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Autore: Medea00    10/02/2013    8 recensioni
Seblaine, rating arancione, 2479 parole. Non possiedo Glee nè i personaggi citati.
Genere: Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Questa os è per Marti. Tanti auguri!



Lavatrice







E’ universalmente riconosciuto che fare il bucato il sabato pomeriggio rientri nelle cose più squallide della vita di un uomo.
Non solo si deve andare in un posto ancora più squallido dell’atto in sè, circondati da gente di tutte le razze e dimensioni che sventolano le loro mutande senza il minimo ritegno, ma bisogna pure pagare. Due fottutissimi quarti di dollaro per un lavaggio di tre ore. Perchè, ovviamente, bisogna fare il ciclo economico, c’è la crisi.
La crisi ce la stava per avere Sebastian. Una crisi di nervi, e anche bella forte. Da quando aveva litigato con sua madre, era costretto a recarsi alla lavanderia pubblica dietro l’angolo pur di trovarsi almeno un paio di jeans da indossare; nei casi peggiori, si macchiavano di... beh, diciamo solo che diventavano inutilizzabili.
L’alternativa a quel miserabile rituale era farsi centoventi chilometri per andare a casa della madre, presentarsi con un mazzo di fiori e chiederle scusa per quel piccolissimo incidente in piscina.
Ma andiamo, non era colpa sua se sua sorella Jodie fosse comparsa proprio nel momento in cui lui era sul più bello con Ethan, il figlio dei vicini. Insomma, che ne poteva sapere lui che la sorellina avesse avuto voglia di un bel tuffo in piscina; tra tutti i posti possibili, perchè la piscina? Lo sapeva bene che la piscina era off-limits durante le feste. Lo sapeva che lui faceva cose dentro quella piscina, durante le feste.
Jodie da quel giorno in poi continuò a chiedere a sua madre se le cicogne portassero anche figli nati sott’acqua. Un po’ come i delfini.
Morale della favola: Sebastian era letteralmente scappato di casa per farsi una bella vacanza da suo zio a Lima, una cittadina sin troppo tranquilla e con poco o niente da offrire. Si trovava lì da due settimane ormai, e il momento più emozionante era stato correggere il caffè del Lima Bean con un po’ di scotch sgraffignato dalla dispensa dello zio.
Non c’era niente. Non c’erano pub, non c’erano cinema e, soprattutto, non c’erano ragazzi attraenti con cui passare dei piacevolissimi quarti d’ora; a dire il vero, Sebastian cominciava a sentire in modo particolarmente forte quella mancanza di contatto fisico, e mancava davvero poco al punto di rottura. Per questo motivo, era particolarmente intrattabile: rispondeva a monosillabi, e quando lo faceva, sempre con un tono molto brusco. Suo zio lo lasciava stare con la scusa dell’età: l’adolescenza è un brutto periodo, diceva sempre lui, va saputa affrontare.
Lui doveva affrontare il problema dell’astinenza, altrochè.
Quando entrò dentro la lavanderia pubblica, ricevendo per l’ennesima volta un paio di occhiate più o meno velate, si limitò a una scrollata di spalle e si diresse senza troppe cerimonie verso la prima lavatrice libera, deciso di farla finita al più presto.
Grazie al cielo, quel giorno c’era poca gente. Dopotutto, chi è lo sfigato che va a fare il bucato il sabato pomeriggio in una calda e bella giornata d’estate?
A parte lui, c’erano una signora di mezza età e un ragazzo, capelli corti, pantaloni buffamente arrotolati. Da quanto riusciva a vedere, aveva un sedere niente male, e quel pensiero lo risollevò un poco: almeno avrebbe avuto qualcosa da guardare, durante quelle tre ore.
Si soffermò ad ammirare le sue spalle avvolte da una t-shirt scura, o i suoi fianchi fasciati perfettamente dai pantaloni; quando finalmente si voltò, notò con piacere che il davanti fosse anche meglio del dietro, visti i grandi occhi nocciola e le labbra carnose, anche se increspate in una smorfia innervosita. Sembrava avere seri problemi con la lavatrice, tanto da portarlo a sbattere il cestino di plastica azzurra contro il tavolo accanto.
La signora, intanto, aveva afferrato la sua cesta accuratamente piegata e se ne andò due minuti dopo, lasciando i ragazzi da soli alle prese con le loro faccende.
Sebastian intravide l’altro ragazzo abbassare le serrande della lavanderia con un gesto brusco; il sole quel giorno era forte e pungente, un po’ di ombra e privacy non era affatto male.
Accartocciò tutto e lo infilò dentro alla centrifuga senza troppe smancerie, ignorando la separazione tra colorati e bianchi, lavaggi a secco o a sessanta gradi: era roba di poca importanza, gli serviva soltanto che fosse decente e presentabile per superare quel periodo di clausura e tornare a casa per riprendere la sua quotidiana e perfetta vita sessuale.
Parlando a proposito. Quel ragazzo non era affatto male.
“Devi dirmi qualcosa?”
Non si aspettava certo che il suo sguardo famelico venisse captato così presto; per un momento si sentì a disagio, inarcando le sopracciglia e aprendo la bocca per dire qualcosa. Ma non sapeva cosa.
“... Prego?”
“Senti, non è proprio giornata.” La voce di quell’altro ragazzo era tagliente, eppure, dotata di una certa musicalità che lo fece rabbrividire. “Questa maledetta macchina mi ha mangiato il mio ultimo quarto di dollaro e l’ultima cosa che vorrei è passare il sabato rinchiuso in questo squallidissimo posto con uno che mi fissa per le prossime tre ore. Quindi te lo chiedo un’altra volta: devi dirmi qualcosa, oppure possiamo tornare a ignorarci?”
Sebastian fu allibito e affascinato allo stesso tempo. In realtà aveva sentito la metà di quel monologo, troppo preso com’era a fantasticare su come passare quelle famose tre ore in compagnia di quel culo da favola. Certo, ignorarsi non rientrava proprio nel suo campo delle ipotesi.
“Non saprei”, mormorò con tono languido, alzandosi in piedi e dirigendosi con molta nonchalance dentro al suo campo visivo. “Visto che abbiamo tre ore da passare, potremmo anche cercare di sfruttarle al meglio. Sai, fare qualcosa di piacevole.”
Scandì le ultime due parole le scandì molto accuratamente. Blaine trasalì, dedicandogli adesso tutta la sua attenzione, apparentemente confuso.
"Iniziamo con i preliminari.”
“C-Cosa?”
“Mi chiamo Sebastian Smythe.”
“Ah. Certo. I-Io sono Blaine.” Bisbigliò, e Sebastian era molto, troppo diveritito da quel fare timido e decisamente eccitante.
“Blaine.” Assaporò quel nome come se fosse il gusto di un gelato prelibato. Blaine lo fissò per qualche secondo, la bocca semi aperta, lo sguardo leggermente assorto mentre osservava le labbra del ragazzo inumidirsi da un piccolo tocco di lingua.
Sebastian constatò con piacere che, nonostante fossero passate due settimane, le sue doti di seduzione non si fossero affatto affievolite. Parlarono per qualche minuto in modo relativamente tranquillo e generico; il cesto dei vestiti di Blaine era ancora abbandonato sul tavolo, come dimenticato. Evidentemente, la sua attenzione era catturata da qualcosa di più interssante. Di fatto, Blaine non aveva mai visto un ragazzo così attraente, e il modo con cui lo stesse praticamente scopando con lo sguardo lo faceva intorpidire; da dove era sbucato quel tipo? E, soprattutto, perchè diavolo sentiva così caldo? Era estate, ricordò mentalmente, quasi a cercare una scusa. In realtà, era da quando si era lasciato con il suo ragazzo che non aveva più avuto contatti di quel tipo. Si era chiuso in se stesso, con il suo animo di adolescente impaziente che reclamava avidamente la carne. E quel ragazzo, per i suoi ormoni, era una bella bistecca al sangue.
“E dimmi un po’, Blaine. Cosa ti porta qui di sabato pomeriggio? Non hai qualcosa da fare? Qualcuno con cui... uscire, magari?”
“Mio fratello ha rotto la lavatrice”, parlò in modo rapido e frettoloso, “Stasera volevo andare a teatro e sono a corto di vestiti, quindi...”
“Ma certo. Uno spettacolo.”
Per quanto gli riguardava poteva benissimo aver detto uno scioglilingua, sarebbe stata comunque la cosa più sexy che avesse mai sentito.
“Sì. Ci vai... ci vai anche tu?”
Non sapeva nemmeno perchè lo avesse chiesto. Non sapeva che dire, era quella la verità: la sua gola si era seccata all’improvviso, e le sue ginocchia stavano tremando sotto al peso di un desiderio sempre più crescente.
Sebastian esitò per un secondo, affilando il suo sorriso e rivolgendogli una lunga e intensa occhiata: “No, grazie. Mi sto già godendo il mio spettacolo personale.”
Che, chiaramente, non era la lavatrice vecchia di sessant’anni, e non c’era nessun altro in quella stanza. Blaine cominciò a sentirsi a corto di aria.
E poi, in un modo totalmente meschino e fatale, Sebastian sospirò, inarcando leggermente la schiena e spostandosi dalla fronte un ciuffo di capelli leggermente sudati, a causa del caldo.
Dritto in mezzo ai suoi ormoni.
“I-io dovrei proprio sbrigarmi.” Cercò di far tremare al minimo la sua voce, risultando soltanto imbarazzato e non completamente arrapato. Armeggiò con gli abiti ficcandoli alla meno peggio dentro la centrifuga: “Devo, devo fare questo bucato e-e i soldi-“
“Te lo do io.”
Blaine per un attimo apparve sconvolto. Chiaramente aveva frainteso male, visto che le sue guance assunsero un rosso pallido e balbettò qualcosa di indefinito per un paio di secondi.
“Il quarto di dollaro”, specificò Sebastian, ma sul suo volto era già comparso un ghigno che non prometteva niente di buono.
“Oh. C-certo.”
“A cosa pensavi?”
“Al quarto di dollaro.”
“Non stavi pensando al quarto di dollaro.”
“Sì invece.”
“Blaine.”
Sebastian fece un piccolo passo avanti, e lo ripetè: “Non stavi pensando al quarto di dollaro.”
No, per niente.
 
Il resto, semplicemente, accadde in modo limpido e naturale. Sebastian spinse Blaine contro la lavatrice e cominciò a baciarlo veloce, forte e passionale, avvolgendolo con le braccia strette sul fianco e godendosi tutti i gemiti piacevolissimi che provenivano dalla sua bocca.
Dio, quanto gli era mancato tutto quello. E così anche a Blaine, dal momento che spinse Sebastian ancora più vicino a lui, intrecciando le dita ai suoi capelli e bisbigliandogli parole vaghe, gutturali e incomprensibili.
Sebastian, nel frattempo, aveva estratto il quarto di dollaro dalla tasca, azionando la lavatrice che aveva preso a borbottare e muoversi freneticamente. Nemmeno un attimo dopo, caricò Blaine sopra all’elettrodomestico e gli aprì poco elegantemente le gambe, cominciando ad accarezzarlo e a farlo gemere sempre più forte.
“Sebastian”, lo sentì mormorare, e solo per il modo con cui pronunciò il suo nome la sua pelle fu attraversata da un brivido e tutto divenne più offuscato.
“Sono... sei...”
“Rilassati.” Con un piccolo sorriso, andò a mordicchiare un punto specifico sotto al mento. “Ci penso io a te.”
Si aggrapparono l’uno all’altro, continuando a baciarsi e mormorando frasi sconnesse e ansimate; in realtà, i gemiti di Blaine erano talmente eccitanti che Sebastian fu costretto a fermarsi un momento per riprendere fiato, perchè era da troppo tempo che non si sentiva così vivo e non era sicuro di riuscire a mantenere un certo autocontrollo. Insomma, non potevano mica fare sesso in mezzo ad una lavanderia pubblica.
O forse sì?
Era così inibito dai suoi stessi meravigliosi pensieri da non accorgersi che, nel frattempo, Blaine aveva portato la mano all’altezza della cintura cominciando a sbottonarsela con un po’ di esitazione. Teneva gli occhi chiusi, la bocca gonfia e arrossata semiaperta e arrendevole sotto la sua.
“Lascia.” La voce di Sebastian fu come un brivido. “Faccio io.”
Concluse l’azione iniziata da Blaine slacciandogli la cintura e aprendogli la zip dei pantaloni, quanto bastava per poter introdurre una mano e sfiorare delicatamente l’evidente erezione nascosta sotto all’intimo. Blaine sembrò dire qualcosa, ma forse era più che altro un gemito più nitido di altri, dal momento che si avvinghiò alle spalle di Sebastian, affondando la testa nell’incavo del suo collo e cominciando a succhiare forte. Come a peggiorare ulteriormente le cose, la lavatrice in azione sotto di loro aggiungeva un’ulteriore frizione trai loro corpi, facendoli tremare quasi convulsamente, regalandogli quegli attimi di estrema gioia in cui lo spasmo arrivava nel momento giusto e a loro si spezzava il fiato.
Per Sebastian era alquanto difficile fare qualsiasi azione di gesto compiuto in quelle condizioni, ma dopo terribili esitazioni riuscì ad afferrare il membro già eccitato di Blaine per ricambiare tutto quel piacere che stava ricevendo, per farlo sentire voluto, desiderato e irresistibile, come se fosse l’unica cosa al mondo degna di essere toccata.
Sentiva che Blaine non sarebbe durato molto; era troppo eccitato, e lui era troppo bravo a fare quello che stava facendo. Probabilmente lo avrebbe preso in giro per la sorprendente velocità, se non fosse stato che lui stesso era già vicino al culmine, e senza nemmeno bisogno di essere toccato.
Dio, quel ragazzo. Lo stava facendo sentire un ragazzino alle prime armi. La sua bocca lo stava marchiando nel modo più piacevole possibile, le sue mani lo stringevano con forza, lasciandogli dei segni che sarebbero scomparsi dopo un paio di giorni. Il suo profumo, poi, era un afrodisiaco di colonia misto a quell’odore tipicamente mascolino, risaltato dal caldo della stanza e dalla torbida giornata estiva.
Era più delizioso di mille profumi messi insieme, eppure, più unico di ognuno di loro.
Si ritrovò a chiamare il suo nome, come se non sapesse dire altro; e Sebastian non era il tipo da invocare i nomi dei ragazzi con cui andava, lui era freddo, meccanico e travolgente, erano gli altri a soccombere sotto di lui, non il contrario. Invece, adesso, si sentiva alla deriva.
Quell’ultimo pensiero gli attraversò la mente; poi, si annebbiò. Blaine aveva inarcato la schiena affondando le dita contro le sue scapole, emettendo un gemito lungo e esasperato contro la pelle chiara, e Sebastian, semplicemente, perse il controllo. Fu colpito da un orgasmo molto simile nemmeno pochi secondi dopo.
Una volta che entrambi ebbero riacquistato il controllo, Blaine scese velocemente dalla lavatrice, sistemandosi l’apertura dei pantaloni, e così fece anche Sebastian. Per un momento, esitarono nell'osservare quell'ignara lavatrice che continuava diligentemente a fare il suo lavoro. 
Avevano davvero fatto sesso su una lavatrice.
Ci fu un momento di imbarazzante tensione durante il quale si chiesero, mentalmente, se fosse successo veramente quello che era appena successo, e come diavolo fosse stato possibile. Dovevano soltanto fare il bucato.
Non fecero in tempo a esprimere quei dubbi ad alta voce: una signora munita di panni e lenzuola da lavare entrò di gran fretta e con un fare piuttosto scocciato, ignorando completamente la presenza dei due ragazzi e rivolgendo la sua attenzione verso una lavatrice in stand-by.
Si guardarono. Non potevano più parlare espressamente, e forse era un bene.
“La mia lavatrice ha finito.” Sebastian indicò l’elettrodomestico alle loro spalle, che si era spenta da poco con uno squillante bip.
“Già.” Commentò Blaine, “Certo. Uhm. Ci vediamo.”
Spostò il peso da un piede all'altro, e Sebastian perse diversi secondi per osservare il movimento dei suoi fianchi e la sottile scia di sudore che scivolava lungo il collo, finendo sotto alla maglietta.
“Sì. Ci vediamo.”


Da quel giorno, nessuno dei due torno più su quell’argomento.
Non verbalmente, per lo meno: il giorno dopo, Sebastian si presentò in quella stessa lavanderia a quella stessa ora, sentendosi un vero idiota per quel gesto, perchè non era possibile che uno come lui ricorresse a un mezzuccio come quello per incontrare un ragazzo. E Blaine sicuramente non sarebbe venuto, e allora si sarebbe sentito ancora più idiota, come un verginello in preda alla sua prima cotta; stava quasi per darsi uno schiaffo da solo, con l’intento di andare via, quando la porta del negozio si aprì mostrando proprio quel Blaine, con le guance rosso fuoco e una cesta di panni stretta tra le braccia.
Nessuno dei due riuscì a contenere un sorriso pieno di gratitudine, misto a un pizzico di malizia.
Sebastian pensò che Blaine fosse un idiota. E che poteva seriamente piacergli per quello.




   
 
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