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Autore: millyray    09/02/2013    1 recensioni
Kelly, insieme al figlio diciassettenne Tyler, decide di trasferirsi a Miami, lasciandosi alle spalle la loro vecchia casa nell'Indiana, tutto ciò che avevano costruito e, soprattutto, le loro vecchie vite.
Hanno bisogno di ricominciare da capo, da un nuovo punto di partenza dopo che le loro vite si sono improvvisamente incrinate, specialmente quella di Tyler a cui la vita ha deciso di togliere molte cose e che, per questo, non riesce più a trovare un motivo per sorridere.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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YOU ARE MY SUNSHINE

CAPITOLO DIECI

Tyler non riusciva a dormire. Era da un po’ ormai che se ne stava disteso sul letto, gli occhi aperti fissi ad un soffitto che non poteva vedere.
Continuava a ripensare alla giornata appena trascorsa in spiaggia con Blake. Era stata bellissima, gli aveva fatto guidare la moto, aveva potuto sentire di nuovo il vento scorrergli tra i capelli, sentirsi di nuovo normale almeno per un po’.
Il fatto di essere cieco gli pesava un sacco, non lo faceva vedere ma era così. Aveva dovuto rinunciare a molte cose, al basket ad esempio: era sempre stato il suo sport preferito, con suo padre ci giocava fin da quando era piccolo e gli ripeteva spesso che era un campione. E Tyler si sentiva un campione, era bravo e lo sapeva bene. Gli piaceva anche leggere, da bambino sua madre gli regalava spesso dei libri e lui li divorava in poco tempo. E ora aveva dovuto rinunciare anche a quello. I libri in breil non gli piacevano e men che meno gli audiolibri.
Per non parlare, poi, che per alcune cose aveva ancora bisogno di aiuto.

Tutto per colpa di quel giorno, quel giorno in cui era andato tutto a puttane.
E lui di certo non poteva cambiare le cose.

Aveva pregato tutti gli dei del mondo, di tutte le religioni, aveva supplicato anche il suo angelo custode nel quale non credeva, ci aveva messo di mezzo pure i santi, madre natura e qualsiasi cosa gli fosse venuta in mente ma non era servito niente.

Cieco era diventato e cieco sarebbe rimasto. E aveva tanta voglia di spaccare il muro.

Sua madre pensava che lì le cose sarebbero un po’ migliorate, che magari lui si sarebbe sentito meglio, che si sarebbe aperto un po’ di più. Non glielo aveva detto ma lui l’aveva capito.
Ma Tyler ormai si era rassegnato. Niente sarebbe più tornato come una volta.

Però c’era Blake adesso. Blake era un ragazzo così carino, simpatico, dolce, spontaneo e sincero. Aveva accettato il suo problema senza farne drammi, come se si fosse trattato di una cosa di poco conto.
Ma non era certo una cosa di poco conto, non per Tyler almeno.

E, quindi, non poteva fare a meno di pensare che Blake fosse quel piccolo barlume di luce di cui aveva bisogno.
Ed era il suo ragazzo. Brividi strani lo percorsero a questo pensiero. Era strano, non credeva si sarebbe mai messo con un ragazzo. Anzi, in verità non aveva mai pensato molto a questo, non era uno a cui interessavano molto nemmeno le ragazze.
Però era bello, gli piaceva farsi coccolare da Blake, baciarlo, sentire le sue mani su di lui…

Non sapeva quanto sarebbe durata, ma sperava che durasse.

Improvvisamente sentì la porta della sua stanza cigolare e dei leggeri passi muoversi sulla moquette.

“Tesoro, sei sveglio?”

“Sì, mamma”.

“Stai bene?”

“Certo”.

“Non riesco a dormire”.

“Nemmeno io”.

Nel buio della stanza la donna si avvicinò al letto di Tyler e si sdraiò accanto a lui. Lui le circondò le spalle con un braccio e lei appoggiò la testa sul suo petto muscoloso. Sembrava che fosse lei la bimba piccola e lui il padre che la doveva proteggere.

“Ho raccontato tutto a Blake”. Sbottò ad un certo punto il ragazzo.

Kelly alzò lo sguardo osservando il suo viso duro e serio.

“Proprio tutto?”

“Sì”. Non le disse che però si era messo a piangere come un bambino. Un po’ iniziava a turbarlo questo fatto e cominciava a credere che non fosse stata una buona idea aver raccontato tutto a Blake. Forse era troppo presto.
Ma lui aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno e Blake… be’, Blake gli sembrava la persona giusta.

“Mamma, ti ricordi quella volta che… che ho tentato di… sì, insomma…”.

“Sì, me lo ricordo”. Lo interruppe la donna, capendo che cosa Tyler non riusciva a dire. Quella era una cosa che non avrebbe mai dimenticato, aveva ancora impressa nella mente l’immagine di Tyler che, con un paio di forbici, si incideva i polsi.

“Non ti ho mai chiesto scusa”. Le disse lui.

“Non mi devi chiedere scusa”.

“Sì, invece… ti ho spaventata. Mi dispiace, non dovevo farlo… tu…”.

“Ho capito, tesoro. Posso capire come ti sentivi, avevi solo quindici anni e… anch’io se fossi stata al tuo posto credo che…”.

Tyler sospirò. Voleva un immenso bene a sua madre, lei aveva fatto tutto ciò che aveva potuto per lui in quegli ultimi due anni, sebbene non sia stato facile nemmeno per lei.

“Ti voglio bene, mamma”.

“Anche io, Ty. Anche io”.

E, abbracciati così, si addormentarono.

***

Quel giorno Tyler e Blake avevano deciso di andare a vedere gli allenamenti di tennis di Lucy. Oltre a tutti gli sport acquatici che praticava, aveva aggiunto pure quello. Non si poteva certo dire che non si tenesse in forma.

Si stava allenando insieme ad Emily Tanen, nel momento in cui i due ragazzi arrivarono, ed era proprio la bionda ad avere la meglio.
La divisa di Emily non la tradiva di certo, con una gonnellina bianca corta e una magliettina piuttosto attillata, i capelli raccolti in due lunghe trecce che le scendevano ai lati. Invece Lucy era decisamente più pratica, con dei pantaloncini aderenti e corti, una semplice maglietta a maniche corte e una fascia e tenerle lontani i capelli dal viso.
Di certo lei non avrebbe mai indossato una gonna, tanto meno mentre praticava uno sport.

Non appena finirono, le due ragazze vennero loro incontro e li salutarono. Emily era felicissima di vedere Tyler, un po’ meno nel vedere Blake, però.

Decisero di farsi una passeggiata lungo il campo, ma alla fine si sedettero su una panchina di fronte a quello da basket. Era un piccolo campetto con due canestri ai lati, creato per i ragazzi che volevano farsi qualche partitina o allenarsi un po’. Nel mezzo c’era una palla abbandonata.

Rimasero lì qualche minuto a chiacchierare e a ridere, poi Blake si alzò per andare nel campo. Afferrò la palla e prese a palleggiarla, ma non era molto esperto. Provò a tirare a canestro ma fallì miseramente, la palla non lo sfiorò nemmeno.

Emily e Lucy lo fischiarono divertite.

Il ragazzo mostrò loro una boccaccia e ci riprovò.

“Rinuncia, Blake, non riuscirai mai a fare canestro”.

“Questo lo dici tu”.

Al terzo tentativo fallito, il rossino sbuffò.

“Devi tenere gli occhi sul canestro finché tiri la palla”. Gli disse allora Tyler dalla panchina. “Anzi, concentra lo sguardo sul quadrato che c’è sopra e fai un piccolo salto quando tiri la palla”.

Blake lo ascoltò attentamente, ma non era convinto che ci sarebbe riuscito. Lui e l’attività fisica non andavano molto d’accordo.

“Perché non me lo fai vedere tu?” chiese al moro allora, avvicinandoglisi.

“Cosa?”

“Dai!” il rossino lo prese per una mano e lo trascinò in campo senza che l’altro avesse il tempo di dire qualcosa. Lo piazzò di fronte al canestro e gli diede la palla. “Forza fammi vedere!”

Tyler sospirò ma alla fine si arrese. “Allora, le gambe devono essere un po’ distanziate l’una dall’altra, le ginocchia leggermente piegate e le mani con le dita ben aperte sulla palla. Gli occhi fissi al canestro. Quando tiri la palla allunghi le ginocchia per fare un piccolo saltello”.

Il ragazzo fece tutto quello che aveva detto e tirò la palla, confidando già che non avrebbe centrato il canestro.
Gli altri, però, rimasero zitti.

“Che è successo?” chiese, allora, Tyler scettico.

“Succede che hai fatto canestro”.

“Davvero?!” esclamò sorpreso con un piccolo sorrisetto sulle labbra.

Allora anche le due ragazze sedute sulla panchina cominciarono ad applaudire e a gridare “Bravo, Tyler!”

“Giocavi a basket?” chiese all’improvviso Emily, non sapendo che andava a toccare un tasto dolente.

“Sì, ci giocavo quando ero piccolo con mio padre. A quattordici anni ero entrato nella squadra della scuola, ma poi… be’, ho dovuto mollare”.

Blake abbassò lo sguardo, capendo benissimo perché Tyler aveva dovuto mollare lo sport che gli piaceva.

“Eri bravo?” chiese ancora Emily. Ma perché non stava mai zitta quella ragazza?

“Ero uno dei migliori”.

Blake, non volendo che il ragazzo ricordasse momenti tristi, prese in mano la situazione e gli rubò la palla dalle mani.

“Prova a prenderla!” gridò divertito al moro. Tyler non se lo fece ripetere due volte e si aggrappò alla sua maglietta, sovrastandolo con la sua altezza. Ma Blake teneva la palla stretta al petto e non la mollava.

Alla fine cascarono entrambi per terra, distesi sull’asfalto del campo a tenersi la pancia dal ridere. Quando si calmarono, Blake salì  cavalcioni sopra a Tyler e rimase un attimo a guardarlo negli occhi azzurri.
Infine lo baciò e rimasero a baciarsi per un po’, ignari del fatto che potesse vederli qualcuno.

Come Emily, ad esempio: seduta sulla panchina un po’ più distante da loro non capì subito che cosa stessero facendo, ma quando lo realizzò, sgranò gli occhi.

Lucy, accanto a lei, ridacchiò.

“Be’, di che ti stupisci?” le chiese.

“Ma io… non… io…”. Non sapeva che dire. Era sorpresa, sì. Sapeva che Blake era gay, glielo aveva detto lui stesso, ma non si aspettava che lo fosse anche Tyler. Lui era così figo, così forte… era uno spreco. E poi, come poteva stare con uno come Blake? Certo Blake non era brutto, ma era così… così… effeminato.

Forse era più delusa che sorpresa.

***

Blake parcheggiò la moto nel cortile di casa sua e aiutò Tyler a scendere.

“Benvenuto nella mia modesta dimora”. Disse il rossino sorridendo.

“Wow! E’ meravigliosa!” scherzò Tyler, senza lasciare la mano dell’altro.

I due fecero per avviarsi, quando, improvvisamente, una voce squillante e spaccatimpani si mise ad urlare.

“Blaaaaaaaakeeeeeee!!!”

Il ragazzo si voltò nella direzione dalla quale proveniva la voce e, non appena vide una ragazzina un po’ bassetta con un vestitino svolazzante corrergli incontro, esalò un sospiro di frustrazione e rassegnazione.

“Preparati a sorbirti l’uragano di mia sorella”.

Tyler ridacchiò e subito dopo percepì una presenza davanti a loro.

“Ciao, Blake!” salutò Susan, non appena li raggiunse. Poi spostò lo sguardo sul moro che teneva la mano a suo fratello.  “Tu sei il nuovo fidanzato di mio fratello?” gli chiese e Blake arrossì fino alla radice dei capelli. Non capiva perché ma gli faceva ancora strano concepire Tyler come il suo fidanzato.

Il moro, dal canto suo, mostrò un sorriso sghembo e del tutto rilassato alla ragazzina e rispose senza problemi: “Certo!”

“Non capisco come fai a sopportarlo. È un rompiscatole”.

“Ehi, ragazzina maleducata! Ritira quello che hai detto!” le gridò il fratello, sporgendosi per saltarle addosso ma Tyler lo trattenne tirandolo per un braccio e scoppiando a ridere.

Così Susan fece una pernacchia in direzione del rossino, per poi tornare a rivolgersi di nuovo a Tyler: “Ma è vero che sei cieco?”

Questa volta Blake desiderò ardentemente prenderla per tirarle il collo, ma si limitò a sgridarla. “Susy, certo che potresti anche frenare la lingua. Non si trattano così le persone”.

“No, va bene”. cercò di calmarlo il moro che non si sentiva affatto infastidito. “Sì, è vero”. Aggiunse, rivolto alla ragazzina.

“Posso vedere i tuoi occhi?” chiese ancora la dodicenne, senza fare assolutamente caso a quello che le aveva detto il fratello.

Blake si conficcò le unghie nel palmi per trattenersi.

“D’accordo”.

Tyler si abbassò per essere alla sua altezza e  alzò gli occhiali sul capo per mostrare gli occhi azzurri.  
Susan sgranò leggermente occhi e bocca ma non disse niente. Rimase per un po’ ad osservarli e poi, come se qualcuno gliel’avesse ordinato, corse via facendo cozzare i suoi sandaletti contro la ghiaia del vialetto.

Il moro inarcò le sopracciglia.

“Credo che sia rimasta affascinata… o scioccata”. Gli rispose Blake, guardando la sorella andare via. Prese di nuovo la mano al suo ragazzo e lo condusse in casa.

Raggiunsero la stanza del rossino e si accomodarono entrambi sul letto, Tyler appoggiato ai cuscini e le gambe incrociate e Blake contro il muro con le gambe a penzoloni.

“Posso farti una domanda?”

“Tipo?”

“Hai mai… sì, insomma… avuto una ragazza o… fatto qualche esperienza… di quel tipo?”

Il moro ridacchiò. “Sì, be’… ragazza fissa proprio no. A tredici anni ho dato il mio primo bacio”.

“Ah sì? Raccontami!” Blake era sinceramente curioso e si mise comodo per ascoltare.

“Be’, non c’è molto da dire. È successo ad una festa, lei aveva una cotta per me e così mi ha chiesto se potevamo darci un bacio. Chiaramente era imbarazzatissima, ma io ho accettato perché volevo provare. Così ci siamo ritirati in una stanza e niente… ci siamo dati un bacio”.

“Ma con la lingua?”

“Sì, sì”.

“E come si chiamava lei?”

“Claire. Eravamo compagni di scuola anche alle superiori e mi hanno detto che poi è diventata molto bella”.

Tyler abbassò lo sguardo e si appoggiò del tutto contro i cuscini, mentre Blake prese a tormentare un lembo del lenzuolo, leggermente in imbarazzo.

“E poi… cos’altro hai fatto?”

Il moro scoppiò a ridere. “Certo che sei curioso”.

L’altro arrossì e ringraziò il cielo che Ty non lo potesse vedere. “Non devi dirmelo se non vuoi”.

“No, no, tranquillo. Te lo dico”. Tornò serio e si mise di nuovo comodo. “A quattordici anni mi sono fatto fare un… pompino”.

“Coooosa?!”

“Sì. È successo dopo gli allenamenti di basket. Gli allenamenti erano finiti, ma io mi ero trattenuto ad esercitarmi ancora un po’, così i miei compagni erano già andati a casa. Alla fine sono andato a fare una doccia negli spogliatoi, ma poi è entrata una tipa. A quei tempi era la ragazza di uno dei miei compagni di squadra e aveva un anno più di me. Io non avevo niente addosso, nemmeno l’asciugamano… inutile dire quello che è successo dopo”.

Anche Blake stavolta scoppiò a ridere ma, quando tornò serio, guardò il suo ragazzo con aria maliziosa e prese ad avvicinarglisi gattonando. “Ma quindi eri figo già a quattordici anni”.

“Hmm… può darsi”. Rispose Tyler con voce maliziosa.

“E anche ben dotato”. Aggiunse il rossino, facendo scivolare una mano tra le cosce del fidanzato.

Il moro gli mostrò un sorrisetto malizioso ma gli bloccò la mano.

“Aspetta. Adesso tocca a te raccontare”.

Blake si bloccò e rimase un attimo a fissare l’altro. Poi si riscosse e si mise seduto di fronte a lui a gambe incrociate e prese a raccontare, non proprio allegro.

“Io ho avuto qualche ragazzo, ma diciamo che le mie storie non sono durate molto. Ma non certo per colpa mia, io sono sempre stato un ragazzo molto romantico che crede nel vero amore e quando conosco qualcuno finisco sempre per innamorarmene. Non lo faccio apposta, semplicemente accade. Però gli altri non mi ricambiano mai o semplicemente lo fanno solo per portarmi a letto. Almeno i ragazzi che ho incontrato io”.

Calò un attimo di silenzio nella stanza, ma poi Tyler sussurrò: “Mi dispiace”.

“Be’ sì, ma pazienza. In fondo, sono io che devo stare più attento. E tu che mi dici? L’hai mai… fatto?”

“No, io non l’ho mai fatto. Dopo… dopo l’incidente non ho più nemmeno pensato alle ragazze e alcuni dei vecchi amici si sono allontanati”.

Non era un argomento di cui Tyler parlava facilmente o volentieri, però con Blake non gli riusciva così difficile. E poi lui aveva il diritto di saperlo, essendo il suo ragazzo.

“D’accordo, non parliamone più”. concluse il rossino, avvicinandosi di nuovo all’altro. “Adesso stiamo insieme e non conta ciò che abbiamo fatto nel passato”.

Eliminò tutte le distanze tra loro due e appoggiò le sue labbra su quelle del moro per trascinarlo in un bacio lento e passionale. Le mani di Tyler scivolarono sulla schiena di Blake, accarezzandolo sotto la maglietta.

Sarebbero andati avanti così per un bel po’ se ad un certo punto la porta non si fosse spalancata di colpo facendo sobbalzare i due ragazzi che si staccarono immediatamente, voltandosi verso l’ingresso della stanza.

“Mamma!” esclamò il rossino, divenuto bordeaux per l’imbarazzo. “Ma quante volte ti devo dire di bussare!?”

“Ops, scusa, tesoro”. ridacchiò la donna che non sembrava minimamente dispiaciuta. “Non pensavo fossi impegnato”.

Blake si batté una mano in fronte, mentre Tyler cercava di non scoppiare a ridere. Quella giornata era diventata parecchio divertente. Ma, d’altronde, con Blake si divertiva sempre un sacco.

“Tu devi essere Tyler, vero?” disse poi la signora, rivolgendosi al moro con un ampio sorriso che lui purtroppo non riusciva a vedere. Voltò il capo nella sua direzione ma abbassò gli occhi.

“Ehm… sì, piacere signora”.

“Oh, chiamami Mel. Non mi piacciono tutti questi convenevoli”.

“D’accordo”.

“Ma sai che sei anche più bello di come Blake ti ha descritto?”

“Mamma!” gridò il figlio, trattenendosi dal lanciarle una scarpa in faccia. Sua madre gli faceva sempre fare delle pessime figure. Adesso capiva da dove Susy avesse preso quel carattere.

“Oh, che c’è? Sto solo dicendo un dato di fatto”.

“Puoi anche startene zitta ogni tanto”.

“Va bene, va bene”. sospirò la donna, alzando le mani in segno di resa. “E comunque sono solo venuta a vedere se avevi della roba da lavare”. Afferrò il cesto con i vestiti sporchi e si diresse alla porta. “Vi lascio in pace. Se avete bisogno di qualcosa chiamatemi”.

Blake tirò un sospiro di sollievo e ringraziò il cielo che non fosse rimasta troppo a lungo. Ma dovette ritirare tutto quando la madre, prima di richiudere del tutto la porta dietro di sé, sporse di nuovo la testa dentro e, con un sorriso malizioso, esclamò: “E mi raccomando, non fate troppe porcate che i vicini vi sentono”.

Il rossino per poco non si strozzò con la sua stessa saliva ma, con una prontezza di riflessi, afferrò il cuscino dal letto e lo tirò in faccia alla madre che, però, se n’era già andata.

Tyler, intanto, se la rideva come un deficiente.

“Che hai tu da ridere?!” lo sgridò il fidanzato.

“Dai, tua madre è simpatica”.

“Troveresti più piacevole un palo ficcato su per il culo”.

“Hmm… be’, chissà…”. Rispose il moro con uno sguardo malizioso e questa volta nemmeno Blake riuscì a non sorridere.

 

 

MILLY’S SPACE

Buooooonaaaaseraaaa!!!

Lo so, sono imperdonabile e ormai non ho più scuse… da quant’è che non aggiorno una fanfic?? Da tanto, troppo tempo… ma ormai lo sapete com’è, non sto a ripetervi mille volte gli impegni che mi assillano. Troppe cose da fare e poco tempo per farle.

Che mi dite di questo capitolo? La scena tra Tyler e Susy l’ho presa da un film di cui non ricordo il nome però l’ho trovata piuttosto simpatica, quindi l’ho voluta inserire anche qui : ) e che mi dite della madre di Blake? Forte, eh? XD

Cercherò di aggiornare qualcos’altro in questi giorni, anche perché poi parto per la Spagna. Però non prometto niente, come al solito, perché la settimana prossima, oltre alle valigie da preparare, ho tre compiti -.-‘’ ma chi me l’ha fatto fare di andare in un liceo… va be’.

Dai, vi lascio… ma voi recensitemi (ditemi pure che siete arrabbiati per questo mega ritardo) e mettete un po’ di mi piace alla mia pagina face: http://www.facebook.com/MillysSpace

Baci : )

FEDE15498: ma che auguri speciali (e sto parlando di quelli che mi hai fatto per Capodanno ^^), grazie mille cara anche se sono un po’ in ritardo, ma sai com’è… eh sì, Ty ha fatto uscire il suo lato tenero nello scorso capitolo ma adesso che la sua vita ha iniziato a prendere una piega positiva, abbandonerà un po’ la corazza da duro che lo ha contraddistinto fin dall’inizio. Bene, che altro dire? Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo e, soprattutto, spero che ti ricordi ancora della storia. Un bacio, cara. Che farei io senza le tue bellissimissimissimissime recensioni : ) <3

 

 

  
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