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Autore: FairyCleo    16/03/2013    8 recensioni
"Una nuova sensazione aveva preso posto della tipica adrenalina pre-scontro, e non si trattava di una sensazione piacevole. La bocca del suo stomaco sembrava essersi stretta in una morsa, e per un breve istante sembrava che il sangue avesse smesso di circolare nelle vene messe troppo spesso a dura prova. Era stata una sorpresa rendersi conto che non era solo per niente spiacevole vederlo soffrire, ma che fosse a dir poco spaventoso".
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimers :I personaggi non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro. Se Goku e Vegeta fossero stati miei, Dragon Ball non sarebbe stato come lo conosciamo.



The wind and the embers

 
Lo aveva ridotto male, male come poche volte gli era capitato di essere ridotto. Escludendo la volta in cui era morto, ovviamente. E qualcosa gli diceva che non lo aveva fatto solo nel tentativo di eliminare una volta per tutte il nemico, no affatto. Qualcosa gli diceva che lo aveva fatto per vendicarsi dell’affronto subito. O, almeno, questo era quello che pensava stesse pensando il giovane saiyan.
Doveva ammettere, però, di essere rimasto piacevolmente sorpreso nell’istante in cui si era offerto di “rimetterlo in sesto”. Certo, c’era ovviamente un doppio fine a quell’inaspettato slancio di gentilezza, ma poco gli era importato, al momento. La cosa più giusta da fare sarebbe stata accettare quell’imprevedibile mano tesa e restare in allerta fino al momento più opportuno, quello che avrebbe stabilito la definitiva resa dei conti.
Si era ritrovato immerso in una vasca contenente uno strano ma piacevole liquido tiepido, il nostro Goku, con una mascherina in volto e degli strani aggeggi attaccati sulle tempie ad osservare passivamente quello che accadeva all’esterno.
Aveva visto Vegeta uscire da quella stanza qualche minuto dopo, e aveva visto Crilin e suo figlio Gohan seguirlo, non più esitanti come in un primo momento.  Avrebbe tanto voluto sapere dove si erano diretti e cosa stessero facendo, ma quell’immobilità non lo rendeva possibile. Poteva tentare di concentrarsi e cercare di percepire con la forza della mente quello che gli altri si stavano dicendo, ma sarebbe stato troppo faticoso, e purtroppo non era quello il momento di sprecare le energie che stava cercando di recuperare.
Di certo, avrebbe avuto tutto il tempo per dormire e riposare, ma l’unica cosa che riusciva a fare era pensare a quello che gli era capitato nell’ultimo periodo. Ed erano veramente tante le cose che gli erano capitate in effetti.
Aveva scoperto di essere un alieno, e di non sapere praticamente nulla del suo popolo, escluso il fatto che si trattasse di una specie aggressiva, spietata e ormai quasi scomparsa.  Ma non era di un pianeta non più esistente, di monumenti e casette che voleva sapere. A dirla tutta, gli importava ben poco di sapere qualcosa del suo passato. L’unica cosa che gli interessava sapere era qualcosa in più su quello che sarebbe stato il suo nuovo, temibile avversario, colui che Vegeta continuava a chiamare Freezer.
Persino il simpatico re Kaioh gli aveva intimato di stare alla larga da quel mostro, di certo il nemico più crudele e potente in cui si potesse mai imbattere nel corso della sua giovane vita. Eppure, non aveva paura. Ad essere sincero, sentiva di essere piuttosto eccitato all’idea di uno scontro di tale portata. Forse era uno sconsiderato, forse era addirittura pazzo, ma non poteva proprio evitare che il cuore battesse all’impazzata al solo pensiero del sangue e della terra sollevata dai loro colpi micidiali. Sì, ormai era tardi per poterlo evitare. L’adrenalina si era impossessata di lui, ed era lei che solitamente prefigurava uno scontro imminente. Perché sì, aveva già preso la sua decisione. Avrebbe combattuto. E al diavolo se ci avesse lasciato le penne.
Era proprio sul tentare di far trascorrere l’attesa che si stava concentrando quando la porta scorrevole della stanza si era aperta con il suo singolare rumore metallico, mostrando ai suoi occhi fino a qualche istante fa chiusi e corrucciati la figura di un Vegeta che si reggeva appena in piedi.
Non era abituato a vederlo in una situazione simile, ancor più perché non aveva idea del perché fosse così visibilmente provato. Si muoveva con lentezza, quasi come se avesse sulle spalle un peso insostenibile che lo stava pian piano schiacciando. Non era in grado di vedere il colore della sua pelle, ma il contorno più scuro sotto gli occhi stanchi era visibile anche attraverso il liquido verde in cui era immerso. Era chiaro come il sole che stesse sudando copiosamente, poi, così come era chiaro che stesse tremando, e che di lì a poco probabilmente sarebbe crollato, cadendo rovinosamente al suolo.
Il suo istinto gli stava suggerendo di andargli incontro ed aiutarlo, ma il suo corpo, per quanto si fosse in parte ripreso, proprio non voleva saperne di abbandonare quel luogo così sicuro e così confortevole.
I suoi occhi sarebbero rimasti vigili e in attesa, pronti a seguire ogni mossa di Vegeta, anche la più piccola, la più impercettibile. Doveva rimettersi in forze se voleva affrontare Freezer al meglio, e non potevano esserci intoppi. Ne andava del bene dell’intera galassia oltre che per una voglia irrefrenabile di misurare le proprie capacità con un avversario apparentemente imbattibile.
Eppure, più Vegeta cercava di avanzare, più i suoi occhi gli suggerivano che non ce l’avrebbe fatta a muovere un altro passo. La tempra dei saiyan non sembrava sufficiente a permettergli di proseguire. E infatti, qualche istante dopo, lo stesso uomo che qualche mese addietro lo aveva quasi ucciso era caduto rovinosamente al suolo, cozzando contro il mucchio di medicine e siringhe sparso qui e là che aveva buttato giù dal piccolo tavolo rotondo prima di aiutarlo ad immergersi nella vasca.
Una nuova sensazione aveva preso posto della tipica adrenalina pre-scontro, e non si trattava di una sensazione piacevole. La bocca del suo stomaco sembrava essersi stretta in una morsa, e per un breve istante sembrava che il sangue avesse smesso di circolare nelle vene messe troppo spesso a dura prova. Era stata una sorpresa rendersi conto che non era solo per niente spiacevole vederlo soffrire, ma che fosse a dir poco spaventoso.
Vegeta rantolava e si contorceva sul freddo pavimento, aprendo e chiudendo la bocca ritmicamente, nell’evidente speranza di incamerare l’aria necessaria per permettergli di non morire soffocato. Le labbra stavano diventando viola, e la mano che teneva premuta sul petto non era affatto un buon segno.
Stava male. Non sapeva per quale ragione, ma stava male. E non poteva fare niente per aiutarlo.
Ma dov’erano finiti Crilin e Gohan? Possibile che non avessero sentito il suo rantolo disperato, il suo respiro mozzato? Possibile che non avessero sentito nemmeno il tonfo che aveva fatto nel cadere?
Lui lo aveva sentito benissimo. Lui continuava a sentire benissimo il suono tremendo che emetteva la sua gola, e riusciva a percepirlo nonostante fosse immerso in quel liquido rigenerante. Tutti quei suoni che gli erano stati inizialmente celati ora erano come amplificati. Riusciva a sentire ogni cosa, persino il battito accelerato di quel cuore che sembrava fosse sul punto di fermarsi da un momento all’altro.
Doveva prendere una decisione. Doveva farlo subito. Così, cercando di richiamare a sé parte delle energie rigenerate, aveva provato a mettersi in contatto psichico con suo figlio e il suo miglior amico, ma inutilmente. Non riusciva a concentrarsi abbastanza per farlo. Se chiudeva le palpebre, vedeva su di esse la proiezione del corpo di Vegeta in preda agli spasmi, e questo era abbastanza doloroso da impedirgli di fare qualcosa che in un’altra circostanza avrebbe fatto in un batter d’occhio.
Non poteva permettersi di fallire, così come non poteva permettere a Vegeta di morire. C’era uno scontro troppo importante in vista, e anche se aveva deciso che sarebbe stato lui solo a battersi con Freezer, Vegeta poteva essere un valido aiuto nel momento del bisogno. Sì. Era per quello che non poteva lasciarlo morire. Per quello, e per qualche altra ragione che non riusciva ancora a spiegarsi.
Per questo, aveva provato a concentrarsi ancora una volta nella speranza di riuscire a mettersi in contatto con Crilin e Gohan, ma non c’era stato abbastanza tempo, e non ci sarebbe stato. Un’aura immensamente potente e negativa si stava avvicinando a velocità elevata, e non occorreva essere un genio per capire a chi appartenesse.
Ormai non c’era più tempo da perdere. Era solo tempo di agire. E aveva già preso la sua decisione.
Con uno sforzo che non credeva possibile, aveva strappato via la mascherina dal viso ancora coperto da piccole cicatrici e aveva sfondato lo spesso vetro della vasca che lo stava aiutando a recuperare le forze, ferendosi entrambe le mani e spargendo ovunque la sostanza verdognola in cui era stato immerso per un lasso di tempo che non gli era stato possibile calcolare.
I polmoni sembravano bruciargli, e il contatto della pelle umida e dei vestiti zuppi con l’aria fredda della stanza era stato decisamente spiacevole. I capelli erano pesanti e grondanti di liquido che scendeva lungo le spalle e il volto, e la testa gli girava all’impazzata per lo sforzo appena compiuto.
Ma non c’era tempo da perdere. Crilin e Gohan avrebbero dovuto cavarsela da soli per una volta.
Raccogliendo le poche forze a disposizione, Goku si era affrettato ad avvicinarsi ad un Vegeta ormai quasi privo di sensi ed immerso nel liquido verde con il viso e il torace, cercando di girarlo su di un fianco per evitare che annegasse nello spesso strato bagnato.
Incrociare il suo viso era stato un tuffo al cuore. Le goccioline si erano insinuate nelle pieghe formatesi sulla fronte per colpa del dolore quasi impossibile da sopportare, e la pelle livida era accaldata e umida. Avrebbe voluto alleviare quella sofferenza, avrebbe voluto fare tutto quello che era in suo potere, ma purtroppo non aveva la più pallida idea di cosa fare per farlo stare meglio.
Con delicatezza, quasi avesse paura di romperlo, di fargli ancora del male, aveva fatto passare un braccio sotto la sua nuca, sollevandolo quanto bastava per aiutarlo a respirare. Continuava a stringere con forza la stoffa all’altezza del torace che si abbassava e si alzava con fatica.
Cosa poteva fare per farlo stare meglio? Non poteva solo portarlo via da lì. Certo, era fondamentale condurlo al sicuro, ma non sarebbe stato abbastanza. Era chiaro come il sole.
Si guardava attorno nella speranza di imbattersi in un farmaco o in qualsiasi altra cosa avrebbe potuto aiutarlo a stare meglio, ma non sapendo quale fosse il problema non aveva idea di quale potesse essere la causa di quel malessere. Sorprendentemente, era stato proprio Vegeta a permettergli di capire cosa dovesse fare. Con la mano libera e tremante aveva indicato una piccola scatolina rosa riversa al suolo accanto ad alcune fiale ridotte in mille pezzi.

“Devi… prenderlo… Prendilo” aveva appena sussurrato, prima di perdere definitivamente i sensi fra le braccia dell’uomo che aveva cercato di uccidere.

*

Si era nascosto in una caverna situata fra alcune rocce molto distanti dal punto in cui si trovava la navicella del nemico. Non avvertiva più la sua aura malefica, ma purtroppo non era tranquillo.
Crilin e Gohan sembravano essersi volatilizzati nel nulla, così come le sfere del drago, assenti dal luogo in cui le aveva viste l’ultima volta. Forse era stato avventato. Anzi, era stato decisamente avventato, ma allo stesso tempo non si era pentito della scelta fatta. Vegeta doveva essere portato al sicuro e così aveva fatto. Lo aveva portato in un luogo distante e sicuro e aveva acceso un fuoco con la poca legna che aveva trovato per far asciugare più in fretta gli abiti di entrambi.
Vegeta non aveva smesso di rantolare e contorcersi, ma lui non aveva avuto ancora né il tempo né il coraggio di aprire la piccola scatolina che aveva raccolto e adagiato accanto al corpo del giovane saiyan.
Non riusciva a smettere di fissarlo. I suoi occhi si erano concentrati sulla figura sdraiata che aveva davanti, incapace ancora una volta di comprendere cosa potesse essergli accaduto.
Sentimenti contrastanti si stavano agitando in lui, e nessuno di essi era anche solo lontanamente piacevole. C’era uno scontro imminente in vista, e non aveva recuperato completamente le forze. Le mani continuavano a sanguinare, e credeva di avere qualche scheggia di vetro rimasta fra le sue carni. Sentiva dolore, ma non doveva essere niente paragonato a quello provato da Vegeta.
Sperava solo che suo figlio e il suo migliore amico fossero al sicuro, perché non aveva proprio intenzione di lasciare lì, senza protezione, la persona che aveva cercato di rimetterlo in sesto.
Dopo aver attizzato il fuoco, si era chinato su Vegeta, passando nuovamente il braccio sotto le spalle per sollevarlo un po’ da terra.
Con un leggero rantolo, il saiyan si era lasciato cullare, respirando a fatica sul collo del suo simile. Lui aveva sorriso, triste, passando distrattamente una mano fra i bizzarri capelli a punta ancora umidi, macchiandoli di sangue. Chi avrebbe mai detto che un giorno avrebbe vissuto una simile esperienza? Che avrebbe aiutato l’uomo che aveva cercato di ucciderlo e che meditava ancora di farlo? Ma lui voleva aiutarlo. Doveva aiutarlo. Qualcosa dentro di sé gli stava suggerendo che era la cosa giusta. Qualcosa che leggeva sul volto emaciato e stanco di uno dei guerrieri più temibili che avesse mai affrontato in vita sua, qualcosa che leggeva in quegli occhi liquidi che avevano cominciato a fissarlo, supplichevoli e prossimi a spegnersi.
Non c’era più tempo da perdere, perché Vegeta sembrava non averne molto a disposizione.
Aveva lasciato che adagiasse la fronte sudata sulla sua spalla, e con una certa fatica a causa delle schegge penetrate in profondità aveva aperto  la piccola scatola, scoprendone il contenuto. Dire che era impallidito nel vedere cosa vi fosse riposto sarebbe stato un eufemismo. Era diventato viola, e per un breve istante aveva dimenticato di respirare, cercando di mantenere la calma. Perché la scatola conteneva una siringa di dimensioni abnormi  riempita di un liquido blu all’apparenza molto vischioso, e il suo contenuto era veramente terribile per uno che odiava fare le punture.
Doveva farsi forza. Era stato lo stesso Vegeta a chiedergli di raccoglierla, il che implicava che dovesse essere l’unica cosa in grado di guarirlo, o al massimo di farlo stare meglio.
Così, con estremo coraggio, aveva deglutito rumorosamente, e dopo aver estratto la siringa dalla scatola, aveva sfilato in guanto destro dalla mano callosa di Vegeta con l’intenzione di sollevare la manica e far sparire l’ago nella carne dell’incavo del braccio, ma, con amarezza, aveva scoperto che non ce ne sarebbe stato bisogno.
Il dorso della grande mano era segnato da decine e decine di piccoli puntini, simboli inequivocabili di aghi che erano penetrati infinite volte in quella vena così evidente e pulsante.
Non aveva opposta nessuna resistenza. Vegeta aveva lasciato che la sua mano venisse afferrata da quella del saiyan più giovane e che l’ago penetrasse quanto bastava sotto la pelle, seppellendo il  più possibile il viso su quel torace che sembrava stesse per esplodere dall’emozione. Doveva bruciare terribilmente. Nonostante stesse premendo sullo stantuffo con energia, il liquido faceva fatica a passare per lo stretto tubicino metallico, e dal colore che aveva assunto la pelle - un singolare viola che si propagava lentamente lungo la vena principale – si capiva bene che essa stesse provocando in Vegeta una sofferenza indicibile.
Ma era stato un attimo, perché qualche istante dopo il suo respiro era tornato regolare e i suoi occhi si erano chiusi, stavolta senza alcuno sforzo.
Vegeta si era addormentato contro il suo petto.

*

Non sapeva quanto tempo fosse trascorso da quando Vegeta avesse chiuso gli occhi. Contrariamente a quello che aveva creduto, non era riuscito ad addormentarsi, ma aveva solo trovato una posizione più confortevole contro una di quelle nude rocce, e aveva stretto a sé quel piccolo corpo caldo, scoprendolo estremamente leggero e piacevole da tenere così vicino.
Aveva trascorso tutto il tempo ad accarezzargli la schiena, sfregando distrattamente le labbra fra i suoi capelli, cercando di pensare che il peggio fosse ormai passato. Era riuscito a togliere le schegge dalle mani, ma purtroppo non era riuscito a fasciarle accuratamente e continuavano a sanguinare.  Aveva macchiato gran parte della bella divisa di Vegeta ed era veramente molto dispiaciuto, anche se non ne comprendeva appieno il motivo. Probabilmente gli aveva salvato la vita, perché avrebbe dovuto preoccuparsi per qualche macchia di sangue su di una corazza qualunque?
Forse perché quella non era una corazza qualunque… quella era la corazza di Vegeta.
Era bizzarro quello che stava provando. Era veramente, veramente bizzarro. Avrebbe dovuto preoccuparsi per non aver avuto modo di sapere dove fossero suo figlio e il suo migliore amico, per non aver avuto modo di sapere che fine avesse fatto Bulma, se fosse ancora viva o no, e che diavolo avesse deciso di fare quel pazzo di Freezer non avendo  trovato né loro né le sfere nei pressi della navicella. Avrebbe avuto senso se avesse pensato a questo, no? Invece, l’unica cosa a cui riusciva a pensare era quanto fosse piacevole stare in quel posto così spoglio, ma così isolato, così intimo, con una persona che probabilmente lo avrebbe ucciso se avesse scoperto quello che lui aveva fatto e stava continuando a fare.
Vegeta non era un tenero gattino dal pelo arruffato, e se per questo non si poteva paragonare neppure ad una tigre con una zampa ferita, ma proprio non riusciva a smettere di far scorrere le dita lungo la sua spina dorsale, proprio sotto la corazza, lasciando che i polpastrelli solleticassero quell’estesa porzione di pelle coperta dalla sottile stoffa della tuta blu. Di certo, presto anche quella sarebbe stata zuppa di sangue, e di certo neanche quello avrebbe fatto piacere a Vegeta, ma proprio non riusciva a smettere. Quel gesto, fatto con gli occhi chiusi, fatto mentre il suo mento si lasciava solleticare da un continuo sfregare contro le punte morbide e stranamente setose di quei capelli nero corvino, aveva qualcosa di ipnotico. Nonostante sapesse bene che non fosse corretto, che non fosse del tutto lecito, non poteva proprio smettere di farlo.
Era quasi come se non gli importasse più del particolare non indifferente che Vegeta avesse cercato di ucciderlo e che avesse giurato all’universo intero di riprovarci. Era così docile, così tranquillo, così rilassato. Aveva stretto in una mano un lembo della sua amata tuta arancione, e il suo ritmico respiro si infrangeva sul suo petto, riscaldandolo in un punto ben preciso, in un punto molto vicino al suo cuore.
Probabilmente, ora che ci pensava, la cosa che avrebbe dovuto sconvolgerlo di più era che non aveva mai tenuto sua moglie in quel modo. Mai, in nessuna occasione. Aveva visto in qualcuno di quei film sdolcinati che Chichi e Bulma adoravano che solitamente erano le mogli o le fidanzate ad addormentarsi così, sul petto del proprio amato, ma non aveva mai avuto modo di mettere in pratica nulla del genere. Ogni volta che si addormentava, occupava puntualmente l’intero letto, e il suo continuo girarsi e rigirarsi impediva a sua moglie di avvicinarsi a lui anche solo per fargli una carezza. Chichi si lamentava puntualmente di non riuscire mai ad avere un momento di tenerezza con lui, ma se fino a qualche istante prima la cosa lo aveva fatto sentire in colpa, adesso, stranamente, lo aveva fatto sentire estremamente sollevato.
Era come se quel posto sul suo petto fosse stato preservato fino ad allora per qualcun altro, e che finalmente fosse stato occupato da chi aveva atteso per tanto tempo senza sapere di averlo fatto.
Ma stava davvero pensando a quelle cose? Avrebbero dovuto essere come minimo un pochino turbato, no? Dopotutto, c’era un ragazzo addormentato sul suo torace, porca miseria! C’era un ragazzo dall'aspetto scultoreo e un caratterino che avrebbe fatto tremare chiunque!
Eppure, proprio non riusciva a essere agitato. Non per quello, almeno. L’agitazione era dettata da ben altro. Vegeta si sarebbe svegliato prima o poi, no? Ecco, perché qualcosa gli stava suggerendo che avrebbe reagito molto, molto male? Prevedeva già qualche dente rotto e un bell’occhio nero.
Stava sorridendo divertito nell’istante in cui Vegeta si era mosso in maniera decisamente più energica rispetto a come aveva fatto in precedenza. Aveva appena chinato il capo per poterlo osservare meglio quando aveva voltato il capo, ed era bastato il tempo di un secondo per far sì che i loro sguardi si incrociassero, increduli.
Vegeta era vicino. Era molto più vicino di quanto avesse avuto modo di notare in precedenza. Il volto era ancora pallido, e c’era il ricordo di pesanti occhiaie proprio sotto i suoi occhi, occhi ancora leggermente velati per lo stordimento e per la febbre che avevano infiammato il suo corpo. La fronte non era più madida di sudore, e la cosa più straordinaria era sentire sul viso il calore di quel respiro che fino a qualche istante prima aveva sentito solo sul suo petto.
Era stato… strano. D’accordo, era decisamente strano, ma allo stesso tempo non riusciva a smettere di pensare che non ci fosse niente di più bello e perfetto. Nonostante la sofferenza, non poteva proprio smettere di pensare che Vegeta fosse… carino. Carino proprio come un ragazzo avrebbe dovuto essere. Non che lui avesse guardato i ragazzi prima di allora. Sia chiaro. In effetti, non aveva mai guardato neanche le ragazze. Certo, probabilmente aveva la fronte un po’ larga e le orecchie un po’ grandi, ma era davvero… carino. Ok, a chi voleva darla a bere? Vegeta non era carino… Vegeta era terribilmente bello. E anche se lo stava guardando nell’indecisione tra l’ucciderlo direttamente o il domandargli prima in che modo volesse morire, non poteva smettere di pensare che oltre all’essere bellissimo fosse anche decisamente adorabile. Aveva appena pensato che Vegeta fosse adorabile? Bene… Sperava vivamente che non fosse in grado di leggere nel pensiero, perché altrimenti sarebbe morto per davvero di lì a breve, e se era possibile preferiva evitarlo.
Avrebbe dovuto dire qualcosa. Avrebbe dovuto fare qualcosa. Avrebbe dovuto spiegargli che ci facevano lì e perché erano praticamente incollati l’uno all’altro, ma momentaneamente il suo corpo sembrava essere lontano anni luce dal suo cervello. Niente. Era in tilt. Vuoto totale. Ed era tutta colpa di quel saiyan che non si decideva a spiccicare parola.
Era stato dopo un lunghissimo istante di imbarazzatissimo silenzio che la situazione si era sbloccata, e nel modo decisamente più imprevedibile. Perché Vegeta non l’aveva ucciso come aveva inizialmente temuto, ma aveva chiuso gli occhi facendo una piccola smorfia dolorante, e si era riaccoccolato nuovamente sul suo petto, strofinando più volte la guancia sul punto che aveva provveduto a riscaldare per diverse ore con il suo respiro.
Non era morto. Era vivo, vegeto, e continuava ad essere usato a mo’ di guanciale. Urca! L’aveva davvero scampata bella!
Doveva ammettere di non aver davvero calcolato qualcosa di simile. Chi poteva immaginare che Vegeta avrebbe cominciato a fare le fusa? Proprio su di lui, poi! Lui che, tra tutte le altre cose, cominciava davvero a non capire più niente. Era come se il suo corpo avesse deciso di fare per conto proprio. Sperava solo di non dover porre rimedio all’irreparabile.
Vegeta, nel frattempo, continuava a strofinarsi sul suo torace, cercando di placare i brividi di freddo che lo avevano assalito alla sprovvista.
Forse avrebbe sbagliato, forse no, ma non ci aveva pensato due volte: aveva sollevato le braccia, e aveva cinto le possenti spalle del ragazzo steso su di lui, cominciando a massaggiarle nel tentativo di produrre più calore possibile, mentre cercava di scivolare contemporaneamente verso il fuoco ancora ardente. Non era facile muoversi in due, ma ci stava riuscendo con sufficiente scioltezza.
Così, erano punto e a capo. Solo che, questa volta, Vegeta era sveglio. Sveglio e più vicino che mai.
Se prima aveva definito quella situazione paradossale, adesso aveva un nonsoché di comico. Ma perché cavolo non aveva detto qualcosa?? E perché cavolo lui non gli aveva detto qualcosa? Era veramente frustrante non avere idea di cosa fare, come agire. Sì, era decisamente più facile prendersi a pugni. Ma dubitava che quello fosse il momento opportuno per fare una cosa del genere.
Ma poi, Vegeta aveva sollevato nuovamente il capo, quasi come se avesse avuto un ripensamento. E lo aveva avuto, in effetti, ma non nel senso che lui aveva temuto.
Perché non aveva avuto neanche il tempo per accorgersi e reagire, se solo avesse voluto, al tocco di labbra che Vegeta gli aveva imposto.
Era stato così inaspettato e piacevole da fargli girare la testa. Non si poteva definire propriamente un bacio, quello. Non che lui fosse un esperto di baci e ne avesse dispensato molti in vita sua, ma era certo di non poterlo definire un ‘bacio’. Ma Vegeta aveva chiuso gli occhi mentre lui era intento a farsi una ragione di quello che stava accadendo. Cavolo, Vegeta aveva davvero chiuso gli occhi. Aveva chiuso gli occhi e aveva messo una mano dietro il suo collo, attirandolo più vicino.
Quello non era un bacio ‘probabilmente’. Quello era un bacio in piena regola! Un bacio con tanto di lingua che delicata stava cercando di farsi spazio fra le sue labbra ancora chiuse.
Anche se ancora un po’ confuso per essere stato preso così alla sprovvista, non era di certo deciso a farsi scappare quell’occasione. Così, sfoderando un’audacia che non credeva di possedere, aveva stretto Vegeta a sé con tutta la forza che aveva in corpo premendolo più forte contro la propria bocca, noncurante del dolore provocato dalle ferite aperte sui suoi palmi.
Le mani di entrambi avevano cominciato a vagare sul corpo dell’altro, scoprendosi estremamente curiose e desiderose di conoscere ogni più piccola parte di quelle membra così simili e diverse, così come il resto dei loro corpi che avevano cominciato a sfregarsi senza rendersene conto, provocando in entrambi dei brividi mai provati prima di allora.
Era sconvolto. Era piacevolmente sconvolto, ad essere precisi. Chi avrebbe mai creduto in una simile intraprendenza da parte di quel guerriero apparentemente senza cuore? Ma Vegeta un cuore ce l’aveva eccome, e l’aveva capito perché stava battendo all’impazzata, all’unisono con il suo, conducendolo in una galoppata verso la follia.
Non era trascorso molto tempo da quando quello scoprirsi timidamente era diventato un volersi in maniera famelica. Aveva ribaltato le loro posizioni in un baleno, stendendosi su Vegeta senza alcuna fatica. Non sapeva ancora bene come muoversi, sapeva solo che qualunque cosa facesse, erano rantoli di piacere quelli provenienti dalle labbra del saiyan, rantoli che lo stavano facendo impazzire. I loro corpi stavano rispondendo automaticamente alle attenzioni che si stavano dando reciprocamente, e ogni più piccolo anfratto era diventato ipersensibile e desideroso di maggiori cure.
La cosa più straordinaria di tutta quell’assurda situazione era l’innaturale bellezza emanata da Vegeta. Il suo viso era estatico, un libro aperto su cui poteva leggere centinaia di emozioni fino ad allora celate. Era come se si stesse donando dopo un tempo immemore, come se fosse sereno dopo tanto tempo. E non si stava donando al primo che era capitato, no. Era come se avesse aspettato proprio lui.
 Non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Ogni volta che provava a serrare le palpebre, si ritrovava a riaprirle qualche attimo dopo, troppo desideroso di guardare e memorizzare ogni singolo centimetro di quel viso che lo aveva completamente rapito. Era bellissimo. Sapeva di averlo pensato così tante volte da essere ridicolo, ma non poteva farci niente. Vegeta era bellissimo. Avrebbe voluto che l’intero universo lo sapesse tramite la sua voce, perché se avesse potuto, sarebbe salito sul monte più alto e lo avrebbe gridato con tutto il fiato che aveva in gola, affidando quella verità al vento, alle correnti, a chiunque fosse stato in grado di diffonderla nell’intera galassia.
Come avrebbe mai potuto pensare di smettere? Come avrebbe mai potuto permettergli di andare via dopo quello che stavano condividendo, dopo i baci, dopo le carezze, dopo i gemiti sommessi e gli sguardi sfuggevoli? Semplicemente, non poteva. Non avrebbe mai smesso. E se anche lui avesse voluto il contrario, lo avrebbe convinto a rimanere fra le sue braccia, a rimanere lì con lui, perché nient’altro importava all’infuori di loro. Tutto sarebbe stato semplice, lo sentiva Semplice come loro. La gente non lo avrebbe accettato? Pazienza. Sarebbe durata in eterno, non per un solo istante, e sarebbero andati altrove, dove tutto poteva essere lecito, dove tutto poteva essere bello e perfetto, dove erano loro a poter decidere quando sarebbe finita.
Insieme, era così che vedeva il futuro. Insieme a Vegeta. Perché per la prima volta in vita sua si era sentito libero, e una volta che assapori la libertà non puoi accettare di tornare in una gabbia, seppur dorata e sicura.
Sì, era pazzo. Non ci doveva essere altra spiegazione. Ma cosa gli importava? Se quella era pazzia, sarebbe andato volentieri in manicomio, purché Vegeta fosse andato con lui. Sempre e per sempre si era detto, no?
Così, senza neppure rendersene conto, aveva sepolto il viso nell’incavo di quel meraviglioso collo, e quasi volesse dare una prova tangibile di quello che stava accadendo, vi aveva depositato un morso così forte da far sanguinare la pelle accaldata del ragazzo che giaceva sotto di lui.
Ora, tutti avrebbero saputo a chi apparteneva Vegeta. Tutti. Perché Vegeta era suo. E nessuno avrebbe potuto cambiare quella realtà.

*

Si era destato dal sonno in cui era caduto con il sorriso sulle labbra e privo di indumenti. I vestiti erano stati lasciati qui e là in giro per la caverna, accanto a quelle che erano diventate le braci di un fuoco ormai spento. Avrebbe dovuto essere stanco morto. Avrebbe dovuto essere dolorante e anchilosato, ma era l’esatto contrario.
Era riposato, rigenerato e felice… Felice come non lo era mai stato prima di allora.
Perché adesso avrebbe girato il capo, trovando accanto a sé, ancora addormentato, colui per cui avrebbe tirato giù il cielo, colui per cui avrebbe sfidato gli dei se fosse stato necessario.
Ma il sorriso dipinto sulle sue labbra era durato per poco, pochissimo tempo, trasformandosi in un una “O” stupita e sconvolta nello stesso attimo in cui si era reso conto di essere completamente solo.
“Vegeta!” aveva chiamato per la prima volta, sorprendendosi dell’eco prodotto dalla sua voce in quello spazio divenuto improvvisamente così tetro, grande e vuoto.
“Vegeta!” aveva riprovato, più forte, ottenendo lo stesso, identico risultato di prima.
Un totale, devastante silenzio.
Si era rivestito in fretta e furia, in preda ad un panico crescente. Perché si trovava da solo? Che durante il suo sonno fosse accaduto qualcosa di terribile?
Vegeta non lo avrebbe mai abbandonato. Vegeta non lo avrebbe mai lasciato. Vegeta era suo, era solo suo, e non poteva lasciarlo. Non poteva! Non poteva e basta!
Per la prima volta dopo tanto tempo, era sul punto di scoppiare a piangere. Sentiva di essere esattamente al pari del fuoco che aveva acceso: dopo aver bruciato, forse troppo in fretta, non aveva lasciato altro che qualche tiepida brace.
Ma lui non si era sbagliato. Lui non si era sbagliato affatto! Lo aveva sentito, aveva sentito il cuore di Vegeta battere all’unisono con il suo. Vegeta aveva provato le sue stesse sensazioni, era così. Ma, allora, perché era andato via? Perché non si era fatto trovare lì, con lui, nel momento del risveglio?
I suoi occhi, le sue mani, la sua bocca, tutto di lui continuava a tornargli in mente, riempiendo il suo cuore fino al punto di farlo scoppiare. Non aveva immaginato nulla. Era tutto vero. Vero proprio come la consapevolezza di non averlo accanto.
E poi, l’aveva sentita. Aveva  sentito una grande aura espandersi fino all’inimmaginabile per poi spegnersi improvvisamente, come una fiammella davanti ad una finestra aperta, avvertendo contemporaneamente un dolore lancinante alla spalla. Dopo avervi posato sopra il palmo fasciato della mano ferita, con estremo stupore aveva scoperto l’esistenza dei segni di un morso ancora sanguinante, un morso che non era stato in grado di notare prima di allora.
E solo dopo averlo scoperto era stato in grado di capire. Aveva capito di non essere stato abbandonato, ma di essere rimasto ugualmente solo.
E aveva capito anche che un colpo di vento può spegnere una fiammella, ma che quello stesso colpo di vento può attizzare nuovamente delle braci tenute ancora in caldo.
Così, aveva finalmente capito cosa gli era rimasto da fare, perché non era quello il momento più adatto per piangere, perché non si accende il fuoco con la pioggia. Quello era il momento di andare a prenderlo e di tenere il suo corpo al caldo, al sicuro, nell’attesa che quella brace producesse una fiamma in grado di bruciare  più forte del sole.
Perché per la prima volta in vita sua, Goku aveva amato davvero. E, proprio perché aveva amato, sarebbe diventato simile al vento.

Fine

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Ok… So che avrei dovuto trascorrere il tempo a scrivere il capitolo di un’altra fic (capitolo neanche lontanamente iniziato. ndr), ma proprio non ce l’ho fatta. La verità è che, come al solito, è tutta colpa di Italia Uno e di Dragon Ball Z.
Non è mica colpa mia se per ogni scena che fanno vedere il mio cervello malato si mette in moto e partorisce una cosa più strana dell’altra, uffa!!
E so che magari tutto questo non ha molto senso, so che vi aspettavate una Lemon, ma chi mi conosce sa che non sono in grado di scriverle, e che sono un’inguaribile romantica (nei miei sogni ovviamente) e che sono senza speranze! XD
Andiamo bene!!!
La verità è che quando vedo Vegeta stare male non posso fare a meno di pensare a Goku che fa di tutto per proteggerlo e farlo sentire meglio. Ora, data la scena in cui per il poco sonno Vegeta rischia di svenire in braccio a Crilin, mi è venuto in mente che magari potesse essersi sentito male per dell’altro, per una malattia con cui combatte da tempo o qualcosa di simile. (Sì, sono sadica e lo sapete).
E chi meglio di Goku poteva essere indicato per fare da giovane infermiere? U.U
Bando alla ciance, ho trovato che fosse estremamente romantico raccontare di Goku che sfida tutte le sue paure e si pone mille domande pur di stare accanto a questo saiyan che non gli sta facendo capire più nulla, che lo sta facendo dubitare di tutto quello in cui aveva creduto fino ad allora.
Complice di parte di questa fic è stata la canzone dei Negramaro ed Elisa “Basta così”. O meglio, più che complici le parole, è stata complice la musica… Se la ascolto di nuovo, ho come l’impressione che mia madre mi imbavaglierà e mi chiuderà nel box che abbiamo sul terrazzino fino a domattina. Ma, ancora una volta, non è colpa mia se mi fa venire voglia di cantare a squarciagola! U.U
Credo di non aver mai ciarlato tanto in vita mia prima di oggi, e vi chiedo scusa. E’ un periodo un po’ bizzarro…
Che altro dire? Spero che abbiate apprezzato il tentativo di questa specie di fic romantica (?) dal finale poco lieto (purtroppo) e che non mi tiriate addosso pomodori e ortaggi vari ed eventuali.
=)
A prestissimo, spero!
E grazie di tutto…
Sempre vostra…
Cleo
   
 
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