Serie TV > Teen Wolf
Ricorda la storia  |      
Autore: IoNarrante    06/03/2013    8 recensioni
[Sterek]
Stiles è sopravvissuto all'attacco del kanima nella piscina della scuola, e da quel giorno in poi trova nei dintorni di casa sua una scia di morti sospette. Piccoli cadaveri di animali lasciati nei paraggi e il giovane Stilinski ha forti sospetti che si tratti di un brutto scherzo.
Sarà così? Oppure l'umano non è ancora avvezzo alle usanze del branco?
attenzione: eccesso di fluffosità
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Sceriffo Stilinsky, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Pack and I'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

One corpse away from you.
o di come Stiles imparò le usanze dei lupi.
betato da nes_sie

Quando per la prima volta Stiles trovò un uccellino morto sul davanzale della sua finestra, gli si spezzò il cuore.

Sicuramente sarà caduto dal nido, aveva pensato prontamente mentre afferrava il “cadavere” e lo adagiava in una bustina di plastica che poi aveva gettato tra i rifiuti. Doveva ammettere a sé stesso che l’idea della morte un po’ lo turbava, diciamo che l’aver perso la mamma quand’era ancora piccolo non lo aveva affatto aiutato con il problema del trapasso.
Però ci passò su.
Non ritenne nemmeno opportuno dirlo a suo padre, che già aveva tanti pensieri per la testa col suo lavoro. Per non parlare dei problemi del branco.
Stiles si era buscato un bel raffreddore la sera che il Kanima li aveva attaccati nella piscina. Per salvare Derek, era rimasto a mollo per quasi un’ora ed era stato premiato con un naso gocciolante e tosse cronica durata per più di una settimana.
Ovviamente il gene lupesco aveva salvato l’Alpha dalla sua stessa sorte.
Ma la cosa che più aveva fatto irritare il ragazzo era stato il comportamento dell’altro. Nessun grazie, nemmeno una pacca sulla spalla.
Gli aveva salvato la pelle, dannazione!
 
Qualche giorno dopo, Stiles aveva sentito un certo odoraccio nella sua stanza, come se avesse lasciato un panino farcito alla maionese sotto il sole e se lo fosse dimenticato lì.
Aveva controllato ovunque, perfino dentro l’armadio, ma non c’erano né cartoni di pizza avanzati – magari lasciati da quell’animale pigro di Scott –, né bustine di patatine risalenti a qualche secolo prima.
Eppure l’odore persisteva.
«Dio! Cos’è questo odore?» si lamentò suo padre, passato soltanto per avvertirlo che usciva.
Il giovane Stilinski scrollò le spalle. «Si sarà rotta qualche fogna,» disse.
Lo sceriffo parve poco convinto, anche perché l’odore pareva molto più forte all’interno della camera piuttosto che all’esterno, ma andava di fretta.
«Chiuditi bene, stanotte tornerò tardi,» lo avvertì.
Stiles annuì con un sorriso. Come se non rimanessi a casa da solo almeno una volta a settimana.
Quando sentì suo padre sbattere la porta dell’ingresso ebbe come una folgorazione. Corse al centro della sua stanza e si lanciò direttamente con il viso sotto il letto, scostando il piumone che penzolava da un lato.
Cazzo.
Stiles non riusciva a credere ai propri occhi.
Proprio al centro della sua stanza, sotto il materasso dove lui dormiva ogni notte, c’era una specie di topo. Morto.
Disgustato, corse a prendere del detersivo e del disinfettante, per poi ribaltare tutta la sua stanza e pulirla da cima a fondo.
Se è uno scherzo di Jackson, me la pagherà!
 
Era in ritardo.
Come ogni mattina, da un po’ di tempo a quella parte, si sentiva esausto e nonostante la sveglia suonasse alla solita ora, Stiles la spegneva per poi alzarsi dal letto all’ultimo.
«Cazzo-cazzo-cazzo!» imprecò mentre correva giù dalle scale, rischiando di inciampare.
Suo padre fece capolino dalla cucina. «Non mangi nulla?»
Il ragazzino afferrò una fetta di pane tostato e si riempì la bocca con una manciata di cereali, al volo. «Fao fafà! Fono in rifarfo!»
E corse verso l’ingresso spalancando la porta.
Cadde.
Esatto. Si ritrovò con la faccia dolorante spiaccicata sul selciato di fronte a casa sua, mentre attraverso gli occhi appannati dal dolore riusciva a stento a vedere la fetta di pane che era rotolata sull’erba.
«Stiles, stai bene?» chiese allarmato suo padre. «Ma che ca-…?»
Stiles si rimise in piedi, si massaggiò i palmi indolenziti, poi si voltò verso l’oggetto che lo aveva fatto capitombolare.
Ovviamente rimase di sasso.
«È un coniglio, quello?» chiese lo sceriffo.
Stiles deglutì a stento. Si pentì subito di essersi ingozzato di cereali così velocemente, ora stava per vomitarli tutti.
«L-Lepre…» balbettò.
 
La situazione gli stava nettamente sfuggendo di mano, ormai ne era certo. Trovare ogni giorno un animale morto in un punto diverso della sua casa lo stava mandando fuori di testa.
Aveva sospettato fosse stato Jackson l’autore, ma quando ne aveva parlato a scuola tutti i suoi amici erano rimasti allibiti a quella notizia.
Perfino Lydia gli si era avvicinata. «Per quanto Jackson possa essere crudele a volte, non arriverebbe mai a tanto. Lo sa che hai perso tua madre…» gli spiegò.
E allora chi mai poteva fargli un torto simile?
Stiles aveva perfino paura a tornare a casa, a rimanere solo nella sua stanza. Aveva il terrore di trovare un nuovo cadavere, che un attacco di panico lo cogliesse impreparato.
Il prossimo sarebbe stato lui? Era forse un presagio?
Strinse le dita in un pugno e si alzò dalla sedia girevole.
Basta.
Era stufo di dover sottostare a tutte quelle angherie, soprattutto se tirava in ballo la tragedia della sua vita. Avrebbe colto in fallo il colpevole e gliele avrebbe suonate, o meglio, avrebbe avvertito suo padre in modo che prendesse provvedimenti.
«Dovrò nascondermi,» disse tra sé e sé.
Afferrò la mazza da lacrosse che teneva dietro la porta e si accucciò dietro al letto. Non sapeva bene quando il vandalo avrebbe colpito, e in effetti non conosceva nemmeno il luogo esatto dove avrebbe lasciato il prossimo “regalo”, ma ciò non gli impedì di provare.
Stiles sentiva il suo cuore battere frenetico, quasi come se si sentisse braccato.
Calma. Devi stare calmo.
Strinse più forte il legno della mazza, fin quasi a conficcarsi qualche piccola scheggia nel palmo. Suo padre non c’era, come al solito, ma aveva il cellulare a portata di mano.
Uno scricchiolio sinistro della finestra lo fece sussultare.
Cercò di rimanere immobile, facendosi forza. In fondo, poteva trattarsi di un soffio di vento oppure un uccello che si era posato sul davanzale.
Ancora vivo.
Quando avvertì distintamente il legno dell’infisso che scivolava sui cardini, trattenne un singulto. Era ovvio che qualcuno stesse entrando nella sua stanza, ma si domandò immediatamente come potesse esserci riuscito senza destare nemmeno un sospetto.
Era al secondo piano, ad almeno dieci metri d’altezza.
O adesso o mai più!
Doveva agire immediatamente, essere fulmineo, attaccare prima che l’altro – o altra, perché no – avesse avuto il tempo materiale di reagire.
Piantò un piede sulla moquette e si preparò a balzare…
«Stiles, so che ci sei,» tuonò una voce roca.
Per poco, Stiles non ebbe un colpo apoplettico nel riconoscere a chi appartenesse davvero quella voce.
«D-Derek?» arrancò.
Quando fece capolino dal letto, l’altro era avvolto nel buio della stanza e appariva ancora più cupo del solito. Il giovane Stilinski si affrettò ad accendere le luci.
Derek Hale era in piedi, al centro della camera.
«C-Cosa ci fai qui?» domandò, ma quando vide penzolare qualcosa dalle mani del lupo, ebbe un fremito.
Sgranò gli occhi e indicò impaurito. «È un gatto o cosa?» tentennò, scioccato.
Derek sollevò il corpo martoriato dell’animale. «Un procione,» rispose apatico, poi lo guardò, con quegli occhi che variavano il colore dal verde all’oro. «È per te.»
Stiles avrebbe voluto urlare.
Le mani s’intrecciarono nei corti capelli, dopo aver lasciato cadere la mazza a terra. «Sei-sei stato tu! Tutti questi animali morti sparsi per casa… l’odore nauseabondo… è colpa tua!» lo accusò isterico.
L’altro, sulle prime, parve sorpreso.
Era come se non riuscisse davvero a capire cosa avesse fatto di sbagliato e Stiles se ne accorse.
Derek lasciò la presa sul cadavere che cadde sul pavimento con un tonfo.
Fulmineo, fece per andarsene ma il ragazzino lo afferrò per il giubbotto. «Aspetta!»
L’Alpha gli rivolse uno sguardo minaccioso.
Stiles cercò di essere calmo. Anche se la questione aveva un che di inquietante, desiderava sapere cosa avesse spinto il lupo a comportarsi in quel modo.
«Aiutami solo a capire quel gesto…» gli disse.
E Derek sospirò sconfitto, e anche un po’ infastidito. «È un regalo, Stiles,» ringhiò, di nuovo.
«Questo l’avevo capito, ma perché non donarmi, che so, un dolce? Una nuova mazza? Un bel mouse-pad con la mia foto? E poi perché mai dovresti farmi un regalo?»
Il lupo dentro Derek scalpitava. Quel ragazzino alle volte era davvero esasperante.
«Mi hai salvato, l’altro giorno. Questo è quello che fa il branco per ringraziare. È l’unico modo che conosco,» tagliò corto.
Per quanto il cadavere del procione stesse imbrattando la moquette e gli facesse alquanto ribrezzo, Stiles si sentì onorato.
Arrossì perfino.
Passandosi la lingua tra le labbra, tossicchiò. «Beh, grazie. Se avessi saputo prima che quelli erano doni, ti avrei ringraziato a mia volta.»
Derek parve perplesso, quasi da “come hai fatto a non sapere che quelli erano regali?”
Stiles sorvolò perché quel lupo grande e grosso, in fondo, gli faceva tenerezza.
Si avvicinò di qualche passo, lasciandogli finalmente la manica del giubbotto. «Sai, per il futuro, ci sono tanti altri modi per ringraziare qualcuno,» gli suggerì.
L’altro arcuò un sopracciglio.
«Possibile che tua madre per il compleanno ti regalasse conigli morti?» sbuffò il piccolo, con le mani sui fianchi.
L’aver nominato la famiglia di Derek – la famiglia deceduta di Derek – lo fece sentire all’improvviso piccolo e insignificante. «C-Cioè…» tentò di rimediare.
Ma il lupo fu più veloce, afferrandogli il viso tra le mani e premendo le labbra contro le sue, morbide e dischiuse.
Durò meno di qualche secondo, Stiles non ebbe nemmeno il tempo materiale per registrare ciò che era successo che Derek già se ne stava andando.
«E-E quello?» gli chiese, arrossendo.
Derek Hale scrollò le spalle e si sedette sul davanzale della finestra. «È il solo altro modo che conosco per ringraziare qualcuno,» disse, poi si lasciò cadere nel vuoto.
Il piccolo Stilinski lo vide allontanarsi nel bosco e sospirò.
Avrebbe dovuto salvare la vita a Derek molte più volte, d’ora in poi.
«STILES!» ringhiò suo padre, infervorato.
Si sentì il rumore sordo della testa di Stiles che sbatteva contro il bordo della finestra.
«Sì, papà?» domandò, imbarazzato e dolorante. Mi avrà visto con Derek?
Ma gli occhi dello sceriffo erano puntati sul procione morto sul pavimento della sua stanza. «Esigo una spiegazione!»
E davvero Stiles non seppe da dove iniziare.

The end.



Orsù benvenuti a chi è giunto alla fine di questa OS, scritta ieri dalle 21.oo alle 22.oo (prima di vedermi "The following" #nonvenefreganiente) ma che mi ronzava in testa già da un po'. Molti di voi si chiederanno: perché non scrive una maledetta long invece di romperci i maroon5 con queste 1500 shot da 4 soldi?
Sincera: non ho tempo T_T
Vorrei farlo ma purtroppo ho già due long originali che mi impegnano parecchio, perciò mi trastullo con delle brevi OS nel fandom di TW e di Arrow giusto per ''sopprimere'' la mia vena da fanghérl esaltata.
Ovviamente ci riesco malissimo!
Babbé, grazie a chiunque sia giunto in fondo e spero di avervi strappato una risatina.
Considerate che il comportamento di Derek è quello classico di qualsiasi cane o gatto domestico, che per ringraziare il proprio padrone caccia per lui o lei questi bellissimi "doni", che comprendono cadaveri di animali come topi/nottole/scarafaggi e altre schifezze varie.
Povero il mio lupotto! :3

Baci e alla prossima!
Marty.

Le altre mie sterek le trovate qui:
Pack and I
   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: IoNarrante