco ed io vi guiderò. » disse piano. Lo fissai, scettica, mentre sentivo la voce di Gertrud chiamarmi e gli occhi del fantasma si illuminarono, per quanto fosse possibile.
Prima di muovere anche un solo passo gli domandai cosa ci avrebbe guadagnato autandomi, ma lui non rispose e Gertrud chiamò una seconda volta, così dovetti andare sul palco e sperare in bene.
« Prego » disse Gertrud e aspettò che iniziassi.
« Oh Romeo, Romeo … » incominciai e dietro di me udii la voce del fantasma.
« … Perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre; e rifiuta il tuo nome: o, se non vuoi, legati solo in giuramento all'amor mio, ed io non sarò più una Capuleti ».
Ripetei e continuammo così sino alla fine del provino.
Appena finii di recitare Gertrud applaudì « Brava, brava! Sei l’unica che ha detto la battuta tutta giusta! »
In quel momento sentii il fantasma pronunciare queste parole « Grazie, amore mio » con sguardo perso, poi Gertrud appuntò qualcosa su di un foglio.
Alla fine ci chiamò tutti attorno a sé per il verdetto finale.
(Alicchan si ferma a mangiare un pezzo di pizza (?))
Gertrud prese la lista e iniziò a chiamare ad alta voce « Nel ruolo di Giulietta, Ariel Macbeth; nel ruolo di Romeo, John Carter. Questi ragazzi possono andare ». Guardai il ragazzo che stava uscendo insieme a me e mi accorsi che John di bello aveva solamente il nome.
(le autrici si risparmiano la descrizione di John e lasciano libertà alla fantasia dei lettori).
 
Una volta uscita da teatro dovetti attendere per più di mezz’ora il pullman in ritardo. Salii e non trovai posto. Dopo un quarto d’ora in piedi e la consapevolezza di dover studiare più di dieci pagine di copione, scesi dall’autobus e mi trovai sotto la pioggia.
Camminai per un isolato intero sotto il diluvio universale senza un ombrello o qualcosa che gli assomigliasse –la mia magnanimità risparmiò il copione.
Arrivata davanti alla porta di casa mi accorsi che di fatto non avevo le chiavi, perché le avevo date a mia madre, che aveva perso la sua copia.
Suonai ripetutamente al citofono sperando che qualcuno rispondesse, ma non ciò no avvenne. Tirai un calcio alla porta di metallo, imprecando pochi istanti dopo. Sentii il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni e quando lo tirai fuori guardai tra i messaggi.
mi sono dimenticata di dirti che le chiavi sono nella cassetta delle lettere. Torno a casa alle otto con papà. mamma.
Rimisi il telefonino in tasca e infilai una mano nella cassetta, tirando fuori il mazzo di chiavi. Aprii la porta e la richiusi alle mie spalle.
Lanciai a casaccio la mia borsa e la giacca zuppa sul pavimento e quando entrai in salone per prendere d’assalto il termosifone trattenni un urlo.
Il fantasma –lo stesso che avevo incontrato a teatro- era chino sul pavimento che guardava la mia gatta, Kat. Il fantasma si voltò « Ah, guarda » disse rivolto a Kat « È arrivata la musicista. Ditemi, milady, come facevate a produrre quel suono? » domandò.
Ci misi alcuni istanti prima di capire che si riferiva al citofono [1] « Tu … tu non sai da dove proveniva quel rumore? » feci, avvicinandomi.
« Beh, no. » rispose, alzandosi, ma senza distogliere lo sguardo da Kat.
Mi appoggiai al termosifone ringraziando che fosse caldo, poi parlai di nuovo « Quando sei nato? Dove? Chi sei? Anzi, prima di tutto, volevo ringraziarti per prima e volevo chiederti come sapevi le battute di Giulietta ».
Il fantasma si avvicinò e mi fece un profondo inchino « Sono nato nel 1564 a Stratford-upon-Avon. » mi prese la mano, anche se di fatto non sentii il suo tocco « Molto piacere, William Shakespeare … » fece per abbassarmi e farmi il baciamano, ma trapassò il pavimento.
E quello della taverna al piano di sotto.
E quello della cantina.
Dovetti recuperare il grande William Shakeas… Shaek … Shae … avete capito, nella caldaia, perché lui al buio non riusciva ad orientarsi.
Iniziò così la nostra … “convivenza”.



 


 

 
[1]Il citofono fu inventato agli inizi dell’800. William Shakespeare, nato nel 1564 e morto nel 1616 non può sapere cosa sia e quindi che rumore produca.

   
 
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