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Autore: _Jaya    06/03/2013    3 recensioni
«Partecipante al concorso “All you need is love ~ Sesto girone,"Everyone says I love you", indetto da KikiWhiteFly»
« Scusatemi sire, ehm… stavo raccogliendo delle erbe rare per Gaius, nella foresta e, ehm… ho perso la cognizione del tempo » si scusò Merlin, avvicinandosi per mettere il piatto di fronte al principe [...]
Arthur studiò il piatto davanti a lui e solo dopo aver scoccato un’altra occhiataccia al giovane, cominciò a mangiare. Merlin approfittò di quel momento per riordinare un minimo la camera del reale.
« Non fingere, so benissimo dove eri fino a qualche minuto fa...»[...]
« Non mentirmi Merlin, conosco quel sorriso ebete: ce l'hai ogni volta che facciamo qualcosa di proibito... »
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Uther | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
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Non solo destino

Dedico questa storia a chi voglio bene:
grazie Antys, Ester, Ely.
E ovviamente alla mia meravigliosa
beta e socia di scrittura, Sara.


Capitolo 5.

La mattina dell’esecuzione molte persone si erano accalcate nella piazza del castello, dove era stato eretto il rogo. Molti abitanti di Camelot conoscevano il giovane mago condannato e si erano riuniti per dargli un ultimo saluto. Erano tutti molto sorpresi della scoperta dei poteri di Merlin, ma non pensavano che potesse fare del male a chicchessia: in città la semplicità e il buon cuore di Merlin erano molto conosciuti, come la sua goffaggine.
La figura di Gaius appariva solitaria, come se tutti gli altri abitanti di Camelot avessero deciso di fare un vuoto intorno al vecchio medico. La sua espressione affranta riusciva a smuovere i cuori più duri, ma nessuno sapeva come riuscire a consolarlo.
Dopo qualche minuto di attesa, il condannato uscì dal castello circondato da alcune guardie: Merlin aveva i polsi legati e la testa bassa, ciondoloni sul petto. Gaius si mosse immediatamente verso la figura del ragazzo, ma venne intralciato dai cavalieri che assistevano all’esecuzione. Il medico continuò a fissare da lontano il ragazzo cui voleva bene come un figlio. Merlin venne condotto davanti alla pira di legno senza alzare la testa di un solo pollice.
« Merlin! Fuggi, vattene! » la voce roca del medico risuonò piano nella piazza fremente. Riconoscendo la voce del proprio mentore, Merlin si voltò verso di lui. Gli occhi chiari erano pieni di lacrime ma nessuna goccia salata solcò il viso del mago. Per qualche secondo le iridi divennero dorate e Gaius si sentì improvvisamente invaso da una strana calma, dolce e del tutto fuori luogo.
« Ragazzo mio… » riuscì a dire il medico prima di scoppiare in lacrime.
“Addio Gaius, è stato un onore conoscervi” le parole risuonarono dentro la mente del cerusico con la voce di Merlin. Il mago incrociò un’ultima volta lo sguardo di Gaius prima di voltarsi nella direzione della legna accatastata: il re di Camelot aveva fatto il suo ingresso al cospetto della sua gente.
« Popolo di Camelot. State per assistere ad un atto di giustizia. Questo ragazzo è accusato di aver usato stregoneria e magia, andando contro le leggi di Camelot. Pertanto lo condanno a morte per mezzo del fuoco » la voce di Uther Pendragon risuonò in tutta la piazza. La sua figura si stagliava solitaria dal balcone della sala del trono: né Arthur né Morgana si erano presentati ad assistere alla morte del servitore, e le guardie stavano a debita distanza dal sovrano.
Merlin fissò dritto davanti a sé, senza nemmeno degnare di un’occhiata Uther. Non aveva alcuna intenzione di guardare la persona a cui aveva salvato la vita senza nemmeno pensarci. La sua incapacità di vedere del buono nella magia lo induceva continuamente ad additare e riconoscere nemici ovunque, persino nelle persone più fedeli a Camelot.
Con un gesto ordinò alle guardie di legare Merlin al palo centrale della pira. Il mago fece un po’ di resistenza, ma poi i polsi e il corpo vennero circondati da una corda robusta.
Merlin alzò gli occhi al cielo per non far scendere alcuna lacrima, ma non fu una mossa felice. Alla finestra davanti a sé vide Morgana e Gwen: le ragazze si reggevano forti al parapetto, angosciate. Nessuna delle due riusciva a trattenere le lacrime. La lady non voleva che si compisse un’ingiustizia, Merlin era come lei, non era colpevole di aver fatto niente. Gwen piangeva, devastata dall’idea di perdere un amico così caro come lui. Merlin sentì l’angoscia crescergli dentro, ancora di più. Non aveva il coraggio di vedere in faccia nessuno, da quel momento, o non sarebbe riuscito in quello che doveva ancora compiere. Chiuse gli occhi e cominciò a pronunciare parole magiche. Una litania lenta cominciò a far battere a ritmo i cuori delle persone presenti: tutti si sentirono affascinati dalle parole, anche se non riuscivano a capire quello che Merlin stesse dicendo. Era la lingua più antica del mondo, più antica addirittura del tempo degli uomini: la lingua dell’Antica Religione.
Il re non poteva sopportare un affronto del genere e fece cenno alle guardie di accendere il fuoco, sperando di far tacere così lo stregone. Lentamente le fiamme cominciarono a lambire la pedana dove il mago era costretto. Con il fuoco ai suoi piedi e il fumo intorno, Merlin rischiò di non riuscire a completare l’incantesimo che aveva inventato quella stessa notte. Era un tentativo di sacrificare la propria vita in cambio di un futuro generoso verso Camelot e il suo futuro sovrano.
Improvvisamente Merlin aprì gli occhi: l’oro che risplendeva al loro interno rischiò di accecare tutta la piazza.
Con un verso strozzato il mago si lasciò andare conto il palo che lo teneva in piedi, privo di forze a causa della magia appena portata a termine. Il fumo cominciò levarsi copioso intorno a lui e il mago iniziò a tossire, chiudendo di nuovo gli occhi, perdendosi così la vista di una furia uscire dal castello. Questa nuova figura si diresse a passi decisi verso di lui.
Con un sospiro rauco il mago lasciò che il proprio peso lo tirasse completamente giù verso la base del rogo già infiammata. Con un ultimo colpo di tosse e un sospiro che assomigliava tanto ad un “Ho fiducia in voi Arthur”, il mago perse conoscenza.
Nella piazza si levò un forte brusio non appena il principe Arthur si mise davanti alle guardie. Queste cercarono di ostacolare il principe, ma bastò che estraesse la spada dal fodero per passare senza essere toccato. « Arthur! Cosa stai facendo? Ti ordino di allontanarti! Guardie, prendetelo! » urlò il re dal balcone guardando lo spettacolo nella piazza sottostante. I suoi occhi irati riflettevano le fiamme, tanto che sembravano prendere fuoco.
Le fiamme si levavano alte intorno al rogo, ma Arthur non ci pensò due volte ad oltrepassarle ed entrare di corsa all’interno del cerchio di fuoco. Il corpo di Merlin giaceva senza forze, sostenuto solo dalle corde che lo legavano stretto al palo centrale, come se fosse senza vita.
« Maledizione » mormorò. Aveva riflettuto troppo a lungo quella notte e ora si era presentato troppo tardi. Non appena quel pensiero si formò nella sua mente Merlin fu scosso da diversi colpi di tosse che rassicurarono Arthur sulle possibilità della sua sopravvivenza. Non era ancora morto, poteva sempre salvarlo. Con un paio di passi il principe salì gli scalini di legno e percorse il breve spazio sulla piattaforma che lo separava da Merlin. Gli si avvicinò e gli spense una fiammella sui pantaloni. Cominciò a scuoterlo per le spalle e lo chiamò per nome, tossendo. Era strano sentire finalmente quel nome uscire da quelle labbra che lo avevano maledetto fino a qualche ora prima.
« Merlin? Merlin rispondimi, dannazione! » il crepitio del fuoco aumentò sempre di più e il principe notò che il legno della pedana stava per cedere.
Arthur strinse a sé il corpo magro del servitore che era scosso da tremiti e dalla tosse. Il fumo stava intossicando entrambi, e nella poca lucidità rimastagli, il principe prese la spada e cercò di slegare Merlin dal palo. Dopo qualche colpo andato a vuoto la spada riuscì a lambire la corda e liberare completamente il corpo di Merlin. Lui continuava a tossire, e aveva perso conoscenza già da tempo, quindi la loro unica speranza era l’abilità di Arthur. Questi si caricò sulle spalle il gracile corpo del servitore e uscì con difficoltà dall’anello di fuoco che circondava il rogo. Stava per cedere, sotto il peso di Merlin, sotto lo sguardo di tutta Camelot che lo guardava attonita, ma incontrò gli occhi fieri e sorpresi di Gaius, quell’uomo che aveva sempre visto Merlin come un figlio. Sembrava che avesse smesso di piangere e avesse cominciato a sperare di nuovo. Alzando lo sguardo, Arthur trovò Morgana affacciata a una finestra del palazzo, le mani chiuse intorno alla maniglia del vetro. Lo sguardo di Morgana era, adesso, pieno di speranza. Aveva sempre difeso Merlin, anche di fronte all’evidenza, senza mai dubitare della sua buona fede e del suo cuore innocente. Arthur chiuse gli occhi e si caricò meglio il peso del ragazzo sulle spalle. Doveva farcela, per Gaius, per Morgana, per Merlin.
Da queste due speranze così diverse, ma ugualmente così simili, Arthur prese la forza di alzare la propria spada per minacciare chiunque osasse frapporsi fra loro e il suo cavallo.
Nella breve distanza tra il rogo e questo, la stanchezza di una notte passata in bianco rischiò di fargli perdere la decisione necessaria a portare a compimento il suo gesto.
Issò il corpo a cavallo e lo seguì brevemente. Con un movimento fluido prese le briglie e fece partire l’animale ad un’andatura sostenuta. Non si voltò indietro nemmeno una volta, provocando un brusio tra la folla di Camelot, venuta lì per assistere all’uccisione del mago infiltrato nel castello. Uther prese questo atteggiamento del figlio come un’ulteriore sfida nei suoi confronti, e fece un gesto con un braccio per richiamare i suoi cavalieri.
Morgana incrociò per un solo momento lo sguardo infuriato del re, ma ben presto si voltò, accogliendo tra le sue braccia Gwen, che piangeva calde lacrime, questa volta d’incredulità. Non aveva mai dubitato di Merlin, suo amico da molto tempo, e sfogò così la sua felicità improvvisa: ormai aveva perso le speranze di incontrare nuovamente il mago l’indomani.
« Inseguitelo! Lo stregone deve averlo incantato! » urlò impietosamente il re ai suoi cavalieri, richiamati all’ordine subito dopo la fuga del principe. Sir Leon tentennò qualche istante torturandosi il fermaglio del mantello prima di eseguire l’ordine. Fece un cenno con la testa ai cavalieri che aveva più vicino e si diresse verso le stalle.
Non una parola fu scambiata tra loro: i cavalieri di Camelot non avevano alcun dubbio sulla correttezza dell’azione svolta dal loro comandate, il principe Arthur. Tutti loro conoscevano, chi più chi meno, il suo servitore, e avevano ascoltato almeno una volta le lamentele del principe sulla sua idiozia, scorgendo però in ogni parola il forte affetto che Arthur provava per lui. Salirono a cavallo e attraversarono la piazza seguendo la strada tracciata dal principe.
 
Arthur percorse un tragitto piuttosto lungo a cavallo, facendo molta attenzione a non far cadere Merlin. Dopo quasi un’ora decise di aver messo abbastanza strada tra loro e Camelot e cominciò a rallentare. Conosceva quella zona della foresta: era abbastanza tranquilla e non era tra le strade più battute dai viaggiatori e dai briganti. Sentendo il suono di un ruscello Arthur fermò il cavallo e scese dalla sella. Guardandosi intorno, scorse un grosso tronco d’albero che sembrava avere un’aria comoda. Si caricò il corpo di Merlin sulle spalle e lo fece scendere piano dal cavallo. Da circa metà viaggio aveva smesso di tossire, e Arthur era piuttosto spaventato. In quanto cavaliere sapeva come curare le piccole ferite, ma non aveva idea di come trattare le ustioni. Nell’appoggiare il corpo del mago a terra, questo si fece sfuggire un sussurro, qualcosa simile ad un verso strozzato prima di rimanere in silenzio. Arthur rimase immobile in piedi accanto al tronco dell’albero.
« Merlin? »
Il principe si chinò spaventato sul corpo del giovane mago. Avvicinò due dita al suo collo, ma esitò qualche istante prima di riuscire a toccarlo. La pelle del servitore era morbida, c'era solo un piccolo accenno di barba, talmente corta che era impossibile da riconoscere. La mano del principe trovò la vena sul collo e sentì il debole battito cardiaco, simbolo di vita. Il tocco delicato di Arthur sembrò risvegliare il mago, che mosse le palpebre. Come se si fosse ustionato, Arthur tolse la mano dal collo del ragazzo, non poteva farsi trovare così vicino e vulnerabile. Ne andava della sua reputazione. Ciononostante non allontanò il viso da quello del servitore.
« Merlin? » La voce del principe suonò nuovamente nel silenzio della foresta, questa volta con un tono un po' più sicuro.
« Mmm... » Fu la sola risposta che ricevette: un mugolio indistinto, che fomentò la sua crescente agitazione.
Ora che la salute del mago non era più a rischio, Arthur temeva molto il momento in cui il ragazzo si fosse svegliato e l'avesse riconosciuto, magari ricordando o ricostruendo il gesto compiuto. I pensieri di quest'ultimo furono distratti dal movimento di una mano del suo servitore che cominciò a vagare accanto al suo corpo, toccando la terra e l'erba umida. Forse il freddo o forse la stranezza della situazione indusse Merlin ad aprire gli occhi. Dopo qualche secondo li richiuse e aggrottò le sopracciglia, per riaprirle subito dopo. Il suo sguardo era confuso e dimostrava di non riuscire a capire la situazione: perché aveva il viso di Arthur, del suo principe, così vicino? Perché riusciva a percepire il respiro dell'altro sulla sua guancia?
Merlin sbattè le palpebre una seconda volta, ma niente era cambiato: non era un sogno e nemmeno una sua illusione.
« Art… Arthur? » La voce gli uscì stentata, come un roco sussurro. Gli occhi dell'altro lampeggiarono nei suoi ma Arthur non allontanò il viso dal suo.
« Cosa avete? »
« Volevo vedere se ti ricordavi chi fossi... » La voce del principe era un sussurro completamente in sintonia con l'ambiente intorno a loro.
« Sì » tentennò Merlin nella risposta, ma poi aggiunse « è impossibile scordarsi di te… » Arthur non diede al mago nemmeno il tempo di correggere la mancata forma di rispetto, che aggredì le sue labbra con le proprie.
Irruenza, desiderio e salvezza, questo riuscì a percepire Merlin in quegli attimi. Poi la coscienza che era tornata da poco tempo lo lasciò di nuovo e si ritrovò a rispondere al bacio con la stessa passione e necessità dell'altro.
Ad entrambi sembrò di aver trovato solo ora, dopo più di vent'anni di vita, il significato del respiro.
Ben presto si ritrovarono col fiatone e le labbra si staccarono. Merlin tenne gli occhi chiusi ed Arthur tenne la propria fronte su quella dell'altro.
« Dormi ora... Devi riprenderti completamente. Sei stato così vicino al non tornare più da me » Sussurrò sulle labbra dell'altro senza riuscire a trattenere un sorriso.
Passarono così la notte: uno a dormire con un lieve sorriso sulle labbra e l’altro a vegliarlo per tutto il tempo, cercando di riscaldarlo. Per Arthur quella giornata era stata davvero stancante, ma non riuscì a chiudere occhio nel timore dell’arrivo di una pattuglia da Camelot o di qualche persona decisa a rovinare quel momento, il loro momento.
L’alba giunse e illuminò i due corpi abbracciati: la sua luce birichina si posò sulle palpebre chiuse del moro e le stuzzicò ad aprirsi.
Merlin credette di sognare, oppure di essere davvero morto. Non poteva essere altro che una sua immaginazione, quella: steso sull’erba, in un bosco fresco e rigoglioso, con un braccio ricoperto dall’armatura intorno alla spalle e l’altro sopra al suo petto. Sentiva il respiro di qualcuno contro la sua schiena, segno di essere praticamente sdraiato addosso ad un altro corpo vivente.
Merlin girò la testa quel tanto che bastò per vedere i capelli biondi e gli occhi azzurri dell’altro. Erano stanchi e arrossati, come se non avesse dormito.
«Buongiorno Merlin » disse a voce roca, il tono di chi non ha parlato per un lungo periodo.
« Cosa è successo? Perché sono vivo? Perché siete con me, Arthur? » domandò il mago alzando di scatto la schiena dal petto del principe e guardandolo dritto negli occhi. Arthur fissò per qualche istante il servitore prima di umettarsi le labbra e posare il suo sguardo sull’erba. Merlin seguì il suo sguardo brevemente prima di tornare a cercare gli occhi del principe.
« Merlin non potevo pensare di perderti. Sei entrato improvvisamente nella mia vita e ora non ho intenzione di farti uscire così facilmente. » Arthur pronunciò quelle parole continuando a guardare dritto davanti a sé la vegetazione verde e rigogliosa. Solo quando finì di parlare si voltò verso il suo servitore, seduto lì accanto a lui.
Merlin guardò il principe dritto negli occhi con un’espressione sorpresa. Non si aspettava una confessione del genere: già quello che era accaduto in precedenza rasentava il suo massimo livello d’incredulità, ma quella frase era il coronamento perfetto della giornata. I suoi profondi pozzi blu erano pieni di lacrime che non sarebbero mai scese, il suo petto si muoveva velocemente al ritmo del suo respiro accelerato non solo dal troppo fumo inspirato. Non poteva credere alle parole pronunciate con tanta sincerità e così impreviste. Non riusciva a credere che quelli fossero i sentimenti di Arthur, così simili a quelli che gli aveva confessato il giorno precedente. Quando aveva pronunciato quelle parole non avrebbe mai creduto che potessero portare ad un evento del genere.
« Non ho intenzione di farlo, sire. » disse Merlin. Poi voltò lo sguardo dalla parte opposta e si sfregò con una mano gli occhi per togliere ogni residuo di lacrima.
« Solo devo dirvi... Grazie. » Pronunciando quest'ultima parola il servo si voltò nuovamente verso Arthur e lo guardo dritto in viso. Tanti significati si celavano dietro a quella parola: grazie per avergli creduto, grazie per averlo perdonato, grazie per averlo salvato.
Sul volto del principe si aprì uno dei più bei sorrisi che Merlin gli avesse mai visto.
« Grazie a te. » Queste ultime parole rimasero nell'aria per qualche secondo prima che Merlin le recepisse nel loro significato pieno. Poi si voltò verso di lui e lo guardò ancora più sorpreso
« Il mio babbeo reale non è più così babbeo. » Le risate dei due ragazzi risuonarono nella foresta spensierate, senza più pensare a quello che era dietro di loro a Camelot.
 

Fine



Note: Eccoci qui!
E si mette la parola fine anche a questa avventura. Grazie tantissimo a chi ha deciso di seguire questa storia, a chi ha commentato dandomi un suo parere, a chi mi ha sopportato mentre parlavo di questa merthur senza saperne niente... Grazie <3
Spero vivamente di non aver deluso nessuno con questa storia che, ripeto, è il mio primo esperimento Merthur. In futuro... chissà! Mai dire mai!
L'ultima parte, l'ultima scena è stata in assoluto quella che ho scritto per prima. E per fonte immensa di ispirazione per tutta la fic è stata questa immagine (click), di cui non conosco l'autore purtroppo! EDIT: ecco il link (click!) dell'immagine su Deviantart. E' di ~ObsidianSerpent.
Non voglio concludere queste note c.c sarebbe un addio definitivo... ma non posso rimanere qui a chincischiare all'infinito, no?
Alla prossima
Jaya


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