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Autore: SilviAngel    20/01/2013    9 recensioni
Qualcosa di assurdo era successo.
Per quanto Stiles fosse oramai avvezzo a considerare l’assurdo la sua quotidianità, quello era troppo anche per lui.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Cap. 13
“Colazione da Tiff… da Stiles”
 
Stiles, una volta scostate le mani dagli occhi, volse il capo ritrovandosi ad ammirare, da sotto in su e da una distanza per nulla consona e del tutto inappropriata, il fondoschiena di Derek che ad una rapida occhiata pareva scolpito nel marmo.
“Vestiti dannazione” quasi gridò dopo essersi ripreso dalla visione e seppellendo la testa sotto il cuscino, finendo col tirarsi le coperte fin sopra le orecchie.
“Da quando in qua sei diventato così pudico? Sei o no un adolescente? Dovresti avere ormoni liquidi che ti scorrono nelle vene”
Vari borbottii inarticolati, che il lupo non si prese la briga di decodificare, raggiunsero il suo udito mentre con cura indossava gli abiti che la sera prima Scott gli aveva procurato.
“Forza scendi dormiglione” il moro cercò di scuotere Stiles, togliendo di mezzo le lenzuola e trovandolo sotto di esse raggomitolato come un gattino. Trattenne un sorriso e lo prese di peso, mettendolo in piedi, avendo premura di stringerlo a sé in modo che non cadesse a terra come un classico sacco di patate.
“Scendiamo di sotto, vuoi?” chiese con voce sussurrata direttamente nel suo orecchio.
“Lasciami stare lupo maniaco” squittì Stiles cercando di liberare le braccia tenute aderenti al corpo da quelle del moro.
“Non facevi tanto il difficile quando ero un cucciolo, avevo sempre le tue mani addosso” lo rimbeccò frustrato Derek.
“Cosa c’entra? Eri un batuffolo di pelo e”
“Oh, fidati ho ancora parecchio pelo pure adesso” lo interruppe l’Alfa con un piccolo ghigno a sollevare gli angoli della bocca “Ti va di sincerartene?” continuò stringendoselo di più contro e sfregando il proprio bacino su quello di Stiles.
“Non so e non voglio sapere nulla sul tuo pelo, anche se riconosco benissimo il vizio. Ora lasciami andare, meglio evitare che mio padre torni alla carica. Ora andiamo di sotto, tu fingi di esserti ricordato di un impegno, ti scusi, saluti e te ne vai”
“Mmh e se invece facessimo così: scendiamo, mi siedo a tavola, mangio pancake, chiacchiero con tuo padre e poi tutti e due torniamo di sopra a finire un certo discorsetto”
“AHH… parlare con te è inutile!” sbottò il castano che, districatosi dall’abbraccio di Derek, si diresse verso la porta e poi al piano inferiore, seguito a ruota dal maggiore.
 
Giunto all’ingresso della cucina e varcata la soglia, Stiles si bloccò pietrificato di fronte allo spettacolo che lo accolse.
Il padre aveva apparecchiato il piccolo tavolo dove erano soliti consumare i loro pasti con tre – il liceale ignorava completamente da dove diavolo fosse uscita la terza, dato che le aveva acquistate lui pochi mesi prima – tovagliette con salviette coordinate, caffettiera fumante e brocca di succo d’arancia.
Sentendo poi un vivace sfrigolio provenire dalla sua sinistra voltò il capo e incontrò un enorme piatto ricolmo di pancake poggiato accanto a una piccola padella dove l’ultimo dei dolcetti era oggetto di complicate manovre di ribaltamento.
Lo sceriffo sentendo la presenza di altre persone nella stanza, sbirciò da sopra la spalla senza perdere di vista il fuoco “Su ragazzi sedetevi che altrimenti si fredda tutto. Stiles prendi il piatto e mettilo in tavola”
“Papà a-ascolta, in realtà Derek dovrebbe dirti” iniziò prima di essere bruscamente interrotto dallo stridio della sedia sul pavimento e seguendo il rumore vide con suo sommo orrore che il succitato lupo si era comodamente seduto a tavola.
“Sì, suo figlio ha ragione. So che non è stato un modo molto ortodosso di scoprire che”
“Scoprire cosa eh?” si intromise il piccolo “Non c’è niente da scoprire. Capito papà? Niente assolutamente niente”
James non aveva battuto ciglio e superando un figlio, che concitato e farfugliante cercava di convincerlo si fosse sbagliato, occupò il proprio posto invitando Stiles ad imitarlo.
Con un piccolo gemito di disappunto e impotenza, obbedì, limitandosi a fissare il piatto con la speranza che le bocche piene avrebbero evitato altri imbarazzi.
Decisamente quella appena cominciata non era per il minore una giornata fortunata.
“Allora Derek” la voce dello sceriffo si stagliò gioiosa nella luce del mattino “come ti va?”
“Oh, abbastanza bene signore, potrebbe andare ancora meglio se suo figlio si decidesse a”
“NIENTE” urlò Stiles “Non c’è niente da… vedi papà, Derek era qui perché… perché dovevamo”
“Dovevamo discutere di alcune cose e lui è sempre così restio ad affrontare certi argomenti davanti ai suoi amici”
Stiles sperava con tutto il cuore che la fine del mondo avesse deciso di giungere in anticipo e di cominciare esattamente dalla sua cucina, aprendo una voragine esattamente al centro di essa, risucchiando tutti loro e impedendo a quella assurda situazione di proseguire, ma come già detto non era una giornata fortunata.
 
“Anche se, devo sottolineare, che non sembravate nel mezzo di una discussione” constatò ammiccante l’uomo, del tutto indifferente alla sofferenza del sangue del suo sangue.
“Ammetto che non devo aver dato di me una buona impressione, sceriffo” quasi si difese il licantropo “ma sono fatto così, prima agisco e poi rifletto. Le chiedo scusa se abbiamo mancato di rispetto a lei e a questa casa”
“Abbiamo? Ma parla per te!” si inviperì il castano resosi conto di essere l’elemento superfluo di quella amabile e picaresca chiacchierata.
“Spero” continuò il mannaro senza dare peso all’obiezione mossa da Stiles “che ciò non la spinga a impedirmi di frequentare suo figlio”
“Suvvia, Derek! Non ti preoccupare! Siete giovani è normale che vogliate, cioè che vi venga voglia di”
“PAPA’” Stiles era in piedi, con le mani appoggiate ai lati del piatto e fissava sconcertato il proprio genitore per poi spostare gli occhi sul moro e, puntatogli un dito contro, gli intimò “Tu.Seguimi.Adesso”
Cercando di scappare il più velocemente possibile, non vide il padre guardarsi attorno come se si fosse accorto in quel momento dell’assenza di qualcosa “Figliolo dov’è… oh vorrei proprio esserci quando gli spiegherai perché hai dato il suo nome al tuo cucciolo, comunque dicevo, dov’è quel piccolo botolo?”
Il liceale si irrigidì, non avendo avuto la tranquillità e il tempo di inventarsi una scusa “Beh, dovrebbe essere qui” iniziò a dire non sapendo che pesci pigliare e inspiegabilmente gli venne in soccorso Derek.
“Non vorrei fosse uscito dalla porta sul retro quando mi hai fatto entrare, mi pare di averlo visto accanto ai tuoi piedi quando ti ho distratto sbattendoti al”
“Oh, dannazione” il castano impedì di concludere la frase anche se il senso era più che chiaro.
“Allora sarà in giardino, vado a cercarlo” disse James alzandosi e superando i ragazzi “Così voi potete parlare. Derek, è stato un piacere”
“Anche per me signore”
 
Una volta sparito il padre lungo il corridoio, Stiles si avvicinò di gran carriera al lupo e tra i denti domandò “Ora tu mi spieghi perché devi essere così stronzo? Ti diverti così tanto a mettermi in imbarazzo?”
Preso in contropiede dalla vicinanza eccessiva del ragazzino, Derek non riuscì a trattenere la voglia che aveva di sentirlo di nuovo su di sé e cingendo rapido le braccia attorno alla vita, lo attirò contro il proprio corpo.
“Stronzo? Abbiamo passato insieme tre giorni e pensavo che il mio comportamento parlasse chiaro”
“Parlasse chiaro? Sembravi un pazzo. Hai ringhiato a Isaac, hai addirittura morso Scott, mi hai rovinato una camicia e un pigiama, poi di colpo diventavi coccoloso e scodinzolante”
“Semplice: non sopporto che altri ti stiano vicino e non sopporto che tu sia troppo vestito, preferisco che, sopra di te, ci sia io e non dell’inutile stoffa” soffiò a qualche centimetro dalle labbra del castano “e al contrario adoro sentirmi le tue mani addosso”
“Smettila di dire porcate” guaì Stiles cercando di tirare indietro il capo, ma con risultati assai scarsi e arrendendosi, lasciando cadere sconsolato la fronte contro il petto del moro, nel momento in cui vennero di nuovo sorpresi dal padre, questa volta abbracciati.
“Scusate, non vorrei… ma mi sa che Derek, quello piccolo e peloso per intenderci, è di nuovo scappato, nel giardino sul retro non c’è”
Fingendo un allarme e una preoccupazione del tutto inesistenti, Stiles si allontanò dal licantropo “Vado a vestirmi e corro a cercarlo pa’”
Il figlio dello sceriffo fece gli scalini a due a due e chiusasi la porta della camera alle spalle tiro il fantomatico sospiro di sollievo, che venne però interrotto da un leggero bussare.
“Fammi entrare” Derek lo aveva seguito.
“No”
“Stiles” il ragazzino odiava il tono monitorio con cui pronunciava a volte il suo nome, come a dire: Attento, se non obbedisci, sarà peggio per te.
“Devo cambiarmi, quindi resti fuori”
“Come se potesse esserci qualcosa che io non ho già visto e apprezzato in questi giorni. Ah, sappi che ieri ho sbirciato sotto la tenda della doccia”
 
Il castano era davvero troppo prevedibile nelle sue reazioni.
Come volevasi dimostrare, non appena le ultime parole furono pronunciate, la porta si spalancò di botto “Cosa?”
“Tu eri lì, io ero lì. Ho solo colto l’occasione” alzando non curante le spalle.
“Oh mio Dio. Io ieri… Oh mio Dio” ripeté il castano in una nenia infinita.
“Se te lo stai domandando: sì, ho assistito allo spettacolino che hai messo su solo per me. Molto eccitante”
Un lieve mugolio e poi Derek sentì la porta richiudersi e il corpo del ragazzino scivolare a terra. Se lo immaginava, seduto con la schiena appoggiata al legno e le braccia strette a circondare le ginocchia.
Forse aveva davvero esagerato. Il lupo voleva solamente giocare e farlo un po’ ammattire, ma di certo non desiderava vederlo crollare in quel modo. Rapido scese di sotto e salutato lo sceriffo, compì velocemente il giro della casa, arrampicandosi fino alla finestra e entrando nella camera.
Osservando il piccolo e imbattendosi esattamente nella posizione che aveva immaginato, si avvicinò, inginocchiandosi davanti a lui “Stiles”.
Quel sussurro che non avrebbe dovuto trovarsi nella stanza, fece trasalire il ragazzino, che, come punto sul vivo, alzò velocemente il capo, puntando i suoi occhi nocciola in quelli del moro.
“Mi sto davvero comportando da stronzo?”
La testa del giovane oscillò sicura un paio di volte su e giù.
“Non era mia intenzione, se vuoi ti posso aiutare a fingere di cercare il cucciolo e”
“Non ce n’è bisogno, posso arrangiarmi da solo. Vai a casa”
“Ok, ora me ne vado a casa, ma non mi arrendo. Tu sarai mio, anche a costo di…” tentennò l’Alfa.
“Di che cosa?” chiese con malcelata curiosità il figlio dello sceriffo.
“Di corteggiarti ufficialmente” e con queste parole che seminarono il terrore nel petto di Stiles, il licantropo se ne andò.
 
Il liceale deglutì e fattosi forza, poggiando una mano sulla porta, si mise in piedi. Non era del tutto sicuro di ciò che le sue orecchie avevano appena sentito, davvero Derek Hale – il gelido e impassibile Derek Hale – aveva dichiarato l’intenzione di corteggiarlo?
Dopo essersi vestito in fretta e furia, e sperando che questi rituali lupeschi non prevedessero sangue, cadaveri di vario genere e cose imbarazzanti, disse al padre che sarebbe andato a cercare il cucciolo.
Uscito di casa, guidò per circa un quarto d’ora senza meta e dopo essersi sincerato che Scott fosse già sveglio – era pur sempre domenica mattina – si recò dall’amico per passare il tempo e per tentare di non rimuginare ancora su quella folle mattinata. 
   
 
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