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Autore: Madin    19/02/2013    6 recensioni
-Io ti amerò sempre Peter Pan!- questo gli sussurrai quando lui si era già allontanato dalla mia finestra, dopo averci riportato a casa.
E lui non mi aveva sentito. E lo sapevo. Eppure sentivo un enorme groppo in gola nel vederlo andare via. Sapevo che non l'avrei più rivisto e questo mi intristiva. Mi ero innamorata di lui a poco a poco, del suo carattere ribelle, dei suoi modi sbarazzini, della sua risata, della sua allegria. Tutto di lui mi aveva conquistata.
Avevo vissuto la più incredibile delle avventure e ne ero rimasta scottata. Perché l'avventura vera non era essere andata all'Isola Che Non C'è, era stato innamorarmi di lui. Stupida! Stupida! Non avrebbe mai potuto ricambiare, non conosceva il significato dell'amore, perché eravamo solo bambini, ai tempi e lui non avrebbe mai potuto vivere nel mio mondo. Perché lui era Peter Pan, il bambino che non sarebbe mai cresciuto, che amava giocare e che volava da una parte all'altra dell'isola come un uccellino. Lui che vedeva tutto come un gioco.
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Campanellino, Capitan Uncino, Peter Pan, Wendy Darling
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Once Upon A Time In Neverland

«Io ti amerò sempre Peter Pan!» questo gli sussurrai quando lui si era già allontanato dalla mia finestra, dopo averci riportato a casa.
E lui non mi aveva sentito. E lo sapevo. Eppure sentivo un enorme groppo in gola nel vederlo andare via. Sapevo che non l'avrei più rivisto e questo mi intristiva. Mi ero innamorata di lui a poco a poco, del suo carattere ribelle, dei suoi modi sbarazzini, della sua risata, della sua allegria. Tutto di lui mi aveva conquistata.
Avevo vissuto la più incredibile delle avventure e ne ero rimasta scottata. Perché l'avventura vera non era essere andata all'Isola Che Non C'è, era stato innamorarmi di lui. Stupida! Stupida! Non avrebbe mai potuto ricambiare, non conosceva il significato dell'amore, perché eravamo solo bambini, ai tempi e lui non avrebbe mai potuto vivere nel mio mondo. Perché lui era Peter Pan, il bambino che non sarebbe mai cresciuto, che amava giocare e che volava da una parte all'altra dell'isola come un uccellino. Lui che vedeva tutto come un gioco.
Era stato così difficile lasciarlo andare via, così complicato e sbagliato. Avrei voluto passare altro tempo con lui, avrei voluto rimanere a vivere nell'Isola Che Non C'è, con lui, ma sarebbe stata una vita difficile. Perché in un modo o nell'altro lui non avrebbe mai provato ciò che sentivo di provare io.

John aveva guardato la finestra un'ultima volta prima di andare a dormire e Michael, beh, Michael era subito corso da Nana, e poi da mamma e papà che l'avevano messo a letto dopo averlo coccolato e stretto come non facevano da anni.
Io invece ero rimasta accovacciata davanti a quella finestra, a fissare il punto in cui l'avevo visto sparire, accanto a quella stella. La stella a destra. L'Isola Che Non C'è.
Come avrei potuto tornare a vivere nel mio mondo quando mi sentivo terribilmente legata al suo? Quanto sarebbe stato difficile crescere quando sapevo che lui non poteva farlo? Mi sarei sposata, avrei avuto figli, e non l'avrei rivisto più. Non ero pronta a lasciarlo andare, ma dovevo farlo, per lui.
«Wendy, cara, vai a dormire tesoro... è molto tardi.» mia madre si era avvicinata a me e aveva iniziato ad accarezzarmi i capelli come faceva quando ero piccola. Anche allora me ne stavo le ore a fissare il cielo stellato oltre quella finestra, nel desiderio di vederci qualcosa. Inventavo mille storie da raccontare ai miei fratelli e ora so che lui era lì ad ascoltarle. Da quel momento avrei raccontato di lui: delle sue avventure con i pirati, dei bimbi sperduti, delle sirene.
Non scorderò mai il suo sorriso luminoso come le stelle, rimarrà scolpito nella mia memoria finché avrò vita.
Ascoltai mia madre e mi alzai, dirigendomi al mio letto. Quello dove ci siamo incontrati per la prima volta. Dove aveva cercato di ricucirsi la sua ombra addosso usando il sapone. Forse avevo iniziato ad amarlo da quel momento, da quando i suoi occhi grigi avevano incotrato i miei per la prima volta.
Adoravo tutto di quel bambino: i suoi capelli birichini biondi come il grano, i suoi occhi del color del mare in tempesta, le sue labbra sempre arcuate in un sorriso caldo come il sole...
Avevo avuto l'occasione di sfiorarle quelle labbra. E gli avevo salvato la vita. Ricordo ancora la potenza di quel ditale. Il nostro.
Guardai un'ultima volta la stella a destra prima di addormentarmi. I miei fratelli giacevano tranquilli nei loro letti mentre mia mamma gli regalava un bacio, il suo bacio nascosto che aveva passato a me perché potessi condividerlo con l'amore della mia vita. Avevo scelto di regalarlo a lui. Era suo. E gli sarebbe appartenuto per sempre.

***

Sono passati quattro anni ma appena sento uno spiffero mi volto immediatamente verso la finestra, pronta a scorgere la sua figura minuta con le mani sui fianchi, un sorriso sul volto e occhi pieni di chi ha vissuto mille avventure. Ma lui non c'è mai.
Sono cresciuta, ora ho diciassette anni e sono adulta. A discapito di ciò che pensavo, non è poi tanto male crescere. Ma crescere significa dimenticare e io non voglio dimenticare. Non lui. Non Peter Pan.
John e Michael parlavano ancora di quell'avventura, a volte. Molto di rado, stavano crescendo anche loro e dimenticavano. Erano più piccoli di me ed era difficile mantener vivo quel ricordo.
Dormivo ancora nella stessa camera, nello stesso letto, ma sola. Ero adulta e dovevo avere una mia camera, finalmente zia Millicent era stata ascoltata! Aveva pensato lei a come arredare la stanza. Se ne andava in giro avanti e indietro per tutta l'area blaterando su quanto fosse importante per una ragazza avere una camera propria dove poter crescere. Aveva anche pianificato il mio futuro, ma non è di quello che voglio raccontarvi.
Mio padre era stato riaccolto a lavorare nella banca e aveva assunto un ruolo prestigioso e importante agli occhi del suo capo, Sir Edward Quiller Couch. Dopo l'incidente con Nana aveva dovuto iniziare tutto d'accapo!
A volte Piumino tornava a farci visita ogni tanto, adesso si faceva chiamare Robert, perché per trovare lavoro, Piumino non era uno tra i nomi migliori! L'aveva scelto zia Millicent e a lui era piaciuto fin da subito.
Anche lui riviveva a volte quella avventure e spesso si domandava che fine avesse fatto l'eterno bambino biondo.

Successe tutto una sera di Novembre, proprio nello stesso mese in cui lui era apparso per la prima volta. Stavo riordinando lo scrittoio in camera mia, mettendo a posto le piume e chiudendo la boccetta di inchiostro nero che mi aveva regalato mamma al mio compleanno.
Avevo lasciato la finestra aperta, più per abitudine che per il caldo, e le tende candide svolazzavano a ritmo del vento producendo splendidi giochi di ombre. Quasi non lo sentii tanto il suo passo era leggero.
Mi voltai con il mio libro preferito in mano, quello che narrava le avventure di Cenerentola e i Pirati, e lo vidi. Se ne stava lì in piedi come al solito: mani sui fianchi e sorriso birichino. Il libro mi cadde dalle mani producendo un piccolo tonfo del quale nessuno dei due si curò.
Lo osservai per tutta la sua altezza e la prima cosa che mi colpì furono gli occhi, come allora. Pensai di sognare ma, una volta chiusi gli occhi e strofinati a dovere li riaprii e lui era ancora lì. Sorrisi a mia volta.
Ma aveva qualcosa di diverso dall'ultima volta. Era più alto e in qualche modo più maturo, più grande. Il suo fisico era il fisico di un ragazzo, più o meno della sua età sembrava...
«Peter?» azzardai con la voce strozzata per l'emozione.
Lui sorrise e annuì «Ciao Wendy.»

   
 
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