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Autore: princess_sparklefists    12/02/2013    1 recensioni
La leggenda vuole che Merlino avesse incantato il seggio alla destra di re Artù, così che rimanesse libero per il più puro dei cavalieri: colui che era destinato a trovare il Santo Graal.
Coloro che osavano occupare il Seggio Periglioso andavano incontro alla collera divina e a morte certa.
La leggenda, a volte, esagera.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La leggenda vuole che Merlino avesse incantato il seggio alla destra di re Artù, così che rimanesse libero per il più puro dei cavalieri: colui che era destinato a trovare il Santo Graal.
Coloro che osavano occupare il Seggio Periglioso andavano incontro alla collera divina e a morte certa.
La leggenda, a volte, esagera.
 
"Su, ragazzo, siediti", disse il Re, esasperato.
Galahad si guardò intorno nervoso. I cavalieri seduti al tavolo gli sorridevano incoraggianti. In effetti, lo scanno non pareva in nulla dissimile dagli altri dodici, però...
"Mio sire, è pur sempre il Seggio Periglioso!", si lamentò il ragazzo. Non stava di certo facendo la sua figura migliore, al primo giorno come cavaliere a Camelot.
Re Artù sbuffò.
"Abbiamo ricevuto notizie di Ser Dinadan?".
"No, vostra altezza", rispose Ser Kay il siniscalco, il cavaliere più anziano e venerabile della compagnia, "Ma sappiamo tutti come riesca a farsi vivo nei momenti meno opportuni…".
"Sì, sì, certo", tagliò corto il re, "Sir Galahad, siediti senza indugio alcuno".
Galahad deglutì. Poggiò una mano su un bracciolo, e poi l'altra. Inspirò a fondo. Quindi, con estrema cautela, un tremore diffuso e una rigidezza da fare invidia alle assi di quercia della tavola, piegò le ginocchia.
Aveva appena toccato il sedile quando le porte della sala sbatterono e tremendi ronzii e strida riempirono l'aria, mentre una voce tuonava: "Che diamine credi di fare, ragazzotto?".
Galahad scattò subito in piedi. Le parole, fortunatamente, non venivano da un angelo vendicatore, ma da un cavaliere trafelato che ora si era appoggiato alla porta per riprendere fiato. Doveva essere corso lì appena smontato dal suo destriero, perché indossava ancora parti dell’armatura. Stormi di scudieri gli si affollavano intorno come passeri su briciole di pane, considerando se fosse una buona idea rimuovere quel che restava della sua corazza mentre si riposava.
La cacofonia che aveva accompagnato il suo ingresso sembrava provenire da un peculiare bastone di metallo da lui impugnato: lampi blu e violetti si rincorrevano lungo l’asta, ronzando e strepitando come un nido di vespe.
Ancora affannato, il cavaliere scacciò un paio di paggi e avanzò verso Galahad, brandendo la sbarra con cipiglio minaccioso.
Con un paio di lunghi passi, il re lo intercettò nel suo cammino e gli strappò di mano il bastone.
“Fermo, ser Dinadan, ti ricordo che devi ancora finire di pagare il conto allo speziale per quel miseretto a cui avevate approntato una botola con quell’incantatore da strapazzo. E tra parentesi”, continuò, dopo essersi voltato verso Merlino, “perché ti ostini a costruirgli aggeggi mirabolanti ma letali, o vecchio bacucco?”.
Nell’angolo da cui assisteva alle sedute dei cavalieri, l’anziano stregone aveva iniziato a sogghignare sin da quando l’ultimo arrivato aveva fatto irruzione nella stanza, ed essere interpellato dal re non lo aveva scoraggiato. Anzi, si lasciò andare in una risata sguaiata e gracchiante, interrotta di tanto in tanto da accessi di tosse catarrosa. Galahad poteva solo intuire vagamente quale fosse la storia dietro la sfuriata a cui stava assistendo, ma era quasi sicuro che la motivazione ultima fosse: “Perché è divertente”.
Mentre il re continuava a prendersela con il mago, Ser Dinadan si avvicinò a Galahad e gli fece cenno di spostarsi, per poi accomodarsi sul, bé, sul Seggio Periglioso, per mancanza di un termine migliore. Il re Artù doveva aver notato questo scambio con la coda dell’occhio, perché si esibì in un quarto di piroetta e si diresse verso di loro.
“Ser Dinadan, credo sarebbe opportuno se ti procurassi uno sgabello e lasciassi lo scanno a Ser Galahad”.
Il cavaliere lo squadrò allibito. “È il mio posto!”.
“Un piccolo prezzo da pagare per i tuoi perenni ritardi”, rispose il re.
“Non l’ho ceduto ai cento prima di lui, e non mi alzerò né per lui né per gli altri mille che verranno dopo!”, si calmò, riappoggiandosi allo schienale, “Mi dispiace, mio sire, ma non vedo perché dovrei rinunciare al mio diritto per uno fresco di nomina”
“Il ragazzo è figlio di Lancillotto”.
“Non vedo suo padre qui in giro”.
“Ma i suoi cugini sì. Alzati”, intervenne Ser Lionel, sguainando la spada.
Prima che il re dovesse invocare un ritorno alla calma, fu Ser Bors a riportare suo fratello alla ragione.
Ser Dinadan, dal canto suo, non aveva neanche mosso la mano verso l’elsa. Sospirò, mise le mani sulle ginocchia e si tirò in piedi.
Tornò con uno sgabello, che era stato nascosto dietro a una cassapanca, sottobraccio.
“Siediti, Ser Galahad. Benvenuto a Camelot”, disse, accomodandosi sulla seggiola traballante, su cui arrivava a malapena al tavolo, “Resta il fatto che sia un disonore, per un cavaliere, doversi sedere su un arnese del genere”.
“E arrivare in ritardo a ogni riunione, con il fiatone e i capelli al vento no, mio buon Ser Dinadan?”, lo rimbeccò il re.
“A proposito di ritardi”, urlò Ser Gawain dall’altra parte della tavola, “Che è successo stavolta?”.
“Hai di nuovo salvato un drago?”, chiese Ser Gareth, dando man forte al fratello.
Ser Dinadan rovesciò testa e occhi all’indietro, e tirò un sospiro senza precedenti.
“È successo una volta sola! E vi assicuro che la povera bestia se la passava molto peggio di quell’arpia della principessa”.
“Una di troppo”, commentò Agravaine.
Ser Bedivere tentò una timida difesa: “No, su, non si può dire che il nostro caro amico non impari dai suoi errori passati”, ma poi aggiunse: “Come minimo ha incontrato la Bestia Latrante e si è fermato a fare due chiacchiere”, il che scatenò risa a non finire.
“Tua madre è una Bestia Latrante!”, strillò Ser Dinadan di rimando.
“Ooh, che classe. I migliori del regno, davvero”, disse Ser Breunor, alzando gli occhi al cielo
“Proprio tu parli, Cotta Maltagliata!”, lo rimbeccò qualcuno che Galahad non riuscì a identificare a causa del frastuono
In breve, tutti i cavalieri erano impegnati in accese discussioni sulle imprese del prode Dinadan o a insultarsi l’un l’altro. Al re sfuggì un profondo sospiro.
“Vedi”, disse a Ser Dinadan, e Galahad sentì solo perché era seduto tra i due, “il problema non è che tu arrivi in ritardo. È che ne approfittano per cambiare argomento”.
Sospirò di nuovo.
“E dire che ero quasi riuscito a organizzare la quest per il Sacro Graal”.





Sì, lo so, il titolo è una battuta bruttissima. Non ci posso fare niente. Ho una debolezza per certe cose.
Spero questa storia sia stata una piacevole lettura.

   
 
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