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Autore: Maricuz_M    09/03/2013    15 recensioni
Dopo una delusione amorosa, c’è chi dice “Si chiude una porta, si apre un portone” oppure chi afferma “Meglio soli che male accompagnati”.
Ebbene, Eleonora fa parte di quest’ultimo gruppo di persone.
Le sue giornate, però, la porteranno in situazioni che la convinceranno a cambiare idea e, cosa non meno importante, a non fidarsi delle docce, dei marciapiedi e degli ascensori. O anche di alcuni suoi amici che si divertono a mixare il suo nome con quello dei suoi conoscenti, giusto per suddividersi in team e supportare coppie diverse in cui lei, ovviamente, rappresenta la parte femminile.
Dal secondo capitolo:
“Elle, guardati le spalle.”
“Ci manca pure che la sfiga mi attacchi da dietro.”
“La sfiga attacca dove vuole lei, mica dove vuoi tu.”
“Sennò come ti coglie impreparata? Vuoi una telefonata a casa, la prossima volta?”
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Epilogo
 
“Eleonora, sposta quei piattini da lì, sono brutti!” ordina mia madre, facendomi sobbalzare. Spalanco gli occhi, girandomi verso di lei.
“Pensi che se li mettessi più a destra diventerebbero più belli?”
“Non è il momento di fare la spiritosa. Spostali.” Sospiro ed eseguo, convinta che, comunque, è un’azione del tutto senza senso. Li guardo, quei piattini, ma mi sembrano brutti quanto prima. O belli, quanto prima.
“Forza, metti le patatine nella ciotola.”
“Sì, mamma. Lo stavo per fare..”
“Ok, poi metti lì le bibite e..”
“Mamma!” la blocco “Puoi uscire, ci penso io. Tra poco arrivano anche Ginevra e Manuela, tanto. Mi aiuteranno loro, se avrò bisogno.” O meglio: Ginevra mi aiuterà, Manuela probabilmente comincerà a mangiucchiare le patatine che sto sistemando adesso.
“Va bene.” Sospira lei, decidendosi ad uscire dal salotto.
“E Filippo?”
“Stacca tardi, oggi..”
“Oh. Quindi arriva quando tutti gli altri?”
“Evidentemente..”
“Ok! Mi ha detto Azzurra che più tardi fa un salto qui insieme a Michele.”
“Lo so..” Qualcuno mi salvi.
“Ah, ok!” Compare di nuovo, stavolta con il cappotto e la borsa “Allora io vado da Giada, se gai bisogno di qualcosa, mi chiami. Ricordati che dopo la mezzanotte devi tenere la musica bassa, altrimenti il signor Claretti viene a rovinarti la festa.” Che gentile vicinato. Annuisco.
“Tranquilla, mamma. Sarà tutto sotto controllo.”
“Farò finta di fidarmi. Divertiti!”
“Grazie, anche tu.”
 
“Cristo, Manuela. Smettila di mangiare e dacci una mano, tra poco arrivano tutti gli altri!”
“Appunto! Poi mangiano tutto loro! Mi devo anticipare il lavoro.”
“Possibile che tu debba trovare una scusa per tutto?”
“Ragazze, non mi siete d’aiuto. Aiutatemi a spostare il divano.” Ottenuta la loro attenzione, cominciamo a fare spazio nel centro della stanza, nel caso in cui a qualcuno venga la malsana voglia di cominciare a ballare. Beh, la musica c’è, tanto malsana la voglia non sarebbe, dopotutto.
“Quindi..” riprende a parlare Ginevra “Vengono sia Vanessa che Simon?”
“Sì, entrambi hanno confermato.” Sospiro, guardandomi intorno. Dovremmo aver fatto tutto, se non sbaglio.
“Ma non pensi che si creerà un atmosfera un po’ pesante?”
“Non saprei.” Rispondo “Potrebbe, oppure no. Boh.”
Lo cose stanno così: negli ultimi giorni ci sono state molte discussioni nella coppia, non so per quale motivo. Da nessuna delle due parti sono arrivate informazioni di alcun tipo, per cui sappiamo solo che sono in crisi. Non potevo comunque non invitare entrambi, e mi sembrano ovvie le ragioni.
“Speriamo bene. Non sarebbe giusto ci rimettessi tu.” Commenta Manuela, mangiando popcorn.
“Manuela, basta!”
“Non ho fatto merenda!”
“E ti sfami con patatine e popcorn? Ti rovini l’appetito! Guarda quanti panini e quante pizze ci sono qui!” sbuffa “Ok, che ore sono? Quanto manca all’inizio ufficiale?”
“Cinque minuti.” Dico, controllando il cellulare. Mi avvicino allo stereo e inserisco la chiavetta USB, facendo partire la prima canzone a basso volume.
“Siamo state brave.”
“Più che brave.”
“Tu no, grassona.” Lo scambio di epiteti poco carini si interrompe immediatamente grazie al campanello. In realtà blocca anche me con un espressione idiota: la bocca aperta e la fronte aggrottata. Ero già pronta per bloccare le altre due. Serro le labbra e guardo le ragazze interrogativamente. Ginevra annuisce tranquilla “E’ Roberto. Gli ho detto di venire cinque minuti prima. E’ stato puntuale.”
“Perché?” chiedo, interdetta. Che senso ha far venire qualcuno ad una festa di compleanno cinque minuti prima?
“Beh, magari, se avessimo avuto altre cose da fare adesso, due braccia in più non avrebbero fatto male.”
“La previdenza: parte uno. Accidenti, Elle, queste patatine sono fottutamente buone! Non riesco a smettere!”
“Oh, certo. E’ sicuramente colpa delle patatine.”
“Ok, io vado ad aprire.” Mi avvio verso l’ingresso e, appunto, apro a Roberto. Sorridente, gli do il benvenuto nella mia umile dimora e lo guido verso il salotto, dove le altre due stanno ancora discutendo.
“Diamine, Manuela! Come puoi anche solo pensare che l’inglese sia una lingua più romantica del francese?!”
“Ma il francese mi sa di snob!”
“Pensi che non esistano inglesi snob?”
“Scusate,” le interrompo “mi sono persa il passaggio tra le patatine e la lingua più romantica mentre ero ad aprire.”
“Non chiedermi di ripensare alla conversazione.” Ringhia Ginevra, avvicinandosi all’unico uomo, tra l’altro piuttosto confuso “Mi salterebbero i nervi.”
“Ma perché ti arrabbi sempre con me?”
“Dici una stronzata dopo l’altra!”
“Anche Simon le dice!”
“Infatti mi arrabbio anche con lui!”
“Ma lui non si offende se lo insulti!”
“Non ti ho insultata.”
“Indirettamente, sì!”
Portatemi via da qui.
 
“Signore e signori, benvenuti alla seconda edizione della serata Karaoke! Sono passati ben tre mesi dall’ultima volta, e quest’esperienza non poteva che esser ripetuta in occasione del compleanno della nostra carissima Eleonora! Esigo un plauso.” Scatta l’applauso, imprevedibilmente “Sono onorato di essere anche quest’oggi il presentatore di questo evento, e sono lieto di invitare qui, sull’ipotetico palco, la festeggiata!”
Sforzandomi di sorridere con tranquillità e non con palese disagio, mi alzo dal divano e mi posiziono accanto a Jonathan. E’ passata un’ora dall’inizio della festa, tutti si sono già ingozzati quanto basta e hanno proposto l’inizio dell’attività. Ed eccomi qui, col volto arrossato e le braccia tese lungo i fianchi. Dai, Elle, sono i tuoi amici, mica dei giudici.
“Sei una gnocca!” urla Ginevra, giusto per aumentare il rumore prodotto dal pubblico. Scuoto la testa sorridendo, e roteo gli occhi quando Simon urla di essere d’accordo con la bionda. Se ci fosse Filippo..
“Buoni, ragazzi! Buoni. Qui abbiamo una ragazza per bene.” Li zittisce Jon “E per di più il suo principale difensore non è presente. Samu, dove cazzo è finito quel coglione di Filippo? E’ la festa della sua ragazza, non della mia!”
“Che cazzo ne so io!” risponde Samuele, sbattendo le palpebre “Mezz’ora fa mi ha mandato un messaggio con scritto ‘Mio fratello è un idiota’. Non so altro. Arriverà..”
“Ci mancherebbe.” Borbotta il castano vicino a me. Si schiarisce la voce e riprende a parlare al microfono “Cari spettatori, mi sembra giusto affidare ad Eleonora il diritto di scegliere chi inizierà questa serie di alternanza tra capolavori e obbrobri musicali! Elle, ti chiediamo, quindi.. Chi vuoi che cominci?”
Guardo il microfono che Jonathan mi ha piazzato davanti alla faccia un po’ riluttante, poi squadro ogni singolo individuo presente nella stanza. Sceglierei volentieri Simon, ma ora come ora lo vedo troppo nervoso. Se avesse voluto cantare si sarebbe sbracciato pur di farsi notare da me. Escluso lui, però, nessun’altro si sarebbe mai offerto. Chi voglio che si ridicolizzi? Oppure: chi è, perlomeno, intonato? Mi pare che Sonia non fosse malaccio. Sospiro, sentendomi leggermente in colpa, ed indico lei.
Dopo la dovuta presentazione della cantante e della canzone, ne approfitto per scivolare con non-chalance verso la cucina col telefono alla mano. Cinque secondi dopo, sento gli squilli di attesa della risposta alla chiamata.
“Elle, Elle!” risponde così, Filippo. Assottiglio lo sguardo, puntato su chissà che cosa.
“Filippo..? Che stai facendo? Cioè, dove sei?”
“Scusami!” ha il fiatone: avevo sentito bene, allora “Sto arrivando. Scusam.. Cazzo!”
“Cosa?” chiedo, allarmata.
“Niente, sono inciampato su una lattina. Cristo, ma buttatele via, invece di lanciarle a terra.”
“Ehi, stai tranquillo. Cammina con calma, guarda dove vai. Ti hanno mai detto che chi va piano, va sano e va lontano?”
“Qui c’entrano le tempistiche, però. Dovevo essere lì un’ora fa..” lo sento sospirare, stavolta non per la fatica. Abbozzo un sorriso, appoggiandomi al tavolo con la mano libera “Non importa, non ti sei perso niente di che.. Il karaoke c’è adesso.”
“Hai già cantato?”
“No, no.. Sta cantando Sonia, è la prima.”
“Ok, bene.. Sono nella tua via, comunque.”
“Allora mi avvicino all’ingresso..”
“Che carina, lei, che non vede l’ora di vedermi..” ridacchia, facendomi sghignazzare di conseguenza. Mentre mi sposto, replico “Magari non vedo l’ora di fartela pagare per il ritardo immenso.”
“Non penso. Se fossi arrabbiata mi avresti chiesto la causa scatenante di questo ritardo immenso.” Ripete divertito.
“Voglio comunque saperla.”
“La saprai. Le saprai. Ci sono, aprimi!”  
“E’ aperto.”
“Ah.” E subito dopo, si spalanca la porta “Ciao!” il saluto mi arriva sia dal telefono che dal vivo. Sorridendo, abbasso il braccio e termino la chiamata, mentre Filippo entra e richiude l’uscio alle sue spalle.
“Già qui?” chiedo, ironicamente. Lui alza le spalle e fa un’espressione buffa, per poi avvicinarsi, abbassarsi e baciarmi molto, troppo lentamente. Ehi, non può pretendere di arrivare con un’ora di ritardo e destabilizzarmi come e quando vuole!
“Già qui.” Mormora, staccandosi appena “Ti devo rifare gli auguri o bastano quelli di ieri?”
“Bastano quelli di ieri.” Sospiro, guardandolo. Ha il viso leggermente arrossato “Quindi, queste cause scatenanti?”
“Allora, staccavo alle otto oggi, e fin qui ci siamo. Il mio programma consisteva nel tornare di corsa a casa, farmi una doccia, vestirmi, prendere la macchina che prima aveva mio fratello e poi venire qui. Anche se avessi ritardato, si sarebbe trattato di pochi minuti.” Si toglie il giacchetto leggero e lo appende all’attaccapanni, tranquillo come al solito “Fino alla doccia non ci sono stati problemi. Appena sono uscito dal bagno, il cellulare ha cominciato a squillare: era Pietro, che doveva già essere a casa a quell’ora. Mi dice che una ruota della macchina è bucata, non si sa ancora per quale motivo. Insomma, già il viaggio da casa mia alla tua è stato rallentato da questo inconveniente, ma non è finita qui.”
“Prendi fiato.” Scherzo io, divertita. La sua faccia sconvolta è stupenda.
“Solo quando mi sarò giustificato al cento percento. Insomma, mi sono preparato. Ero pronto per partire quando Pietro è entrato in casa. Mi sono fermato cinque minuti a parlare con lui mentre si riempiva un bicchiere di coca-cola. Qui c’è la parte sovrannaturale del racconto, perché non me la spiego. Immaginati me davanti a lui, ad una distanza di circa tre metri e mezzo, forse quattro. Ora, inquadra Pietro che si avvicina. Ti giuro, non so come abbia fatto quel coglione, ma è inciampato. E in mano aveva quel fottuto bicchiere di coca-cola.” Non scoppiare a ridere, Elle “Allora, cosa è successo? Se Pietro è una creatura sovrannaturale, io non lo sono, e non sono riuscito ad evitare l’ondata di bibita, che mi è puntualmente finita sulla camicia bianca. Nel frattempo, Superman è caduto a terra, e ha battuto una ginocchiata che ricorderà finché campa. Il bicchiere di vetro, giustamente, è volato per aria, perché Pietro non è capace di tenere un bicchiere tra le dita, porca miseria. E si è sfracellato al suolo. Cosa ho dovuto fare io, quindi? Mentre quell’idiota si lamentava del dolore, sono andato a prendergli del ghiaccio, anche se avrei semplicemente dovuto offenderlo. Dopodiché, mi sono messo a pulire il casino sul pavimento, perché quello scansafatiche stava soffrendo troppo, chiaramente. Poi ho pensato a me: mi sono rilavato, perché ero mezzo appiccicaticcio, e mi sono rivestito. E ho guardato l’orologio. Ecco, lì ho offeso Pietro. Poi sono partito, ma era già tardi. Ho corso per tipo dieci minuti, finché non mi hai chiamato tu.”
“Wow.” Commento, dopo essermi schiarita la voce “Io mi segnerei tutto questo. Magari ci puoi costruire una trama interessante.”
“Non è una cattiva idea. Già vedo il trailer del film ispirato al libro.” Scherza, alzando lo sguardo ed imitando l’espressione vittoriosa di un eroe qualsiasi.
“Punti in alto.”
“Se puntassi al quattro, arriverei mai al dieci?” chiede, posandomi le mani suoi fianchi. Alzo le spalle e ci rifletto, poi scuoto la testa.
“Probabilmente no.”
“Voglio che il mio film abbia tanto successo, e che il libro sia un best-seller. L’ordine cronologico e di importanza è opposto a questo, però.” 
“Comprerò il libro.”
“Non puoi.”
“Perché?” chiedo, confusa.
“Perché te l’avrò già regalato io.”
“Ah.” Dico, ridendo. Certo, potevo arrivarci benissimo da sola.
“Oh!” una terza voce si aggiunge alle nostre. Ci voltiamo verso la parte del corridoio dove c’è la porta per entrare nel salotto, e vediamo Samuele che fa capolino “Ciao Fili! Comunque, scusate se disturbo, ma appena finisce questa canzone ci sarà un momento con un alto tasso di romanticismo. Se siete interessati..”
“Che momento?” chiedo io, interdetta, ma comunque incamminandomi verso il ragazzo.
“Ti dico solo un nome: Simon.”
Oibò.” Sento Filippo muoversi dietro di me “Allora non posso perdermi la scena.”
Proprio mentre varchiamo la soglia, termina la canzone cantata da Roberto e Ginevra –ringrazio il cielo di  non averla sentita, con tutto il bene che posso voler loro-, e si appresta a salire sul palco proprio Simon, con aria determinata e coraggiosa. Afferra il microfono e fa qualcosa anche col computer, probabilmente per scegliere una canzone. Tutto questo, senza dire una parola. Nel frattempo, i presenti salutano l’ultimo arrivato, che si sta riempiendo un piatto con ciò che è rimasto sul tavolo. Mi sembra giusto.
Quando siamo ormai tutti seduti, Simon si schiarisce la voce e avvicina il microfono alle labbra “Buonasera, Filippo.”
“Ciao.” Replica lui, accompagnando il saluto con un movimento della testa.
“Voi altri vi ho già salutato. Volevo.. Volevo cantare una canzone. Sì, va bene, è ovvio..” quello è nervosismo, lo riconosco “Prima di cantare, però, vorrei dire qualcosa a qualcuno. E’ molto esagerata come cosa, visto che potrei benissimo farlo in privato, ma siccome non ho la garanzia che questa persona mi ascolti, mi sembra più funzionale questo metodo. E poi sono un esibizionista.” Aggiunge, abbozzando un sorriso “Immagino che ad Eleonora non dispiacerà se ne approfitto per qualche minuto. Adesso c’è Filippo, poi. Magari fa meno caso a me e fa la piccioncina.”
“Stronzo.” Borbotto io, arrossendo leggermente. Sento il ragazzo vicino a me sghignazzare: ormai è appurato che è un sadico.
“Comunque..” Simon sospira “Mi sembra abbastanza ovvia l’identità della persona a cui vorrei fare questa specie di discorso.” Manco a farlo apposta, tutti gli occhi si spostano contemporaneamente su Vanessa, seduta tra Sonia e Manuela, che in questo momento si sta strofinando le mani sulle cosce, con la testa chinata verso il basso.
“Vanessa, io.. Ti chiedo scusa. In questi pochi mesi sono stato pessimo, e credo che tu abbia fatto più che bene a lasciarmi. Dire che sono un’idiota ormai è quasi superfluo. Ho già detto che sono un esibizionista, ma potrei benissimo aggiungere altri epiteti poco carini: buffone, imbecille, cretino, coglione, sinonimi e simili. E’ raro trovarmi serio, e se devo esser sincero non mi piace neanche avere questa poca malleabilità, ma non riesco a farne a meno. Sono un coglione, stop.”
“Romantico.” Sussurra Filippo, dopo aver deglutito del panino. Gli do una spallata leggera come per sgridarlo silenziosamente, poi torno a rivolgere la mia attenzione sul biondo.
“Il brutto è che coglione non significa né insensibile, né distaccato, né crudele. Eppure con te sono stato insensibile, distaccato e crudele. Non ti ho trattata col giusto rispetto, nonostante lo meritassi, e non mi sono scomodato per cercare una soluzione ai problemi nati nelle ultime settimane, tra l’altro tutti causati da me. Non sono stato dolce, gentile, garbato, galante.. cavalleresco! Non sono stato niente che fosse possibile amare. Non sono stato un uomo innamorato. Il problema, Vanessa..” deglutisce “E’ che io non sono stato ciò che ero e che sono tuttora.”
A questo punto, sento le dita di Filippo intrecciarsi con le mie. Mi volto per guardarlo e lui sorride, per poi fare un cenno con la testa verso Simon. Non vuole che perda il resto? Faccio quello che vuole, e quasi mi viene da piangere per la commozione per tutte le emozioni che trasmettono gli occhi di Simon.
“Io ti amo, e mi sento un pezzente perché non te l’ho mai dimostrato. Per questo, sto facendo questa sceneggiata, probabilmente ridicola ai tuoi occhi. Voglio che tu sappia che se deciderai di darmi una seconda chance, proverò a sviluppare la parte sentimentale di Simon e la utilizzerò solo e solamente per te. E aggiungerei che vado fiero della scelta che ho fatto.” Dopo un paio di secondi in silenzio, dove i due si sono semplicemente guardati negli occhi, Simon riprende a parlare “Adesso, canto.”
Le note di Stay with me degli You me at six si diffondono per la stanza. Incredibile la capacità di Simon di trovare la canzone più adatta a lui, sia per il testo che per la voce stessa.
A guardarsi intorno si vedono solo coppiette che si tengono per mano, che si guardano o che si baciano, poi c’è Vanessa: gli occhi lucidi puntati sul cantante, le labbra serrate e un ciuffo rosso di capelli tra le dita.
“Lo ammetto: è stato abbastanza romantico.” Commenta piano Filippo, avvicinandosi al mio orecchio. Mi giro una seconda volta e sorrido, annuendo.
“Così impari a fare le battutine.”
“Dai, fino a quel momento si stava solo insultando da solo!”
“Perlomeno sa di essere idiota.”
“Anche io so di essere idiota, a volte, ma non la userei come arma per riconquistarti.”
“E cosa useresti?” domando, curiosa. Lui ridacchia e scuote la testa “Non voglio pensare a come conquistarti una seconda volta. Preferisco prolungare la prima conquista fino a quando è possibile.”
“Non si può prolungare una conquista. Nel momento in cui conquisti qualcosa, è tuo, ed è finita lì. Cioè, puoi perderlo, ma l’azione vera e propria è terminata.”
“Posso conquistarti di più.”
“Non c’è un limite?”
“Boh. Non si può misurare un sentimento.”
Touché.
 
“Ma scusami, quanti saremmo?”
“Tutti.”
“Tutti tutti? Ma andremmo in hotel?”
“Non lo so, è solo un’idea buttata lì. Me l’ha detta ieri Samuele, ma poi non ne abbiamo riparlato.” Mi spiega Filippo, raccogliendo da tutto il salotto vari bicchieri di plastica. Se ne sono andati via tutti, ormai è notte fonda. Michele ha accompagnato Azzurra a casa ed è rimasto per una decina di minuti, giusto per partecipare ai festeggiamenti. A matematica ha la media dell’otto, ormai non è più un suo problema. Mia sorella è già andata a dormire: dopotutto stamattina è andata a scuola.
Adesso, il mio ragazzo –e mi fa strano definirlo così- mi sta riferendo l’idea di Samuele di andare tutti insieme al mare, quest’estate. Siamo già a Maggio, effettivamente. Non fa male pensarci.
“Io approvo!” affermo, porgendogli il sacco dell’immondizia.
“Anche io.” Replica, buttando via quel che gli capita.
“Non ho voglia.”
“Di fare cosa?” alza lo sguardo, con la fronte aggrottata.
“Di riordinare.”
“Se non lo fai adesso, dovrai farlo domani.”
“Sono stanca. E non ho voglia.” Mi lamento, posando a terra il sacco. Filippo ridacchia e mi prende la mano, cominciando ad indietreggiare verso il divano. Mi fa sedere sulle sue gambe, ed estremamente arrendevole appoggio la testa sulla sua spalla. Il benessere.
“Manuela e Ginevra sono state carine a cantarti Just the way you are.” Dice “Te l’avrei dedicata anche io. E’ una canzone molto dolce, non trovi?”
Annuisco e sorrido istintivamente, al pensiero delle mie due migliore amiche con il microfono in mano a cantare a squarciagola. E’ stato divertente.
“E’ stato bello anche quando Vanessa ha baciato Simon. E quando Marco ha chiesto a Simon di cantare per Sonia perché lui è stonato.” Ridacchia “Io sono stato inguardabile. In ritardo e poco romantico, eppure dovevo essere il migliore.”
“Migliore in che campo?” chiedo, mentre chiudo gli occhi.
“Sono stato il migliore in qualche campo?”
“Lo sei a priori..” mormoro, sempre più lentamente. Pian piano, mi sto addormentando, e lui che mi sfiora i capelli con le labbra non mi aiuta affatto.
“Lo dici solo perché sei più nel mondo dei sogni che qua con me.”
“E tu stai dicendo questo perché vuoi che io ripeta il complimento.”
“Forse sei ancora troppo sveglia.” Afferma, cominciando ad accarezzarmi la schiena. D’istinto mugolo un po’, non so quale sia il motivo preciso. Forse perché sono estremamente rilassata, o forse perché non voglio dormire per riuscire a parlare ancora un po’ con lui.
“Ti sei divertita, comunque?” chiede, con tono dolce.
“Un sacco.” Sospiro, sorridendo di nuovo. Qualsiasi immagine del compleanno mi si presenti in mente, la reazione è sempre la solita. Quando se ne sono andati anche gli ultimi rimasti quasi mi veniva da piangere perché era finita la serata. E’ passata così velocemente..
“Pensi che Simon riuscirà a mettere la testa apposto?”
“Se lui ha detto che lo farà, lo farà. E’ più testardo che coglione.”
“Notevole.”
“Vero?”
“E Roberto è sempre così.. così? Cioè, inizialmente pensavo che gli fossero capitate bene le giornate in cui ci incontravamo, ma con un punteggio di cento su cento non posso che farmi qualche domanda. Quel ragazzo è un automa programmato da Ginevra per essere approssimativamente perfetto, non c’è storia.” Borbotta, monologando.
“Mh.. No, era così anche prima che Ginevra ci mettesse le mani.”
“Perché ce le ha messe, le mani.”
“Ovvio che ce le ha messe.”
“Ma hai capito che volevo calcare sul doppio senso?” domanda, dubbioso. Sospiro.
“Infatti, io dicevo di quello.”
“Ha senso.”
E ci zittiamo così, per qualche minuto. Respiro lentamente, sento il suo odore, le sue braccia mi stringono e mi sento tranquilla. Stiamo insieme da quasi tre mesi, e devo dire che la situazione è migliorata tantissimo. Mi sono definitivamente sciolta, non mi pento neanche delle frasi sincere che prima con lui mi scappavano e mi facevano maledire la mia confusione mentale. Mi sento così bene..
“Elle..” sussurra. Apro gli occhi di scatto e mi allontano leggermente, per guardargli il viso “Mi sa che devo andare, adesso. Avevo dimenticato il fatto che sono a piedi.”
“No..” mi lamento, buttandogli la braccia intorno al collo e stringendolo.
“Eh, sì.”
“No. E’ buio, di notte.”
“Mi confondo sempre, grazie per avermelo detto.”
“Seriamente.” Gli bacio la guancia, presa da un moto di dolcezza. La mia fase sto-dormendo-da-sveglia è sempre quella più coccolosa.
“Sono serio. Che faccio, dormo qui?”
“Divano.” Borbotto.
“Ah, grazie!”
“Sto qui con te.”
“Ok, allora parliamone.”
“Tanto è comodo e spazioso.”
“Andrebbe bene anche stretto.” Così dicendo, attento a non staccarmi da dove sono, si sposta e si stende lentamente, con me sopra. Mi sistemo per bene, di nuovo con gli occhi chiusi, e cerco di non gravare troppo il mio incombente peso su di lui “Stai comoda?”
“Sì, tu?”
“Comodissimo. Sei sicura che vuoi che resti?”
“Non voglio tu vada via.. Vuoi andare via?”
“Io starei sempre qui. E poi non ci tengo a tornare da mio fratello..” Aggiunge, con tono divertito. Ridacchio.
“Chissà come sta il suo ginocchio.”
“Non mi interessa.”
“Perché sei una brutta persona.”
“A te piace una brutta persona. Che vergogna.”
“Il fascino del bad boy..”
“Potremmo aprire un dibattito filosofico in merito a questo argomento. Perché le ragazze sono attratte dal cattivo di turno? Non sarebbe tutto più semplice se si trovassero un bravo ragazzo che le tratti con rispetto e compagnia bella?”
“Le ragazze vogliono la storia da romanzo, Filippo..”
“Tutte?”
“Quelle che conosco.”
“E tu? Volevi una storia da romanzo? L’hai avuta? La stai avendo?”
“Mi hai psicanalizzato per mesi, mi hai studiata in ogni singolo incontro, mi hai spronata in tutti i modi ad accettare ciò che mi passava per la testa. Secondo te ho avuto e la sto avendo, la mia storia da romanzo?” chiedo, facendo lo sforzo di aprire gli occhi e guardarlo. Ok, ne è valsa la pena, ora che lo vedo bene.
“Sì?” tenta, sorridendo soddisfatto.
“Direi di sì.”
“Sono un bad boy.”
“Sei un bad boy.”
  


Ciao a tutti, questo è lo schifo per cui avete aspettato quasi un mese.
Scusatemi, perché è davvero uno scempio, a mio parere. D:

Non mi pronuncio sul capitolo, vado direttamente alla parte sentimentale, ovvero quella in cui ringrazio tutti, uno per uno, per aver supportato questa storia.
Dopo questa storia, aspetterò un (bel) po' di tempo prima della prossima, in cantiere dall'estate 2012. Praticamente è nata contemporaneamente a questa, ma ho deciso di volerci lavorare meglio. 
In sostanza, per un po' di mesi, non mi troverete se non per qualche one-shot che non ho in programma, probabilmente.
Posso dirvi che, comunque, la storia sarà sovrannaturale, e non avrà niente a che vedere con questa. Già voglio bene ai personaggi, ma sono dettagli.
Ora devo abbandonare questi, e mi dispiace. Non è traumatico come per quelli di "Amore al primo tweet" (storia che mi hanno tipo rubato, pubblicandola su facebook Mercoledì), ma comunque mi dispiace.
Per lo scippaggio, ho già mandato un messaggio. Se non verrà levata dalla pagina, userò le maniere forti (?) e sguinzaglio i cani.

Domani parto per l'Inghilterra con la scuola, quindi questa settimana non risponderò alle recensioni che mi manderete (SE me le manderete).

Grazie ancora per tutto. 
Ovviamente, se volete contattarmi c'è sempre il blog e l'account twitter. :)

Un bacio enorme

Maricuz

   
 
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