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Autore: Robene    10/02/2013    3 recensioni
– E poi? (...) Dovrei fare quello che vuole mio padre, cercarmi una ragazza di buona famiglia, portarmela all'altare, fare tanti figli ed essere infelice per tutta la vita?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Disney's and Tales.'
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The Little Mermaid.

 

 

Parte 5.

Louis non capisce come sia potuto succedere tutto così in fretta: un attimo prima era in ospedale con Liam e Niall, l'infermiera che li guidava verso la camera di Harry, un attimo dopo uno degli uomini di suo padre lo stava trascinando in macchina ignorando completamente i suoi tentativi di fuga e le grida dei suoi amici.
È seduto sul divano di casa, adesso, i vestiti ancora macchiati del sangue del ragazzo per cui è rimasto sveglio tutta la notte, gli occhi serrati, le mani strette in grembo l'una nell'altra, le labbra chiuse e le urla di suo padre nelle orecchie; non capisce cosa gli stia dicendo, non gli interessa, non vuole vederlo né sentirlo: se n'era andato, era riuscito a fuggire, perché è di nuovo nel salotto della casa dove è cresciuto? Com'è possibile che la sua libertà sia durata solo una notte?
Un dolore improvviso alla guancia lo costringe a sollevare le palpebre, le labbra che si socchiudono per un'esclamazione di stupore, le iridi azzurre che incontrano quelle furenti di suo padre.
– Cosa ti passava per la testa? – grida l'uomo, la mano che l'ha schiaffeggiato ancora sollevata; Louis non l'ha mai visto così furioso, nemmeno quando l'ha scoperto a baciare Niall in camera sua, quasi due anni e mezzo prima. – Potevano riconoscerti! A cosa diavolo stavi pensando, eh? Tu e quegli schifosi froci dei tuoi amici! Ti avevo avvertito, ti avevo detto di smetterla con le tue porcate da deviato e tu, tu cos'hai fatto? Hai continuato alle mie spalle, per tutto questo tempo!
Louis ha paura di suo padre, ne è terrorizzato, e non solo in quel momento ma sempre, da tutta la vita; per questo rimane in silenzio, anche se fa male, fa male sentire quell'uomo orribile insultare lui e i suoi amici senza sapere nulla, senza capire nulla, e chiude ancora gli occhi per trattenere le lacrime. È stupido forse, ma non può impedire ai suoi pensieri di tornare subito a Harry, il ragazzo che ha conosciuto solo poche ore prima, che adesso è all'ospedale, forse sveglio o forse ancora addormentato, e che vuole rivedere: vuole rivedere il suo viso, senza lividi e sangue e ferite, i suoi enormi occhi verdi, il suo sorriso a metà tra il timido e lo sfacciato; vuole di nuovo infilare le dita tra i suoi ricci, baciarlo, perdersi ancora nella sensazione del suo corpo solido schiacciato contro il proprio, sentirsi al sicuro tra le sue braccia senza nessuna ragione logica; vuole finire ciò che hanno cominciato, vuole tutto di lui con un'intensità nuova, mai sperimentata prima di quel momento.
– Papà? Louis?
Ha gli occhi ancora chiusi, quando la voce di una delle gemelle gli arriva alle orecchie, camuffata dall'enorme orso di peluche con cui dorme la notte, ma li riapre all'istante, voltandosi verso di lei con un sorriso forzato sulle labbra; non guarda verso suo padre, non ha la forza di farlo e ha paura che l'arrivo della sua sorellina possa peggiorare le cose. Prende una delle copertine di pile piegate sulla penisola del divano, aprendola e stendendosela addosso per coprire il sangue di Harry che gli sporca i vestiti, e fa cenno alla bambina di avvicinarsi. Daisy ha gli occhi sgranati, sembrano giganteschi sul suo visetto infantile, ma non ci pensa un attimo prima di correre tra le braccia del fratello e accoccolarsi su di lui, il pollice destro in bocca e il braccio sinistro che stringe forte il pupazzo.
– È successo qualcosa? – chiede, le parole storpiate dal dito in bocca, guardando dritto negli occhi di Louis e sfregando il volto contro il suo petto; le labbra del ragazzo si piegano istintivamente in un sorriso intenerito, sincero questa volta, e posa un bacio sulla fronte della bambina scuotendo il capo.
– Nulla, piccola, papà ed io stavamo solo discutendo di una cosa, – le risponde, guardando per la prima volta verso il genitore e trovandosi i suoi occhi addosso, un misto di rabbia e disgusto nei suoi confronti e d'affetto per la bambina; è un'altra pugnalata, un altro dolore, ma lo ignora come ha ormai imparato a fare e si alza in piedi con la sorellina ancora stretta tra le braccia. – Ti porto a letto, va bene? È domenica e sicuramente è troppo presto per essere già sveglia.

 
Si sveglia che ormai è pomeriggio, esausto nonostante le lunghe ore di sonno, e appena mette a fuoco i contorni della sua stanza un attacco di nausea lo costringe ad alzarsi e correre in bagno; si inginocchia davanti al gabinetto, le mani strette alla ceramica mentre gli spasmi del suo stomaco lo fanno lacrimare di dolore. Non si accorge della presenza di sua madre finché la donna non gli accarezza la schiena, con gentilezza, e si inginocchia accanto a lui per scostargli i capelli dalla fronte sudata; ha visto il sangue sui suoi vestiti, ancora quelli che indossava la notte prima, ma rimane in silenzio finché Louis non smette di tremare e solleva una mano per tirare lo sciacquone, tossendo, le lacrime che ancora scivolano sul suo viso pallido e provato.
– M-mamma, – geme, chiudendo gli occhi per paura di vedere nei suoi lo stesso sguardo disgustato del padre, ma la donna lo zittisce dolcemente e gli accarezza entrambe le guance con la stessa gentilezza con cui gli ha sfiorato la schiena; Louis si lascia manovrare senza opporre resistenza, troppo stanco e demoralizzato per fare alcunché.
– Non piangere, tesoro, – sussurra Jay, baciandogli la fronte dopo averlo messo in piedi, e comincia a sfilargli i vestiti piano, facendo attenzione a dove il sangue secco ha attaccato il tessuto alla sua pelle; Louis rimane fermo, gli occhi chiusi e le lacrime che nonostante le parole della donna continuano a bagnargli il volto, e quando è completamente nudo si lascia spingere nella doccia, – lavati, poi parleremo di cos'è successo stanotte e del perché Daisy stamattina mi ha costretta a venire in camera tua per controllare se stessi bene; papà ha portato le ragazze fuori, siamo solo noi due.
Louis annuisce, con gli occhi ancora serrati, e aspetta che sua madre chiuda il box prima di allungare una mano verso le manopole dell'acqua; rimane immobile sotto il getto tiepido per quelle che sembrano ore, lasciando che il sudore, la sporcizia ed il sangue scivolino nello scarico, senza trovare la forza di prendere il bagnoschiuma e lavarsi per davvero. Si appoggia di schiena contro la parete fredda della doccia, e in un attimo è seduto a terra, le braccia incrociate sul ventre e le gambe sollevate e strette contro il petto; appoggia la fronte contro le ginocchia, gli occhi ancora chiusi, e comincia a singhiozzare.

 
Scende in cucina quasi un'ora più tardi, una vecchia tuta addosso perché tutti i suoi vestiti sono ancora a casa di Liam, e trova sua madre seduta a tavola; sembra stanca, nota Louis, e ha delle orribili ombre scure sotto gli occhi chiusi. Si morde un labbro con più forza del necessario, chiedendosi se suo padre le abbia già detto qualcosa, e si riprende dalla sua improvvisa paralisi solo quando sente il sapore del proprio sangue sulla lingua; si costringe a fare qualche passo nella sua direzione, prima di sedersi accanto a lei, senza sapere cosa aspettarsi.
– Mamma? – chiama, stringendo i pugni in grembo per l'ansia che lo divora all'idea che anche lei lo tratti come suo padre; non è certo di poterlo sopportare. Jay apre gli occhi, sbattendo un paio di volte le palpebre per mettere a fuoco il viso pallido del figlio, e sorride appena, prima di alzarsi ed avvicinarsi ai fornelli per riscaldare gli avanzi del pranzo; ha un'espressione strana, si trova a pensare Louis, osservandola di sottecchi e notando quante volte si passa una mano sul viso, e quanto la sua pelle sembri più tirata del solito. Per quanto voglia bene alle donne della famiglia, si rende conto con una fitta di senso di colpa al cuore, non si è mai fermato a pensare come potesse davvero essere il rapporto tra i suoi genitori; ricorda le loro discussioni animate quando Jay aveva appena partorito le gemelle, ma le aveva catalogate come semplici litigi tra marito e moglie e dopotutto non li sentiva alzarsi la voce a vicenda da anni. – Mamma, come stai? – si affretta a chiedere, alzandosi di scatto dalla sedia per avvicinarsi a lei ed appoggiare una mano sulla sua schiena.
Jay scuote il capo, stendendo le labbra in un sorriso che, lo nota solo ora, non raggiunge i suoi occhi e sembra piuttosto una smorfia; il senso di colpa lo travolge, e prima che il suo cervello possa registrarlo stringe la donna in un abbraccio, affondando il viso nei suoi capelli. Le braccia della madre si avvolgono intorno ai suoi fianchi un attimo dopo, e singhiozzi soffocati cominciano a farle tremare il petto; Louis chiude gli occhi, cercando di impedirsi di piangere ancora, ma è inutile e pochi secondi dopo sono entrambi in lacrime, stretti l'uno all'altra come per sostenersi a vicenda.
Louis non ha mai pensato a se stesso come una persona egoista, ma lo sfogo di sua madre lo fa ricredere: ha trascorso due anni ad autocommiserarsi, badando solamente ai propri problemi, quando Jay aveva bisogno di lui; avrebbe dovuto essere più attento, pensa stringendola più forte, avrebbe dovuto considerare di più gli sguardi gelidi che di tanto in tanto lei e suo padre si lanciavano da una parte all'altra del tavolo e che passavano inosservati a tutti tranne che a lui.
– Dio, scusa, – borbotta la donna, dopo diversi minuti, allontanandosi dal figlio e asciugandosi gli occhi e le guance con le dita, – perdonami, Lou, non dovevo perdere il controllo.
Il ragazzo non può fare a meno di lasciarsi sfuggire una risata amara, pensando al modo in cui quella mattina suo padre ha perso il controllo; gli occhi di Jay si illuminano di consapevolezza, e la donna allunga una mano per accarezzargli la guancia che quella notte è stata colpita. Louis non si è guardato allo specchio, vestendosi, e non sa in che condizioni sia il suo viso, ma è certo che ci sia qualcosa che non va perché le labbra della madre cominciano a tremare, e un attimo dopo la donna scoppia di nuovo a piangere.
– Mi dispiace così tanto, – singhiozza, guardandolo, e Louis capisce in quel momento che lei sa, che ha sempre saputo; il senso di colpa di poco prima svanisce, incredulità e rabbia che prendono il suo posto in un secondo.
– Tu sapevi? – chiede, pur sapendo già la risposta, e quando la donna annuisce è come se qualcuno stesse cercando di strangolarlo: non ha più aria nei polmoni, si sente soffocare, eppure non può fare altro che accettare la notizia; è quasi più doloroso di tutti gli insulti che suo padre gli ha rovesciato addosso negli ultimi due anni, perché ha sempre pensato che sua madre non fosse a conoscenza della situazione, che in caso contrario avrebbe fatto qualcosa per difenderlo, per aiutarlo. Sente gli occhi riempirsi ancora una volta di lacrime, questa volta di rabbia, ma riesce a ricacciarle indietro; stringe i pugni fino a farsi sbiancare le nocche, si sente tradito ed è furioso come non lo è mai stato.
– Mi dispiace così tanto, – ripete la donna, facendo per avvicinarsi a lui, forse per abbracciarlo di nuovo, ma Louis indietreggia, gli occhi sgranati e i pugni ancora stretti, le unghie che incidono la pelle dei palmi.
– Non toccarmi, – sibila, senza pensare, e questa volta non si sente nemmeno così in colpa nel vedere l'espressione di puro dolore sul viso della donna; pensava che sarebbe stata dalla sua parte, almeno lei, ma l'ha tradito e merita di provare esattamente quello che prova in quel momento.
Senza dire un'altra parola, né guardarla un'altra volta, esce dalla cucina.

 
Non trova il suo cellulare da nessuna parte; non in salotto, non in camera sua, non nel bagno. Ha paura di averlo lasciato nella macchina di Liam, la mattina, mentre portavano Harry in ospedale; una fitta inaspettata di dolore lo sorprende mentre pensa a lui, ma si sente così vuoto, così svuotato dagli ultimi eventi che non riesce nemmeno a trovare la forza di preoccuparsi davvero per lui. Sa che è in ospedale, sa che almeno lì è al sicuro.
Suo padre e le sue sorelle sono rientrati un paio d'ore prima, ma ha ignorato stoicamente il bussare delle gemelle alla porta e le voci preoccupate di Fizzy e Lottie che lo chiamavano per sapere come stesse: sicuramente Daisy ha detto loro ciò che ha visto quella mattina, pur non capendone il significato perché è ancora troppo piccola, e probabilmente le due più grandi hanno capito che non si era trattato di una semplice discussione.
Ha la fronte appoggiata alla finestra della sua stanza, le palpebre pesanti e gli occhi rossi per tutte le lacrime che ha versato nelle ultime ventiquattro ore, più di quante ne abbia pianto in tutta la sua vita, quando la voce di Niall gli giunge alle orecchie. Si raddrizza all'istante, svegliandosi di colpo dalla trance in cui era caduto, e sbatte un paio di volte le palpebre per capire come sia possibile che il suo migliore amico sia entrato in casa sua dopo il disastro successo con suo padre.
Ed è proprio la voce del padre, furiosa come la notte prima, che lo fa scattare in piedi per correre alla porta e girare la chiave, per fiondarsi sulle scale e scendere nell'ingresso, dove lo aspetta una scena che non si era mai aspettato di vedere: Niall è davanti al suo genitore, gli occhi infuocati per la rabbia, e Liam è al suo fianco, e sembra si stia trattenendo dal dare un pugno in faccia all'uomo che grida loro contro. Pensa distrattamente che non l'ha mai visto così incazzato, che il suo sguardo non ha mai lanciato saette come in quel momento, prima che suo padre afferri malamente il colletto della polo azzurra che Niall indossa, gridandogli in faccia di sparire immediatamente da casa sua, che non vuole un altro frocio sotto il suo tetto nemmeno per un attimo, ed è in quel momento che Liam perde tutto il suo autocontrollo e si scaglia contro l'uomo per spingerlo con violenza via dall'amico. Tutto rimane immobile per qualche istante, gli unici suoni presenti nell'ingresso sono quelli dei respiri accelerati dei presenti, e solo in quel momento Louis si rende conto che dietro di lui, a guardare la scena con occhi sgranati e forse un po' spaventati, ci sono Fizzy e Lottie, e che probabilmente hanno sentito quello che loro padre ha detto, e che adesso sanno tutto.

La poco energia che aveva in corpo lo abbandona in un secondo, la sua visione si fa sfuocata, e l'ultima cosa che sente sono le braccia delle sue sorelle strette intorno al torace e le loro voci apprensive nelle orecchie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ok, questo capitolo non era propriamente previsto, all’inizio, e ha leggermente modificato le mie idee per i prossimi; è anche l’ultimo già scritto, quindi metto le mani avanti e vi dico che non sono sicura di riuscire ad aggiornare regolarmente la domenica, da oggi in poi. Credo che ce la farò, ma non si sa mai.
Btw. Giuro che non odio Louis, né nessuno dei ragazzi o dei personaggi di questa storia, ma adoro farli soffrire perché sono una sadica bastarda che si nutre di hurt/comfort e.. sì, ecco, soffriranno un po’ tutti per poi consolarsi a vicenda; e no, questo non è uno spoiler, perché la long è basata su un cartone della Disney e a parte Pocahontas tutti i cartoni della Disney hanno il lieto fine fluff, no? :D
Spero che tutto questo angst non-gratuito (prometto che più avanti capirete perché sono stata così cattiva) non vi abbia fatto troppo schifo, e che continuerete a farmi sapere cosa ne pensate (grazie alla solita pirisilla (♥), a _OneD e a Louissass_ per le recensioni al capitolo precedente, se volete continuate pure a fare ipotesi sui personaggi, mi piace da morire leggere le vostre idee! :D).
Ci risentiamo al prossimo aggiornamento, spero domenica prossima!
(E, giusto per, qui c’è uno stamp di un discorso tra me e Irene, lol, mentre plottavamo la storia. ♥)

   
 
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