Serie TV > Arrow
Ricorda la storia  |      
Autore: IoNarrante    07/03/2013    8 recensioni
[Feliver]
Felicity Megan Smoak è sempre più oberata di lavoro, tanto che non riesce a concedersi una sana notte di sonno. Ha un impiego stabile all'IT-department della Queen Consolidated e un secondo lavoro come haker personale di Oliver Queen.
E Bill Cates, il suo gatto, non approva la negligenza della sua padrona nei suoi confronti.
Oliver è un po' OOC, be careful
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Queen and King'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Insomnia
betato da nes_sie

Felicity inserì la chiave nella toppa del suo appartamento, cercando di fare meno rumore possibile. Entrò nell’ingresso e chiuse la porta a doppia mandata, con tanto di chiavistello.
Si tolse le ballerine e si massaggiò il collo, mentre Bill Cates le si avvicinò; miagolò e si strusciò alle caviglie.
«A chi va un po’ di latte caldo?» Si accucciò e accarezzò il gatto.
L’orologio digitale del piccolo ingresso segnava le due e un quarto del mattino e Felicity non appena raggiunse la camera da letto, si gettò di peso sul materasso senza nemmeno struccarsi e svestirsi.
Continuando di questo passo, dovrò ordinare quintali di fondotinta.
Tra i turni all’IT-department della Queen Consolidated – il suo reale impiego – e gli straordinari giù alla vecchia fabbrica di Oliver, Felicity non aveva più un attimo di tempo libero per sé.
Bill le fu accanto e cominciò a ronfare.
Felicity sospirò e si decise ad andare a dormire.
Si era spazzolata i capelli, aveva posato gli occhiali sul comodino lì accanto e finalmente, senza pantofole, pregustava almeno quattro ore buone di sonno, in piena tranquillità. L’indomani la sveglia delle 6.30 avrebbe trillato senza sosta, ricordandole per quale motivo si era laureata in Ingegneria Informatica a ventiquattro anni appena.
«Buona notte,» disse a Bill, carezzandogli la testa e grattandolo dietro l’orecchio destro.
Si accoccolò, stringendo il cuscino tra le braccia, e chiuse gli occhi.
Cinque minuti di assoluto silenzio, dopodiché qualcosa vibrò rumorosamente accanto al suo letto e Felicity spalancò gli occhi di soprassalto.
L’I-phone sul comodino si agitava e si illuminava ad intermittenza, cercando di attirare la sua attenzione. Cercò immediatamente gli occhiali da vista, senza i quali era cieca come una talpa, e li inforcò per leggere il display.
 
“Boss”
 
Felicity imprecò silenziosamente.
«P-Pronto?» incespicò, poi si schiarì la gola.
«Felicity.»
Il modo in cui Mr. Queen pronunciava il suo nome le lasciava sempre una serie di brividi alla base della colonna vertebrale.
«Ti ho svegliata?» le chiese, gentilmente.
Sentiva la gola un po’ secca. «S-Sì, cioè no.» Cominciava male. «Mi ero appisolata, ma nulla di profondo. Non ero nemmeno entrata nella fase REM, si può dire che ero nel dormiveglia, vigile.»
Dall’altro capo del telefono si udì uno sbuffo di una risata.
Cos’era, un giullare?
«Capisco, e mi rincresce disturbarti ancora…» continuò.
C’era puzza di guai nell’aria. «John è riuscito a recuperare la pen-drive di Kevin Malloy, un ex dirigente della Queen Consolidated, il cui nome appare sulla lista. Solo che-»
«È criptata,» lo anticipò lei.
«Già. So che è tardi e che sei andata via poco fa, ma è davvero urgente. Non te lo chiederei se non lo fosse, Felicity…»
Ed ecco che pronunciava di nuovo il suo nome, in quel modo.
Desiderò di non aver mai accettato di entrare nel “Team” del Vigilante, visto che toccava sempre a lei rimanere chiusa in quel bunker, mentre il suo capo e Diggle si dividevano le parti più divertenti delle missioni.
Per una volta vorrei scoccarla io la freccia.
E quale sarebbe il tuo bersaglio?
Felicity cancellò dalla mente l’immagine di lei che trafiggeva il suo capo con una freccia e poi si stendeva senza tante cerimonie sulla scrivania per dormire sino all’indomani.
«Arrivo,» concluse. Scostò le coperte, ma fece soffiare un Bill irritato.
Ennesima notte insonne.
 
La mattina successiva era uno zombie.
Ronda si avvicinò rumorosamente alla sua postazione, moltiplicando il mal di testa di Felicity con quei tacchi rumorosi.
«Non hai una bella cera, Fel,» constatò, dopo aver sorseggiato un’Orange juice.
Maddai.
«Sì, ho mal di testa,» rispose semplicemente e si massaggiò le tempie.
Era rimasta fino alle cinque del mattino su quella pen-drive, utilizzando qualsiasi codice decriptante avesse a disposizione. Alla fine, aveva invertito due stringhe ed era riuscita a tirar fuori i dati contenuti nel dispositivo.
Ronda tirò fuori un ghignetto. «Insomma, chi era?» chiese maliziosa.
«Chi? Cosa? Dove?» domandò a raffica, confusa.
La sua collega, alle volte, era più difficile da interpretare di un codice morse.
«Non fare l’ingenua, tesoro.» Le posò un’unghia laccata di rosso sulla camicetta. «Si vede lontano un miglio che hai l’aspetto di chi ha passato tutta la notte fuori con un uomo.»
Veramente erano due, si ritrovò a pensare Fel.
«Si è trattato solo di lavoro,» ammise tranquillamente, ma il sorriso di Ronda si allargò raggiungendo entrambe le orecchie.
«Suvvia! Chi era? BrAian del settore 12? Kevin del 15? Il ragazzo che porta la corrispondenza?» chiese tutta eccitata.
Felicity si massaggiò le tempie con più intensità.
Le stava scoppiando letteralmente la testa e non vedeva l’ora di stendersi sul letto e concedersi qualche ora di sonno meritato.
«Ho capito, è un amore segreto,» concluse, soddisfatta. «Non me la prendo, quando ti sentirai pronta, mi troverai alla scrivania. Sono felice che finalmente anche tu sia uscita dal tuo stato di zitellaggio.»
Felicity sgranò gli occhi. «Prego?»
Ronda fece spallucce. «Beh, sei giovane, è strano che tu non abbia qualcuno con cui passare il tempo e che passi le tue serate a lavorare. In un ufficio così piccolo… le voci corrono.» Detto questo sculettò allegramente verso la sua postazione.
La guardò allontanarsi con un’espressione sconvolta. Se non fosse stata così stanca, di sicuro avrebbe reagito diversamente.
Non era colpa sua se tra l’IT e il Vigilante aveva sì e no il tempo di farsi una doccia!
Rimase a pensare per tutto il giorno, persino durante la pausa pranzo. Possibile che tutti la considerassero troppo giovane per essere ancora single?
In fondo, era una sua scelta: l’università, l’impiego alla Queen Consolidated e infine la sua “missione” di recupero di Walter.
Aveva fatto un patto con sé stessa e tutto questo non le dava tempo di relazionarsi con l’altro sesso. In più, non riusciva nemmeno a concedersi un po’ di sonno.
Si stava trascurando.
Felicity si alzò d’improvviso dal tavolo della mensa, attirando su di sé lo sguardo degli altri colleghi. Di recente aveva ricevuto un invito ad uscire da parte di Brian, ma a causa dei suoi mille impegni aveva gentilmente declinato.
Adesso le sembrava la cosa più sciocca che avesse mai fatto.
Si diresse proprio dal diretto interessato, con passo sicuro. «Brian?»
L’uomo le sorrise e si alzò per educazione.
L’idea di uscire per un appuntamento la terrorizzava, visto che era da quasi due anni che non aveva contatti di quel genere con l’altro sesso, ma Felicity decise di zittire le malelingue che giravano in ufficio.
Fu ben attenta a notare lo sguardo di Ronda su di sé.
«È ancora valido quell’invito?» chiese, con voce roca.
Brian sorrise e si portò nervosamente una mano dietro la nuca, impacciato. «C-Certo. Alle sette va bene? Ceniamo fuori.»
«Perfetto.» Si dileguò dalla mensa come se non avesse fatto altro nella vita che ancheggiare.
 
Lavorare ad un nuovo sistema di sicurezza anti-hacker per i computer presenti nel covo del Vigilante avevano distratto completamente Felicity dal nervosismo pre-appuntamento.
Tornando a casa, si era quasi pentita di quella scelta, poi però Oliver l’aveva contattata di nuovo e lavorare con codici html e microchip la rilassarono.
«Come va?» Oliver la fece sussultare.
Felicity si sistemò gli occhiali sul naso. «B-Bene, ho quasi finito.»
Automaticamente controllò l’orologio, in modo quasi ossessivo.
«Devi andare da qualche parte?» le chiese Oliver, con quel suo solito sorriso rassicurante.
Non sapeva cosa rispondere. «Uhm,» temporeggiò. «Credo di avere un appuntamento.»
Oliver ridacchiò. «Credi?»
Felicity si diede dell’idiota. Non capiva il motivo per cui quando parlava ad Oliver Queen finiva sempre per impappinarsi o sembrare una completa deficiente.
Eppure le succedeva di rado.
«Sì, ehm, cioè…» arrancò. «Mi hanno chiesto di uscire ed io ho accettato.»
Tornò a picchiettare i tasti del computer, mentre Oliver la fissava insistente. Felcity ebbe come l’impressione che fosse infastidito.
«E riuscirai a finire il lavoro in tempo?»
Lei annuì. «Mi manca davvero poco, poi ho detto a Brian di passare a prendermi qui. Cioè, poco distante da qui,» si corresse.
Gli occhi azzurri di Oliver divennero enormi. «Gli hai parlato di questo posto?» sbottò arrabbiato.
Felicity lo guardò sorpresa. «No!» protestò subito, dimenticandosi che quello di fronte a lei era pur sempre il suo capo. «Non sono così sprovveduta! Gli ho chiesto di incontrarci alla tavola calda di Carly, che è poco distante da qui!»
In nemmeno mezzo secondo si erano messi ad urlare.
«A che ora dovrebbe arrivare?» chiese lui, composto.
Felicity fissò l’orologio per la quarantesima volta. «Tra un quarto d’ora, circa. Alle sette era l’appuntamento.»
Oliver controllò il telefono, poi tornò ad incrociare il suo sguardo. «Diggle mi ha detto di aver trovato un nuovo software da analizzare. Credi di poter spostare la tua serata galante?»
Lei strabuzzò gli occhi. «Dici sul serio?»
La guardò come se fosse ovvio. Lui non scherzava mai.
L’idea di boicottare l’appuntamento un po’ la risollevava, visto che la stanchezza della notte insonne cominciava a farsi sentire, e anche tanto. Il problema era che lei aveva il sospetto che Oliver lo facesse di proposito ad oberarla così di lavoro.
«Non credo,» concluse seria. «Ormai Brian sarà già in macchina per venire qui.»
Calò il silenzio nella stanza. Nessuno dei due osava aggiungere qualsiasi parola.
Felicity allora si alzò in piedi, conscia di doversi almeno dare una sistemata nel bagno del locale di sopra, così si diresse alla porta blindata, per introdurre il codice e poi uscire.
137568.
Ma la porta non emise alcun “bip”.
Guardò la serratura perplessa, digitando nuovamente la serie di numeri per paura di aver sbagliato, ma non c’era verso di aprire quell’uscio.
«Credo sia bloccata,» sorrise Oliver. Sì, ancora quel sorriso all’apparenza innocente.
Fu allora che Fel comprese che il suo boss le aveva rifilato lo stesso scherzetto che qualche giorno prima lei gli aveva fatto.
«Mr. Queen,» mormorò, seria.
Oliver si sedette sul bordo della scrivania, incrociò le braccia al petto fino a gonfiare, quasi senza volerlo, i bicipiti.
«Te l’avevo detto, che non eri l’unica a saper forzare il sistema di sicurezza,» la rimbeccò.
Felicity alzò un sopracciglio. «Mi sta trattenendo contro la mia volontà?» chiese. «Potrei sporgere denuncia…»
Stava davvero minacciando il suo capo? Il suo boss-barra-Vigilante arco e frecce?
Stranamente l’altro parve addirittura compiaciuto di quella sua presa di posizione.
«Felicity,» disse. Oh quel nome come suonava bene detto dalle sue morbide labbra. «Ormai sei complice in due omicidi e tre estorsioni, davvero vogliamo mettere in mezzo la polizia?»
Alla fine comprese che non c’era molto da fare e che in fondo, lo ammise anche a sé stessa, l’idea di saltare quell’appuntamento la sollevava e non di poco.
«Avvertirò Brian,» disse, tirando fuori il telefono. «Gli dirò che c’è stato un imprevisto a lavoro e che devo rimanere sotto diretto ordine di Mr. Queen in persona.»
Oliver le fu dietro come un’ombra. «Mr. Queen era mio padre, Felicity,» sospirò. «Digli che Oliver Queen ti ha costretto a rimanere un’ora in più a lavoro.»
E così fece, ubbidiente come qualsiasi impiegata modello.
Anche se lei lavorava sia per l’Oliver erede della Queen Consolidated, sia per quello con maschera e cappuccio.
 
mi dispiace molto, fel.
di sicuro possiamo organizzare un’altra volta.
non stancarti troppo,
brian.
 
Lesse il messaggio con un po’ di rimorso, soprattutto perché non aveva lottato poi molto per difendere un appuntamento a cui lei stessa aveva dato il via.
Oliver le gironzolava attorno come un avvoltoio. «Ha ricevuto il messaggio?» s’informò, forse con un tono un po’ troppo invadente.
Anche se si trovavano nel covo del Vigilante, il loro rapporto doveva rimanere distaccato.
Doveva.
«Sì, organizzeremo per un’altra sera,» tagliò corto, tornando a dedicarsi a quel software anti-hacker.
Felicity avrebbe tanto voluto che Oliver cominciasse ad allenarsi, a lanciare oggetti o a volare da una parte all’altra dello scantinato. E non perché lo faceva sempre senza maglietta.
Okay, quasi.
Le dava una strana sensazione l’essere controllata e marcata così stretta, soprattutto dopo quello che si erano detti l’un l’altra poco prima.
«Dunque,» iniziò. «Questo software che Mr. Diggle ha rinvenuto…?» gli chiese, indagando sul motivo per cui lui continuava a tenerla prigioniera in quel covo umido.
Oliver la guardò con quei suoi glaciali occhi azzurri. «Sta arrivando, non preoccuparti.»
Ammesso che esista sul serio, si ritrovò a pensare.
Il sospetto che il suo stesso capo si fosse inventato tutto pur di trattenerla ancora per ore extra di lavoro si insinuò nella sua mente.
Sorvolò e continuò a lavorare, fino a quando una serie di sbadigli non le fece lacrimare gli occhi impedendole di continuare il suo operato. Era stanca, anzi, esausta.
Aveva dormito sì e no sei ore nell’arco di due giorni e non faceva quel tipo di nottate bianche nemmeno durante la sessione invernale degli esami all’università.
«Sei stanca,» asserì Oliver.
«No,» mentì lei, prontamente. «Sono solo un po’ provata, tutto qui.»
Oliver le camminò attorno, osservandola come un uccello da caccia. «Mi rendo conto che in questi giorni ti ho chiamata anche nel cuore della notte, e mi dispiace,» disse sincero. «Sono a tanto così dal catturare Mr. Malloy e non voglio rinunciarvi proprio adesso.»
Poi lasciò passare qualche minuto di silenzio. «Mi dispiace che anche stanotte farai tardi, se vuoi lì c’è una branda. Potresti riposare fino all’arrivo di Dig.»
Felicity seguì con lo sguardo il posto indicato da Oliver.
In effetti, un riposino di qualche minuto era certo le avrebbe giovato, altrimenti si sarebbe addormentata sui nuovi algoritmi del software di Mr. Diggle.
L’idea di dormire nella stessa stanza del suo capo, però, la lasciava perplessa.
«Mh, no grazie. Sto bene così,» ridacchiò nervosa.
L’ennesimo sbadiglio, però, la tradì.
Lo sguardo severo di Oliver fece il resto, così fu costretta ad alzarsi, stiracchiarsi e a dirigersi verso la branda. «Riposerò soltanto gli occhi,» sentenziò sicura.
L’altro avvicinò una sedia. «Ti sveglierò non appena arriva Diggle.»
Si scambiarono uno sguardo di assenso, dopodiché Felicity si rannicchiò su se stessa accomodandosi meglio su quel giaciglio meno scomodo di quanto avesse pensato.
Avrò riempito la ciotola di Bill? Si trovò a domandarsi. E il gas? Sarà chiuso?
Le mille e più domande che le affollarono la mente, svanirono dopo che ebbe socchiuso le palpebre. Era talmente stanca che non si accorse nemmeno di Oliver che le adagiava una coperta addosso, per poi sedersi sulla poltroncina lì di fianco.
 
***
 
John Diggle rientrò a mezzanotte inoltrata, dopo essersi infiltrato nell’ufficio di Malloy ed aver recuperato il software a Seattle. Era stato un viaggio lungo, stancante, e John non vedeva l’ora di potersene tornare finalmente a casa e godersi un po’ di riposo.
«Oliver?» provò, una volta entrato nel covo.
Era strano che ad accompagnare il silenzio di quel posto, non ci fosse alcun rumore. Di solito, sentiva i bastoni di legno picchiettare tra loro, oppure gli ansiti del suo capo che si allenava duramente come se non avesse altro obiettivo nella vita.
Invece c’era solo silenzio.
Di tanto in tanto udiva qualche bip dei mega-computer presenti nella stanza, ma quando fu abbastanza vicino capì il motivo di quella quiete.
Vide Felicity – il nuovo acquisto della compagnia – che dormiva beata sulla branda per i ricoveri e Oliver che sonnecchiava sulla poltrona, accanto a lei. John inclinò la testa da un lato e sorrise.
Vedere Oliver così tranquillo lo turbava quasi. Era più che sicuro che se avesse fatto un altro passo, si sarebbe svegliato di soprassalto con un coltello alla mano, nascosto chissà dove.
Perciò non si mosse.
Continuò a godersi lo spettacolo di due persone che, per quanto forti caratterialmente potessero essere, alla fine si arrendevano alla stanchezza del fisico.
E no, John non ebbe la forza di svegliarli. Davvero, non ci riuscì.
 
The end.


Ebbene sì. Un'altra feliver.
Giusto per "colmare" il vuoto lasciato dall'interminabile pausa primaverile che si sono presi quei sadici della CW (ridatemi pure supernaturaaaal! *piange*). Ora cercherò di fare la seria (forse), comunque, Oliver mi è uscito un po' OOC, lo ammetto e me ne pento. L'idea - discussa con quella saggia Tonna di Vannagio - era quella di un probabile appuntamento con BrAian, un personaggio di quest'altra ff , e vedere come Oliver si comportava di conseguenza, vedendo Felicity non più a sua completa disposizione ma finalmente "impegnata" con qualcun altro.
Beh, spero almeno di avervi strappato una risata.
Il pov di John alla fine l'ho adorato, anche perché amo segretamente Diggle :33

Ronda ormai è diventato un personaggio fisso nelle mie ff e prima o poi le donerò un aspetto preciso, così da creare un bel fandom di OC attorno a questa meravigliosa serie tv.
Detto questo, shippate feliver a più non posso.
Baciotti, Marty.

Potete trovare le altre fanfic di Arrow qui:
Queen and King

 
   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Arrow / Vai alla pagina dell'autore: IoNarrante