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Autore: Sokew86    01/02/2013    2 recensioni
Il bambino mi guarda un po’ intimidito: -Ivan. Davvero troveremmo davvero la mamma? -domanda triste.
- Ivan, bel nome e lo stesso di mio fratello. Dove hai perso la mamma, tesoro?-
Il bambino mi indica la piazza, in effetti c’è abbastanza folla per perdersi.
Ed a circa dieci minuti dalla piazza c’è una stazione di polizia, probabilmente la madre è già andata lì a chiedere aiuto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ucraina
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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la tua

La tua verginità che si tingeva di rosso.

 

Fa freddo oggi.

 E le cose non vanno bene qui, ma che cosa mi aspetto? Tutto il mondo è in crisi, figurati io: un ex paese dell’URSS.

Cammino piano, sono stanca … oggi è quelle giornate uggiose di quelle che fanno riflettere troppo.

Passo davanti a una caffetteria e mi piacerebbe molto  entrarci, è  una di quelle caffetterie con belle luci e bei posti a sedere ma in momento come questo non posso permettermi nessun extra.

Improvvisamente noto qualcosa che non va: c’è un bambino vicino alla caffetteria che stavo ammirando, e sembra da solo.

Mi avvicino e noto che il bambino sta piangendo e questa è una delle cose che più odio al mondo: vedere qualcuno piangere, mi ricordano i momenti tristi che ho passato con i mie fratelli e sono quei generi dei ricordi che oggi non voglio ricordare.

<< Cosa c’è piccolino? Ti sei perso? >> domando al bambino e questo alza gli occhi e mi guarda singhiozzando. E’ giovane, può avere massimo cinque anni.

<< Ho perso la mamma. >> e incomincia a piangere ancora più forte.

<< Ehi, ehi. >> gli dico accarezzandogli leggermente la testa cauta, potrebbe anche spaventarsi: << La ritroveremmo. Come ti chiami? >> domando con il tono di voce che usavo quando Russia e Bielorussia erano piccoli.

Il bambino mi guarda un po’  intimidito: << Ivan. Davvero troveremmo davvero la mamma? >> domanda triste.

<< Ivan, bel nome e lo stesso di mio fratello. Dove hai perso la mamma, tesoro? >>

Il bambino mi indica la piazza, in effetti c’è abbastanza folla per  perdersi.

Ed a circa dieci minuti dalla piazza c’è una stazione di polizia, probabilmente la madre è già andata lì a chiedere aiuto.

<< Senti Ivan, adesso andiamo alla stazione di polizia … probabilmente la tua mamma ha chiesto aiuto lì, però adesso vieni un attimo con me dentro. >> e indicò la caffetteria: << Ti prendo una bella cosa così smetti di piangere. >>

Ivan annuisce poco convinto ma mi segue, gli compro una piccola barretta di cioccolata ,che mi costa un occhio della testa, e quando gliela porgo aspetto la sua reazione.

Smette di piangere e inizia a mangiucchiare felice la cioccolata.

<< Sorellina non hai preso niente per te? >> mi domanda dopo che si è quasi mangiato tutta la cioccolata.

<< No. Non ho fame. >> mento.

Iniziamo a camminare lentamente, Ivan ha il passo corto ed è anche poco abituato a camminare, lo capisco perché si stanca subito.

<< Sorellina, non ce la faccio. >>

Sorrido e gli faccio segno se vuole salire in braccio e accetta con entusiasmo.

 

Ho sempre voluto maschietto.

Anzi è  meglio dire :vorrei  un maschietto se potessi avere figli.

Sono quei generi di pensieri che non voglio avere oggi, non adesso … ci sono altri problemi del paese da affrontare, i miei personali non contano come per qualsiasi altra  nazione.

Sento gli occhi inumidirsi.

<< Sorellina, perché piangi? >> domanda Ivan con i suoi grandi occhi verdi.

Sorrido ma non gli rispondo: << Siamo pigri, eh. Non camminiamo molto. >>

<< Mamma lo dice sempre, mi ha fatto camminare tanto oggi e mi sono arrabbiato con lei e sono scappato. >>  spiega Ivan.

Ho l’impressione che sia molto viziato il piccolo Ivan.

Chissà se io vizierei mio figlio. Forse no, sono troppo abituata alla povertà ma so anche  di non possedere esattamente il pugno di ferro.

<< Non devi comportarti così, la mamma ti fa camminare perché  ti fa bene. >> spiego dolcemente mentre Ivan si appoggia a quel mio maledettamente enorme petto.

<< Sa sorellina ,mamma dice anche che io non sono carino con le persone ma tu mi sei simpatica. Sei speciale. >>

I bambini percepiscono ciò che gli adulti negano perché oramai hanno troppi schemi.

Ivan, tu non lo sai … ma in un certo senso sono anche io tua madre. Perché esisto io che  hai una nazionalità, una lingua e delle tradizione.

Questo ovviamente non frena il mio sentimento di desiderio di maternità  di quella vera, di avere un figlio nato dal mio amore verso un uomo, di accudirlo e di amarlo per sempre.

<< Allora sono felice di esserti simpatica. >>

<< Non è vero, sei triste. I tuoi occhi sono rossi. >>

Sospirai, la verità da una bocca di un bambino, quanto fa male.

<< Sai Ivan … io non posso avere bambini.  >> dico e Ivan mi guarda senza capire.

<< Non sono una donna completa. >>

E non solo io,anche le altre nazioni femminili avevano la stessa caratteristica nessuna di noi era in grado di  ovulare .

 Le nazioni maschili invece non avevano spermatozoi.

Ovviamente lo sapevamo da sempre che non eravamo in grado di avere figli ma non mi ricordo il perché facemmo dei controlli specifici circa una ventina di anni fa.

E non è stato molto bello, una cosa era intuirlo ma sono tutte un altro paio di maniche quando la fredda scienza ti sbatte in faccia la verità.

Tutti in un modo nell’altro ci erano rimasti male, ma questo spiegava il nostro  illogico comportamento che assumiamo ogni qual volta che una nazione con aspetto da bambino entra nella nostra vita: in modo o nell’altro assumiamo verso di esso comportamenti più simili a un fratello maggiore o addirittura a volte di padre.

Ungheria mi aveva confessato  che veramente si preoccupava di Veneziano come una madre quando era piccolo. L’ aveva fatta stare con il cuore in gola per tutto il periodo delle società segrete:  l’italiano se  ne usciva di nascosto a parteciparvi nonostante che sapesse che poteva essere punito.*

 

<< Non capisco. >> fece Ivan riportandomi alla realtà.

<< Non c’è nulla da capire. Sono nata così. >> sorrido ancora una volta a quel bambino che non sarà mai mio figlio per davvero ma  potrò per sempre avere la sua totale fiducia perché è un mio concittadino.

La vita è fatta di compromessi e vanno accettati.

<< Siamo arrivati. >> appena vedo la centrale mi sento sollevata, la conversazione per me stava diventando pesante e credo che tra un po’  scoppierò a piangere.

Ivan guarda la centrale e poi me incredulo, non so per quel quale motivo, e poi mi fa segno che vuole scendere.

Chissà forse ha percepito che la madre è lì.

Magari siamo fortunati.

Entriamo nella centrale e tutto accade velocemente, Ivan improvvisamente si mette a correre versa una donna che stava piangendo senza sosta e un povero poliziotto era intimidito dalla situazione.

<< Mamma! >> urla Ivan e appena la madre lo vede, gli va incontro e l’abbraccia.

Non mi posso gustare la scena in santa in pace che un sospettoso poliziotto inizia a tempestarmi  di domande e io comincio a intimidirmi, solo con i bambini riesco ad essere calma e sicura di me.

<< Veramente … io. >> inizio a tentennare alle domande del poliziotto nonostante che io non abbia fatto nulla.

<< Lei è la signorina che mi ha portato qui e mi ha offerto anche della cioccolata, anche se è povera. >>

Non so cosa diamine  gli passa per  la mente a Ivan ma arrossisco fino alla radice dei capelli, mentre il poliziotto sospettoso sembra che sia sul punto di ridere.

<< Ivan non essere maleducato. >> Ivan viene rimproverato dalla madre che si è avvicinata a me con il figlio in braccio.

<< Grazie mille signorina ….? >>

<< Ah. Signorina Irunya Chernenko.**  >>

<<  Va bene Irunya e invece il mio nome è Lara Chekhov . Le andrebbe di andare a  pranzo da noi? Voglio ringraziarla per quello che ha fatto per mio figlio. >>

La madre di Ivan è una bella donna bruna dallo sguardo dolce ma io non me la sento di accettare finché qualcuno non mi afferra per il cappotto.

<< Dai sorellina,sarai la mia sorellina. >> Ivan mi tiene stretta mentre cerca di farmi cedere guardandomi solo come sanno fare i bambini.

<< Veramente … >> il poliziotto sospettoso mi guarda con un sopracciglio alzato, probabilmente per dirmi che non è molto sicuro andare a pranzo da qualcuno che non conosci. Il sospettoso rivolge lo stesso sguardo alla madre ma per dirle che invitare la gente sconosciuta a casa non è una buona idea.

<< Potremo pranzare in qualche ristorante al centro. >> continua la madre allorché il poliziotto sembra soddisfatto, la proposta della madre di Ivan soddisfa le  suo norme di buon senso.

<< Dai! >> fa di nuovo Ivan e a quel punto sono costretta a cedere.

<< Va bene, signora: sarò lieta di pranzare con voi. >>

Mentre ci lasciamo alle spalle la centrale mi trovò a sorridere: avrò sempre il desiderio di essere madre ma anche essere una nazione avrà sempre i suoi vantaggi.

 

 

Note dell’autrice:

La tua verginità che si tingeva di rosso è una ff che avevo in mente da un po’: sono convinta che le nazioni non possono avere figli ma che abbiano comunque un grande desiderio di maternità e di paternità ( per me basta pensare a Inghilterra e il suo rapporto con America, Iggy sembra il classico padre incazzato perché il figlio fa quello che cavolo vuole ).

Ucraina mi sembrava un’ ottima scelta per raccontare questa idea.

Il titolo è preso da una frase di una canzone di de Andrè (l’infanzia di Maria) è si riferisce alla prima mestruazione, che segna nelle donne l’inizio della fecondità.

* In questo punto la ff ne accenna un'altra: cliccate qui per leggerla.

**Il nome di Ucraina è stato preso dal sito Hetalia archieves, è uno dei nomi pensati dall’autore.

Ammetto che da parecchio tempo che non scrive perchè mi sto concentrando sulle storie originale, se ne volete un esempio cliccate qui per questa raccolta.

   
 
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