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Autore: miss dark    21/01/2013    2 recensioni
La gente entrava in chiesa, intingeva le dita nell'acqua santa, si faceva il segno della croce e già rideva.
[Terza classificata al concorso "L'Acqua e... l'Asino" indetto dal forum degli Original Concorsi]
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I miei personaggi in cerca d'autore'
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Il diavolo e l'acqua santa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo chiamavano asino, benché fosse tutt'altro che stupido.

Giù in paese le madri solevano rimproverare i figli più testardi, tacciandoli di essere uguali a Don Severino; le vecchie lo deridevano durante la messa, per quei chiodi fissi su cui ogni volta batteva con quel martello che aveva al posto della lingua. Valicando secoli di rispetto e di timore nei confronti della religione, Don Severino era sulla bocca di tutti, o, meglio sul loro sorriso beffardo.

L'asino, lo chiamavano, e lui lo sapeva. Mentre pronunciava il sermone sentiva le loro occhiatine e tratteneva la rabbia, ché è peccato. Forse, temeva, il cielo gli era precluso. Ogni sera pregava perdono per la propria ira e chiedeva la forza per affrontare quelle cattiverie.

Era arrivato lì pochi mesi prima, dopo aver vagabondato tra una parrocchia e l'altra, dando sfoggio del proprio latino aulico e della propria capacità retorica, rintronando orecchie troppo piccole per cogliere la sottigliezza della sua teologia. Un medioevo barbaro avvinghiava le menti di tutti i suoi parrocchiani, ovunque si trasferisse, ovunque cercasse di gettare il seme della cultura: non aveva il tempo di germogliare, in quel deserto mentale, dove il suo verbo rimbombava come una voce che intima obbedienza ma a cui viene restituito scherno. Nessuno, davvero, capiva le sue parole. Nessuno coglieva la sua intelligenza maturata in seminario, dopo anni di studi classici e di amore per la cultura: aveva studiato per trent'anni, eppure da altri trenta lo chiamavano asino.

La gente entrava in chiesa, intingeva le dita nell'acqua santa, si faceva il segno della croce e già rideva, pensando al prete che presto sarebbe apparso. Le gocce di santità brillavano sulle fronti vuote e Don Severino, ogni tanto, le osservava, illuminate dalla fioca luce delle lampade. Pensava a quanto poco meritassero le sue benedizioni, a quanto fossero poco degni dell'acqua del signore.

No, decisamente il cielo gli era precluso. Errare humanum est ed egli humanum era, ma il rancore era un fardello che si portava dietro da molto tempo e se davvero perseverare diabolicum est, forse anche un po' diabolicum era.

 

Una giorno, al mattino presto, gran parte del paese era presente in chiesa: era il giorno del battesimo del primogenito del sindaco, come si poteva mancare? cos'avrebbe pensato? in un paesino così piccolo una presenza in meno si nota subito!

Don Severino pronunciava il rito con grande fervore, sperava nella bontà di quel neonato, gli augurava con gli occhi una vita serena e saggia, gli augurava umiltà e serietà, mentre al di là di genitori, madrine e padrini il pubblico apprezzava la farsa quotidiana, risolini insolenti invadevano le navate. Il prete, comunque, proseguiva indomito, coinvolto dalle proprie parole e dallo sguardo sincero di quel bambino: le risate riecheggiavano nelle sue orecchie, ma il nuovo nato gli dava speranza in una nuova generazione. Don Severino, in quel momento, aveva fede, aveva fede in quel neonato come portatore di una nuova bontà e intelligenza nel mondo. Tuttavia il caso, a volte, sa essere particolarmente fuori luogo. Nessuno seppe mai come, né perché, ma quel bambino azzardò un sorriso. O meglio, cominciò a ridere, ed anche di gusto.

Forse nulla sarebbe successo, se la grande conoscenza di Don Severino avesse abbracciato anche la cura neonatale: avrebbe saputo che fino ai quattro mesi, i bambini ridono inconsciamente e senza motivo; forse invece sarebbe successo lo stesso, la rabbia avrebbe comunque avuto la meglio.

Fatto sta che, davanti agli occhi di tutti i parrocchiani, davanti a quelli del Signor Sindaco e della dolce neo-mamma, Don Severino rovesciò l'intera ciotola dell'acqua santa sul volto di quell'innocente. Lo stupore investì la platea, ma ben presto le risate ebbero il sopravvento: anche oggi l'asino aveva dato spettacolo.

Don Severino voltò le spalle a tutti e rientrò in sacrestia, maledicendo il proprio impeto o, forse, quegli ignoranti senza rispetto.

Sicuramente il perdono non era il suo punto forte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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