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Autore: Le Lolita    28/02/2013    2 recensioni
"Spostò di poco la testa da dietro l’oggetto, cercando di vedere da dove sarebbe spuntato lo spettro di Federika.
Non c’era ancora nessuno. I secondi passavano ancora, ma dell’anziana neanche l’ombra.
Sofja pensò di lasciare tutto per andarsene: la leggenda di Trozka era solo una stupidaggine inventata da persone troppo anziane e rimbambite per distinguere la realtà dalla pura fantasia, pensò.
Prima di sbucare fuori dal pendolo, vide qualcosa formarsi davanti a sé a qualche metro di distanza, ignaro della presenza della giovane.
Appena il personaggio misterioso si fu formato completamente, la bruna rischiò di lanciare un urlo per lo spettacolo da brividi che le si presentava..."
Genere: Horror, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Leggende della Buonanotte'
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A Daniela, una mia buona amica (hahahah! Bella battuta .-. )...
 
 
Camminava piano per il sentiero, per poi accelerare di poco quando si ritrovò nel piccolo villaggio ai piedi del castello dove avrebbe trascorso un mese di vacanza assieme alla famiglia.
Le strade erano trafficate, piene di vita e allegre; sentiva persone urlare prezzi di alcuni prodotti mentre altri parlavano fra loro.
Rimase stupita, però, quando si accorse che, quando passava di fronte alla gente, queste, la guardavano impaurite o malinconiche. Ve n'erano, inoltre, che si facevano la croce o qualche altro rito contro il malocchio. Prima di riuscire a capirne il motivo sentì qualcuno prenderla per l’avambraccio e portarla in un vicolo cieco.
Girò il viso verso il misterioso individuo: era un anziana, probabilmente con una gobba, dal viso segnato dal tempo. I denti, fortunatamente tutti presenti, erano ingialliti e storti mentre gli occhi erano, da un probabile azzurro iniziale, sbiancati.
Sembrava cieca. - Dimmi, ragazzina, come ti chiami? – chiese.
- Ehm… il mio nome è Sofja. – deglutì.
- Oh… sei ungherese anche tu, quindi conosci questo posto o dovresti.
- Ehm… credo che sia così.
- Conosci, allora, la leggenda del castello di Trozka? – la ragazza scosse la testa, in segno di diniego. –  E' una storia  tristissima. Duecento anni fa, nel castello lì in fondo – indicò un edificio mentre la ragazza si stupiva nel scoprire che si trattava della sua nuova casa vacanziera. – viveva una famiglia di aristocratiche origini: i due genitori anziani e il figlio di trent’anni. Non erano particolarmente ricchi ma lo erano abbastanza da potersi permettere quel piccolo castello. Avevano, inoltre, una servitù non molto vasta, composta, semplicemente, dall’essenziale. – sospirò. – Un giorno, il figlio, dovette andar via assieme al padre per trovare alcuni parenti che abitavano ai confini. Durante il viaggio in carrozza, i due vennero assaliti e uccisi da un gruppo di ladroni in cerca di danaro. Tuttavia, le uniche cose che riuscirono a rubare furono le vecchie spade di famiglia, sebbene fossero piuttosto pregiate; queste armi dovevano essere portate dagli zii, perché, padre e figlio, trovandosi in un posto non molto controllato e con poche guardie, per quanto tranquillo fosse il luogo, non si sentivano affatto tranquilli nel custodire le spade. L’anziana madre, l’unica superstite, impazzì quando venne a sapere della morte del coniuge e del figlio. Si dice che, la stessa notte che udì le tragiche notizie, uccise tutti i domestici, ritenendoli colpevoli della disgrazia accadutole. Nessuno, però, venne a sapere degli assassini, anche se ciò che aveva portato a sospettare di questo fosse che nessuno dei camerieri e cuochi che scendevano in piazza per fare compere o semplicemente per ritrovarsi con gli amici, non si facevano più vedere. Nemmeno l’assassina, Federika, usciva da lì. Una notte, di decenni dopo, dei ragazzini svitati decisero di addentrarsi nel castello. Uno solo ritornò. Il sopravvissuto disse che lui e il compagno avevano visto una figura sinistra singhiozzare e piangere ininterrottamente e, appena l’amico fece un suono piuttosto rumoroso, il misterioso personaggio smise di lacrimare, dirigendosi verso di loro velocemente. Il ragazzo sopravvissuto, Mark, riuscì, appena in tempo, a nascondersi in un angolino, riuscendo a vedere, sporgendosi, ciò che accadeva al proprio amico che veniva ucciso; o così era riuscito a capire, siccome la vista era offuscata dal buio e, essendo miope, la sua percezione delle ombre in quelle condizioni peggiorò. Comunque, per affermare l'assassinio, confessò di aver sentito le urla dell’amico invocare aiuto e poi il silenzio; dopodiché, la donna ritornò a piangere e singhiozzare. La mattina seguente riuscì a correre fuori e a ritornare a casa propria. Dopo qualche anno decise di trasferirsi in Romania poiché ricordava benissimo la notte del massacro del compagno che gli impediva di dormire tranquillamente. Decenni dopo, la casa venne, infine, venduta ad una agenzia di viaggi che la trasformò in un hotel.
- E… - riuscì a dire, non sentendo più il cuore battere.
- E si dice che lo spettro della donna compaia nel salone a scoccare della mezzanotte, fino all’alba, solo per concedersi ad un pianto.
- I-Io… - deglutì. – io non credo a questa storia.
- Fa' come vuoi – fece una smorfia mentre cominciava ad allontanarsi. – La vita è tua…
Sofja, la ragazza dai capelli neri e gli occhi verdi, cercò di chiedere qualcosa di più riguardo alla terribile leggenda, ma ormai la vecchia donna misteriosa era scomparsa, lasciandola sola.
La ragazza sospirò pesantemente, allontanandosi a sua volta da quel vicolo, dirigendosi verso la propria abitazione.
Mentre faceva le scale per andare in camera propria, si scontrò con qualcuno, un uomo sui trentacinque anni.
Senza scusarsi o fermarsi, continuò il proprio tragitto finendo nella propria stanza e buttandosi nel proprio letto.
Alzò la testa al soffitto: bianco. La luce che proveniva da fuori diventava sempre più assente, lasciando il posto al buio. Decise di scendere dal letto, accendendo la luce e andando in camera dei genitori; li trovò assorti a dormire. Sbuffò, svegliandoli: - Mamma, papà, ho fame.
- Va' al ristorante e mangia, indirizzando tutto al nostro credito. – disse la madre con voce impastata.
- Va bene… - si arrese, siccome, in fondo, sperava che avrebbe potuto cenare con i genitori, un po’ per paura ed un po’  per tradizione.
Sospirò, per poi uscire dalla camera, dall’appartamento e dirigersi verso la tavola calda. La fame le passò. Ormai era completamente buio e quasi preferiva ritornare al proprio appartamento.
Per strada incontrò l’uomo con cui era andata a sbattere qualche ora prima.
- Mi scusi… - disse timidamente, avvicinandosi. – Le vorrei chiedere scusa.
L’uomo alzò un sopracciglio, annuendo dopo.
- Ehm… è vero la leggenda di - abbassò la voce, vergognandosene un po'. - Trozka?
Appena Sofja ebbe finito di dire la frase, lo sconosciuto sbiancò, aprendo la bocca, lasciando che un gemito ne uscisse.
- Scusi… ? – disse la bruna.
- Dovrei essere io a scusarmi… - riprese lui, scotendo il viso, per poi abbassare il tono. – E’ vero… mio padre è venuto qui da giovane; una notte, per provare la veridicità di ciò, scese in salone e rimase impietrito per la scena che vide: mi disse che molte teste mozzate erano fissate sopra a delle lance, mentre Lei piangeva disperatamente. Mio papà riuscì appena in tempo a correre via dal castello prima di essere preso dallo spettro. – uno strano ghigno si levò sul viso del signore. – Ci credi?
- No… - si girò, per poi andare in camera sua, salutando flebilmente.
 
Aveva passato tutta la serata in camera propria, guardando il soffitto che cambiava colore in base alla luce che entrava dalla finestra.
Si girò verso la propria sveglia. Ormai erano le ventitré e quaranta: era l’ora; era l’ora di vedere se la leggenda era veramente vera o solo una diceria di anziani con cervelli troppo vecchi.
Scese cautamente dal letto; in punta di piedi, aprì di poco la porta dei genitori, accertandosi che non fossero svegli. Fortunatamente, o sfortunatamente, dipende dai punti di vista, erano addormentati.
Si erano svegliati in precedenza solo per andare al ristorante e mangiare, per poi andare a dormire: il viaggio da Bucarest fino a lì li aveva sfiniti.
Richiuse l’uscio, per poi aprirne un altro poco più lontano che conduceva fuori dalle stanze in cui albergavano.
Appena chiusa la nuova porta, la ragazza sospirò: era veramente sicura… voleva veramente andare in un salone che, forse, era veramente infestato da un fantasma?
Forse. Mosse un passo in avanti.
… un fantasma assassino?
Si fermò, sentendo le vene pulsare nelle proprie tempie, mentre le proprie mani diventavano tanto sudate, che dovette asciugarsele sui pantaloni.
Sì, ne era sicura, avrebbe dovuto solamente correre, a prescindere da quanta paura le avrebbe provocato; avrebbe dovuto uscire da lì e andare nel letto dei genitori, per poi chiudere la porta e aspettare fino al giorno dopo, quando, sicuramente, se ne sarebbe andata, con o senza i genitori.
Alzò la testa, con aria spavalda per poi avviarsi nel tanto famoso salone.
Fece le scale piano, sperando di non fare rumore, per poi svoltare a destra e nascondersi dietro un gigantesco orologio a pendolo che si affacciava alla grande sala.
Sentiva le lancette che segnavano i secondi farsi sempre più presenti nella propria testa.
Ricominciò a sudare quando capì che più di dieci minuti erano passati.
Ancora i minuti passavano e lei, qualche volta, era tentata di lasciare tutto per andare in camera propria.
No!, si imponeva, anche se ogni volta che lo diceva era meno decisa delle volte precedenti. Se lo disse un’altra volta mentre l’orologio segnava, con suoni molto profondi e alti, la mezzanotte.
Spostò di poco la testa da dietro l’oggetto, cercando di vedere da dove sarebbe spuntato lo spettro di Federika.
Non c’era ancora nessuno. I secondi passavano ancora, ma dell’anziana neanche l’ombra.
Sofja pensò di lasciare tutto per andarsene: la leggenda di Trozka era solo una stupidaggine inventata da persone troppo anziane e rimbambite per distinguere la realtà dalla pura fantasia, pensò.
Prima di sbucare fuori dal pendolo, vide qualcosa formarsi davanti a sé a qualche metro di distanza, ignaro della presenza della giovane.
Appena il personaggio misterioso si fu formato completamente, la bruna rischiò di lanciare un urlo per lo spettacolo da brividi che le si presentava: una donna anziana dai capelli troppo spettinati e trascurati, grigi, indossava una veste strappata, che, molto probabilmente, in precedenza era di un colore tendente al verde chiaro. In mano portava una ruota, da arrotino, sporca, quasi interamente, di sangue. Dietro a sé, mentre cominciava a camminare verso il salone, vi erano un sacco di pali di metallo, non molto grossi, in cui erano conficcate delle teste.
I capi mozzati delle persone, avevano in comune una espressione: orrore. Alcuni avevano la bocca chiusa, altri spalancata, altri, ancora, gli occhi chiusi, nonostante si potesse leggere comunque il raccapricciante spettacolo che avevano visto prima della propria morte, e a cui anche la ragazza stava assistendo. L’anziana, intanto, si era seduta sopra la poltrona posta in mezzo alla sala, cominciando a piangere, sussurrando i nomi dei propri familiari defunti, circondata da tutti i morti, tranne da qualcuno che stava fuori dalla stanza, quasi a vigilare se qualcuno stesse arrivando. - Ioseph, amore della mia vita... Alexander, figlio per cui ho tanto sofferto... ritornate da me...
“Basta!” disse Sofja tra sé.
Quello spettacolo era troppo orribile per lei e l’idea che avrebbe dovuto aspettare fino allo spuntar del sole la uccideva da dentro.
Fece qualche passo di lato, mantenendo gli occhi puntati sulla donna piangente.
Ormai completamente allontanata dal pendolo, si scontrò contro qualcosa di metallico e umido.
Tremante, girò il viso verso il misterioso oggetto, rischiando di svenire quando si accorse di che cosa si trattasse.
Una testa.
Una testa mozzata, posta su un palo di metallo, sanguinava e la guardava con il viso contratto in un grido di terrore, lasciato nel momento del proprio omicidio.
Fece per urlare, ma si tappò la bocca, permettendo ad un suono un poco acuto che ne uscisse.
Sperando che nessuno si fosse accorto dei rumori, si girò, guardando dietro di sé.
Vide Federika, la bocca tranciata fino all’orecchio*, sorridere sinistramente, con la testa girata di lato.
Poi, il buio.
 
- Muoviti, Frank! Abbiamo affittato una camera non per le belle ragazze che ci sono in questo luogo, ma per vedere il fantasma di Trozka!
Due ragazzi, sui venticinque anni, camminavano verso il salone, incuranti di fare rumore o meno.
Quanto erano stupidi…
Si guardarono in viso, mentre uno rispondeva alla frase dell’amico.
Appena ritornarono con lo sguardo davanti a sé, urlarono terrorizzati.
Federika! Federika era di fronte a loro con la propria ruota in mano, ma con un particolare: c’era una testa femminile posta in mezzo dell’arnese, il viso sembrava continuasse ad urlare, nonostante fosse privo di vita, da chissà quanti anni...
Era Sofja.
Fecero per correre indietro ma caddero, vedendo, per pochi istanti, i loro corpi dimenarsi… senza testa.
Si guardarono un attimo, vedendo che entrambe le teste erano tranciate via dai propri corpi, e, prima di urlare, spirarono.
Federika si avvicinò, in modo noncurante, ai due capi mozzati, prendendoli in mano per i capelli, osservandoli compiaciuta. - Ioseph, Alexander - fece una pausa, guardando dietro a sé con la coda dell'occhio sinistro. - Ioseph, Alexander, abbiamo due nuovi compagni, per oggi.
Serrò le labbra, mentre il proprio sguardo diventava freddo, se non agghiacciante, portando all'indietro la testa. Scoppiò in un terribile riso, portandosi la mano al petto, quella ancora occupata a tenere i morti per la chioma scura di uno, e bionda dell'altro.
Dalla propria mano destra cadde una lunga spada dalle rifiniture in argento ed oro, e leggermente arrugginita nell'impugnatura...
 
  
 
*la bocca tranciata fino all’orecchio: come quello di Joker.
 
 
 
 
 
 
 
Angolino della scrittrice:
Buonasera a tutti quelli che stanno leggendo questa nota.
Questa è la mia seconda shot horror e, tecnicamente, la terza storia horror in generale.
L’idea di questa storia mi è venuta dopo aver visto Il Mistero di Sleepy Hollow per la seconda volta e dopo aver visto Batman ^3^ e, infine, dopo aver visto un film horror troppo pauroso per i miei standard, tanto che mi pareva di sentire delle urla disperate provenire dal salotto di casa mia .-.
Quindi… è stato tutto causale e poi, avevo voglia di scrivere una nuova storia da pubblicare ;)
Vedendo il discreto successo dell’altra shot horror, volevo vedere cosa ne avreste pensato di questa.
E’ venuta bene o no?
Lasciate un commentino, grazie :3
Buonanotte [ironia],
  Lolita
 
   
 
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