Storie originali > Comico
Ricorda la storia  |      
Autore: Littlefinger    08/02/2013    0 recensioni
In cui si spiega la pericolosità di certi desideri e dei loro elargitori.
Scritta per l'iniziativa "Un prompt al giorno: libro usato" su Fanworld.it
Genere: Comico, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Attento a quello che desideri!

    Jack Dawson era stupito. Spaventato, anche, ma soprattutto stupito. Un piccolo esserino ballava sulla sua scrivania, saltando qua e là, arrampicandosi sulla tazza in cui teneva le penne, rotolando sui fogli, scalando le pile di cartelle.
    Aveva anche immaginato qualcosa del genere, ma solo in piccolo angolo della sua mente, in un minuscolo spazio in cui risiedeva la sua parte superstiziosa e mistica.
    Lo spiritello si fermò davanti a lui. Era tale e quale a un essere umano di venti centimetri, con la differenza che la sua pelle era verde, aveva due piccole corna, quattro ali – due di farfalla e due di passero – e il muso di gatto. Alla fine, non era per nulla uguale a un essere umano. Canticchiava sottovoce, o così sembrava, e la sua intonazione era simile allo stridio di un chiodo su una lamiera.
    L’uomo sollevò il libro, più simile a una piccola agenda, e rilesse il titolo della pagina.
    «Rituale per evocare uno Spirito del Buono Augurio.» borbottò fra sé e sé.
    «Ai suoi comandi, Padrone.» disse l’esserino.
    
    Jack aveva comprato quel libro la mattina precedente.
    Come ogni domenica, amava passeggiare nel centro storico della città, infilandosi in vicoli sconosciuti alla ricerca di strane botteghe e curiose mercanzie. La sua tecnica era molto semplice: imboccare strade a caso fino a quando non trovava qualcosa d’interessante e poi imboccare altre strade a caso fino a quando non vedeva un punto di riferimento per tornare a casa. Quel giorno era entrato in una vecchia libreria.
    Era il classico locale che si trovava nei racconti: piccolo, buio e polveroso. Il commesso, anche lui pareva uscito da un certo tipo di letteratura, era un vecchio curvo sotto il peso degli anni, con una sparuta capigliatura bianca, i cui ultimi ciuffi stavano appiccati alla fronte sudaticcia, e un paio di pince-nez dorati sul naso adunco. Alla vista di Jack - un potenziale cliente come probabilmente non se ne vedevano in quel negozio – sorrise e si sfregò le mani, come il classico personaggio cattivo di un certo filone teatrale.
    Per farla breve, il talento da venditore del vecchio non era per nulla arrugginito e con grande dimestichezza vendette a Jack un vecchio libricino.

    Quel vecchio libricino che in quel momento teneva in mano. La copertina di pelle era consunta, carica di segni e graffi che ne testimoniavano l’uso, e le pagine avevano acquisito quella colorazione giallina tipica della carta invecchiata. Tutte le pagine erano manoscritte e il libro sembrava trattare di magia. Non riusciva a spiegarsi come quel vecchio libraio fosse riuscito a venderglielo, spacciandoglielo per un libro da collezione. “Con un incantesimo!” aveva pensato con sarcasmo, prima di provare a leggere una delle pagine del libro e scoprire che funzionava.
    «Quali sono i suoi comandi, Padrone?» ripeté lo spiritello per l’ennesima volta.
    «Qual è il tuo nome? E cosa sei?»
    «Il mio nome magico è troppo complicato per la vostra lingua umana, ed è troppo lungo. Son uno Spiritello del Buono Augurio.»
    «Forza, dimmi il tuo nome. Sarò io a decidere se è troppo lungo e complicato.»
    L’essere magico cominciò a produrre una serie di suoni che spaziavano fra il frinire delle cicale e lo schianto a terra di uno scaffale pieno di pentolame.
    Jack lo interruppe e disse: «Va bene, ho capito. Ti chiamerò Spiba.»
    Spiba si mise sull’attenti. «Ai vostri ordini.»
    «Cosa puoi fare?»
    «Portare la buona sorte nella vita del mio Padrone.»
    «E come?»
    «Posso compiere dei piccoli incantesimi, stregare le persone, cose di questo tipo.»
    «Com’è che sai parlare un perfetto inglese?»
    Spiba fece spallucce. «Sono un essere fatato, posso parlare qualsiasi lingua.»
    «Anche il francese?»
    «Oui
    «Il tedesco?»
    «Ja
    «L’italiano?»
    «…»
    «Lo swahili?»
    «Non crede sia meglio sfruttare i miei poteri per qualcosa di più utile?»
    Jack si massaggiò una guancia, poi si allungò sulla poltrona. «Hai perfettamente ragione, Spiba. Puoi far apparire una valigia piena di banconote di piccolo taglio?»
    Lo spiritello s’inchinò e disse: «Ai vostri ordini!»
    Dopo pochi istanti, sulla scrivania apparve una valigetta di pelle nera.
    Jack si affrettò ad aprirla. «Ottimo lavoro, Spiba!»
    Il contenuto, però, non era quello che si aspettava. La valigia era piena, sì, di banconote. Erano, sì, di piccolo taglio, però non nel senso che intendeva lui. Prese fra indice e pollice  una mazzetta grande quanto il suo mignolo ed esclamò: «Questi soldi non valgono nulla!»
    «Non sono abbastanza di piccolo taglio?» domandò Spiba. «Posso rimpicciolirli ancora di più, se lo desidera.»
    «No, fermo. Lasciamo perdere le banconote. Così non servono a nulla, puoi pure incenerirle. Proviamo con qualcosa di più facile.» Jack cominciò a passeggiare intorno alla scrivania con fare meditabondo. «Proviamo con qualcosa di più immediato. Una gemma, ad esempio! Sì, voglio una gemma, un diamante.»
    Spiba ripeté l’inchino. «Ai vostri ordini»
    Jack tese le mani e su di esse apparve un pezzo di carbone. Stupito, ritirò le mani e quello cadde a terra, sporcando il costoso tappeto persiano. «Avevo chiesto un diamante, non del carbone!» protestò.
    «Mi spiace, Padrone.» disse Spiba. «Sono entrambi allotropi del carbonio e ho pensato che per lei fosse uguale. In questa zona è più facile trovare questa forma del carbonio, piuttosto che quella da lei richiesta.» Lo spiritello spalancò le ali e svolazzò intorno alla testa di Jack, fino a posarsi sulla sua spalla.
    «No che non va bene, Spiba!» replicò Jack, cominciando a scaldarsi. «Il carbone non vale nulla!»
    «Capisco.»
    «Ma non puoi procurartelo da un altro pianeta, o un’altra dimensione? O da un mondo magico, che ne so!»
    Spiba volò davanti al viso di Jack e scosse la testa in cenno di diniego. «I miei poteri sono limitati. In particolare non posso creare nulla e posso soltanto recuperare i materiali in un raggio di poche decine di metri. Per cose più complicate potrebbe evocare un demone del primo livello.» Jack lesse del disgusto sul volto dello spiritello. «Brutta gente, quella! Sono potenti, certo, ma chiedono in cambio brutte cose. Sacrifici umani, giovani vergini, foglie di alloro… » Un  brivido gli percorse la schiena.
    «Un attimo!» Un pensiero attraversò la mente di Jack. Corse dietro la scrivania, spostò un quadro – una copia di un’opera di un pittore italiano di cui nemmeno ricordava il nome – e aprì la cassaforte.
    La parte superiore, in cui teneva i contanti, era vuota!
    «Spiba.» disse. Il suo volto era diventato rosso come un peperone. «Dove hai preso le banconote che hai usato per riempire la valigetta?»
    «Dalla sua cassaforte, Padrone.» rispose Spiba, sorridendo. «Ho applicato un semplice incantesimo di riduzione, per rimpicciolirle e farle diventare di piccolo taglio.» Gonfiò il petto, fiero della sua intelligenza.
    «E ora dove sono?» urlò Jack.
    «Incenerite, come mi ha ordinato.»
    L’uomo si buttò sulla poltrona. Rosso in viso e col fiatone. «Era tutta la liquidità che possedevo! Spiba, cosa hai combinato! Sono rovinato!»
    «Mi spiace, Padrone.»
    «Il mio cuore, il mio povero cuore. Non posso permettermi un altro infarto! Puoi recuperarle?»
    Spiba scosse la testa.
    «Ma che razza di spirito sei! Sei inutile!» Fece alcuni respiri profondi. «Mi devo calmare. Mi devo calmare. Ora conto fino a cento, prima che mi venga voglia di strapparti quelle alucce.»
    «Potrei procurarle un nuovo cuore.» propose Spiba.
    «Per portarmi quello strappato dal petto della mia segretaria?» proruppe Jack, ancora infuriato. «No, grazie!»
    In quell’istante, la suddetta segretaria fece capolino dalla porta. «Mr. Dawson, si ricorda che mi ha chiesto di preparare quei documenti per Mr. Creek e metterli in una valigetta da consegnargli?»
    «Ebbene?»
    «Non riesco a trovare la valigetta, quella nera. Credevo di averla messa sotto la scrivania, ma non la trovo più!»
    Se era possibile, il viso di Jack era diventato ancora più rosso. Gli occhi sembravano sul punto di uscire dalle orbite. «Non si preoccupi, signorina.» disse.
    La segretaria annuì. «C’è qualche problema? La vedo un po’ affannato.»
    «Non è nulla. Torni pure a lavoro.» Quando la donna uscì, aggiunse, rivolto a Spiba: «Ovviamente lei non può vederti, vero?»
    «Ovviamente.» confermò. Poi riprese a svolazzare, compiendo manovre degne di un pilota acrobatico.
    «E ovviamente la valigetta che hai incenerito insieme ai soldi era mai pure quella!»
    «Esatto!»
    «Ma che razza di spirito del buono augurio sei! Sei un incapace!»
    Spiba s’intristì e atterrò mestamente sulla scrivania. «Non è colpa mia! È che non sono portato per la magia!» Scoppiò a piangere.
    Vedendolo in quello stato pietoso, Jack s’intenerì. «Suvvia, non piangere. Ora provo a esprimere un altro desiderio, stavolta semplice, e tu cerca di interpretarlo bene, senza combinare nessun guaio.»
    Lo spiritello si asciugò le lacrime col dorso della mano e annuì. «Farò del mio meglio!»
    «Vediamo un po’.» disse Jack, mentre pensava a qualche desiderio che non potesse essere potenzialmente dannoso. «Potresti… sì, trovato! Abbiamo comprato dei nuovissimi Mac ultima generazione, degli splendidi gioiellini, che però sono ancora chiusi in magazzino e verranno dati solo ai pezzi grossi dell’ultimo piano. Potresti portarmi uno di quelli! Puoi farlo?»
    «Certamente, padrone.»
    Spiba si smaterializzò e dopo alcuni secondi apparve. Teneva l’intero computer a mezz’aria, tutto raggomitolato come un nido di serpenti. Tastiera e mouse erano attorcigliati attorno al monitor, che dondolava sbilenco sopra il case.
    «Ecco fatto!» esultò lo Spiritello, interrompendo la levitazione del Mac, che cadde violentemente a terra, distruggendosi.
    «NOOOOOOOOO!»
    «Non va bene? Non è quello che il Padrone desiderava?»
    «L’hai distrutto!» Jack si mise la mani fra i capelli, esasperato. «L’hai distrutto!» ripeté.
    In quell’istante la porta si spalancò ed entrò un uomo alto e robusto. Alla vista dell’inusuale scena alternò il suo sguardo fra Jack, poggiato sulla scrivania con le mani fra i capelli, e il cumulo di rifiuti elettronici che qualche secondo prima erano un Mac di ultima generazione. Poi si avvicinò al case distrutto e ne strappò un’etichetta.
    «Salve, Jack.» disse, avvicinandosi all’uomo. Gli passò l’etichetta e aggiunse: «Cosa c’è scritto qua?»
    Jack, totalmente rassegnato, la prese e lesse: «Erik Svensson.»
    «E io come mi chiamo?»
    «Erik Svensson.»
    «E chi è il tuo diretto superiore?»
    «Erik Svensson.»
    «Per cui vorresti spiegarmi perché diamine il mio Mac si trova a pezzi nel tuo ufficio?» strillò Erik.
    «Le posso spiegare… » disse Jack, senza nessuna emozione.
    «Silenzio, non dirmi nulla. Qualsiasi spiegazione non farebbe altro che peggiorare la situazione. Non ti licenzio solo perché sei il mio migliore elemento. E dire che avevo intenzione di darti uno di quei Mac che abbiamo in magazzino… vorrà dire che lo userò per sostituire il mio.» Detto ciò se ne andò senza aspettare risposta.
    Dopo qualche minuto di apatia, Jack si staccò dalla scrivania. Prese il libro e urlò: «Spiba! Dannato essere inutile! Futile aborto magico! Che diavolo hai combinato?»
    «Le ho portato uno di quei Mac dall’ultimo piano, come mi ha richiesto!»
    «No, idiota! Sei un idiota! Idiota! Idiota! Idiota!» sbraitò Jack. Aveva completamente perso il controllo. «Eppure ero stato chiaro! Portami uno di quei dannati Mac che si trovano in magazzino! Maledizione!»
    «Ma… »
    «Non c’è “ma” che tenga! Sei un inetto, una disgrazia per i folletti o qualunque cosa tu sia!»
    «Io odio i folletti, siamo nemici mortali.»
    «Non me ne può fregar di meno! Va via! Via! Sparisci dalla mia vista!»
    «Mi sta ordinando di tornare nel mio mondo?»
    «Esatto! Vattene nel tuo mondo e non tornare più! Non farti più vedere, altrimenti ti strappo quelle stupide ali che ti ritrovi!»
    Spiba sparì in una nuvola di fumo, ma l’ira di Jack non si era ancora calmata. Prese il libro usato – che aveva pagato ben trecento dollari – e lo sbatté sulla scrivania.    
    «Maledetto libro! Non ti voglio usare nemmeno per accendere un fuoco, altrimenti chissà quali altri mostriciattoli potrebbero uscire fuori!»
    Aprì la finestra e lo gettò fuori.

    Michael Creek era in ritardo. Proprio quel giorno aveva un importante riunione e doveva prendere dei documenti dal suo collega, Jack Dawson. Era quasi arrivato al suo ufficio. Stava percorrendo proprio il marciapiede accanto al palazzo dove Jack lavorava, quando si fermò all’improvviso.
    A terra c’era un piccolo libro. Incuriosito, lo raccolse e lo guardò. Era vecchio: la copertina era piena di graffi e le pagine era ingiallite dal tempo. Lo sfogliò velocemente e vide che era manoscritto.
“Interessante” pensò “sembra uno di quegli oggetti antichi che piacciono a Jack. Credo proprio che glielo porterò come regalo.”
    S’infilò il vecchio libro in tasca e s’incamminò verso l’ufficio di Jack Dawson.
    
    
    

    
    
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Comico / Vai alla pagina dell'autore: Littlefinger