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Autore: Amy Tennant    20/01/2013    12 recensioni
Nine e Ten.
Rose Tyler ha viaggiato con entrambi.
Sono lo stesso uomo, fino ad un certo punto.
Lei dorme, lui sogna.
Ma fino ad un certo punto.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Doctor - 9, Rose Tyler
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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NINE (I)
 
Il silenzio del riposo umano. Lo conosceva bene. Aveva sempre avuto compagni umani e per loro era necessario fermarsi con una certa regolarità e dormire, per riprendere le forze. Davvero notevoli, gli umani. Spesso li paragonava a scintille. Brillanti come stelle, capaci di scatenare disastri. Interessanti e pericolosi insieme. Alcuni decisamente più di altri.
Rose doveva essere davvero esausta, vista la giornata. Avevano corso davvero tanto e per sua fortuna lei correva velocemente, lo aveva visto dalla prima volta. E pazienza se gli ultimi cento metri in fuga l’aveva dovuta prendere in braccio e poi scaraventarla di peso nel Tardis. Visto che non erano morti era stato divertente.
Lo aveva detto lei. Che tipo!
Chissà se già dormiva.
Prima di andare a letto era venuta da lui con una tazza di tè caldo. Lo aveva accettato volentieri e lei sorriso soddisfatta. Fare quelle piccole cose per lui la faceva sentire utile e a lui piaceva vederla allegra.
-          Buonanotte, Dottore – gli aveva detto con occhi stanchi ma ancora eccitati dall’avventura appena trascorsa. Indossava una maglietta larga, pantaloncini corti.  Era piccola, una ragazzina.
Era curiosa, irruenta, intelligente. Una compagna di viaggio fantastica.
Conoscendo Jackie era rimasto spiazzato. La figlia aveva vinto una lotteria genetica, evidentemente. Quella donna petulante e invadente gli faceva venire i nervi e i brividi insieme. Eppure doveva essere un’ottima madre visto l’attaccamento di Rose per lei. Jackie era davvero perplessa dal loro andare in giro insieme e dalla differenza d’età Neanche sapeva quanto avesse ragione.
In effetti sarebbero potuti sembrare anche padre e figlia.
Sorrise scuotendo il capo. No.
Non sembravano tali mai a nessuno.
Chissà se lei già dormiva.
Dormire, che perdita di tempo. Probabilmente se avesse potuto chiudere gli occhi ed assopirsi, anche solo un momento, avrebbe avuto incubi tremendi. Novecento anni di memoria, di guerra. Novecento anni di dolori e speranze spezzate. Era meglio restare svegli e vegliare un dolore che si poteva ricacciare dentro a stento, come le lacrime.
Doveva aspettare che si svegliasse, sì. E tutto sarebbe diventato più leggero, più sopportabile e persino scintillante, attraverso i suoi occhi scuri e dolci, pieni di fiducia. Lei era la prima che lo guardava di nuovo in un certo modo dopo tanto tempo.
Una ragazza speciale, un uomo sofferente e una cabina blu.
I suoi occhi potevano fermare le sue mani dal distruggere ed era incredibile; incredibile che si fermasse davanti a lei come davanti a nulla.
L’aveva incontrata per questo? Non lo sapeva; ma l’aveva incontrata.
E ballato, dopo tanti anni; ballato nuovamente e riso, mentre ballava con lei. Stringerla era gioioso, così bello! Stringerla era sempre bello.
-          Ti meriti una vita fantastica, Rose Tyler. Ed io ho promesso di proteggerti –  sorrise pensandolo.
Regolò le leve del Tardis e con un sospiro restò ad ascoltare il battito della nave, gli occhi chiari fissi in pensieri altrove. E poi di nuovo chiederselo e chiedersi il perché.
Chissà se quella ragazzina stava dormendo.
 
 
 (TEN I)
 
Il silenzio del riposo di Rose. Conosceva e temeva un po’ il silenzio ma il riposo di Rose era dolce e lui cercava di non pensarvi, di non restare a pensare come dovesse essere il suo sonno, il suo abbandono, il suo essere indifesa in quel momento come in nessun altro. La tenerezza l’invadeva spesso e si sentiva debole, guardandola.  Eppure quel timore lo faceva sorridere sempre.
Era venuta da lui, prima di andare a dormire, con una tazza di tè caldo e un vassoio.
-          Ti ho fatto i dolcetti alla banana…  
-          Oh sì, grazie! – aveva esclamato con un largo sorriso e lei lo aveva guardato ridendo – che c’è?
-          Sembri un bambino… ! – glielo diceva spesso. E con lei dimenticava di essere così vecchio invece.
Più di novecento anni di ricordi, avventure, vite intrecciate per un tratto alla sua e poi rimaste come labili tracce di una memoria di altri. Tutto chiuso dentro un uomo alquanto singolare che sembrava giovane e non lo era.
L’avrebbe dimenticata? Mai.
Due pazzi in una cabina blu. Era fantastico.
Chissà se già dormiva.
Dormire era necessario ma forse sognare era davvero bello.
I capelli biondi sparsi sul cuscino, i vestiti sottili che indossava...
La porta della sua stanza socchiusa.
Quella porta.
Ascoltava il rumore del Tardis mentre i suoi cuori acceleravano al pensiero di Rose. Sospirò nervosamente.
Era lo stesso, lo stesso uomo di prima. Ma era cambiato.
Ogni singola cellula del suo corpo si era rigenerata in altra forma. Altri occhi guardavano l’universo.
Non avevano più ballato. Quel qualcosa di svagato che avevano insieme, era diventato più complicato.
Si abbracciavano tanto. La abbracciava anche prima ma lei si poggiava sul suo corpo in modo diverso, con tenero abbandono, e a lui piaceva sostenerla e tenerla stretta mentre la sentiva ascoltare il suo respiro.
Ma intrecciare le dita, avvicinarsi tanto guardandosi negli occhi…
…ballare…
No. Non poteva ballare con lei. Le sue carezze sulle mani, sulle braccia. I suoi occhi fissi su di lui. E lui, che la guardava, sperando non si accorgesse. Spesso si ritrovavano a fissarsi in qualche riflesso e accorgersi di seguirsi anche quando fingevano di fare altro.
La porta della sua stanza era sempre socchiusa.
Chissà se lei già dormiva.
-          Rose Tyler...devo proteggerti. Anche da me – lo pensò con occhi lucidi e il suo respiro tremava. Perché quel dolore era così profondo e così dolce? Perché lei era così bella?
 
 
 NINE (II)
 
La porta della sua camera. Si fermò davanti un po’ perplesso da sé stesso. Perché entrare? E se fosse stata sveglia? Uno strano nervosismo, forse dovuto alla preoccupazione per qualcosa, lo faceva esitare. Non era razionale, non era utile. Perché voleva entrare nella sua stanza? Spazientito da sé stesso decise di non chiederselo ancora.
-          Sto diventando seccante – osservò.
Aprì piano la porta e fu dentro.
Le luci soffuse illuminavano la camera da letto e quando la vide, si trattenne quasi dal ridere. Intenerito.
Raggomitolata su se stessa sbucava appena da una montagna di lenzuola che sembravano esserle franate addosso. Scosse il capo.
Piccola, dolce, Rose Tyler.
Non vide i suoi occhi chiari diventare più caldi, come l’ombra, guardandola.
Non comprese del tutto quel suo sentirsi meglio vedendola al sicuro e con un sorriso dolce sulle labbra. Si chinò su di lei, mise a posto le lenzuola togliendogliele un po’ di dosso e poi le fece una carezza sui capelli, sperando di non svegliarla. Esitò un momento pensando che era tanto tempo che non accarezzava nessuno e non sentiva quel senso di calore dentro. Per un istante pensò che fosse tutto davvero perfetto. Un piccolo nodo perfetto nel suo tempo. Legato a lei, per sempre.
-          Per quanto resterai con me? – le sussurrò.
Stupito vide Rose cercare con la mano qualcosa vicino a sé. D’istinto la prese piano e lei la strinse appena, dolcemente. La presa delicata di una bambina. I suoi cuori sussultarono e gli occhi chiarissimi gli diventarono lucidi guardandola. Aveva sorriso in sogno, forse stava ancora correndo con lui e non lo lasciava.
Era così bello quello che stava sentendo. Una tenerezza infinita.
 
TEN (II)
 
La porta socchiusa. Perché voleva pensare che lei la lasciasse così per lui?
Forse in qualche modo lo sapeva, lo sentiva. Sentiva che andava da lei. Non c’era un perché, doveva farlo. Gli piaceva guardare il suo sonno, vegliarla un po’, immaginare cosa potesse sognare.  Ma ad un certo punto doveva sempre scappare, da quella stanza. Perché avrebbe voluto stendersi accanto a lei, prenderla tra le braccia e poter dormire il suo sonno. Avrebbe voluto starle vicinissimo nei sogni, senza farle male. Senza farle alcun male.
Non era possibile.
Ma tornava sempre da lei lo stesso.
Per l’ennesima volta lo stava facendo. Entrato nella stanza silenziosamente, la vide e sorrise.
Aveva esitato, lo sapeva, guardando sue labbra e le sue mani, aperte come per prendere le sue anche in sogno. Esitava sul suo corpo, esitava al pensiero di accarezzarla.
Rabbrividiva perché l’istinto gli diceva di chinarsi su di lei e svegliarla, con la sua bocca. Baciarla, baciarla piano, spogliarla di ciò che indossava, lasciarsi togliere da lei ogni cosa, anche i veli oscuri dell’animo. Avrebbe voluto sentire la sua pelle nuda sulla sua, il suo sapore dalle labbra fino a quello più intimo del suo calore e poi le sue gambe stringersi attorno ai suoi fianchi e il suo sesso schiudersi per accoglierlo, tenerlo stretto a sé nell’abbraccio più profondo. Gli tremava il respiro perché voleva cedere dentro di lei, spingere il suo corpo nel suo dolcemente ma fino ad un certo punto, perché la desiderava con forza e voleva che lei lo sentisse e che gridasse per lui e gridare lui, per lei.
Avrebbero combaciato come due metà, lo sentiva.
Lui era diventato a quel modo per lei.
Ma non sarebbe mai accaduto.
Si chiudevano le dita stringendo le mani perché le mani non vagassero altrove. Sembrava questo.
Diversamente da altri passati non sarebbe stato solo piacere o un’esperienza da raccontare a qualcuno, una storia in più. Lei sarebbe stata il segreto tenuto nascosto insieme al suo nome.
Perché la amava.
Era uno stupido vecchio pazzo.  E la amava perdutamente.
Si chinò su di lei sollevando le lenzuola da terra e la coprì accarezzandole piano i capelli.
Non poteva trascorrere tutta la vita con lei, non poteva.
Ma se lo avesse voluto…
Anche solo una volta, per poterlo ricordare entrambi, avrebbe fatto l’amore con lei e sarebbe stato dolce, meraviglioso, una cosa così bella che al pensiero tremava di paura. E aveva paura. Per questo non la toccava.
-          Per quanto resterai con me, Rose Tyler? – le chiese piano, con gli occhi lucidi.
Sentì un respiro più profondo di lei e si scosse, pensando di averla svegliata. Rose si mosse appena. Lui si alzò in piedi e fece per uscire.
-          Ti amo -  un sussurro della sua voce.
Lo sentì dentro come un grido. Sentiva che lo aveva detto a lui. Lo sapeva.
I suoi cuori si fermarono insieme per un istante e gli esplose qualcosa dentro, fortissimo, violento. Per un attimo lunghissimo immaginò una vita intera, con lei. Immaginò ogni cosa con i tempi degli uomini ma che potesse durare per sempre.
Immaginò e poi tutto sfumò nella crudele realtà delle cose.
Sarebbe vissuto troppo, per lei. Non avrebbe potuto darle la sua vita.
Anche se avrebbe voluto darle tutto.
La guardò in silenzio, le lacrime rigavano le sue guance.
Lei dormiva, lei glielo aveva detto in sogno. Sorrise tristissimo e si chinò sul suo viso.
Non le diede il bacio che desiderava. Non la toccò ancora.
…Dolce Rose Tyler…
Sussurri dalla sua vita precedente, pensieri su di lei.
-          Ti amo anch’io – le disse. E non l’aveva detto mai.
  
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