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Autore: SilviAngel    21/02/2013    6 recensioni
Qualcosa di assurdo era successo.
Per quanto Stiles fosse oramai avvezzo a considerare l’assurdo la sua quotidianità, quello era troppo anche per lui.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Cap. 16
“Scoprirsi”
 
Stiles cercò di vestirsi nel modo – era assurdo già solo essersi imposti di pensarlo – meno provocante e appetitoso possibile: pantaloni larghi, maglietta e camicia aperta sopra e come un lampo tornò di sotto.
Dopo aver lanciato uno stentoreo “Ciao pa’” dal corridoio, il castano si apprestò ad andare incontro alla sorte che al momento gli stava sorridendo sorniona e beffarda avvolta da uno stretto giubbotto di pelle.
Senza una parola, salì dal lato passeggero, aspettando che Derek lo raggiungesse e mettesse in moto.
Dopo alcune centinaia di metri, il mannaro svoltò sulla strada principale, imboccando poi la via che conduceva fuori città.
“Perché sei arrivato così presto?” il silenzio lo stava uccidendo e così Stiles diede aria alla bocca ponendo la prima domanda che gli passò per la mente.
“Cambio di programma, ti offro la cena” rispose laconico il moro continuando a fissare la strada davanti a sé.
Uscendo dall’abitato, il figlio dello sceriffo iniziò a chiedersi dove mai lo stesse conducendo e sentendo crescere in sé un briciolo di ansia, il battito del proprio cuore lo fregò in modo meschino.
“Stai calmo. Non ti sto portando in mezzo al bosco per mangiarti. Conosco un posto appena fuori città, vedrai ti piacerà”
“Ok”
Per stemperare l’atmosfera tesa, Derek allungò una mano sfiorando il piccolo tasto dell’autoradio e la voce di uno speaker invase l’abitacolo.
Maledicendosi per non aver indagato sui gusti musicali della sua preda, sperò con tutto se stesso che quella stazione trasmettesse qualcosa di decente, ma non fu alla fine necessario perché pochi minuti dopo, apparve l’insegna lampeggiante di una tavola calda.
Stiles occhieggiò curioso la scritta colorata “Burger Paradise” e distratto poi dalla fluidità dei movimenti con cui Derek parcheggiò, non sentì subito la sua voce che gli domandava cosa volesse mangiare, dato che avrebbero utilizzato il servizio take away.
“Perché?” chiese il piccolo seguendo l’Alfa dentro il locale.
“Oh dannazione! Ma conosci il concetto di sorpresa?”
“Certo che lo conosco! Bastava che tu dicessi Stiles è una sorpresa invece di fare semplicemente il misterioso”
“Pensavo fosse parte integrante del mio fascino” mormorò allusivo avvicinandosi in un modo che Stiles reputò eccesivo, ma al contempo piacevolmente affascinante.
“Allora ragazzi, cosa vi porto?” li interruppe la voce della cameriera.
“Allora per me” iniziò il moro “doppio cheeseburger, patatine grandi e una birra”
“E per te dolcezza?” chiese, mentre si appuntava l’ordine del primo.
“Io prendo… cheeseburger, patatine normali, Coca Cola media e un milkshake al cioccolato”
“Santo cielo ragazzino! Dove diavolo metterai tutta questa roba? Spero che tu sia uno che brucia” e ridendo in modo chiassoso se ne andò verso la cucina.
Ancora davanti al bancone, con le dita che tamburellavano nervose sulla superficie lucida, il liceale sentì la presenza di Derek farsi più vicina, fino a che la propria schiena non venne sfiorata dal petto di lui e il fiato caldo gli solleticò il collo “Dimmi Stiles, sei uno che brucia?”
Il minore avvampò in un nanosecondo e voltandosi veloce, si ritrovò a boccheggiare con le gote in fiamme e la bocca che si apriva e chiudeva a scatti facendolo assomigliare a un buffo pesciolino rosso.
Puntuale come un uragano, la cameriera tornò con le loro ordinazioni e Derek spostandosi verso la cassa, pagò per entrambi e salutando attese, con la porta aperta, che Stiles passasse con le braccia cariche di sacchetti.
Sistemato il tutto, con estrema cura, dietro lo schienale dei sedili anteriori della Camaro, i due ripartirono per quella che continuava a essere, per il più piccolo, una meta sconosciuta.
“Certo che se il sapore è buono quanto il profumino che arriva da lì dietro” cercò di intavolare una conversazione innocua il castano.
“Sono i migliori hamburger della città o almeno lo erano. Quando mio padre stava via per alcuni giorni da casa, per lavoro o altri impegni, ogni volta che tornava, passava da lì e prendeva la cena per tutti e immancabilmente la serata si trasformava sempre in una festa. È capitato a volte che il giorno dopo io e Laura neppure andassimo a scuola” e, portato da quei ricordi, un sorriso amaro e triste si dipinse sulla bocca del licantropo.
“Se ti rattrista, perché mi hai portato lì? Potevamo andare da qualunque altra parte”
“No, volevo che conoscessi quel posto. Può sembrarti assurdo, ma per me è importante”
“Ok. Adesso” cercando di riportare tutto su toni più felici “mi dici dove stiamo andando? Non stiamo tornando in centro, questo è chiaro. Hai preso l’interstatale e stai costeggiando parte della riserva”
“Ti sto portando in un altro posto speciale”
“Un posto speciale?” ripeté stupito dall’apparente tranquillità e semplicità con cui Derek si stava poco alla volta rivelando a lui.
“Sì, ma ora non ti dirò più niente” e mentre il tardo pomeriggio cedeva spazio al crepuscolo, la Camaro rallentò per svoltare poi a sinistra su una stretta stradina che dopo qualche centinaio di metri smise di essere asfaltata, per continuare nello sterrato e per di più in salita.
 
L’auto si arrestò in una piccala radura circondata ai lati da alcuni alberi e arbusti e invece completamente libera di fronte, dove si trovava il pezzo forte. Infatti, poco più avanti, il prato si interrompeva bruscamente a causa di uno scosceso dirupo e solo molti metri più in basso, la vegetazione riprendeva allargandosi fino ad abbracciare l’intera riserva di Beacon Hills.
“Wow” e pur sentendo Derek avvicinarsi, Stiles non si mosse. Non reagì in modo brusco neppure quando le braccia del moro si avvolsero attorno alla sua vita, imprigionandolo in un abbraccio e premendoselo contro il petto.
“Allora ti piace?”
“Sì, ma dove siamo di preciso?”
“Siamo nel punto del bosco più lontano dalla città” una mano apparve di fronte ai suoi occhi e indicò a destra “Laggiù inizia la periferia e quasi davanti a noi, ad alcuni kilometri di distanza c’è casa Hale, o almeno quello che ne resta”
“Come hai scoperto questo posto?” il castano si voltò per capire il motivo per cui il calore di Derek si fosse allontanato e vedendolo armeggiare con il bagagliaio, pensò fosse arrivato il momento della cena.
“Venivo qui quando ero arrabbiato. Una volta sono stato lontano da casa per due giorni interi e quando sono tornato, mia madre me ne ha dette di tutti i colori, mentre non smetteva un secondo di abbracciarmi e baciarmi, mettendomi poi in punizione per un mese” mentre parlava, scoprendo un altro pezzo del suo cuore e porgendolo in punta di dita al ragazzo, il licantropo aveva disteso con cura davanti al paraurti della macchina, una coperta e con un altro paio di giri, aveva recuperato quanto comprato alla tavola calda e poggiato agli angoli del plaid due grosse torce.
Si sedettero poggiando la schiena alla Camaro e allungando le gambe sul telo.
Le luci vennero accese, illuminando lo spazio attorno a loro due, mentre il castano già armeggiava all’interno del proprio sacchetto.
 
Stiles ringraziò il panino che stringeva tra le mani anche se gli stava impiastricciando tutte le dita di formaggio fuso e ketchup perché gli offriva fortunatamente qualcosa su cui concentrarsi e che al tempo stesso gli impediva di parlare.
Dopo un paio di morsi, il figlio dello sceriffo focalizzò davvero l’attenzione su quanto stesse ingurgitando e si rese conto che quello fosse l’hamburger migliore che avesse mai mangiato e dovette per forza esternare tale suo pensiero.
“Oh mio Dio. Questa cosa è favolosa! Davvero, credo di non aver mai… Oh mio Dio! Il nome che si sono scelti è più che perfetto” e leccandosi le labbra, si fiondò nuovamente sul cibo.
Derek aveva – almeno per il momento – fatto centro e senza perdersi neppure il minimo movimento del liceale, si gustò la propria cena.
Quando anche le ultime briciole di quella bontà sublime furono terminate, l’umano si accorse di aver le dita completamente sporche e senza pensarci su due volte, se le portò alla bocca una a una e, facendole affondare ripetutamente tra le proprie labbra, le ripulì con dovizia.
Il lupo scalpitava irrequieto nel petto di Derek, vedere le falangi sparire e ricomparire lucide di saliva stava generando conseguenze esplosive e se quel dannato ragazzino non si fosse fermato, l’intero piano di avere una serata romantica sarebbe andato a quel paese perché se lo sarebbe rivoltato come un calzino.
Così, sapendo di privarsi di quella vista, ringhiò il suo nome, non riuscendo a trattenersi.
“Stiles, smettila”
Gli occhi grandi e caldi del liceale corsero a cercare quelli di Derek, trovandoli fissi sulla sua bocca e rendendosi conto di quanto aveva fatto – e stava ancora facendo – si fece prendere dall’ansia e ripetendo “Scusa” all’infinito affondò le mani nel tovagliolo che giaceva inutilizzato sulle sue ginocchia.
Tendando di distrarre entrambi, il figlio dello sceriffo tornò a sbirciare dentro il sacchetto di carta e, aspirando con forza dalla cannuccia del suo bicchiere, ne tirò fuori la scatola delle patatine.
 
“La donna della tavola calda aveva ragione” esordì Derek con tono canzonatorio e divertito “Come diavolo fai a non essere una balena, mangiando in questo modo è un mistero”
“Semplice, non mangio in questo modo molto spesso. Mia madre non sopportava i fast food e a volte, la domenica soprattutto, io e papà sgattaiolavamo via mentre lei faceva le faccende e ci regalavamo un hamburger. Poi dopo che lei… mio padre si è un po’ perso. Sai mangiava poco e male, beveva un po’ troppo e ho dovuto metterlo a stecchetto, quindi anche io ho iniziato a non frequentare più sovente questi locali e così è ancora ora, ma quando succede: pancia mia fatti capanna!”
 
Pochi minuti dopo anche le croccanti patatine erano sparite e di nuovo, dimentico di quanto accaduto poco prima, Stiles stava per portarsi l’indice alle labbra, quando la mano di Derek si serrò sicura ma delicata sul suo polso, bloccandone il movimento.
“Oh, merda, lo stavo per rifare” le parole del piccolo morirono in un sospiro quando sentì le labbra del lupo chiudersi morbide e calde attorno al suo dito, facendolo sprofondare nella bocca ben più del necessario.
“De-Derek” bisbigliò, insicuro che quel nome fosse davvero stato pronunciato e non solo sussurrato nella propria mente, ma vedendo gli occhi chiari – le cui iridi erano quasi del tutto sparite, vinte dalle pupille dilatate dal piacere – puntare dritti nei suoi, si perse.
Il moro, dopo un paio di suzioni e una lenta e snervante lappata dalla base alla punta, lasciò perdere il dito di Stiles e, continuando a tenerlo vicino, non avendo allentato la presa sul polso, si chinò sul suo viso, deviando poi all’ultimo, affondando il viso sul collo scoperto.
Baciò, leccò e fece scorrere di tanto in tanto il profilo dei denti sulla pelle liscia del ragazzo, affamato come non mai dei gemiti che il piccolo gli stava regalando mentre con la  mano libera stringeva la manica del giubbotto scuro.
Stiles era davvero tutto da baciare e coccolare, da venerare addirittura.
E quei gemiti! Derek avrebbe potuto tranquillamente passare l’intera sua vita con solo ed esclusivamente quel suono avvolgente e seducente nelle orecchie.
 
Il licantropo aveva appena trovato un punto che si adattava alla perfezione alla sua bocca e succhiando con forza, sorrise all’idea di donargli un bel succhiotto, così che tutti capissero che Stiles Stilinski era oramai proprietà privata.
E se non fosse bastato, lo avrebbe costretto ad andare in giro con un cartello appeso al collo con su scritto Attenti al lupo.
Quest’ultimo pensiero lo fece ridere di gusto, costringendolo ad allontanarsi dal compagno, che come risvegliatosi da un sugno, sbatté un paio di volte gli occhi e strisciando sulla coperta si scostò di quanto possibile.
“Dove stai andando?” ruvida e ipnotica era la voce dell’Alfa.
“Dove le tue manacce non possono arrivare” rispose rapido cercando di regolarizzare battito e respiro.
“Davvero pensi che non possano arrivare fino a lì?” indicando la breve distanza che vi era in mezzo a loro “Ma hai ragione, abbiamo altro da fare. Però non è colpa mia, sei tu chesei irresistibile e mi distrai” alzandosi Derek raggiunse l’interno dell’auto, reputando fosse giunto il momento perfetto per mostrargli i regali.
   
 
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