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Autore: Pqzqzy    25/02/2013    0 recensioni
Fino a che punto bisogna immergersi nell'oscurità per poter dar la caccia a ciò che vi si cela?
Cosa bisogna conoscere di quel mondo per non farsi sopraffare da esso?
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
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Questo capitolo è un filino splatter... Niente di che, solo l'ho scritto mentre ero incazzato nero e tutto di getto. Spero vi piaccia. Buona lettura.




Di certo avevo avuto risvegli migliori.

Provai a liberarmi inutilmente dalla gogna che mi teneva saldamente immobilizzato al patibolo della piazza mentre un uomo alto e avvolto in un mantello nero parlava ad una folla non particolarmente numerosa mostrandomi le spalle. Al suo fianco riconobbi l'uomo che avevo borseggiato poco prima

Mi sentivo davvero esausto e non riuscivo ad afferrare il significato di ogni parola pronunciata dal banditore.

Fui drasticamente riportato alla realtà da qualcosa che colpì il pezzo di legno a pochi centimetri dal mio volto che sperai ardentemente fosse fango. Anche i due uomini si voltarono all'unisono verso di me, ignorando totalmente chiunque avesse compiuto quel gesto nei miei confronti.

-Molto bene, vedo che ti sei svegliato, piccolo ladruncolo.- Disse l'uomo nel mantello, strofinandosi le mani ossute e grinzose mentre sul suo volto si distendeva un sorriso sinistro.

-Sappi che in questa città non tolleriamo gli scippatori. Quest'uomo ti ha riconosciuto ed è stata trovata su di te la refurtiva. Ora che sei cosciente possiamo applicare la punizione che meriti.-

L'uomo grassottello sudava e sembrava turbato.

-Suvvia, è solo un ragazzo... Non possiamo limitarci a tenerlo alla gogna per qualche giorno? Alla fine dal mio borsello non mancava nulla.-

Strano che quell'uomo stesse mentendo per me. Non prometteva nulla di buono.

-Non se ne parla. Ha rubato e la legge è legge.-

-Io... Mi...- Balbettai io, ma fui subito interrotto da un sonoro schiaffo in viso che fece pulsare il mio zigomo di dolore.

Avvertii un aumento di temperatura all'altezza del ciondolo, ma non ci feci molto caso, impegnato com'ero a memorizzare il volto dell'uomo per poterlo riconoscere una volta liberatomi.

-Fallo stare zitto.- Disse l'uomo con il mantello ad una persona al di fuori della mia visuale.

Qualcuno da dietro mi diede uno strattone ai capelli, costringendomi ad aprire la bocca per poi imbavagliarmi con uno straccio che sapeva di sangue e qualcos'altro che non riuscivo a decifrare.

-Bene.- Proseguì l'uomo soddisfatto. -Ora osservate bene ciò che succede ai ladri!-

Detto questo estrasse una spada corta e affilata da sotto il mantello. Io provai ad urlare mentre l'uomo al suo fianco tratteneva il fiato.

Si avvicinò, accerezzando la lama come se fosse il corpo caldo di una donna.

Di tutti i modi in cui mi ero immaginato la mia morte... Sapevo che sarebbe finita per colpa di una lama, ma speravo che sarebbe stata durante un combattimento, non mentre mi trovavo legato e imbavagliato come un comune criminale.

Recuperai quel poco di dignità che mi rimaneva e sostenni lo sguardo del boia con aria di sfida.

Lui però mi ignorò del tutto e agguantò la mia mano destra con un ghigno, tenendola per il dorso per evitare che si muovesse.

-Sta fermo.- Mi sussurrò a bassa voce con tono tutt'altro che rassicurante.

Con un gesto preciso e netto conficco la lama nel mio polso, che rimase incastrata all'altezza dell'osso. Chiusi gli occhi un secondo prima che vi finissero gli schizzi di sangue. Sentivo il liquido caldo colarmi sul volto e sul polso.

L'uomo ghignò allegro, come se aspettasse questo momento da tutta la vita, godendo della mia espressione contratta in una maschera di dolore silenzioso. Anche se non avessi avuto quella pezza in bocca non gli avrei dato la soddisfazione di sentirmi urlare.

Ero abituato al dolore. All'abbazia ci avevano addestrato sin dalla prima infanzia a sopportare le torture per evitare che rivelassimo i segreti dell'ordine.

Gli ci vollero altri tre colpi, volutamente rozzi e privi di forza, per recidermi completamente l'osso e tagliarmi del tutto la mano che poi sollevò, ancora grondante di sangue.

Un altro uomo estrasse una placca di metallo molto larga da un recipiente pieno di carboni ardenti che poi impresse sulla ferita per cauterizzarla.

Sentii l'odore della carne bruciata, pungente e terribile, colpirmi come un ondata di fuoco. Ma la mia mente era accecata dall'odio e il dolore passò in secondo piano. Persino il calore che proveniva dal ciondolo al mio collo che ormai era diventato quasi ustionante come l'oggetto contro il mio polso non aveva alcuna importanza. Qualunque cosa mi sarebbe successo, sapevo che mi sarei vendicato di quell'uomo.

Poi successe tutto talmente in fretta che persino io ebbi difficoltà a rendermi conto dell'accaduto.

Il talismano che mi aveva lasciato Ludor sfiorò il metallo incandescente e si illuminò, scoppiando in un lampo di luce. L'onda d'urto che produsse ridusse in pezzi la gogna che mi teneva immobilizzato, scaraventando me e gli altri uomini sul palco a una considerevole distenza. Sentii il lato destro del volto bruciare. Non riuscivo più ad aprire un occhio e il mio braccio era carbonizzato fino al gomito. Ludor non scherzava quando diceva di tenere quell'oggetto lontano dal fuoco.

Sentii l'energia del ciondolo appeso al collo pulsare e scottarmi il petto. Mi ripresi dallo shock prima di chiunque altro e iniziai a correre in direzione opposta alle mura. Sapevo che la città si affacciava sul mare e speravo di riuscire in qualche modo a scappare a nuoto.

Corsi a perdifiato fino ad infilarmi in un vicolo nel quale riuscii ad arrampicarmi fino a raggiungere il tetto della casa lì vicino, sfruttando una pila di casse accatastate alla fine della strada.

Sperai che nessuno mi avesse visto salire, e mi sdraiai sul tetto per riprendere fiato.

Il dolore era accecante e non riuscivo a pensare lucidamente. Mi sfilai l'amuleto dal collo e lo tenni per qualche secondo di fronte al viso. Quello iniziò a brillare, di una luce bianca e intensa che pulsava in perfetta sincronia con i battiti del mio cuore. Lascia la corda di quell'oggetto che, invece di cadere, si limitò a restare immobile a mezz'aria, come se mi stesse fissando.

Mi sentivo avvolto dalla sua luce come in un abbraccio caldo, piacevole, che oscurava quasi il dolore che avevo provato. Non sapevo se quel bagliore poteva essere avvistato o meno, ma non mi importava.

Chiusi gli occhi per un istante e lasciai che il suo potere mi cingesse completamente. Sentivo tutto il corpo prudere dall'interno, come se ci fosse qualcosa dentro che spingesse per uscirne.

Osservai stupefatto le schegge di legno uscire dal mio corpo, espulse dal tessuto di pelle che si rimarginava. Anche il mio braccio, lentamente, subì lo stesso trattamento. Sotto il mio sguardo stupito vidi le ossa, i nervi e i tessuti riformarsi.

Poi il gioiello si spense e inziò a cadere lentamente. Lo afferrai al volo con la mano appena ricostruita e me lo rimisi al collo, ancora meravigliato da quell'oggetto che era stato la causa di tante sofferenze, ma che le era valse tutte.

Strofinai le mani tra loro, come per saggiarne la consistenza. Mettendole a contatto si vedeva chiaramente che la destra era molto più pallida della sinistra, ma a parte quello era perfetta.

Sbattei entrambe le palpebre per testare anche l'efficacia di quell'incantesimo sul mio occhio completamente guarito.

Alzai lo sguardo e lo rivolsi verso il mare. Ora potevo vederla. Era lì, era sempre stata lì. Riuscivo a vedere quell'edificio in lontananza su un'isola e anche ciò che avrebbe dovuto coprire alla vista.

Vedevo sia la roccaforte che la linea dell'orizzonte alle sue spalle.

Tremai di eccitazione percependone il potere che emanava. Sapevo che quella sarebbe stata la mia destinazione.

Corsi da un tetto all'altro in quella direzione fino a che non giunsi al limitare della città. Per fortuna le case erano costruite sufficientemente vicine da potermelo permettere. Sotto di me vedevo i soldati agitati correre qua e là cercandomi mentre la notizia dell'accaduto si spargeva a macchia d'olio per la città seminando il panico tra la gente.

Rimasi per qualche secondo sul bordo di un tetto, esitante. A strapiombo sotto di me potevo scorgere a una quarantina di metri le onde infrangersi contro gli scogli. Pregai silenziosamente di evitare le rocce, trattenni il fiato e saltai verso l'ignoto.

 



Quest'ultimo capitolo è stato molto sbrigativo semplicemente perchè volevo finire questa storia, visto che tanto non la leggeva nessuno. Le idee per continuarla c'erano ma è stato un totale fiasco. Magari la riprenderò in seguito. Se sei arrivato a leggere fino a qui, comunque, grazie :)
Spero in una tua recensione.
  
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